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La religione greca/Le religioni dei misteri/Pitagora e il Pitagorismo
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{{religione greca}}
{{nota|allineamento = destra|larghezza = 250px|contenuto=[[File:Kapitolinischer Pythagoras.jpg|center|80px]]<div style="text-align:center ">'''Il ''bíos pythagorikós'''''</div>Le 39 regole pitagoriche riportate da Giamblico nel ''Protrettico'' (XXI)<br><small>Traduzione di Maria Timpanaro Cardini in ''Pitagorici antichi'', Milano, Bompiani, 2010, pp.919 e sgg.</small><br>1. avviandoti al tempio inchinati, né t'occupare, con parole e con atti, d'altra faccenda lungo il cammino.<br>2. non devi entrare nel tempio e nemmeno solo inchinarti occasionalmente nel tuo cammino, neppure se ti trovi a passare proprio davanti alle sue porte.<br>3. sacrifica e inchinati scalzo.<br>4. evita le vie maestre, cammina per i sentieri.<br>5. astieniti dal melanuro: è sacro agli dèi sotterranei.<br>6. frena la lingua davanti agli altri, per deferenza verso gli dèi.<br>7. quando i venti spirano, venera Eco.<br>8. non attizzare il fuoco col coltello.<br>9. allontana da te ogni ampolla d'aceto.<br>10. aiuta l'uomo che si carica un fardello, non aiutare chi lo depone.<br>11. per calzarti avanza prima il piede destro, per il pediluvio il sinistro.<br>12. non parlare di cose pitagoriche al buio.<br>13. non squilibrare la bilancia.<br>14. partendo dalla patria non voltarti indietro, perché le Erinni ti seguono.<br>15. non orinare rivolto al sole.<br>16. non nettare la latrina con la fiaccola.<br>17. alleva il gallo, ma non ucciderlo; perché è sacro al Mese e al sole.<br>18. non sedere sul moggio.<br>19 non allevare animali con artigli ricurvi.<br>20. per strada, non dividere.<br>21. non accogliere rondini in casa.<br>22. non portare anello.<br>23. non incidere l'immagine di un dio in un anello.<br>24. non specchiarti a lume di lucerna.<br>25. non negar fede a cosa anche strana riguardo agli dèi e alle divine sentenze.<br>26. non abbandonarti a riso incontenibile.<br>27. durante un sacrificio non tagliarti le unghie. <br>28. non porgere con facilità la destra a chiunque. <br>29. quando ti alzi arrotola le coperte e riordina il luogo. <br>30. non masticar cuore.<br>31. non mangiare cervello.<br>32. sui tuoi capelli e unghie tagliate, sputa.<br>33. non cibarti di eritino.<br>34. cancella l'impronta della pentola dalla cenere.<br>35. per aver figli non unirti a donna ricca. <br>36. preferisci il motto: "una figura e un passo" al motto: "una figura e un triobolo".<br>37. astieniti dalle fave.<br>38. coltiva la malva, ma non mangiarne.<br>39. astieniti dal cibarti di esseri animati.}}
=====La figura "storica" di Pitagora=====
{{quote|Il primo che fece uso del termine "filosofia" e che chiamò se stesso "filosofo" è stato Pitagora, discutendo a Sicione con Leonte, tiranno di Sicione o di Fliunte, secondo quanto afferma Eraclide Pontico nell'opera ''Sull'inanimata'': nessuno infatti è sapiente tranne Dio.|Diogene Laerzio, ''Vite e dottrine dei più celebri filosofi'', I, 12; traduzione a cura di Giovanni Reale, Milano, Bompiani, 2006, pp.16-17|Φιλοσοφίαν δὲ πρῶτος ὠνόμασε Πυθαγόρας καὶ ἑαυτὸν φιλόσοφον, ἐν Σικυῶνι διαλεγόμενος Λέοντι τῷ Σικυωνίων τυράννῳ ἢ Φλιασίων, καθά φησιν Ἡρακλείδης ὁ Ποντικὸς ἐν τῇ Περὶ τῆς ἄπνου• μηδένα γὰρ εἶναι σοφὸν [ἄνθρωπον] ἀλλ' ἢ θεόν.|lingua=grc}}
La figura del "saggio" di Samo, Pitagora, è una delle più controverse della storia del pensiero, non solo religioso, della Grecia antica. La ragione di questa problematicità risiede sostanzialmente nella scarsa "decifrabilità" quando non "attendibilità" delle testimonianze che lo riguardano<ref>Ad esempio nella raccolta Diels-Kranz non vengono previste per Pitagora le sezioni B e C.</ref><ref>Le ''Vita di Pitagora'' riferibili rispettivamente a Diogene Laerzio, Porfirio e Giamblico sono tutte del III secolo d.C. anche se attingevano a fonti del IV secolo a.C., oggi perdute, come due libri di Aristotele dedicati ai pitagorici e alle opere dei suoi allievi, Dicearco e Aristosseno, sempre dedicate al pitagorismo, oltre che alle opere del platonico Eraclide Pontico e di Timeo di Tauromenio.</ref>. Nonostante ciò lo studioso svizzero Christoph Riedweg, filologo classico e specialista di questa figura, ha tentato, in ''Pythagoras: Leben–Lehre–Nachwirkung'' (Monaco 2002)<ref>In italiano: ''Pitagora. Vita, dottrina e influenza'', presentazione, traduzione e apparati a cura di Maria Luisa Gatti, Milano, Vita e Pensiero, 2007. L'opera è significativamente dedicata a Walter Burkert.</ref>, di ricostruirne i lineamenti storici.
* La tradizione che vuole gli insegnamenti di Pitagora esclusivamente orali risale al Neopitagorismo e quindi non possiede evidenze antiche<ref>Diversamente, altri autori come Carl Huffman ritengono che «Pitagora non scrisse nulla.» (Carl Huffman, ''Pitagorismo'' in ''Il sapere greco- dizionario critico'', vol. II p. 475.</ref>; ma, anche nel caso di una esclusiva tradizione orale, possediamo gli ''akousmata'' (ἄκουσμα, "cose ascoltate; anche ''symbola'', "parole di riconoscimento") che contengono gli insegnamenti tradizionali pitagorici che possono risalire al "saggio" di Samo.
* Pitagora, vissuto nel VI secolo a.C., fu originario di Samo, un'isola ionica in Asia minore, ovvero in quella regione del mondo greco ove per prima apparve la riflessione filosofica sulle origini del cosmo, e che darà i natali anche a Erodoto; Pitagora fu anche contemporaneo di Ecateo, discepolo, secondo la tradizione e come Pitagora, di Anassimandro e autore di opere di carattere etnografico e storico culturale.
* Sono noti i rapporti tra le colonie ioniche in Asia minore e la Magna Grecia, come è abbastanza ricostruibile il trasferimento di Pitagora da Samo a Crotone all'incirca verso il 530 a.C.; nello stesso periodo altri abitanti di Samo fonderanno Dicearchia (oggi Pozzuoli) vicino a Napoli.
* La più antica testimonianza su Pitagora risale a un detto canzonatorio di Senofane (VI secolo a.C.; Pitagora si sarebbe lamentato con un tale perché picchiava un cane dove egli aveva riconosciuto l'anima di un suo amico<ref>Cfr. Diogene Laerzio, ''Vite...'' VIII, 36; D-K 21 B 7</ref>). Nel IV secolo lo scettico Timone di Fliunte accusa Pitagora di essere stato un ciarlatano; altrettanto Cratino, poeta comico ateniese, accusa i pitagorici di usare la retorica per ingannare i loro uditori. Ciò non dovrebbe stupire in quanto la tradizione di Senofane vuole costui assertore che sugli dèi nulla si può sostenere se non pure congetture.
* Anche Eraclito (VI-V sec. a.C.) ha sostenuto che Pitagora, figlio di Menarco, fosse un erudito (πολυμᾰθία), ma di "artificiosa astuzia" (κᾰκοτεχνία)<ref>D-K 22 B 129.</ref> e incapace di comprendere ciò che caratterizzava la sua erudizione<ref>D-K 22 B 40.</ref>.
* Sembra accertato il rapporto tra Pitagora e le conoscenze misteriche orfico-dionisiache, rapporto testimoniato da numerose coincidenze tra le regole pitagoriche e il ''bios'' proprio dei misteri.
* Ione di Chio (V sec. a.C.) testimonierebbe la vicinanza di Pitagora agli orfici <ref>Avrebbe attribuito agli orfici poesie composte da lui, cfr. D-K 36 B 2; su eventuali scritti di Pitagora, anche Eraclito in D-K 22 B 129</ref>, e collegherebbe il saggio di Samo a Ferecide. successivamente indicato come suo allievo.
* Empedocle (V sec. a.C.), autore influenzato dall'Orfismo<ref>Cfr. Christoph Riedweg, ''Orphisches bei Empedocles'', Antike und Abendland 41 (1995), p. 34-59.</ref>, non cita espressamente Pitagora, ma c'è da ritenere che nel frammento di cui al D-K 31 B 129, si riferisca precisamente a lui:
{{quote|Vi era tra quelli un umano di sapienza sovrumana<br>che acquisì immensa ricchezza di senno,<br>eccellente in opere sagge di ogni genere:<br>quando tendeva tutte le forze dei suoi precordi<br> vedeva agevolmente ciascuna delle cose che sono<br>anche per dieci o venti generazioni di uomini.|Empedocle 31 B 129 D-K. Traduzione di Ilaria Ramelli e Angelo Tonelli, in ''I presocratici'' (a cura di Giovanni Reale), Milano, Bompiani, 2006, p.737 |ἦν δέ τις ἐν κείνοισιν ἀνὴρ περιώσια εἰδώς<br>ὃς δὴ μήκιστον πραπίδων ἐκτήσατο πλοῦτον,<br>παντοίων τε μάλιστα σοφῶν 〈τ'〉 ἐπιήρανος ἔργων<br>ὁππότε γὰρ πάσηισιν ὀρέξαιτο πραπίδεσσιν,<br>ῥεῖ' ὅ γε τῶν ὄντων πάντων λεύσσεσκεν ἕκαστον<br>καί τε δέκ' ἀνθρώπων καί τ' εἴκοσιν αἰώνεσσιν|lingua=grc}}
::il che unitamente al vegetarismo, al rifiuto di cibarsi di fave e al presentarsi come uomo "divino" rende il filosofo agrigentino se non un seguace del saggio di Samo quantomeno ad esso vicino.
* Erodoto (V secolo a.C.), si richiama esplicitamente a Pitagora in un passo celebre, quando, riferendosi al costume egiziano di indossare abiti di lana su gonne di lino, proibendo però l'ingresso della lana nei santuari o nelle sepolture, ne evidenzia l'influenza anche pitagorica:
{{quote|Coincide quest'uso con le prescrizioni dette orfiche e bacchiche -ma in realtà egiziane e importate da Pitagora-: anche agli iniziati a questi misteri è interdetto farsi seppellire in vesti di lana. E c'è a questo proposito un racconto sacro.|Erodoto. ''Historìai'', II, 81, 2 traduzione di Piero Sgroj, in Erodoto ''Storie'', Roma, Newton Compton, versione Mobi|ὁμολογέουσι δὲ ταῦτα τοῖσι Ὀρφικοῖσι καλεομένοισι καὶ Βακχικοῖσι, ἐοῦσι δὲ Αἰγυπτίοισι καὶ Πυθαγορείοισι: οὐδὲ γὰρ τούτων τῶν ὀργίων μετέχοντα ὅσιον ἐστὶ ἐν εἰρινέοισι εἵμασι θαφθῆναι. ἔστι δὲ περὶ αὐτῶν ἱρὸς λόγος λεγόμενος.|lingua=grc}}
::Al contempo Erodoto cita la dottrina della μετενσωμᾰτωσις (''metensōmátōsis'') ovvero il trasferimento della ''psiché'' da un corpo a un altro, attribuendola agli Egizi, e diffusa da innominati Greci che la presentarono però come propria. È evidente in questo passo il riferimento alle dottrine orfiche, pitagoriche e alla "filosofia" di Empedocle. Tuttavia il riferimento agli Egizi è errato, allo stato delle conoscenze attuali si può eslcudere che tale cultura fosse in possesso di nozioni inerenti o equivalenti alla ''metensōmátōsis'' greca<ref>Cfr. Christoph Riedweg. ''Pitagora. ...'', p.114</ref>.
{{quote|Dicono gli Egiziani che sovrani degl'Inferi sono Demetra e Dioniso. Gli Egiziani sono anche stati i primi a enunciare la dottrina per cui l'anima dell'uomo sarebbe immortale; entrerebbe quando il corpo perisce in un altro animale di volta in volta nascente, e, fatto il giro di tutti gli animali terrestri, marini ed alati, rientrerebbe in un uomo che nasce, compiendo il suo giro in tremila anni. Chi prima chi dopo, alcuni Elleni hanno professato questa dottrina, come fosse loro propria,. Io ne conosco il nome ma non lo scrivo.|Erodoto. ''Historìai'', II, 123, 2-3 traduzione di Piero Sgroj, in Erodoto ''Storie'', Roma, Newton Compton, versione Mobi|πρῶτοι δὲ καὶ τόνδε τὸν λόγον Αἰγύπτιοι εἰσὶ οἱ εἰπόντες, ὡς ἀνθρώπου ψυχὴ ἀθάνατος ἐστί, τοῦ σώματος δὲ καταφθίνοντος ἐς ἄλλο ζῷον αἰεὶ γινόμενον ἐσδύεται, ἐπεὰν δὲ πάντα περιέλθῃ τὰ χερσαῖα καὶ τὰ θαλάσσια καὶ τὰ πετεινά, αὖτις ἐς ἀνθρώπου σῶμα γινόμενον ἐσδύνει: τὴν περιήλυσιν δὲ αὐτῇ γίνεσθαι ἐν τρισχιλίοισι ἔτεσι. τούτῳ τῷ λόγῳ εἰσὶ οἳ Ἑλλήνων ἐχρήσαντο, οἳ μὲν πρότερον οἳ δὲ ὕστερον, ὡς ἰδίῳ ἑωυτῶν ἐόντι: τῶν ἐγὼ εἰδὼς τὰ οὐνόματα οὐ γράφω.|lingua=grc}}
:: Sempre Erodoto<ref>Erodoto, IV, 94</ref> riferisce dei costumi dei Geti, un popolo tracio, che adorando il dio di nome Σάλμοξις (Sálmoxis) crede nell'immortalità, in quanto chi muore andrebbe a vivere con lui. Erodoto prosegue il racconto riferendo di alcune dicerie dei Greci dell'Ellesponto e del Ponto, secondo i quali tale Sálmoxis altri non sarebbe che un ex schiavo tracio di Pitagora che una volta reso libero e tornato alle sue terre, lì avrebbe trasferito usi e credenze greche, per poi costruirsi una stanza sotterranea, dichiarare di essere morto e ripresentarsi dopo tre anni come un redivivo. Ma Erodoto precisa anche di non credere a tale racconto e che probabilmente tale Sálmoxis è vissuto ben prima del saggio di Samo. Tuttavia è da evidenziare come Erodoto tratti in questo caso di una κατάβασις (discesa negli Inferi) come di una ciarlataneria; d'altronde Sofocle (''Elettra'', 62) cita il fatto di alcuni "saggi" che scompaiono, e che voci vane davano per morti, per poi riapparire ottenendo in tal modo onori, qui lo scoliaste (''scholia ad'' 62) lo riferisce espressamente a Pitagora.
* Con Democrito (V secolo a.C.), che titola una delle sue opere ''Pitagora'' (opera non giunta a noi), e che un contemporaneo, Glauco di Reggio, indica come discepolo di un pitagorico, terminiamo le testimonianze antiche sulla figura del "saggio" di Samo; agli inizi IV secolo le testimonianze su Pitagora si fanno viepiù positive (cfr. ad esempio Antistene, Aristippo e Androne di Efeso) fino alla progressiva "monopolizzazione" della figura all'interno dell'Accademia platonica.
* Per Platone<ref>''Repubblica'' 600 A B.</ref>, Pitagora è un esempio di maestro che insegna uno stile di vita; mentre Isocrate nella sua orazione su ''Busiride'' (XI) sostiene anche che «Pitagora di Samo, andato in Egitto e fattosi loro discepolo, portò in Grecia per primo lo studio di ogni genere di filosofia», ma Isocrate continua sostenendo che così Pitagora ottenne l'ammirazione dei suoi contemporanei.
In sintesi Riedweg evedenzia<ref>Christoph Riedweg ''Pitagora. ...'', p. 119.</ref>, come anche Bruno Centrone<ref>{{quote|Surely he was an extraordinary personality and a charismatic chief, venerated by his followers and desecrated by his opponents.|Bruno Centrone. ''Pythagoras'' in ''Encyclopedia of religion'', vol.11 New York, Macmillan, 2005, pp.7528 e sgg.}}</ref>, partendo proprio dalle testimonianze più antiche, come la figura di Pitagora abbia esercitato una forte influenza polarizzatrice: da una parte i suoi estimatori (ad esempio Empedocle) dall'altra i suoi critici (ad esempio Senofane o Eraclito). La polarizzazione di tali giudizi ci suggerisce che senza dubbio Pitagora appartiene alla figura del "carismatico" nell'accezione di Max Weber, suscitando ammirazione per le sue facoltà "fuori dall'ordinario" da parte di chi si considerava suo seguace, generando invece sentimenti del tutto opposti da parte di chi non era seguace delle sue dottrine. Viste le testimonianze, è probabile che l'erudito Pitagora, giunto a Crotone da Samo intorno al 530 a.C., abbia impressionate le ''élite'' locali e, guadagnando presto la loro fiducia, le abbia infine spinte ad adottare costumi più sobri e a cercare l'armonia all'interno della propria comunità. Tuttavia il "saggio" di Samo entrò presto in conflitto con alcuni importanti notabili locali, condizione che lo indusse, forse verso la fine del secolo, a trasferirsi a Metaponto dove morì.
=====Le dottrine proprie di Pitagora e il '' bíos pythagorikós'' (βίος Πῡθᾰγορικός)=====
File:Areaspitagoras01.svg|200px|thumb|right|Rappresentazione del famoso "teorema" detto di Pitagora. Tale "teorema" è inserito alla proposizione 47 del I libro degli Στοιχεῖα (''Elementi'') di Euclide (IV-III sec. a.C.), l'attribuzione a Pitagora di detto "teorema" la si deve tuttavia esclusivamente al "commento" che Proclo (V secolo d.C.) compose per questa opera; a sua volta tale attribuzione riposerebbe sulla testimonianza di un oscuro Apollodoro il quale avrebbe sostenuto che Pitagora, dopo la scoperta del "teorema" avrebbe sacrificato un bue. Anche se è probabile che il "saggio" di Samo si sia interessato ad argomenti matematici e di filosofia della natura occorre ricordare Carl Huffman quando sostiene che «fino a Platone e Aristotele inclusi, non esiste ombra di prova diretta che permetta di qualificare Pitagora come filosofo della natura o come matematico».<ref>Carl Huffman, ''Pitagorismo'' in ''Il sapere greco- dizionario critico'', vol. II p. 483</ref>.
Intorno alla figura di Pitagora si è presto costituita una scuola che seguiva le indicazioni di vita proprie del maestro. A tal proposito si possono ricostruire alcuni fondamentali insegnamenti:
* La dottrina della sopravvivenza della ''psiché'' alla morte e il suo trasferimento in altro corpo fisico <ref>In genere tale dottrina viene indicata con il termine "metempsicosi", resa del termine greco μετεμψύχωσις (da μετά o ἐμψύχωσις "rianimazione del corpo"), che tuttavia è tardo, risalente al primo secolo della nostra èra (cfr. Alessandro d'Afrodisia, ''L'anima'', XXVII, 18; Porfirio, ''Sull'astinenza dalle carni degli animali'', IV, 16; Proclo Diadoco, ''Commento alla Repubblica di Platone'', II, 340); Olimpiodoro (in ''Commento al Fedone'', LXXXI, 2) ritiene invece più corretto il termine μετενσωμᾰτωσις ("metensomatosi"), peraltro presente in Plotino (''Enneadi'' I, 1, 12; II, 9, 6; IV, 3, 9); il termine più diffuso oggi in lingua, "reincarnazione" (da ''re'' incarnazione), è invece certamente recente essendo attestato al XIX secolo; mentre l'espressione "trasmigrazione dell'anima" è un adattamento dal latino tardo ''trasmigrātĭo-ōnis'' derivato da ''trasmigrāre'' quindi da ''migrāre''</ref> espressa con i termini di "metempsicosi" o, meglio, "metensomatosi", è attribuibile anche a Pitagora che probabilmente si rifaceva a dottrine orfiche, o anche a Ferecide<ref>D-K (Ferecide) 7, A,2: «καὶ πρῶτον τὸν περὶ τῆς μετεμψυχώσεως λόγον εἰσηγήσασθαι»</ref><ref>La più antica testimonianza della dottrina della metemsomatosi/metempiscosi è nella II Olimpica (56-80) di Pindaro: {{quote|se chi la possiede conosce il futuro<br> e sa che dei morti le anime inette subito qui<br>pagano ammenda, ma che le colpe commesse, <br>in questo regno di Zeus una dea sotterra giudica <br> additando sentenza con rigore spietato... <br> Fruendo del sole per notti, <br> per giorni uguali hanno gli onesti <br> un vivere ignaro di pene: non turbano il suolo con forza di braccia <br> né l'acqua del mare <br> per misero vitto, ma fra numi <br> venerandi chi serbò fedeltà ai giuramenti illacrimata esistenza <br> trascorre. Portano gli altri terribile fardello. <br> E quanti, sostando tre volte <br> e di qua e di là, sgombra da colpe tennero l'anima <br> sempre, percorrono la strada di Zeus fino alla città turrita di Crono, <br> ove brezze d'Oceano alitano <br> intorno all'Isola dei Beati e fiori d'oro scintillano, quali al suolo da piante rigogliose e quali nutriti dall'acqua, <br> onde bracciali si allacciano ai polsi e ghirlande sul capo <br> secondo le giuste norme di Radamanti: <br> il grande padre – lo sposo di quella Rea che di tutti <br> occupa il seggio più elevato – lo ha pronto accanto a sé. <br> Peleo e Cadmo sono fra loro.<br> Piegato con le preghiere il cuore di Zeus, Teti<br> vi portò Achille.|Pindaro, ''Olimpica'' II, 56-80; Traduzione di Franco Ferrari. Milano, Rizzoli, 2008, pp. 92-99|ἀνδρὶ φέγγος: εἰ δέ νιν ἔχων τις οἶδεν τὸ μέλλον, <br>ὅτι θανόντων μὲν ἐνθάδ᾽ αὐτίκ᾽ ἀπάλαμνοι φρένες <br>ποινὰς ἔτισαν, τὰ δ᾽ ἐν τᾷδε Διὸς ἀρχᾷ <br>ἀλιτρὰ κατὰ γᾶς δικάζει τις ἐχθρᾷ <br>λόγον φράσαις ἀνάγκᾳ: <br>ἴσαις δὲ νύκτεσσιν αἰεί, <br> ἴσαις δ᾽ ἐν ἁμέραις ἅλιον ἔχοντες, ἀπονέστερον <br>ἐσλοὶ δέκονται βίοτον, οὐ χθόνα ταράσσοντες ἐν χερὸς ἀκμᾷ <br>οὐδὲ πόντιον ὕδωρ <br>κεινὰν παρὰ δίαιταν: ἀλλὰ παρὰ μὲν τιμίοις <br>θεῶν, οἵτινες ἔχαιρον εὐορκίαις, ἄδακρυν νέμονται <br>αἰῶνα: τοὶ δ᾽ ἀπροσόρατον ὀκχέοντι πόνον <br>ὅσοι δ᾽ ἐτόλμασαν ἐστρὶς <br>ἑκατέρωθι μείναντες ἀπὸ πάμπαν ἀδίκων ἔχειν <br>ψυχάν, ἔτειλαν Διὸς ὁδὸν παρὰ Κρόνου τύρσιν: ἔνθα μακάρων <br>νᾶσος ὠκεανίδες <br>αὖραι περιπνέοισιν, ἄνθεμα δὲ χρυσοῦ φλέγει, <br>τὰ μὲν χερσόθεν ἀπ᾽ ἀγλαῶν δενδρέων, ὕδωρ δ᾽ ἄλλα φέρβει, <br>ὅρμοισι τῶν χέρας ἀναπλέκοντι καὶ στεφάνοις <br>βουλαῖς ἐν ὀρθαῖσι Ῥαδαμάνθυος, <br>ὃν πατὴρ ἔχει μέγας ἑτοῖμον αὐτῷ πάρεδρον, <br>πόσις ὁ πάντων Ῥέας ὑπέρτατον ἐχοίσας θρόνον. <br>Πηλεύς τε καὶ Κάδμος ἐν τοῖσιν ἀλέγονται: <br>Ἀχιλλέα τ᾽ ἔνεικ᾽, ἐπεὶ Ζηνὸς ἦτορ <br>λιταῖς ἔπεισε, μάτηρ|lingua=grc}}</ref>, fatto dimostrato già dalla prima testimonianza su di lui, quella di Senofane. ->(Porfirio, VdP, XIX). Altrettanto riporta Ione di Chio riferendolo a Ferecide, dove tratta degli insegnamenti di Pitagora su un al di là felice se si conduce una vita moralmente adeguata<ref>D-K (Ione di Chio) 36, B, 4 «ὣς ὁ μὲν ἠνορέηι τε κεκασμένος ἠδὲ καὶ αἰδοι καὶ φθίμενος ψυχῆι τερπνὸν ἔχει βίοτον, εἴπερ Πυθαγόρης ἐτύμως ὁ σοφὸς περὶ πάντων ἀνθρώπων γνώμας εἶδε καὶ ἐξέμαθεν.»</ref>. In tal senso è evidente la connessione con la mistica eleusina e orfica, laddove, tuttavia e nel caso di Pitagora, la condotta morale è essenziale per ottenere quel genere di risultato dopo la morte, le iniziazioni non sono sufficienti.
* La condotta di vita pitagorica contiene numerose regole, molte delle quali risultano nelle loro motivazioni a noi incomprensibili, già in antichità si era tentato di fornirne una spiegazione <ref>Ad esempio Anassimandro il giovane, contemporaneo di Aristotele, nel suo Συμβόλων Πυθαγορείων έζήγεσις.</ref>. Di fatto, sappiamo solamente che la vita di Pitagora e dei pitagorici era contrassegnata da numerose regole di condotta nei più disparati campi per lo più centrate sulla condizione di "purezza", tra queste:
** libare agli dèi (quindi versare il contenuto da una coppa) dal lato dei manici (G.VP 84), questo perché non si può bere dalla stessa porzione dell'orlo delle divinità;
** non indossare un anello che riporti l'immagine di un dio, questo perché tale immagine sacra deve essere custodita nella propria abitazione;
** non raccogliere ciò che cade dalla mensa, perché è destinato a un morto o aun eroe;
** entrare nel tempio a piedi nudi e a piedi nudi sacrificare agli dèi (l'altare dei sacrifici e posto di regola fuori dal tempio);
** all'interno del santuario incedere verso i propri compiti religiosi senza deviare verso quelli "mondani";
** non percorrere strade eccessivamente frequentate.
A queste regole verranno affiancate, in epoca tarda, spiegazioni simboliche. A parte le regole di "purezza", fondamentali per il '' bíos pythagorikós'' risultano le regole alimentari:
* la più nota consiste nella proibizione di cibarsi di essere animati (ἔμψύχον ἀπέχου), nel contempo tuttavia vi sono delle prescrizioni che consentono sia i sacrifici sia la consumazione di carne (solo alcuni tagli e solo di alcuni animali) il che fa sostenere a Riedweg<ref>Riedweg, ''Op.cit.'' p.130</ref> che«il vegetarismo più rigoroso rimase probabilmente limitato alla cerchia più interna della comunità pitagorica, in cui non erano più in vigore i "criteri di socialità" normale, tra l'altro anche a motivo della comunione dei beni.».
* altra regola fondamentale per i pitagorici riguardava l'astensione del consumo delle fave:
{{q|Dice Aristotele nel libro ''Sui Pitagorici'' che Pitagora ordinava: "astenersi dalle fave", o perché sono simili a pudende, o perché assomigliano alle porte dell'Ade; <***> perché è la sola pianta senza articolazioni; o perché nociva; o perché è simile alla natura dell'universo; o perché ha significato oligarchico; e infatti con le fave designano i magistrati.| ''Acusmi e simboli'', 3; in ''Pitagorici antichi''. Traduzione di Maria Timpanaro Cardini, Milano, Bompiani, 2010, pp.903-5}}
Nel '' bíos pythagorikós'' compare per la prima volta anche il divieto di avere relazioni extraconiugali<ref>Cfr. Giamblico, ''Vita di Pitagora'': al 50 per quanto attiene le condotte degli uomini ("lasciarono andare le concubine"); mentre al 55 per quanto attiene le indicazioni alle donne. Anche Walter Burkert, ''La religione greca''.</ref>.
Ma l'importanza fondamentale della figura di Pitagora per la storia religiosa e filosofica dell'umanità è legata a queste regole proprie della vita, del '' bíos pythagorikós'':
{{q|Come ha sottolineato Burkert, la vera importanza di Pitagora è dovuta al fatto che egli fu il primo a stabilire un insieme di regole applicabili non solo a certe occasioni particolari, stabilite dal rituale religioso, ma al comportamento umano in tutto il complesso della vita quotidiana; egli indicò così come vivere ogni giorno della nostra vita su questa terra mostrandone al contempo i legami con la vita dell'aldilà. Sotto questo aspetto Pitagora fu un grande maestro di morale e un vero precursore di Socrate e di Cristo, per quanto strane possano apparire a una sensibilità moderna le prescrizioni di certi ''akousmata''. Bisognerà attendere "quelli che son detti Pitagorici" del V secolo, e in particolare Filolao di Crotone, per vedere il pitagorismo apportare importanti contributi alla filosofia della natura.|Carl Huffman, ''Pitagorismo'' in ''Il sapere greco- dizionario critico'', vol. II p. 487}}
=====La dottrina pitagorica dei "numeri" (ἀριθμός)=====
{{quote|Qual è la cosa più sapiente? Il numero|Giamblico, ''Vita pitagorica'', 82, traduzione di Maurizio Giangiulio, Milano, Rizzoli, 2008, pp. 220-1 |τί τὸ σοφώτατον; ἀριθμός|lingua=grc}}
Nella dottrina pitagorica, la base della realtà e di ogni cosa in essa contenuta è composta dai numeri. Così, non solo gli elementi corporei sono composti da numeri, ma anche il cosmo e i suoi astri, gli dèi, i concetti, la musica con la sua ''harmonia''.
{{quote|Nella stessa epoca di costoro, anzi ancora prima di loro, i cosiddetti Pitagorici si dedicarono per primi alle scienze matematiche, facendole progredire; e poiché trovarono in esse il proprio nutrimento, furono del parere che i principi di queste si identificassero con i principi di tutte le cose. I numeri occupano naturalmente il primo posto tra tali principi, e i Pitagorici credevano di scorgere in quelli, più che nel fuoco o nella terra o nell'acqua, un gran numero di somiglianza con le cose che esistono e sono generate, e asserivano che una determinata proprietà dei numeri si identifica con la giustizia, un'altra con l'anima e con l'intelletto, un'altra ancora col tempo critico, e che lo stesso vale, presso a poco, per ciascuna delle altre proprietà numeriche, e individuavano, inoltre, nei numeri le proprietà e i rapporti delle armonie musicali e, insomma, pareva loro evidente che tutte le altre cose modellassero sui numeri la loro intera natura e che i numeri fossero l'essenza primordiale di tutto l'universo fisico; e per tutte queste ragioni essi concepirono gli elementi dei numeri come elementi di tutta la realtà, e l'intero cielo come armonia e numero; e quante concordanza con le proprietà e le parti del cielo e con l'intero ordine universale essi riscontravano nei numeri e nelle armonie, le raccoglievano e le adattavano al loro sistema.|Aristotele, ''Metafisica'', A 5 985 b; Traduzione di Antonio Russo, in Aristotele ''Opere'' vol.1 a cura di Gabriele Giannantoni, Milano, Mondadori, 2008, p. 676-7|ἐν δὲ τούτοις καὶ πρὸ τούτων οἱ καλούμενοι Πυθαγόρειοι τῶν μαθημάτων ἁψάμενοι πρῶτοι ταῦτά τε προήγαγον, καὶ [25] ἐντραφέντες ἐν αὐτοῖς τὰς τούτων ἀρχὰς τῶν ὄντων ἀρχὰς ᾠήθησαν εἶναι πάντων. ἐπεὶ δὲ τούτων οἱ ἀριθμοὶ φύσει πρῶτοι, ἐν δὲ τούτοις ἐδόκουν θεωρεῖν ὁμοιώματα πολλὰ τοῖς οὖσι καὶ γιγνομένοις, μᾶλλον ἢ ἐν πυρὶ καὶ γῇ καὶ ὕδατι, ὅτι τὸ μὲν τοιονδὶ τῶν ἀριθμῶν πάθος δικαιοσύνη [30] τὸ δὲ τοιονδὶ ψυχή τε καὶ νοῦς ἕτερον δὲ καιρὸς καὶ τῶν ἄλλων ὡς εἰπεῖν ἕκαστον ὁμοίως, ἔτι δὲ τῶν ἁρμονιῶν ἐν ἀριθμοῖς ὁρῶντες τὰ πάθη καὶ τοὺς λόγους, ἐπεὶ δὴ τὰ μὲν ἄλλα τοῖς ἀριθμοῖς ἐφαίνοντο τὴν φύσιν ἀφωμοιῶσθαι πᾶσαν, οἱ δ᾽ ἀριθμοὶ πάσης τῆς φύσεως πρῶτοι, τὰ τῶν ἀριθμῶν στοιχεῖα τῶν ὄντων στοιχεῖα πάντων ὑπέλαβον εἶναι, καὶ τὸν ὅλον οὐρανὸν ἁρμονίαν εἶναι καὶ ἀριθμόν: καὶ ὅσα εἶχον ὁμολογούμενα ἔν τε τοῖς ἀριθμοῖς καὶ ταῖς ἁρμονίαις πρὸς [5] τὰ τοῦ οὐρανοῦ πάθη καὶ μέρη καὶ πρὸς τὴν ὅλην διακόσμησιν, ταῦτα συνάγοντες ἐφήρμοττον. κἂν εἴ τί που διέλειπε, προσεγλίχοντο τοῦ συνειρομένην πᾶσαν αὐτοῖς εἶναι τὴν πραγματείαν|lingua=grc}}
Così, e ad esempio, il numero 7 è il "momento opportuno" (καιρός) in quanto corrisponde alla pubertà (14= 2x 7) o alla crescita dei denti a sette mesi dalla nascita; come nel cosmo, il Sole, astro della prosperità, occupa il settimo posto; anche la dea Atena è il numero 7 perché come questo numero non genera e non è generato dai primi dieci numeri (per addizione o moltiplicazione di sé stesso), la dea nata dalla testa di Zeus è priva di madre. La "giustizia", che consiste nel retribuire con una punizione proporzionata il danno inferto, corrisponde al numero 4 (2 x 2) o al numero 9 (3 x 3). Il matrimonio corrisponde al numero 5 in quanto unione tra il maschio (dispari=3) e la femmina (pari=2). Il numero 1 è il ''noûs'' (νοῦς), l'intelletto, in quanto "essenza", "uguaglianza", e unità (μονάς, monade); mentre il due è indicato come "opinione" o "movimento". L'"intero" è invece il 3 perché comprende "inizio", "medio" e "fine". Dieci è il numero "perfetto" perché contiene tutta la natura dei numeri.
Particolare riguardo i pitagorici riservavano per la serie dei primi quattro numeri, indicati con il termine di τετρακτύς (''tetraktýs'', tetrade) su cui giuravano e che consideravano la chiave per comprendere l'intero cosmo.
{{nota|allineamento = centro|larghezza = 700px|contenuto=[[File:Modello pitagorico dell'universo.png|center|700px]]<div style="text-align:center ">'''Il modello pitagorico dell'universo'''</div><br> La concezione pitagorica dell'universo mette al centro di questo non la Terra, come in altre cosmografie antiche<ref>Cfr. ad esempio Anassimandro.</ref>, ma il Fuoco: il nostro pianeta è solo uno dei corpi celesti che girano intorno al Fuoco. Gli altri astri erranti sono: l'Anti-terra, che precede la Terra nella sua vicinanza al Fuoco e, dopo il nostro pianeta, seguono la Luna, il Sole e i cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), tutti astri che unitamente al Fuoco sono contenuti all'interno dell'universo sferico delle Stelle fisse. Secondo Aristotele<ref>Cfr. ''De caelo''.</ref>, questa concezione pitagorica, decisamente non geocentrica, non è frutto di loro osservazioni empiriche quanto piuttosto si basa sulla loro valutazione della rilevanza degli enti: il Fuoco è il più importante anche rispetto alla Terra quindi il luogo che gli spetta è al centro del Cosmo<ref>Cfr. Aristotele, ''De caelo'' 293 b.</ref><ref>Filolao lo indicava col termine ἑστία, ovvero quello che sul piano del "microcosmo" era il centro della casa.</ref><ref>Da notare che Plutarco (''Platonicae quaestiones'' 8, su testimonianza di Teofrasto, e ''Vita Numae'' 11) riporta che Platone da vecchio si sia ricreduto sul geocentrimo riportato nel ''Timeo'', cfr. anche ''Leggi'' 822 A C) il tutto a dimostrare come la teoria del Fuoco al centro dell'universo poteva aver avuto accoglimento nell'Accademia platonica.</ref> per questa ragione lo indicano anche come la "custodia di Zeus"<ref>Cfr. Aristotele, ''De caelo'' 293 b.</ref>. Contando dal cerchio delle Stelle fisse, l'Anti-terra si pone al decimo posto subito prima del Fuoco, il suo nome lo deve al fatto che essa si pone all'esatto opposto della Terra e noi non la vediamo perché la massa terrestre ci oppone alla sua vista. Secondo Filolao <ref>Cfr. ''Pitagorici antichi - testimonianza e frammenti'' a cura di Maria Timpanaro Cardini p. 3 77.</ref> il Sole è di natura vitrea e quindi questo astro si limita a rilfettere luce e calore che sono propri del Fuoco. <br> Questa concezione non geocentrica dell'universo fu spunto, secoli dopo, per Copernico nel promuovere una teoria dell'universo altrettanto non geocentrica. {{q|Poi trovai anche presso Plutarco che alcuni altri avevano avuto la stessa opinione; e trascrivo qui le sue parole perché siano note a tutti : "è opinione comune che la terra stia ferma; ma Filolao Pitagorico dice che gira intorno al fuoco secondo un circolo obliquo così come il sole e la luna. Eraclide Pontico ed Ecfanto Pitagorico fanno muovere la terra, non però di moto traslato, ma rotatorio, infilata in un asse a guida di ruota e girante intorno al proprio centro da occidente ad oriente". Prendendo spunto da qui cominciai anch'io a meditare intorno alla possibilità di un movimento della terra.|Copernico, ''La rivoluzione delle fere celesti'', traduzione di Francesco Barone in Copernico ''Opere'', Milano, Mondadori, 2008, p.174}}}}
=====La comunità pitagorica e il pitagorismo dopo Pitagora=====
Se scansiamo il significato peggiorativo del termine "setta" (termine derivato dal latino ''sěcta'', lett. "linea di comportamento", dal participio passato, ''*sectus'', del verbo ''sěqui'', "seguire"), limitandoci a quello proprio della sociologia della religione, dove tale lemma indica una a) "minoranza religiosa", b) fondata, di regola, da una personalità carismatica, c) organizzata in modo riconoscibile e dotata di una forte cooperazione economica interna, d) ai cui membri si promette la "salvezza", i quali sono ritenuti gli unici a comprendere le problematiche proprie dell'esistenza umana, e) membri che poi si distinguono in qualche forma di vita regolata (alimentazione, vestiario, etc.) dal resto della comunità umana e che si considerano, per tutte queste ragioni, in ua condizione "migliore" rispetto agli altri uomini, il termine setta è certamente applicabile alla scuola pitagorica <ref>Christoph Riedweg, ''Pitagora ...'' pp. 166 e sgg.</ref>.
La setta pitagorica si distingueva in due rami più tardi indicati come "pitagorici" e "pitagoristi". I primi rappresentavano il nucleo più vicino all'insegnamento del maestro Pitagora, mentre i secondi consistevano in coloro che si limitavano a seguirne gli insegnamenti essenziali: è probabile che la maggioranza degli abitanti di Crotone del VI secolo a.C. abbia appartenuto a questa seconda categoria.
L'ingresso nella "setta" pitagorica era rigidamente regolato, innanzitutto su una preselezione di tipo fisiognomico, rigardante sia l'aspetto che il portamento, poi
{{q|Coloro che avevano superato tale esame, egli lasciava che per tre anni fossero lasciati in nessun conto, allo scopo di valutare quale fermezza essi avessero e quanto amore sincero del sapere e di vedere se fossero sufficientemente premuniti contro la gloria al punto da restare indifferenti agli onori. A questo punto imponeva agli aspiranti cinque anni di silenzio, per mettere alla prova la loro padronanza di sé. Perché fra tutte le prove di autocontrollo controllo, tenere e freno la lingua era la più dura, com'è dimostrato dai fondatori dei riti misterici. In questo periodo i beni di ciascuno - le sostanze personali, vale a dire - venivano messi in comune, e affidati ai sodali a ciò preposti, che prendevano il nome di “politici” [politikoi] ed erano in parte "amministratori" (''oikonomikoi'') e in parte "legislatori" (''nomothetikoi''). Quanto agli aspiranti, se sulla base della condotta di vita e in generale della buona qualità della loro indole si mostravano degni di essere messi a parte delle dottrine, dopo il quinquennio di silenzio diventavano per sempre "esoterici" (''esoterikoi'') e avevano la facoltà di ascoltare Pitagora all’interno della tenda. Prima, invece, dovevano limitarsi a fruire del suo insegnamento ascoltando da fuori la tenda, senza avere alcuna possibilità di vederlo. Così davano prova, in un ampio arco di tempo, della loro indole. Se poi venivano rifiutati, recuperavano, raddoppiati, i loro averi, mentre gli "uditori in comune" (''homakooi''), come venivano chiamati tutti i seguaci di Pitagora, innalzavano loro un monumento funebre, quasi fossero defunti. E se poi i discepoli incontravano i respinti, li trattavano come se non fossero più loro e proclamavano defunti quelli che essi avevano tentato di plasmare [...] |Giamblico, ''Vita pitagorica'', 72-3, traduzione di Maurizio Giangiulio, Milano, Rizzoli, 2008, pp. 205-6)}}
Tale selettività unito a un sentimento manifesto della propria superiorità e al fatto che i pitagorici detenessoro la guida politica di molte città dell'Italia meridionale, alla lunga non poteva che generare conflitti con la circostante comunità cittadina. Una prima rivolta contro i pitagorici fu guidata da un aristocratico crotonese, Cilone, escluso per ragioni fisiognomiche dalla cerchia stretta degli "iniziati". Tale ribellione avrebbe costretto Pitagora e i pitagorici ad abbandonare Crotone per Metaponto. Ristabilito il controllo "pitagorico" sulla città, i seguaci di Cilone tornarono all'attacco incendiando l'abitazione di uno di questi in cui si erano riuniti. Nell'incendio sopravvissero solo due pitagorici, Archippo e Liside, che riuscirono a fuggire. Le fonti non sono tuttavia molto chiare, ma sembra emergere che intorno alla prima metà del V secolo a.C. presso alcune colonie della Magna Grecia si sia scatenato un vero e proprio ''pogrom'' contro le comunità pitagoriche che per questa ragione si dispersero e, infine, scomparvero:
{{q|Si radunarono a Reggio e lì vissero organizzati in comunità. Ma col passare del tempo, poiché l'ordinamento politico entrava sempre più profondamente in crisi... I pitagorici più stimati furono Fantone, Echecrate, Polimnasto e Diocle, nativi di Fliunte, e Senofilo, calcidese di Tracia. Essi preservarono i costumi di vita e gli insegnamenti originari, per quanto la scuola venisse meno via via; infine scomparvero non ingloriosamente.|Giamblico, ''Vita pitagorica'', 251, traduzione di Maurizio Giangiulio, Milano, Rizzoli, 2008, pp. 423-4)}}
Un ulteriore elemento di conflitto che emerge dalle fonti<ref>Giamblico ''Vita di Pitagora'', 81.</ref>, questa volta interno alla comunità pitagorica, è quello che oppose i cosiddetti "acusmatici" (da "insegnamento orale" ἄκουσμα) dai "matematici" (da "scienza" μάθημα). I secondi consideravano i primi come anch'essi "pitagorici" mentre i primi non riconoscevano tale statuto ai secondi, considerandoli alla stregua di "apostati"<ref>Di discendere non da Pitagora ma da Ippaso, ovvero di colui (cfr. Giamblico, ''Vita di Pitagora'', 247) che fu messo a morte per aver svelato la costruzione del "dodecaedro".</ref>. I "matematici", anche se considerati negativamente dagli acusmatici, consideravano loro stessi superiori a costoro, in quanto se gli "acusmatici" rivolgevano la loro attenzione agli aspetti prescrittivi e cultuali della dottrina di Pitagora, finendo per condurre una vita pienamente ascetica, loro, i "matematici", erano invece intenzionati a penetrarne le profondità senza soffermarsi sulle "esteriorità". I ''pogrom'' antipitagorici del V secolo marcheranno ulteriormente la distanza tra i due gruppi e, nel IV secolo, tale distinzione risulta decisamente sottolineata. Tra i "matematici" si possono annoverare figure come quella di Archita di Taranto, Filolao ed Eurito, mentre tra i loro oppositori si collocano Diodoro di Aspendo e Licone<ref>Christoph Riedweg, ''Pitagora ...'' pp. 176.</ref>.
==Note==
<references/>
{{avanzamento|100%}}
[[Categoria:La religione greca]]
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Disposizioni foniche di organi a canne
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3783'''.
== Per il lettore ==
Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro.
Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha.
Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto.
La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento.
== Per il contributore ==
Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti.
Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche.
Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina.
=== Dei titoli ===
I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema:
Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio
Ad esempio:
Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente
Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''.
Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio.
=== Delle tabelle riassuntive ===
Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema:
* '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera
* '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione)
* '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento
* '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2)
* '''Canne:''' numero di canne
* '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi
* '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.)
* '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi
* '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi
* '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi.
Esempio:
* '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'')
* '''Anno:''' 2019-2020
* '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento)
* '''Registri:''' 36
* '''Canne:''' 3.562
* '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri)
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata
Nel caso di ottave scavezze:
* '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale
=== Delle disposizioni foniche ===
* I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale''';
* il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit'';
* nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto''''');
* qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto''''');
* all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>);
* tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>);
* le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>'';
* nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota.
* i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle;
* non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro;
* non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori;
* il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione;
* gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''.
Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''):
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2'
|-
|Flauto a Camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di Gamba || 8'
|-
|Flauto a Cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.1/3'
|-
|Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2'
|-
|Voce Celeste 2 File || 8'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|}
|}
Questa, invece, va bene:
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno acuto 3 file || 1/2'
|-
|Flauto a camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|Tromba || 8' Bassi
|-
|Tromba || 8' Soprani
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di gamba || 8'
|-
|Flauto a cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.3/5'
|-
|Pienino 3 file || 1'
|-
|Voce celeste 2 file || 8'
|-
|Tromba armonica || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Trombone || 16'
|-
|Tromba bassa || 8'
|-
|}
|}
== Libri correlati ==
* {{libro|Organo a canne}}
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
[[Categoria:Musica]]
[[Categoria:Dewey 786]]
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{{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}}
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche della provincia di Firenze raggruppate per comune:
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Firenze|Firenze]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Bagno a Ripoli|Bagno a Ripoli]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Barberino Tavarnelle|Barberino Tavarnelle]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Borgo San Lorenzo|Borgo San Lorenzo]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Calenzano|Calenzano]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Campi Bisenzio|Campi Bisenzio]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Castelfiorentino|Castelfiorentino]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Certaldo|Certaldo]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Empoli|Empoli]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Figline Valdarno|Figline Valdarno]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Fiesole|Fiesole]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Fucecchio|Fucecchio]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Greve in Chianti|Greve in Chianti]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Impruneta|Impruneta]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Lastra a Signa|Lastra a Signa]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Montaione|Montaione]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Montespertoli|Montespertoli]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Montelupo Fiorentino|Montelupo Fiorentino]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Pelago|Pelago]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Pontassieve|Pontassieve]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Reggello|Reggello]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Rignano sull'Arno|Rignano sull'Arno]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/San Casciano Val di Pesa|San Casciano Val di Pesa]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Scandicci|Scandicci]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Signa|Signa]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Tavernelle Val di Pesa|Tavernelle Val di Pesa]]
{{Avanzamento|0%|9 ottobre 2016}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia
0
36831
431015
406585
2022-07-30T09:57:10Z
Pufui PcPifpef
7952
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche della [[w:Provincia di Vibo Valentia|provincia di Vibo Valentia]] raggruppate per comune:
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Vibo Valentia|Vibo Valentia]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Briatico|Briatico]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Parghelia|Parghelia]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Tropea|Tropea]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Vallelonga|Vallelonga]]
{{Avanzamento|0%|01 maggio 2021}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Padova/Padova - Chiesa della Beata Vergine Maria Immacolata
0
37035
431001
420260
2022-07-29T16:40:59Z
Matteovar02org
46255
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Angelo Agostini
* '''Anno:''' 1865 circa
* '''Restauri/modifiche:''' Legros (restauro)
* '''Registri:''' 31
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 1 di 58 note con prima ottava cromatica estesa (''Do<small>1</small>''-''La<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'')
* '''Pedaliera:''' dritta di 24 note (''Do<small>1</small>''-''Si<small>2</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento nel presbiterio
{|border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 |'''Colonna di sinistra - ''Concerto'''''
----
|-
|Principale || 16' Bassi
|-
|Principale || 16' Soprani
|-
|Voce umana || 8' Soprani
|-
|Fluta reale || 8' Soprani
|-
|Flauto in ottava || 4' Bassi
|-
|Flauto in ottava || 4' Soprani
|-
|Flauto in XII || 2.2/3' Bassi
|-
|Flauto in XII || 2.2/3' Soprani
|-
|Ottavino || 2' Soprani
|-
|Viola || 4' Bassi
|-
|Viola || 16' Soprani
|-
|Fagotto || 8' Bassi
|-
|Trombe || 8' Soprano
|-
|Claroni || 4' Bassi
|-
|Corno inglese || 16' Soprani
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 |'''Colonna di destra - ''Ripieno'''''
----
|-
|Principale || 8' Bassi
|-
|Principale || 8' Soprani
|-
|Ottava || 4' Bassi
|-
|Ottava || 4' Soprani
|-
|Ottava seconda || 4'
|-
|Quintadecima || 2'
|-
|Decimanona || 1.1/3'
|-
|Vigesimaseconda || 1'
|-
|Vigesimasesta || 2/3'
|-
|Vigesimanona || 1/2'
|-
|Contrabbassi || 16' <small>(al Pedale)</small>
|-
|Ottava di Contrabbassi || 8' <small>(al Pedale)</small>
|-
|Quintadecima di Contrabbassi || 4' <small>(al Pedale)</small>
|-
|Duodecima di Contrabbassi || 5.1/3' <small>(al Pedale)</small>
|-
|Timballi || <small>(al Pedale)</small>
|-
|Trombe reali || 8' <small>(al Pedale)</small>
|-
|}
|}
== Altri progetti ==
{{ip|w=Chiesa dell'Immacolata (Padova)|w_preposizione=sulla|w_etichetta=chiesa della Beata Vergine Maria Immacolata a Padova}}
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=https://sites.google.com/site/ivanfurlanis/home/organi-padovani/immacolata|titolo=Organo Agostini. Padova, Chiesa dell'Immacolata|editore=sites.google.com/site/ivanfurlanis|accesso=18 luglio 2015}}
{{Avanzamento|100%|18 luglio 2015}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Piemontese/Raccolta di verbi declinati
0
41547
430999
360952
2022-07-29T16:14:44Z
193.207.217.57
wikitext
text/x-wiki
{{avanzamento|25%|data}}
{{Piemontese}}
== Verbi declinati ==
{{TOCright}}
[[Lenga piemontèisa/Gramàtica piemontèisa/Morfologìa|Artorn]]
----
== Selession ëd verb coniugà ==
''A peudo an general serve da model për d'àutri. I l'oma lassà da banda 'l sogèt për nen pijé tròp dë spassi, ma as capiss l'istess: tre vos al singular, e tre vos al plural. L'imperativ a l'é tersa përson-a, tërsa përson-a 'd rispèt, prima përson-a plural, tersa përsona, tersa përson-a 'd rispèt''.
=== Andé ===
* Aus. = esse
* p. pass. = andàit
* Ind. pres. = vado (von), vade (vas), va, andoma, andeve, van
* Ind. imp. = andasìa, andasìe, andasìa, andasìo, andasìe, andasìo
* Ind. fut. = andrai, andras, andà, androma, andreve, andran
* Cond. pres = andrìa, andrìe, andrìa, andrìo, andrìe, andrìo
* Cong. pres. = vada (vogna), vade (vogne), vada (vogna), vado (vogno), vade (vagne), vado (vogno)
* Cong. imp. = andèissa, andèisse, andèisso, andèisse, andèisso
* Imp. = va, ch'a vada, andoma, andé, ch'a vado
* Ger. = andasend(a)
=== Cheuje ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = cujì
* Ind. pres. = cheujo, cheuje, cheuj, cujoma, cheuje, cheujo
* Ind. imp. = cujìa, cijìe, cujìa, cujìo, cujìe, cojìo
* Ind. fut. = cujirai, cujiras, cujirà, cujiroma, cujireve, cujiran
* Cond. = cujirìa, cujirìe, cujirìa, cujrìo, cujirìe, cojirìo
* Cong. pres. = cheuja, cheuje, cheuja, cheujo, cheuje, cheujo
* Cong. imp. = cujèissa, cujèisse, cujèissa, cujèisso, cujèisse, cujèisso
* Imp. = cheuj, ch'a cheuja, cojoma, cheuje, ch'a cheujo
* Ger. = (an) cojend)a)
=== Corege ===
* aus. = avèj
* p. pass. coregiù/coret
* Ind. pres. = coregio, corege, coregg, coregioma, corege, coregio
* Ind. imp. = coregìa, coregìe, coregìa, coregìo, coregìe, coregìo
* Ind. fut. = coregerai, coregeras, coregerà, coregeroma, coregereve, coregeran
* Cond. = coregerìa, coregerìe, coregerìa, coregerìo, coregerìe, coregerìo
* Cong. pr. = coregia, corege, coregia, coregio, corege, coregio
* Cong. imp. = coregèissa, coregèisse, coregèissa, coregèisso, coregèisse, -sso
* Imp. = coregg, ch'a coregia, coregioma, corege, ch'a coregio
* Ger. = (an) coregend(a)
=== Dé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dàit
* Ind. pres. = dago (dagh), daghe (das), dà, doma, deve, dan
* Ind. imp. = dasìa, dasìe, dasìa, dasìo, dasìe, dasìo
* Ind. fut. = darai, daras, darà, daroma, dareve, daran
* Cond. pres. = darìa, darìe, darìa, darìo, darìe, darìo
* Cong. pres. = daga, daghe, daga, dago, daghe, dago
* Cong. imp. = dèissa, dèisse, dèissa, dèisso, dèisse, dèisso
* Imp. = dà, ch'a daga, doma, dé, ch'a dago
* Ger. = dasend(a)
=== Dësblé ===
* aus. = avèj
* p. pass. = dësblà
* Ind. pres. = dësbelo, dësbele, dësbela, dësbloma, dësbele, dësbelo
* Ind. imp. = dësblava, dësblave, dësblava, dësblavo, dësblave, dësblavo
* Ind. fut. = dësblerai, dësbleras, dësblerà, dësbleroma, dësblereve, dësbleran
* Cond. = dësblerìa, dësblerìe, dësblerìa, dësblerìo, dësblerìe, dësblerìo
* Cong. pr. = dësbela, dësbele, dësbela, dësbelo, dësbele, dësbelo
* Cong. imp. = dësblèissa, dësblèisse, dësblèissa, dësblèisso, dësblèisse, dësblèisso
* Imp. = dësbela, ch'a dësbela, dësbloma, dësblé, ch'a dësbelo
* Ger. = (an) dësbland(a)
=== Deurme ===
* aus. = avèj
* p. pass. = durmì
* Ind. pres. = deurmo, deurme, deurm, durmoma, deurme, deurmo
* Ind. imp. = durmìa, durmìe, durmìa, durmìo, durmìe, durmìo
* Ind. fut. = durmirai, durmiras. durmirà, durmiroma, durmireve, durmiran
* Cond. = durmirìa, durmirìe, durmirìa, durmirìo, durmirìe, durmirìo
* Cong. pr. = deurma, ceurme, deurma, deurmo, deurme, deurmo
* Cong. imp. = durmèissa, durmèisse, durmèissa, durmèisso, durmèisse, durmèisso
* Imp. = deurm, ch'a deurma, durmoma, deurme, ch'a deurmo
* Ger. = (an) durmend(a)
=== Dì ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dìt
* Ind. pres. = diso (dijo), dise (dije), dis, disoma (dijoma), dise (dije), diso (dijo)
* Ind. imp. = disìa, disìe, disìa, disìo, disìe, disìo
* Ind. fut. = dirai, diras, dirà, diroma, direve, diran
* Cond. pres. = dirìa, dirìe, dirìa, dirìe, dirìo, dirìe, dirìo
* Cong. pres. = disa, dise, disa, diso, dise, diso
* Cong. imp. = disèissa, disèisse, disèissa, disèisso, disèisse, disèisso
* Imp. = dis, ch'a dosa, disoma, dì, ch'a diso
* Ger. = (an) disend(a)
=== Dovèj ===
* Aus. = avèj
* Part. pass. = dovù
* Ind. pres. = deuvo, deuve, deuv, dovoma, deuve, deuvo
* Ind. imp. = dovìa, dovìe, dovìa, dovìo, dovìe, dovìo
* Ind. fut. = dovrai, dovras, dovrà, dovroma, fovreve, dovran.
* Cond. pres. = dovrìa, dovrìe, dovrìa, dovrìo, dovrìe, dovrìo
* Cong. pres. = deubia, deubie, deubia, deubio, deubie, deubio.
* Cong. imp. = dovèissa, dovèisse, dovèissa, dovèisso, dovèisse, dovèisso.
* Imp. = deuv(e), ch'a deuva, dovoma, deuve, ch'a deuvo
* Ger. (an) dovend(a)
=== Dominé ===
* aus.= avèj
* part. pass. = dominà
* Ind. pres. = dòmino, dòmine, dòmina, dominoma, dàmine, dòmino
* Ind. imp. = dominava, dominave, dominava, dominavo, , dominave, dominavo
* Ind. fut. = dominrai, dominras, dominrà, dominroma, dominreve, dominran
* Cond. = dominrìa, dominrìe, dominrìa, dominrìio, dominrìe, dominrìo
* Cong. pres. = dòmina, dòmine, dòmina, dòmino, dòmine, dòmino
* Cong. imp. = dominèissa, dominèisse, dominèisso, dominèisse, dominèisse, -o
* Imp. = dòmina, ch'a dòmina, dominoma, dominé, ch'a dòmino
=== Dovré ===
* aus. = avèj
* part. pass. = dovrà
* ind. pres. = deuvro, deuvre, deuvra, dovroma, deuvre, deuvro
* Ind. imp. = dovrava, dovrave, dovrava, dovravo, dovrave, dovravo
* Ind. fut. = dovrerai, dovreras, dovrerà, dovreroma, dovreran
* Cond. = dovrerìa, dovrerìe, dovrerìa, dovrerìo, dovrerìe, dovrerìo
* Cong. pres. = deuvra, deuvre, deuvro, deuvre, deuvro
* Cong. imp. = dovrèissa, dovrèisse, dovrèissa, dovrèisso, duvrèisse, duvrèisso
* Imp. = deuvra, ch'a deuvra, dovroma, dovré, ch'a deuvro
* Ger. = (an) dovrand(a)
=== Fé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = fàit
* Ind. pres. = faso, fase, fà, foma, feve, fan
* Ind. imp. = fasìa, fasìe, fasìa, fasìo, fasìe, fasìo
* Ind. fut. = farai, faras, farà, faroma, fareve, faran
* Cond. pres. = farìa, farìe, farìa, farìo, farìe, farìp
* Cong. pres. = fasa, fase, fasa, faso, fase, faso
* Cong. imp. = fèissa, fèisse, fèissa, fèisso, fèisse, fèisso
* Imp. = fà, ch'a fasa, foma, fé, ch'a faso
* Ger. = (an) fasend(a)
=== Gieughe ===
* aus. = avìj
* p. pass. = giugà
* Ind. pres. = gieugo, gieughe, gieuga, giugoma, gieughe, gieugo
* Ind. imp. = giugava, giugave, giugava, giugavo, giugave, giugavo
* Ind. fut. = giugrai, giugras, giugrà, griogroma, giugreve, giugran
* Cond. = giugrìa, giugrìe, giugrìa, giugrìo, giugrìe, giugrìo
* Cong. pr. = gieuga, gieughe, gieuga, gieuga, gieughe, gieugo
* Cong. imp. = giughèissa, giughèisse, giughèssa, giughèisso, giughèisse, -sso
* Imp. = gieuga, ch'a gieuga, giogoma, gieughe, ch'a gieugo
* Ger. = (an) giugand(a).
=== Isolé ===
* Aus. = avèj/esse
* p. pass. = isolà
* Ind. pres. = isolo, isole, isola, isoloma, isole, isolo
* Ind. imp. = isolava, isolave, isolava, isolavo, isolave, isolavo
* Ind. fut. = isolrai, isolras, isolrà, isolroma, isolreve, isolran
* Cond. pres. = isolrìa, isolrìe, isolrìa, isolrìo, isolrìe, isolrìo
* Cong. pres. = ìsola, ìsole, ìsola, ìsolo, ìsole, ìsolo
* Cong. imp. = isolèissa, isolèisse, isolèissa, isolèisso, isolèisse, isolèisso
* Imp. = ìsola, ch'a ìsola, isoloma, isolé, ch'a ìsolo
* Ger. = (an) isoland(a)
=== Mangé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mangià
* Ind. pres. = mangio, mange, mangia, mangioma, mange, mangio
* Ind. imp. = mangiava, mangiave, mangiava, mangiabo, mangiave, mangiavo
* Ind. fut. = mangerai, mangeras, mangerà, mangeroma, mangereve, mangeran
* Cond. pres. = mangerìa, mangerìe, mangerìa, mangerìo, mangerìe, mangerìo
* Cong. pres. = mangia, mange, mangia, mangio, mange, mangio
* Cong. imp. = mangèissa, mangèisse, mangèissa, mangèisso, mangèisse, mangèisso, -sso
* Imp. = mangia, ch'a mangia, mangioma, mangé, ch'a mangio
* Ger. = (an) mangiand(a)
=== Marcé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = marcià
* Ind. pres. = marcio, marce, marcia, marcioma, marce, marcio
* Ind. imp. = marciava, marciave, marciava, marciavo, marciave, marciavo
* Ind. fut. = marcerai, marceras, marcerà, marceroma, marcereve, marceran
* Cond. pres. = marcerìa, marcerìe, marcerìa, marcerìo, marcerìe, marcerìo
* Cong. pres. = marcia, marce, marcia, marcio, marce, marcio
* Cong. imp. = marcèissa, marcèisse, marcèissa, marcèisso, marcèisse, marcèisso
* Imp. = marcia, ch'a marcia, marcioma, marcé, ch'a marcio
* Ger. = (an) marciand(a)
=== Mës-cé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mës-cià
* Ind. pres. = mës-cio, mës-cie, mës-cia, mës-cioma, mës-ce, mës-cio
* Ind. imp. = mës-ciava, mës-ciave, mës-ciava, mësciavo, mës-ciave, mës-ciavo
* Ind. fut. = mës-cerai, mës-ceras, mës-cerà, mës-ceroma, mës-cereve, mës-ceran
* Cond. pres. = mës-cerìa, mës-cerìe, mës-cerìo, mës-cerie, mes-cerìo
* Cong. pres. = mës-cia, mës-cie, mës-cia, mës-cio, mës-ce, mës-cio
* Cong. imp. = mës-cèissa, mës-cèisse, mës-cèissa, mës-cèisso, mës-cèisse, mës-cèisso
* Imp. = mës-cia, ch'a mës-cia, mës-cioma, mës-cé, ch'a mës-cio
* Ger. = (an) mës-ciand(a)
=== Mné ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mna
* Ind. pres. = men-o, men-e, men-a, mnoma, men-e (mneve), men-o
* Ind. imp. = mnava, mnave, mnava, mnavo, mnave, mnavo
* Ind. fut. = mnerai, mneras, mnerà, mneroma, mnereve, mneran
* Cond. pres. = mnerìa, it ëmnerìe, mnerìa, mnerìo, mnerìe, mnerìo
* Cong. pres. = men-a, men-e, men-a, men-o, men-e, men-o
* Cong. imp. = mnèissa, mnèisse, mnèissa, mnèisso, mnèisse, mnèisso
* Imp. = men-a, ch'a men-a, mné, ch'a men-o
* Ger. = (an ë)mnand(a)
=== Mòrde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mordù
* Ind. pres. = mòrdo, mòrde, mòrd, mordoma, mòrde, mòrdo
* Ind. imp. = mordìa, mordìe, mordìa, mordìo, mordìe, mordìo
* Ind. fut. = mordrai, mordras, mordrà, mordroma, mordreve, mordran
* Cond. pres. = mordrìa, mordrìe, mordrìa, mordrìo, mordrìe, mordrìo
* Cong. pres. = mòrda, mòrde, mòrda, mòrdo, mòrde, mòrdo
* Cong. imp. = mordèissa, mordèisse, mordèissa, mordèisso, mordèisse, mordèisso
* Imp. = mòrd, ch'a mòrda, mordoma, mòrde, ch'a mòrdo
* Ger. = (an) mordend(a)
=== Noé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = noà
* Ind. pres. = novo, noe, noa, novoma, noe, novo
* Ind. imp. = noava, noave, noava, noavo, noave, noavo
* Ind. fut. = noerai, noeras, noerà, noeroma, noereve, noeran
* Cond. pres. = noerìa, noerìe, noerìa, noerìo, noerìe, noerìe
* Cong. pres. = noa, noe, noa, novo, noe, novo
* Cong. imp. = noèissa, noèisse, noèissa, noèisso, noèisse, noèisso
* Imp. = noa,. ch'a noa, novoma, noé, ch'a novo
* Ger. = (an) noand(a)
=== Perde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përdù
* Ind. pres. = perdo, perde, perd, përdoma, perde, perdo
* Ind. imp. = përdìa, përdìe, përdìa. përdìo, përdìe, përdìo
* Ind. fut. = përdrai, përdras, përdrà, përdroma, përdreve, përdran
* Cond. pres. = përdrìa, përdrìe, përdrìa. përdrìo, përdrìe, përdrìo
* Cong. pres. = perda, perde, perda, perdo, perde, perdo
* Cong. imp. = përdèissa, përdèisse, përdèissa, përdèisso, përdèisse, përdèisso
* Imp. = perd, ch'a perda, përdoma, perde, ch'a perdo
* Ger. = (an) përdenda
=== Përmëtte ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përmëtù
* Ind. pres. = përmëtto, përmette, përmèt, përmëtoma, përmëtte, përmëtto
* Ind. imp. = përmëtìa, përmëtìe, përmëtìa, përmëtìo, përmëtìe, përmëtìo
* Ind. fut. = përmëtrai, përmëtras, përmëtrà, përmëtroma, përmëtreve, përmëtran
* Cond. pres. = përmëtrìa, përmëtrìe, përmëtrìa, përmëtrìo, përmëtrìe, përmëtrìo
* Cong. pres. = përmëtta, përmëtte, përmëtta, përmëtto, përmëtte, përmëttto
* Cong. imp. = përmëtèissa, përmëtèisse, përmetèissa, përmëtèisso, përmëtèisse, përmëtèisso
* Imp. = përmèt, ch'a përmëtta, përmëtoma, përmëtte, ch'a përmëtto
* Ger. = (an) përmëtend(a)
=== Paghé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pagà
* Ind. pres. = pago, paghe, paga, pagoma, paghe, pago
* Ind. imp. = pagava, pagave, pagava, pagavo, pagave, pagave
* Ind. fut. = pagrai, pagras, pagrà, pagroma, pagreve, pagran
* Cond. pres. = pagrìa, pagrìe, pagrìa, pagrìo, pagrìe, pagrìo
* Cong. pres. = paga, paghe, paga, pago, paghe, pago
* Cong. imp. = paghèissa, paghèisse, paghèissa, paghèisso, paghèisse, paghèisso
* Imp. = paga, ch'a paga, pagoma, paghé, ch'a pago
* Ger. = (an) pagand(a)
=== Pijé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pijait (pijà)
* Ind. pres. = pijo, pije, pija, pioma, pieve, pijo
* Ind. imp. = piava, piave, piava, piavo, piave, piavo
* Ind. fut. = pi(j)eras, pi(j)erà, pi(j)eroma, pi(j)ereve, pi(j)eran
* Cond. pres. = pi(j)erìa, pi(j)erìe, pi(j)erìa, pi(h)erìo, pi(j)erìe, pi(j)erìo
* Cong. pres. = pija, pija, pijo, pijo, pije, pijo
* Cong. imp. = pièissa, pièisse, pijèissa, pijèisso, pijèisse, pijèisso
* Imp. = pija, ch'a pija, pijoma, pijé, pijo
* Ger. = (an) pijand(a)
=== Podèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = podù
* Ind. pres. = peudo (peuss), peude (peule), peuda, podoma, peude (peule), peudo (peulo)
* Ind. imp. = podìa, podìe, podìa, podìo, podìe, podìo
* Ind. fut. = podrai, podras, podrà, podroma, podreve, podran
* Cond. pres. = pidrìa, podrìe, podrìa, podrìo, podrìe, podrío
* Cong. pres. = peussa, peusse, peussa, peusso, peusse, peusso
* Cong. imp. = podèissa, podèisse, podèissa, podèisso, podèisse, podèisso
* Ger. = podend
=== Porté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = portà
* Ind. pres. = pòrto, pòrte, pòrta, portoma, pòrte, pòrto
* Ind. imp. = portava, portave, portava, portavo, portave, portavo
* Ind. fut. = portrai, portras, portrà, portroma, portreve, portran
* Cond. pres. = portrìa, portrìe, portrìa, portrìo, portrìe, portrìo
* Cong. pres. = pòrta, pòrte, pòrta, poòrto, pòrte, pòrto
* Cong. imp. = portèissa, portèisse, portèissa, portèisso, portèisse, portèisso
* Imp. = pòsta, ch'a pòrta, portoma, porté, ch'a pòrto
* Ger. = (an) portand(a)
=== Prodùe ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = produvù
* Ind. pres. = doduvo, produve, produv, produvoma, produve, produvo
* Ind. imp. = produvìa, produvìe, produvìa, produvìo, produvìe, produvìo
* Ind. fut. = produvrai, produvras, produvrù, produvroma, produvreve, produvran
* Cond. pres. = produvrìa, produvrìe, produvrìa, produvrìo, produvrìe, produvrìo
* Cong. pres. = produva, produve, produva, produvo, produve, produvo
* Cong. imp. = produvèissa, produvèisse, produvèissa, produvèisso, produvèisse, produvèisso
* Imp. = produv, ch'a prodova, produve, ch'a produvo
* Ger. = (an) produvend(a)
=== Rije ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = rijù
* Ind. pres. = rijo, rije, rij, rijoma, rije, rijo
* Ind. imp. = rijìas, rijìe, rijìa, rijìo, rijìe, rijìo
* Ind. fut. = rijerai, rijeras, rijerà, rijeroma, rijereve, rijeran
* Cond. pres. = rijerìa, rijerìe, rijerìa, rijerìo, rijerìe, rijerìo
* Cong. pres. = rija, rije, rija, rijo, rije, rijo
* Cong. imp. = rijèissa, rijèisse, rijèssa, rijèisso, rijèisse, rijèisso
* Imp. = rij. ch'a rija, rijoma, rije, ch'a rijo
* Ger. = (an) rijend(a)
=== Savèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = savù
* Ind. pres. = sai (seu), sas, sà, savoma (soma), seve, san
* Ind. imp. = savìa, savìe, savìa, savìo, savìe, savìo
* Ind. fut. = savrai, savras, savrà, savroma, savreve, savran
* Cond. pres. = savrìa, savrìe, savría, savrìo, savrìe, savrìo
* Cong. pres. = sapia, sspie, sapia, sapio, sapie, sapio
* Cong. imp. = savèissa, savèisse, savèissa, savèisso, savèisse, savèisso
* Imp. = sapie, ch'a sapia, soma (savoma), savèj, ch'a sapio
* Ger. = (an) savend(a)
=== Seurte ===
* Aus. = esse
* p. pass. = surtì
* Ind. pres. = seurto, seurte, seurt, seurtoma, seurte, seurto
* Ind. imp. = surtìa, surtìe, surtìa, surtìo, surtìe, surtìo
* Ind. fut. = surtirai, surtiras, surtirà, surtiroma, surtireve, surtiran
* Cond. pres. = surtirìa, surtirìe, surtirìa, surtirìo, surtirìe, surtirìo
* Cong. pres. = seurta, seurte, seurta, seurto, seurte, seurto
* Cong. imp. = surtèissa, surtèisse, surtèissa, surtèisso, surtèisse, surtèisso
* Imp. = seurt, ch'a seurta, surtoma, seurte, ch'a seurto
* Ger. = (an) surtend(a)
=== Sgheiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sgheirà
* Ind. pres. = sghèiro, sghèire, sghèira, sgheiroma, sghèire, sghèiro
* Ind. imp. = sgheirava, it ësgheirave, sgheirava, sgheiravo, sgheirave, sgheiravo
* Ind. fut. = sgheirerai, sgheireras, sgheirerà, sgheireroma, sgheirereve, sgheireran
* Cond. pres. = sgheirerìa, it ësgheirerìe, sgheirerìa, sgheirerìo, sgheirerìe, sgheirerìo
* Cong. pres. = sghèira, it ësghèire, sghèira, sghèiro, sghèire, sghèiro
* Cong. imp. = sgheirèissa, it ësgheirèisse, sgheirèissa, sgheirèisso, sgheirèisse, sgheirèisso
* Imp. = sghèira,. ch'a sghèira, sgheiròma, sgheiré, ch'a sghèiro
* Ger. = (an) sgheirend(a)
=== Sonè ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sonà
* Ind. pres. = son-o, son-e, son-a, sonoma, son-e, son-o
* Ind. imp. = sonava, sonave, sonava, sonavo, sonave, sonavo
* Ind. fut. = sonerai, soneras, sonerà, soneroma, sonereve, soneran
* Cond. pres. = sonerìa, sonerìe, sonerìa, sonerìo, sonerìe, sonerìo
* Cong. pres. = son-a, son-e, son-a, son-o, son-e, son-o
* Cong. imp. = sonèissa, sonèisse, sonèissa, sonèisso, sonèisse, sonèisso
* Imp. = son-a, ch'a son-a, sonoma, soné, ch'a son-o
* Ger. = (an) sonand(a).
=== Sté ===
* Aus. = esse
* p. pass. = stàit
* Ind. pres. = stago (stagh), it ëstas (ëstaghe), sta, stoma, steve, stan
* Ind. imp. = stasìa, stasìe, stasìa, stasìo, stasìe, stasìo
* Ind. fut. = starai, it ëstaras, starà, staroma, stareve, staran
* Cond. pres. = starìa, it ëstarìe, starìa, starìo, starìe, starìo
* Cong. pres. = staga, it ëstaghe, staga, stago, staghe, stago
* Cong. imp. = stèissa, it ëstèisse, stèissa, stèissi, stèisse, stèisso
* Imp. = Stà, ch'a staga, stoma, ch'a stago
* Ger. = (an ë)stasend(a)
=== Stòrze ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = storzù (stòrt)
* Ind. pres. = stòrzo, it ëstòrze, stòrz, storzoma, stòrze, stòrzo
* Ind. imp. = storzìa, it ëstorzìe, storzìa, storzìo, storzìe, storzìo
* Ind. fut. = storzrai, it ëstorzras, a storzrà, storzroma, storzreve, storzran
* Cond. pres. = storzrìa, it ëstorzrìe, storzrìa, storzrìo, storzrìe, storzrìo
* Cong. pres. = stòrza, it ëstòrze, stòrza, stòrzo, stòrze, stòrzo
* Cong. imp. = storzèissa, it ëstorzèisse, storzèissa, storzèisso, storzèisse, storzèisso
* Imp. = stòrz, ch'a stòrza, storzoma, stòrze, ch 'a stòrz
* Ger. = (an ë)storzend(a).
=== Ten-e ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tnù
* Ind. pres. = ten-o, ten-e, ten, t oma, ten-e, ten-o
* Ind. imp. = tenìa, tenìe, tenìa, tenìo, tenìe, tenìo
* Ind. fut. = tnirai, tniras, tnirà, tniroma, tnireve, tniran
* Cond. pres. = tnirìa, tnirìe, tnirìa, tnirìo, tnirìe, tnirìo
* Cong. pres. = te-a, ten-e, ten-a, ten-o, ten-e, ten-o
* Cong. imp. = tnèissa, tnèisse, tnèissa, tnèissi, tnèisse, tnèisso, (tnisèissa, tnisèisse, tnisèissa, tnisèisso, tnisèisse, tnisèisso).
* Imp. = ten, ch'a ten-a, t(e)noma, ch'a ten-o
* Ger. = (an) tnisend(a)
=== Toché ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tocà
* Ind. pres. = toco, toche, toca, tocoma,tocheve, toco
* Ind. imp. = tocava, tocave, tocava, tocavo, tocave, tocavo
* Ind. fut. = tocrai, tocras, tocrà, tocroma, tocreve, tocran
* Cond. pres. = tocrìa, tocrìe, tocrìa, tocrìo, tocreve, tocrìo
* Cong. pres. = toca, toche, toca, toco, toche, toco
* Cong. imp. = tochèissa, tochèisse, tochèissa, tochèisso, tochèisse, tochèisso
* Imp. = roca, ch'a toca, tocoma, toché, ch'a toco
* Ger. = (an) tocand(a).
=== Toiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = toirà
* Ind. pres. = toiro, toire, toira, toiroma, toire, toiro
* Ind. imp. = toirava, toirave, toirava,toiravo, toirave, toiravo
* Ind. fut. = toirerai, toireras, toirerà, toireroma, toirereve, toireran
* Cond. pres. = toirerìa, toirerìe, toirerìa, toirerìo, toirerìe, toirerìo
* Cong. pres. = toira, toire, toira, toiro, toire, torio
* Cong. imp. = toirèissa, toirèisse, toirèissa, tourèisso, toirèisse, toirèisso
* Imp. = toira, ch'a tòira, toiroma, toiré, ch'a toiro
* Ger. = (an) toirend(a)
=== Valèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = valù
* Ind. pres. = valo, vale, val, valoma, vale, valo
* Ind. imp. = valìa, valìe, valìa, valìo, valìe, valìo
* Ind. fut. = valrai, valras, valrà (varrà), valroma, valreve, valran
* Cond. pres. = valrìa, valrìe, valrìa (varrìa), valrìo, valrìe, valrìo
* Cong. pres. = vala, vale, vala, valo, vale, valo
* Cong. imp. = valèissa, valèisse, valèissa, valèisso, valèisse, valèisso
* Ger. = valend
=== Vëdde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vdù (vëddù) /vist
* Ind. pres. = vëddo, vëdde, ved, vëdoma, vëdde, vëddo
* Ind. imp. = vëdìa, vëdìe, vëdìa, vëdìo, vëdìe, vëdìo
* Ind. fut. = vëdrai, vëdras, vëdrà, vëdroma, vëdreve, vedran
* Cond. pres. = vëdrìa, vëdrìe, vëdrìa, vëdrìo, vëdrìe, vëdrìo
* Cong. pres. = vëdda, vëdde, vëdda, vëddo, vëdde, vëddo
* Cong. imp. = vëdèissa, vëdèisse, vëdèissa, vëdèisso, vëdèisse, vëdèisso
* Imp. = ved, ch'a vëdda, vëdoma, vëdde, ch'a vëddo
* Ger. = (an) vëdend(a)
=== Ven-e (vnì) ===
* Aus. = esse
* p. pass. = vnùit
* Ind. pres. = ven-o, ven-e, ven, vnoma, ven-e (vnive), ven-o
* Ind. imp. = vnisìa, it ëvnisìe, vnisìa, vnisìo, vnisìe, vnisìo
* Ind. fut. = vnirai, it ëvniras, vnirà, vniroma, vnireve, vniran
* Cond. pres. = vnirìa, it ëvnirìe, vnirìa. vnirìo, vnirìe, vnirìo
* Cong. pres. = ven-a, ven-e, ven-a, ven-o, ven-e, ven-o
* Cong. imp. = vnèissa, it ëvnèisse, vnèissa, vnèisso, vnèisse, vnèisso
* Imp. = ven, ch'a ven-a, vnoma, vnì, ch'a ven-o
* Ger. = (an ë)vnisend(a).
=== Vince ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vinciù
* Ind. pres. = vincio, vince, vincc, vincioma, vince, vincio
* Ind. imp. = vincìa, vincìe, vincìa, vincìo, vincìe, vincìo
* Ind. fut. = vincerai, vinceras, vincerà, vinceroma, vincereve, vinceran
* Cond. pres. = vincerìa, vincerìe, vincerìa, vincerìo, vincerìe, vincerìo
* Cong. pres. = vincia, vince, vincio, vince, vincio
* Cong. imp. = vincèissa, vincèisse, vincèissa, vi cèisso, vincèisse, vincèisso
* Imp. = vincc, ch'a vincia, vincioma, vince, ch'a vincio
* Ger. = (an) vincend(a)
=== Voidé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = voidà
* Ind. pres. = veuidi, veuide, veuide, veuidoma, veuide, veudio
* Ind. imp. = voidava, voidave, voidava, voidavo, voidave, voidavo
* Ind. fut. = voidrai, voudras, voidrà, voidroma, voidreve, voidran
* Cond. pres. = voidrìa, voidrìe, voidrìa, voidrìo, voidrìe, voidrìo
* Cong. pres. = veuida, veuide, veuida, veuido, veuide, veuido
* Cong. imp. = voidèissa, voidèisse, voidèissa, voidèisso, voidèisse, voidèisso
* Imp. = veuida, ch'a veuida, voidoma, voidé, ch'a veuido
* Ger. = (an) voidand(a)
=== Vorèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vorsù
* Ind. pres. = veuj, veule, veul, voroma, veule, veulo
* Ind. imp. = voría, vorìe, vorìa, vorįo, vorìe, vorìo
* Ind. fut. = vorerai, voreras, vorerà, voreroma, vorereve, voreran
* Cond. pres. = vorerìa, vorerìe, vorerìa, vorerìo, vorerìe, vorerìo
* Cong. pres. = veuja, veuje, veuja, veujo, veuje, veujo
* Cong. imp. = vorèissa, vorèisse, vorèissa, vorèisso, vorèisse, vorèisso
* Ger. = (an) vorend(a).
=== Voté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = votà
* Ind. pres. = vòto, vòte, vòta, votoma, vòte, vòto
* Ind. imp. = vitava, votave, vitava, votavi, vitave, votava
* Ind. fut. = votrai, votras, votrà, votroma, votreve, votran
* Cond. pres. = votrìa, votrìe, votrìa, votrìo, votrìe, votrìo
* Cong. pres. = vòta, vòte, vòta, vòto, vòte, vòto
* Cong. imp. = votèissa, votèisse, votèissa, votèisso, votèisse, votèisso
* Imp. = vòta, ch'a vòta, votoma, voté, ch'a vòto
* Ger. = (an) votand(a)
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Andé|Andé]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Avej|Avèj]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Dì|Dì]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Savèj|Savèj]]
[[Categoria:Piemontese|Verbi]]
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{{Piemontese}}
== Verbi declinati ==
{{TOCright}}
[[Lenga piemontèisa/Gramàtica piemontèisa/Morfologìa|Artorn]]
----
== Selession ëd verb coniugà ==
''A peudo an general serve da model për d'àutri. I l'oma lassà da banda 'l sogèt për nen pijé tròp dë spassi, ma as capiss l'istess: tre vos al singular, e tre vos al plural. L'imperativ a l'é tersa përson-a, tërsa përson-a 'd rispèt, prima përson-a plural, tersa përsona, tersa përson-a 'd rispèt''.
=== Andé ===
* Aus. = esse
* p. pass. = andàit
* Ind. pres. = vado (von), vade (vas), va, andoma, andeve, van
* Ind. imp. = andasìa, andasìe, andasìa, andasìo, andasìe, andasìo
* Ind. fut. = andrai, andras, andà, androma, andreve, andran
* Cond. pres = andrìa, andrìe, andrìa, andrìo, andrìe, andrìo
* Cong. pres. = vada (vogna), vade (vogne), vada (vogna), vado (vogno), vade (vagne), vado (vogno)
* Cong. imp. = andèissa, andèisse, andèisso, andèisse, andèisso
* Imp. = va, ch'a vada, andoma, andé, ch'a vado
* Ger. = andasend(a)
=== Cheuje ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = cujì
* Ind. pres. = cheujo, cheuje, cheuj, cujoma, cheuje, cheujo
* Ind. imp. = cujìa, cijìe, cujìa, cujìo, cujìe, cojìo
* Ind. fut. = cujirai, cujiras, cujirà, cujiroma, cujireve, cujiran
* Cond. = cujirìa, cujirìe, cujirìa, cujrìo, cujirìe, cojirìo
* Cong. pres. = cheuja, cheuje, cheuja, cheujo, cheuje, cheujo
* Cong. imp. = cujèissa, cujèisse, cujèissa, cujèisso, cujèisse, cujèisso
* Imp. = cheuj, ch'a cheuja, cojoma, cheuje, ch'a cheujo
* Ger. = (an) cojend)a)
=== Corege ===
* aus. = avèj
* p. pass. coregiù/coret
* Ind. pres. = coregio, corege, coregg, coregioma, corege, coregio
* Ind. imp. = coregìa, coregìe, coregìa, coregìo, coregìe, coregìo
* Ind. fut. = coregerai, coregeras, coregerà, coregeroma, coregereve, coregeran
* Cond. = coregerìa, coregerìe, coregerìa, coregerìo, coregerìe, coregerìo
* Cong. pr. = coregia, corege, coregia, coregio, corege, coregio
* Cong. imp. = coregèissa, coregèisse, coregèissa, coregèisso, coregèisse, -sso
* Imp. = coregg, ch'a coregia, coregioma, corege, ch'a coregio
* Ger. = (an) coregend(a)
=== Vèje ===
*aus. = avèj
* p. pass. vejù/vist
* Ind. pres. = vèjo, vèje, vèj, vejoma, vèje, vèjo
* Ind. imp. = vèj, vejive, vejiva, vejivo, vojive, vejivo
* Ind. fut. = vejerai, vejeras, vejerà, vejeroma, vejereve, vejeran
* Cond. = vejerìa, vejerìe, vejerìa, vejerìo, vejerìe, vejerìo
* Cong. pr. = vèja, vèje, vèja, vejoma, vèje, vèjo
* Cong. imp. = vejèissa, vejèisse, vejèissa, vejèisso, vejèissa, vejèisso
* Imp. = vèj, ch'a vèja, vejoma, vèje, ch'a vèjo
* Ger. = (an) vejènda(a)
=== Dé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dàit
* Ind. pres. = dago (dagh), daghe (das), dà, doma, deve, dan
* Ind. imp. = dasìa, dasìe, dasìa, dasìo, dasìe, dasìo
* Ind. fut. = darai, daras, darà, daroma, dareve, daran
* Cond. pres. = darìa, darìe, darìa, darìo, darìe, darìo
* Cong. pres. = daga, daghe, daga, dago, daghe, dago
* Cong. imp. = dèissa, dèisse, dèissa, dèisso, dèisse, dèisso
* Imp. = dà, ch'a daga, doma, dé, ch'a dago
* Ger. = dasend(a)
=== Dësblé ===
* aus. = avèj
* p. pass. = dësblà
* Ind. pres. = dësbelo, dësbele, dësbela, dësbloma, dësbele, dësbelo
* Ind. imp. = dësblava, dësblave, dësblava, dësblavo, dësblave, dësblavo
* Ind. fut. = dësblerai, dësbleras, dësblerà, dësbleroma, dësblereve, dësbleran
* Cond. = dësblerìa, dësblerìe, dësblerìa, dësblerìo, dësblerìe, dësblerìo
* Cong. pr. = dësbela, dësbele, dësbela, dësbelo, dësbele, dësbelo
* Cong. imp. = dësblèissa, dësblèisse, dësblèissa, dësblèisso, dësblèisse, dësblèisso
* Imp. = dësbela, ch'a dësbela, dësbloma, dësblé, ch'a dësbelo
* Ger. = (an) dësbland(a)
=== Deurme ===
* aus. = avèj
* p. pass. = durmì
* Ind. pres. = deurmo, deurme, deurm, durmoma, deurme, deurmo
* Ind. imp. = durmìa, durmìe, durmìa, durmìo, durmìe, durmìo
* Ind. fut. = durmirai, durmiras. durmirà, durmiroma, durmireve, durmiran
* Cond. = durmirìa, durmirìe, durmirìa, durmirìo, durmirìe, durmirìo
* Cong. pr. = deurma, ceurme, deurma, deurmo, deurme, deurmo
* Cong. imp. = durmèissa, durmèisse, durmèissa, durmèisso, durmèisse, durmèisso
* Imp. = deurm, ch'a deurma, durmoma, deurme, ch'a deurmo
* Ger. = (an) durmend(a)
=== Dì ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dìt
* Ind. pres. = diso (dijo), dise (dije), dis, disoma (dijoma), dise (dije), diso (dijo)
* Ind. imp. = disìa, disìe, disìa, disìo, disìe, disìo
* Ind. fut. = dirai, diras, dirà, diroma, direve, diran
* Cond. pres. = dirìa, dirìe, dirìa, dirìe, dirìo, dirìe, dirìo
* Cong. pres. = disa, dise, disa, diso, dise, diso
* Cong. imp. = disèissa, disèisse, disèissa, disèisso, disèisse, disèisso
* Imp. = dis, ch'a dosa, disoma, dì, ch'a diso
* Ger. = (an) disend(a)
=== Dovèj ===
* Aus. = avèj
* Part. pass. = dovù
* Ind. pres. = deuvo, deuve, deuv, dovoma, deuve, deuvo
* Ind. imp. = dovìa, dovìe, dovìa, dovìo, dovìe, dovìo
* Ind. fut. = dovrai, dovras, dovrà, dovroma, fovreve, dovran.
* Cond. pres. = dovrìa, dovrìe, dovrìa, dovrìo, dovrìe, dovrìo
* Cong. pres. = deubia, deubie, deubia, deubio, deubie, deubio.
* Cong. imp. = dovèissa, dovèisse, dovèissa, dovèisso, dovèisse, dovèisso.
* Imp. = deuv(e), ch'a deuva, dovoma, deuve, ch'a deuvo
* Ger. (an) dovend(a)
=== Dominé ===
* aus.= avèj
* part. pass. = dominà
* Ind. pres. = dòmino, dòmine, dòmina, dominoma, dàmine, dòmino
* Ind. imp. = dominava, dominave, dominava, dominavo, , dominave, dominavo
* Ind. fut. = dominrai, dominras, dominrà, dominroma, dominreve, dominran
* Cond. = dominrìa, dominrìe, dominrìa, dominrìio, dominrìe, dominrìo
* Cong. pres. = dòmina, dòmine, dòmina, dòmino, dòmine, dòmino
* Cong. imp. = dominèissa, dominèisse, dominèisso, dominèisse, dominèisse, -o
* Imp. = dòmina, ch'a dòmina, dominoma, dominé, ch'a dòmino
=== Dovré ===
* aus. = avèj
* part. pass. = dovrà
* ind. pres. = deuvro, deuvre, deuvra, dovroma, deuvre, deuvro
* Ind. imp. = dovrava, dovrave, dovrava, dovravo, dovrave, dovravo
* Ind. fut. = dovrerai, dovreras, dovrerà, dovreroma, dovreran
* Cond. = dovrerìa, dovrerìe, dovrerìa, dovrerìo, dovrerìe, dovrerìo
* Cong. pres. = deuvra, deuvre, deuvro, deuvre, deuvro
* Cong. imp. = dovrèissa, dovrèisse, dovrèissa, dovrèisso, duvrèisse, duvrèisso
* Imp. = deuvra, ch'a deuvra, dovroma, dovré, ch'a deuvro
* Ger. = (an) dovrand(a)
=== Fé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = fàit
* Ind. pres. = faso, fase, fà, foma, feve, fan
* Ind. imp. = fasìa, fasìe, fasìa, fasìo, fasìe, fasìo
* Ind. fut. = farai, faras, farà, faroma, fareve, faran
* Cond. pres. = farìa, farìe, farìa, farìo, farìe, farìp
* Cong. pres. = fasa, fase, fasa, faso, fase, faso
* Cong. imp. = fèissa, fèisse, fèissa, fèisso, fèisse, fèisso
* Imp. = fà, ch'a fasa, foma, fé, ch'a faso
* Ger. = (an) fasend(a)
=== Gieughe ===
* aus. = avìj
* p. pass. = giugà
* Ind. pres. = gieugo, gieughe, gieuga, giugoma, gieughe, gieugo
* Ind. imp. = giugava, giugave, giugava, giugavo, giugave, giugavo
* Ind. fut. = giugrai, giugras, giugrà, griogroma, giugreve, giugran
* Cond. = giugrìa, giugrìe, giugrìa, giugrìo, giugrìe, giugrìo
* Cong. pr. = gieuga, gieughe, gieuga, gieuga, gieughe, gieugo
* Cong. imp. = giughèissa, giughèisse, giughèssa, giughèisso, giughèisse, -sso
* Imp. = gieuga, ch'a gieuga, giogoma, gieughe, ch'a gieugo
* Ger. = (an) giugand(a).
=== Isolé ===
* Aus. = avèj/esse
* p. pass. = isolà
* Ind. pres. = isolo, isole, isola, isoloma, isole, isolo
* Ind. imp. = isolava, isolave, isolava, isolavo, isolave, isolavo
* Ind. fut. = isolrai, isolras, isolrà, isolroma, isolreve, isolran
* Cond. pres. = isolrìa, isolrìe, isolrìa, isolrìo, isolrìe, isolrìo
* Cong. pres. = ìsola, ìsole, ìsola, ìsolo, ìsole, ìsolo
* Cong. imp. = isolèissa, isolèisse, isolèissa, isolèisso, isolèisse, isolèisso
* Imp. = ìsola, ch'a ìsola, isoloma, isolé, ch'a ìsolo
* Ger. = (an) isoland(a)
=== Mangé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mangià
* Ind. pres. = mangio, mange, mangia, mangioma, mange, mangio
* Ind. imp. = mangiava, mangiave, mangiava, mangiabo, mangiave, mangiavo
* Ind. fut. = mangerai, mangeras, mangerà, mangeroma, mangereve, mangeran
* Cond. pres. = mangerìa, mangerìe, mangerìa, mangerìo, mangerìe, mangerìo
* Cong. pres. = mangia, mange, mangia, mangio, mange, mangio
* Cong. imp. = mangèissa, mangèisse, mangèissa, mangèisso, mangèisse, mangèisso, -sso
* Imp. = mangia, ch'a mangia, mangioma, mangé, ch'a mangio
* Ger. = (an) mangiand(a)
=== Marcé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = marcià
* Ind. pres. = marcio, marce, marcia, marcioma, marce, marcio
* Ind. imp. = marciava, marciave, marciava, marciavo, marciave, marciavo
* Ind. fut. = marcerai, marceras, marcerà, marceroma, marcereve, marceran
* Cond. pres. = marcerìa, marcerìe, marcerìa, marcerìo, marcerìe, marcerìo
* Cong. pres. = marcia, marce, marcia, marcio, marce, marcio
* Cong. imp. = marcèissa, marcèisse, marcèissa, marcèisso, marcèisse, marcèisso
* Imp. = marcia, ch'a marcia, marcioma, marcé, ch'a marcio
* Ger. = (an) marciand(a)
=== Mës-cé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mës-cià
* Ind. pres. = mës-cio, mës-cie, mës-cia, mës-cioma, mës-ce, mës-cio
* Ind. imp. = mës-ciava, mës-ciave, mës-ciava, mësciavo, mës-ciave, mës-ciavo
* Ind. fut. = mës-cerai, mës-ceras, mës-cerà, mës-ceroma, mës-cereve, mës-ceran
* Cond. pres. = mës-cerìa, mës-cerìe, mës-cerìo, mës-cerie, mes-cerìo
* Cong. pres. = mës-cia, mës-cie, mës-cia, mës-cio, mës-ce, mës-cio
* Cong. imp. = mës-cèissa, mës-cèisse, mës-cèissa, mës-cèisso, mës-cèisse, mës-cèisso
* Imp. = mës-cia, ch'a mës-cia, mës-cioma, mës-cé, ch'a mës-cio
* Ger. = (an) mës-ciand(a)
=== Mné ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mna
* Ind. pres. = men-o, men-e, men-a, mnoma, men-e (mneve), men-o
* Ind. imp. = mnava, mnave, mnava, mnavo, mnave, mnavo
* Ind. fut. = mnerai, mneras, mnerà, mneroma, mnereve, mneran
* Cond. pres. = mnerìa, it ëmnerìe, mnerìa, mnerìo, mnerìe, mnerìo
* Cong. pres. = men-a, men-e, men-a, men-o, men-e, men-o
* Cong. imp. = mnèissa, mnèisse, mnèissa, mnèisso, mnèisse, mnèisso
* Imp. = men-a, ch'a men-a, mné, ch'a men-o
* Ger. = (an ë)mnand(a)
=== Mòrde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mordù
* Ind. pres. = mòrdo, mòrde, mòrd, mordoma, mòrde, mòrdo
* Ind. imp. = mordìa, mordìe, mordìa, mordìo, mordìe, mordìo
* Ind. fut. = mordrai, mordras, mordrà, mordroma, mordreve, mordran
* Cond. pres. = mordrìa, mordrìe, mordrìa, mordrìo, mordrìe, mordrìo
* Cong. pres. = mòrda, mòrde, mòrda, mòrdo, mòrde, mòrdo
* Cong. imp. = mordèissa, mordèisse, mordèissa, mordèisso, mordèisse, mordèisso
* Imp. = mòrd, ch'a mòrda, mordoma, mòrde, ch'a mòrdo
* Ger. = (an) mordend(a)
=== Noé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = noà
* Ind. pres. = novo, noe, noa, novoma, noe, novo
* Ind. imp. = noava, noave, noava, noavo, noave, noavo
* Ind. fut. = noerai, noeras, noerà, noeroma, noereve, noeran
* Cond. pres. = noerìa, noerìe, noerìa, noerìo, noerìe, noerìe
* Cong. pres. = noa, noe, noa, novo, noe, novo
* Cong. imp. = noèissa, noèisse, noèissa, noèisso, noèisse, noèisso
* Imp. = noa,. ch'a noa, novoma, noé, ch'a novo
* Ger. = (an) noand(a)
=== Perde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përdù
* Ind. pres. = perdo, perde, perd, përdoma, perde, perdo
* Ind. imp. = përdìa, përdìe, përdìa. përdìo, përdìe, përdìo
* Ind. fut. = përdrai, përdras, përdrà, përdroma, përdreve, përdran
* Cond. pres. = përdrìa, përdrìe, përdrìa. përdrìo, përdrìe, përdrìo
* Cong. pres. = perda, perde, perda, perdo, perde, perdo
* Cong. imp. = përdèissa, përdèisse, përdèissa, përdèisso, përdèisse, përdèisso
* Imp. = perd, ch'a perda, përdoma, perde, ch'a perdo
* Ger. = (an) përdenda
=== Përmëtte ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përmëtù
* Ind. pres. = përmëtto, përmette, përmèt, përmëtoma, përmëtte, përmëtto
* Ind. imp. = përmëtìa, përmëtìe, përmëtìa, përmëtìo, përmëtìe, përmëtìo
* Ind. fut. = përmëtrai, përmëtras, përmëtrà, përmëtroma, përmëtreve, përmëtran
* Cond. pres. = përmëtrìa, përmëtrìe, përmëtrìa, përmëtrìo, përmëtrìe, përmëtrìo
* Cong. pres. = përmëtta, përmëtte, përmëtta, përmëtto, përmëtte, përmëttto
* Cong. imp. = përmëtèissa, përmëtèisse, përmetèissa, përmëtèisso, përmëtèisse, përmëtèisso
* Imp. = përmèt, ch'a përmëtta, përmëtoma, përmëtte, ch'a përmëtto
* Ger. = (an) përmëtend(a)
=== Paghé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pagà
* Ind. pres. = pago, paghe, paga, pagoma, paghe, pago
* Ind. imp. = pagava, pagave, pagava, pagavo, pagave, pagave
* Ind. fut. = pagrai, pagras, pagrà, pagroma, pagreve, pagran
* Cond. pres. = pagrìa, pagrìe, pagrìa, pagrìo, pagrìe, pagrìo
* Cong. pres. = paga, paghe, paga, pago, paghe, pago
* Cong. imp. = paghèissa, paghèisse, paghèissa, paghèisso, paghèisse, paghèisso
* Imp. = paga, ch'a paga, pagoma, paghé, ch'a pago
* Ger. = (an) pagand(a)
=== Pijé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pijait (pijà)
* Ind. pres. = pijo, pije, pija, pioma, pieve, pijo
* Ind. imp. = piava, piave, piava, piavo, piave, piavo
* Ind. fut. = pi(j)eras, pi(j)erà, pi(j)eroma, pi(j)ereve, pi(j)eran
* Cond. pres. = pi(j)erìa, pi(j)erìe, pi(j)erìa, pi(h)erìo, pi(j)erìe, pi(j)erìo
* Cong. pres. = pija, pija, pijo, pijo, pije, pijo
* Cong. imp. = pièissa, pièisse, pijèissa, pijèisso, pijèisse, pijèisso
* Imp. = pija, ch'a pija, pijoma, pijé, pijo
* Ger. = (an) pijand(a)
=== Podèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = podù
* Ind. pres. = peudo (peuss), peude (peule), peuda, podoma, peude (peule), peudo (peulo)
* Ind. imp. = podìa, podìe, podìa, podìo, podìe, podìo
* Ind. fut. = podrai, podras, podrà, podroma, podreve, podran
* Cond. pres. = pidrìa, podrìe, podrìa, podrìo, podrìe, podrío
* Cong. pres. = peussa, peusse, peussa, peusso, peusse, peusso
* Cong. imp. = podèissa, podèisse, podèissa, podèisso, podèisse, podèisso
* Ger. = podend
=== Porté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = portà
* Ind. pres. = pòrto, pòrte, pòrta, portoma, pòrte, pòrto
* Ind. imp. = portava, portave, portava, portavo, portave, portavo
* Ind. fut. = portrai, portras, portrà, portroma, portreve, portran
* Cond. pres. = portrìa, portrìe, portrìa, portrìo, portrìe, portrìo
* Cong. pres. = pòrta, pòrte, pòrta, poòrto, pòrte, pòrto
* Cong. imp. = portèissa, portèisse, portèissa, portèisso, portèisse, portèisso
* Imp. = pòsta, ch'a pòrta, portoma, porté, ch'a pòrto
* Ger. = (an) portand(a)
=== Prodùe ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = produvù
* Ind. pres. = doduvo, produve, produv, produvoma, produve, produvo
* Ind. imp. = produvìa, produvìe, produvìa, produvìo, produvìe, produvìo
* Ind. fut. = produvrai, produvras, produvrù, produvroma, produvreve, produvran
* Cond. pres. = produvrìa, produvrìe, produvrìa, produvrìo, produvrìe, produvrìo
* Cong. pres. = produva, produve, produva, produvo, produve, produvo
* Cong. imp. = produvèissa, produvèisse, produvèissa, produvèisso, produvèisse, produvèisso
* Imp. = produv, ch'a prodova, produve, ch'a produvo
* Ger. = (an) produvend(a)
=== Rije ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = rijù
* Ind. pres. = rijo, rije, rij, rijoma, rije, rijo
* Ind. imp. = rijìas, rijìe, rijìa, rijìo, rijìe, rijìo
* Ind. fut. = rijerai, rijeras, rijerà, rijeroma, rijereve, rijeran
* Cond. pres. = rijerìa, rijerìe, rijerìa, rijerìo, rijerìe, rijerìo
* Cong. pres. = rija, rije, rija, rijo, rije, rijo
* Cong. imp. = rijèissa, rijèisse, rijèssa, rijèisso, rijèisse, rijèisso
* Imp. = rij. ch'a rija, rijoma, rije, ch'a rijo
* Ger. = (an) rijend(a)
=== Savèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = savù
* Ind. pres. = sai (seu), sas, sà, savoma (soma), seve, san
* Ind. imp. = savìa, savìe, savìa, savìo, savìe, savìo
* Ind. fut. = savrai, savras, savrà, savroma, savreve, savran
* Cond. pres. = savrìa, savrìe, savría, savrìo, savrìe, savrìo
* Cong. pres. = sapia, sspie, sapia, sapio, sapie, sapio
* Cong. imp. = savèissa, savèisse, savèissa, savèisso, savèisse, savèisso
* Imp. = sapie, ch'a sapia, soma (savoma), savèj, ch'a sapio
* Ger. = (an) savend(a)
=== Seurte ===
* Aus. = esse
* p. pass. = surtì
* Ind. pres. = seurto, seurte, seurt, seurtoma, seurte, seurto
* Ind. imp. = surtìa, surtìe, surtìa, surtìo, surtìe, surtìo
* Ind. fut. = surtirai, surtiras, surtirà, surtiroma, surtireve, surtiran
* Cond. pres. = surtirìa, surtirìe, surtirìa, surtirìo, surtirìe, surtirìo
* Cong. pres. = seurta, seurte, seurta, seurto, seurte, seurto
* Cong. imp. = surtèissa, surtèisse, surtèissa, surtèisso, surtèisse, surtèisso
* Imp. = seurt, ch'a seurta, surtoma, seurte, ch'a seurto
* Ger. = (an) surtend(a)
=== Sgheiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sgheirà
* Ind. pres. = sghèiro, sghèire, sghèira, sgheiroma, sghèire, sghèiro
* Ind. imp. = sgheirava, it ësgheirave, sgheirava, sgheiravo, sgheirave, sgheiravo
* Ind. fut. = sgheirerai, sgheireras, sgheirerà, sgheireroma, sgheirereve, sgheireran
* Cond. pres. = sgheirerìa, it ësgheirerìe, sgheirerìa, sgheirerìo, sgheirerìe, sgheirerìo
* Cong. pres. = sghèira, it ësghèire, sghèira, sghèiro, sghèire, sghèiro
* Cong. imp. = sgheirèissa, it ësgheirèisse, sgheirèissa, sgheirèisso, sgheirèisse, sgheirèisso
* Imp. = sghèira,. ch'a sghèira, sgheiròma, sgheiré, ch'a sghèiro
* Ger. = (an) sgheirend(a)
=== Sonè ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sonà
* Ind. pres. = son-o, son-e, son-a, sonoma, son-e, son-o
* Ind. imp. = sonava, sonave, sonava, sonavo, sonave, sonavo
* Ind. fut. = sonerai, soneras, sonerà, soneroma, sonereve, soneran
* Cond. pres. = sonerìa, sonerìe, sonerìa, sonerìo, sonerìe, sonerìo
* Cong. pres. = son-a, son-e, son-a, son-o, son-e, son-o
* Cong. imp. = sonèissa, sonèisse, sonèissa, sonèisso, sonèisse, sonèisso
* Imp. = son-a, ch'a son-a, sonoma, soné, ch'a son-o
* Ger. = (an) sonand(a).
=== Sté ===
* Aus. = esse
* p. pass. = stàit
* Ind. pres. = stago (stagh), it ëstas (ëstaghe), sta, stoma, steve, stan
* Ind. imp. = stasìa, stasìe, stasìa, stasìo, stasìe, stasìo
* Ind. fut. = starai, it ëstaras, starà, staroma, stareve, staran
* Cond. pres. = starìa, it ëstarìe, starìa, starìo, starìe, starìo
* Cong. pres. = staga, it ëstaghe, staga, stago, staghe, stago
* Cong. imp. = stèissa, it ëstèisse, stèissa, stèissi, stèisse, stèisso
* Imp. = Stà, ch'a staga, stoma, ch'a stago
* Ger. = (an ë)stasend(a)
=== Stòrze ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = storzù (stòrt)
* Ind. pres. = stòrzo, it ëstòrze, stòrz, storzoma, stòrze, stòrzo
* Ind. imp. = storzìa, it ëstorzìe, storzìa, storzìo, storzìe, storzìo
* Ind. fut. = storzrai, it ëstorzras, a storzrà, storzroma, storzreve, storzran
* Cond. pres. = storzrìa, it ëstorzrìe, storzrìa, storzrìo, storzrìe, storzrìo
* Cong. pres. = stòrza, it ëstòrze, stòrza, stòrzo, stòrze, stòrzo
* Cong. imp. = storzèissa, it ëstorzèisse, storzèissa, storzèisso, storzèisse, storzèisso
* Imp. = stòrz, ch'a stòrza, storzoma, stòrze, ch 'a stòrz
* Ger. = (an ë)storzend(a).
=== Ten-e ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tnù
* Ind. pres. = ten-o, ten-e, ten, t oma, ten-e, ten-o
* Ind. imp. = tenìa, tenìe, tenìa, tenìo, tenìe, tenìo
* Ind. fut. = tnirai, tniras, tnirà, tniroma, tnireve, tniran
* Cond. pres. = tnirìa, tnirìe, tnirìa, tnirìo, tnirìe, tnirìo
* Cong. pres. = te-a, ten-e, ten-a, ten-o, ten-e, ten-o
* Cong. imp. = tnèissa, tnèisse, tnèissa, tnèissi, tnèisse, tnèisso, (tnisèissa, tnisèisse, tnisèissa, tnisèisso, tnisèisse, tnisèisso).
* Imp. = ten, ch'a ten-a, t(e)noma, ch'a ten-o
* Ger. = (an) tnisend(a)
=== Toché ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tocà
* Ind. pres. = toco, toche, toca, tocoma,tocheve, toco
* Ind. imp. = tocava, tocave, tocava, tocavo, tocave, tocavo
* Ind. fut. = tocrai, tocras, tocrà, tocroma, tocreve, tocran
* Cond. pres. = tocrìa, tocrìe, tocrìa, tocrìo, tocreve, tocrìo
* Cong. pres. = toca, toche, toca, toco, toche, toco
* Cong. imp. = tochèissa, tochèisse, tochèissa, tochèisso, tochèisse, tochèisso
* Imp. = roca, ch'a toca, tocoma, toché, ch'a toco
* Ger. = (an) tocand(a).
=== Toiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = toirà
* Ind. pres. = toiro, toire, toira, toiroma, toire, toiro
* Ind. imp. = toirava, toirave, toirava,toiravo, toirave, toiravo
* Ind. fut. = toirerai, toireras, toirerà, toireroma, toirereve, toireran
* Cond. pres. = toirerìa, toirerìe, toirerìa, toirerìo, toirerìe, toirerìo
* Cong. pres. = toira, toire, toira, toiro, toire, torio
* Cong. imp. = toirèissa, toirèisse, toirèissa, tourèisso, toirèisse, toirèisso
* Imp. = toira, ch'a tòira, toiroma, toiré, ch'a toiro
* Ger. = (an) toirend(a)
=== Valèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = valù
* Ind. pres. = valo, vale, val, valoma, vale, valo
* Ind. imp. = valìa, valìe, valìa, valìo, valìe, valìo
* Ind. fut. = valrai, valras, valrà (varrà), valroma, valreve, valran
* Cond. pres. = valrìa, valrìe, valrìa (varrìa), valrìo, valrìe, valrìo
* Cong. pres. = vala, vale, vala, valo, vale, valo
* Cong. imp. = valèissa, valèisse, valèissa, valèisso, valèisse, valèisso
* Ger. = valend
=== Vëdde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vdù (vëddù) /vist
* Ind. pres. = vëddo, vëdde, ved, vëdoma, vëdde, vëddo
* Ind. imp. = vëdìa, vëdìe, vëdìa, vëdìo, vëdìe, vëdìo
* Ind. fut. = vëdrai, vëdras, vëdrà, vëdroma, vëdreve, vedran
* Cond. pres. = vëdrìa, vëdrìe, vëdrìa, vëdrìo, vëdrìe, vëdrìo
* Cong. pres. = vëdda, vëdde, vëdda, vëddo, vëdde, vëddo
* Cong. imp. = vëdèissa, vëdèisse, vëdèissa, vëdèisso, vëdèisse, vëdèisso
* Imp. = ved, ch'a vëdda, vëdoma, vëdde, ch'a vëddo
* Ger. = (an) vëdend(a)
=== Ven-e (vnì) ===
* Aus. = esse
* p. pass. = vnùit
* Ind. pres. = ven-o, ven-e, ven, vnoma, ven-e (vnive), ven-o
* Ind. imp. = vnisìa, it ëvnisìe, vnisìa, vnisìo, vnisìe, vnisìo
* Ind. fut. = vnirai, it ëvniras, vnirà, vniroma, vnireve, vniran
* Cond. pres. = vnirìa, it ëvnirìe, vnirìa. vnirìo, vnirìe, vnirìo
* Cong. pres. = ven-a, ven-e, ven-a, ven-o, ven-e, ven-o
* Cong. imp. = vnèissa, it ëvnèisse, vnèissa, vnèisso, vnèisse, vnèisso
* Imp. = ven, ch'a ven-a, vnoma, vnì, ch'a ven-o
* Ger. = (an ë)vnisend(a).
=== Vince ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vinciù
* Ind. pres. = vincio, vince, vincc, vincioma, vince, vincio
* Ind. imp. = vincìa, vincìe, vincìa, vincìo, vincìe, vincìo
* Ind. fut. = vincerai, vinceras, vincerà, vinceroma, vincereve, vinceran
* Cond. pres. = vincerìa, vincerìe, vincerìa, vincerìo, vincerìe, vincerìo
* Cong. pres. = vincia, vince, vincio, vince, vincio
* Cong. imp. = vincèissa, vincèisse, vincèissa, vi cèisso, vincèisse, vincèisso
* Imp. = vincc, ch'a vincia, vincioma, vince, ch'a vincio
* Ger. = (an) vincend(a)
=== Voidé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = voidà
* Ind. pres. = veuidi, veuide, veuide, veuidoma, veuide, veudio
* Ind. imp. = voidava, voidave, voidava, voidavo, voidave, voidavo
* Ind. fut. = voidrai, voudras, voidrà, voidroma, voidreve, voidran
* Cond. pres. = voidrìa, voidrìe, voidrìa, voidrìo, voidrìe, voidrìo
* Cong. pres. = veuida, veuide, veuida, veuido, veuide, veuido
* Cong. imp. = voidèissa, voidèisse, voidèissa, voidèisso, voidèisse, voidèisso
* Imp. = veuida, ch'a veuida, voidoma, voidé, ch'a veuido
* Ger. = (an) voidand(a)
=== Vorèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vorsù
* Ind. pres. = veuj, veule, veul, voroma, veule, veulo
* Ind. imp. = voría, vorìe, vorìa, vorįo, vorìe, vorìo
* Ind. fut. = vorerai, voreras, vorerà, voreroma, vorereve, voreran
* Cond. pres. = vorerìa, vorerìe, vorerìa, vorerìo, vorerìe, vorerìo
* Cong. pres. = veuja, veuje, veuja, veujo, veuje, veujo
* Cong. imp. = vorèissa, vorèisse, vorèissa, vorèisso, vorèisse, vorèisso
* Ger. = (an) vorend(a).
=== Voté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = votà
* Ind. pres. = vòto, vòte, vòta, votoma, vòte, vòto
* Ind. imp. = vitava, votave, vitava, votavi, vitave, votava
* Ind. fut. = votrai, votras, votrà, votroma, votreve, votran
* Cond. pres. = votrìa, votrìe, votrìa, votrìo, votrìe, votrìo
* Cong. pres. = vòta, vòte, vòta, vòto, vòte, vòto
* Cong. imp. = votèissa, votèisse, votèissa, votèisso, votèisse, votèisso
* Imp. = vòta, ch'a vòta, votoma, voté, ch'a vòto
* Ger. = (an) votand(a)
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Andé|Andé]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Avej|Avèj]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Dì|Dì]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Savèj|Savèj]]
[[Categoria:Piemontese|Verbi]]
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{{Piemontese}}
== Verbi declinati ==
{{TOCright}}
[[Lenga piemontèisa/Gramàtica piemontèisa/Morfologìa|Artorn]]
----
== Selession ëd verb coniugà ==
''A peudo an general serve da model për d'àutri. I l'oma lassà da banda 'l sogèt për nen pijé tròp dë spassi, ma as capiss l'istess: tre vos al singular, e tre vos al plural. L'imperativ a l'é tersa përson-a, tërsa përson-a 'd rispèt, prima përson-a plural, tersa përsona, tersa përson-a 'd rispèt''.
=== Andé ===
* Aus. = esse
* p. pass. = andàit
* Ind. pres. = vado (von), vade (vas), va, andoma, andeve, van
* Ind. imp. = andasìa, andasìe, andasìa, andasìo, andasìe, andasìo
* Ind. fut. = andrai, andras, andà, androma, andreve, andran
* Cond. pres = andrìa, andrìe, andrìa, andrìo, andrìe, andrìo
* Cong. pres. = vada (vogna), vade (vogne), vada (vogna), vado (vogno), vade (vagne), vado (vogno)
* Cong. imp. = andèissa, andèisse, andèisso, andèisse, andèisso
* Imp. = va, ch'a vada, andoma, andé, ch'a vado
* Ger. = andasend(a)
=== Cheuje ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = cujì
* Ind. pres. = cheujo, cheuje, cheuj, cujoma, cheuje, cheujo
* Ind. imp. = cujìa, cijìe, cujìa, cujìo, cujìe, cojìo
* Ind. fut. = cujirai, cujiras, cujirà, cujiroma, cujireve, cujiran
* Cond. = cujirìa, cujirìe, cujirìa, cujrìo, cujirìe, cojirìo
* Cong. pres. = cheuja, cheuje, cheuja, cheujo, cheuje, cheujo
* Cong. imp. = cujèissa, cujèisse, cujèissa, cujèisso, cujèisse, cujèisso
* Imp. = cheuj, ch'a cheuja, cojoma, cheuje, ch'a cheujo
* Ger. = (an) cojend)a)
=== Corege ===
* aus. = avèj
* p. pass. coregiù/coret
* Ind. pres. = coregio, corege, coregg, coregioma, corege, coregio
* Ind. imp. = coregìa, coregìe, coregìa, coregìo, coregìe, coregìo
* Ind. fut. = coregerai, coregeras, coregerà, coregeroma, coregereve, coregeran
* Cond. = coregerìa, coregerìe, coregerìa, coregerìo, coregerìe, coregerìo
* Cong. pr. = coregia, corege, coregia, coregio, corege, coregio
* Cong. imp. = coregèissa, coregèisse, coregèissa, coregèisso, coregèisse, -sso
* Imp. = coregg, ch'a coregia, coregioma, corege, ch'a coregio
* Ger. = (an) coregend(a)
=== Vèje ===
*aus. = avèj
* p. pass. vejù/vist
* Ind. pres. = vèjo, vèje, vèj, vejoma, vèje, vèjo
* Ind. imp. = vèj, vejive, vejiva, vejivo, vojive, vejivo
* Ind. fut. = vejerai, vejeras, vejerà, vejeroma, vejereve, vejeran
* Cond. = vejerìa, vejerìe, vejerìa, vejerìo, vejerìe, vejerìo
* Cong. pr. = vèja, vèje, vèja, vejoma, vèje, vèjo
* Cong. imp. = vejèissa, vejèisse, vejèissa, vejèisso, vejèissa, vejèisso
* Imp. = vèj, ch'a vèja, vejoma, vèje, ch'a vèjo
* Ger. = (an) vejènda(a)
=== Dé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dàit
* Ind. pres. = dago/don/dag/daj, das/dàje, dà, doma, deve, dan
* Ind. imp. = dasìa, dasìe, dasìa, dasìo, dasìe, dasìo
* Ind. fut. = darai, daras, darà, daroma, dareve, daran
* Cond. pres. = darìa, darìe, darìa, darìo, darìe, darìo
* Cong. pres. = daga, daghe, daga, dago, daghe, dago
* Cong. imp. = dèissa, dèisse, dèissa, dèisso, dèisse, dèisso
* Imp. = dà, ch'a daga, doma, dé, ch'a dago
* Ger. = dasend(a)
=== Dësblé ===
* aus. = avèj
* p. pass. = dësblà
* Ind. pres. = dësbelo, dësbele, dësbela, dësbloma, dësbele, dësbelo
* Ind. imp. = dësblava, dësblave, dësblava, dësblavo, dësblave, dësblavo
* Ind. fut. = dësblerai, dësbleras, dësblerà, dësbleroma, dësblereve, dësbleran
* Cond. = dësblerìa, dësblerìe, dësblerìa, dësblerìo, dësblerìe, dësblerìo
* Cong. pr. = dësbela, dësbele, dësbela, dësbelo, dësbele, dësbelo
* Cong. imp. = dësblèissa, dësblèisse, dësblèissa, dësblèisso, dësblèisse, dësblèisso
* Imp. = dësbela, ch'a dësbela, dësbloma, dësblé, ch'a dësbelo
* Ger. = (an) dësbland(a)
=== Deurme ===
* aus. = avèj
* p. pass. = durmì
* Ind. pres. = deurmo, deurme, deurm, durmoma, deurme, deurmo
* Ind. imp. = durmìa, durmìe, durmìa, durmìo, durmìe, durmìo
* Ind. fut. = durmirai, durmiras. durmirà, durmiroma, durmireve, durmiran
* Cond. = durmirìa, durmirìe, durmirìa, durmirìo, durmirìe, durmirìo
* Cong. pr. = deurma, ceurme, deurma, deurmo, deurme, deurmo
* Cong. imp. = durmèissa, durmèisse, durmèissa, durmèisso, durmèisse, durmèisso
* Imp. = deurm, ch'a deurma, durmoma, deurme, ch'a deurmo
* Ger. = (an) durmend(a)
=== Dì ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dìt
* Ind. pres. = diso (dijo), dise (dije), dis, disoma (dijoma), dise (dije), diso (dijo)
* Ind. imp. = disìa, disìe, disìa, disìo, disìe, disìo
* Ind. fut. = dirai, diras, dirà, diroma, direve, diran
* Cond. pres. = dirìa, dirìe, dirìa, dirìe, dirìo, dirìe, dirìo
* Cong. pres. = disa, dise, disa, diso, dise, diso
* Cong. imp. = disèissa, disèisse, disèissa, disèisso, disèisse, disèisso
* Imp. = dis, ch'a dosa, disoma, dì, ch'a diso
* Ger. = (an) disend(a)
=== Dovèj ===
* Aus. = avèj
* Part. pass. = dovù
* Ind. pres. = deuvo, deuve, deuv, dovoma, deuve, deuvo
* Ind. imp. = dovìa, dovìe, dovìa, dovìo, dovìe, dovìo
* Ind. fut. = dovrai, dovras, dovrà, dovroma, fovreve, dovran.
* Cond. pres. = dovrìa, dovrìe, dovrìa, dovrìo, dovrìe, dovrìo
* Cong. pres. = deubia, deubie, deubia, deubio, deubie, deubio.
* Cong. imp. = dovèissa, dovèisse, dovèissa, dovèisso, dovèisse, dovèisso.
* Imp. = deuv(e), ch'a deuva, dovoma, deuve, ch'a deuvo
* Ger. (an) dovend(a)
=== Dominé ===
* aus.= avèj
* part. pass. = dominà
* Ind. pres. = dòmino, dòmine, dòmina, dominoma, dàmine, dòmino
* Ind. imp. = dominava, dominave, dominava, dominavo, , dominave, dominavo
* Ind. fut. = dominrai, dominras, dominrà, dominroma, dominreve, dominran
* Cond. = dominrìa, dominrìe, dominrìa, dominrìio, dominrìe, dominrìo
* Cong. pres. = dòmina, dòmine, dòmina, dòmino, dòmine, dòmino
* Cong. imp. = dominèissa, dominèisse, dominèisso, dominèisse, dominèisse, -o
* Imp. = dòmina, ch'a dòmina, dominoma, dominé, ch'a dòmino
=== Dovré ===
* aus. = avèj
* part. pass. = dovrà
* ind. pres. = deuvro, deuvre, deuvra, dovroma, deuvre, deuvro
* Ind. imp. = dovrava, dovrave, dovrava, dovravo, dovrave, dovravo
* Ind. fut. = dovrerai, dovreras, dovrerà, dovreroma, dovreran
* Cond. = dovrerìa, dovrerìe, dovrerìa, dovrerìo, dovrerìe, dovrerìo
* Cong. pres. = deuvra, deuvre, deuvro, deuvre, deuvro
* Cong. imp. = dovrèissa, dovrèisse, dovrèissa, dovrèisso, duvrèisse, duvrèisso
* Imp. = deuvra, ch'a deuvra, dovroma, dovré, ch'a deuvro
* Ger. = (an) dovrand(a)
=== Fé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = fàit
* Ind. pres. = fass/fon, fas/fase, fà, foma, feve, fan
* Ind. imp. = fasìa, fasìe, fasìa, fasìo, fasìe, fasìo
* Ind. fut. = farai, faras, farà, faroma, fareve, faran
* Cond. pres. = farìa, farìe, farìa, farìo, farìe, farìp
* Cong. pres. = fasa, fase, fasa, faso, fase, faso
* Cong. imp. = fèissa, fèisse, fèissa, fèisso, fèisse, fèisso
* Imp. = fà, ch'a fasa, foma, fé, ch'a faso
* Ger. = (an) fasend(a)
=== Gieughe ===
* aus. = avìj
* p. pass. = giugà
* Ind. pres. = gieugo, gieughe, gieuga, giugoma, gieughe, gieugo
* Ind. imp. = giugava, giugave, giugava, giugavo, giugave, giugavo
* Ind. fut. = giugrai, giugras, giugrà, griogroma, giugreve, giugran
* Cond. = giugrìa, giugrìe, giugrìa, giugrìo, giugrìe, giugrìo
* Cong. pr. = gieuga, gieughe, gieuga, gieuga, gieughe, gieugo
* Cong. imp. = giughèissa, giughèisse, giughèssa, giughèisso, giughèisse, -sso
* Imp. = gieuga, ch'a gieuga, giogoma, gieughe, ch'a gieugo
* Ger. = (an) giugand(a).
=== Isolé ===
* Aus. = avèj/esse
* p. pass. = isolà
* Ind. pres. = isolo, isole, isola, isoloma, isole, isolo
* Ind. imp. = isolava, isolave, isolava, isolavo, isolave, isolavo
* Ind. fut. = isolrai, isolras, isolrà, isolroma, isolreve, isolran
* Cond. pres. = isolrìa, isolrìe, isolrìa, isolrìo, isolrìe, isolrìo
* Cong. pres. = ìsola, ìsole, ìsola, ìsolo, ìsole, ìsolo
* Cong. imp. = isolèissa, isolèisse, isolèissa, isolèisso, isolèisse, isolèisso
* Imp. = ìsola, ch'a ìsola, isoloma, isolé, ch'a ìsolo
* Ger. = (an) isoland(a)
=== Mangé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mangià
* Ind. pres. = mangio, mange, mangia, mangioma, mange, mangio
* Ind. imp. = mangiava, mangiave, mangiava, mangiabo, mangiave, mangiavo
* Ind. fut. = mangerai, mangeras, mangerà, mangeroma, mangereve, mangeran
* Cond. pres. = mangerìa, mangerìe, mangerìa, mangerìo, mangerìe, mangerìo
* Cong. pres. = mangia, mange, mangia, mangio, mange, mangio
* Cong. imp. = mangèissa, mangèisse, mangèissa, mangèisso, mangèisse, mangèisso, -sso
* Imp. = mangia, ch'a mangia, mangioma, mangé, ch'a mangio
* Ger. = (an) mangiand(a)
=== Marcé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = marcià
* Ind. pres. = marcio, marce, marcia, marcioma, marce, marcio
* Ind. imp. = marciava, marciave, marciava, marciavo, marciave, marciavo
* Ind. fut. = marcerai, marceras, marcerà, marceroma, marcereve, marceran
* Cond. pres. = marcerìa, marcerìe, marcerìa, marcerìo, marcerìe, marcerìo
* Cong. pres. = marcia, marce, marcia, marcio, marce, marcio
* Cong. imp. = marcèissa, marcèisse, marcèissa, marcèisso, marcèisse, marcèisso
* Imp. = marcia, ch'a marcia, marcioma, marcé, ch'a marcio
* Ger. = (an) marciand(a)
=== Mës-cé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mës-cià
* Ind. pres. = mës-cio, mës-cie, mës-cia, mës-cioma, mës-ce, mës-cio
* Ind. imp. = mës-ciava, mës-ciave, mës-ciava, mësciavo, mës-ciave, mës-ciavo
* Ind. fut. = mës-cerai, mës-ceras, mës-cerà, mës-ceroma, mës-cereve, mës-ceran
* Cond. pres. = mës-cerìa, mës-cerìe, mës-cerìo, mës-cerie, mes-cerìo
* Cong. pres. = mës-cia, mës-cie, mës-cia, mës-cio, mës-ce, mës-cio
* Cong. imp. = mës-cèissa, mës-cèisse, mës-cèissa, mës-cèisso, mës-cèisse, mës-cèisso
* Imp. = mës-cia, ch'a mës-cia, mës-cioma, mës-cé, ch'a mës-cio
* Ger. = (an) mës-ciand(a)
=== Mné ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mna
* Ind. pres. = men-o, men-e, men-a, mnoma, men-e (mneve), men-o
* Ind. imp. = mnava, mnave, mnava, mnavo, mnave, mnavo
* Ind. fut. = mnerai, mneras, mnerà, mneroma, mnereve, mneran
* Cond. pres. = mnerìa, it ëmnerìe, mnerìa, mnerìo, mnerìe, mnerìo
* Cong. pres. = men-a, men-e, men-a, men-o, men-e, men-o
* Cong. imp. = mnèissa, mnèisse, mnèissa, mnèisso, mnèisse, mnèisso
* Imp. = men-a, ch'a men-a, mné, ch'a men-o
* Ger. = (an ë)mnand(a)
=== Mòrde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mordù
* Ind. pres. = mòrdo, mòrde, mòrd, mordoma, mòrde, mòrdo
* Ind. imp. = mordìa, mordìe, mordìa, mordìo, mordìe, mordìo
* Ind. fut. = mordrai, mordras, mordrà, mordroma, mordreve, mordran
* Cond. pres. = mordrìa, mordrìe, mordrìa, mordrìo, mordrìe, mordrìo
* Cong. pres. = mòrda, mòrde, mòrda, mòrdo, mòrde, mòrdo
* Cong. imp. = mordèissa, mordèisse, mordèissa, mordèisso, mordèisse, mordèisso
* Imp. = mòrd, ch'a mòrda, mordoma, mòrde, ch'a mòrdo
* Ger. = (an) mordend(a)
=== Noé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = noà
* Ind. pres. = novo, noe, noa, novoma, noe, novo
* Ind. imp. = noava, noave, noava, noavo, noave, noavo
* Ind. fut. = noerai, noeras, noerà, noeroma, noereve, noeran
* Cond. pres. = noerìa, noerìe, noerìa, noerìo, noerìe, noerìe
* Cong. pres. = noa, noe, noa, novo, noe, novo
* Cong. imp. = noèissa, noèisse, noèissa, noèisso, noèisse, noèisso
* Imp. = noa,. ch'a noa, novoma, noé, ch'a novo
* Ger. = (an) noand(a)
=== Perde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përdù
* Ind. pres. = perdo, perde, perd, përdoma, perde, perdo
* Ind. imp. = përdìa, përdìe, përdìa. përdìo, përdìe, përdìo
* Ind. fut. = përdrai, përdras, përdrà, përdroma, përdreve, përdran
* Cond. pres. = përdrìa, përdrìe, përdrìa. përdrìo, përdrìe, përdrìo
* Cong. pres. = perda, perde, perda, perdo, perde, perdo
* Cong. imp. = përdèissa, përdèisse, përdèissa, përdèisso, përdèisse, përdèisso
* Imp. = perd, ch'a perda, përdoma, perde, ch'a perdo
* Ger. = (an) përdenda
=== Përmëtte ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përmëtù
* Ind. pres. = përmëtto, përmette, përmèt, përmëtoma, përmëtte, përmëtto
* Ind. imp. = përmëtìa, përmëtìe, përmëtìa, përmëtìo, përmëtìe, përmëtìo
* Ind. fut. = përmëtrai, përmëtras, përmëtrà, përmëtroma, përmëtreve, përmëtran
* Cond. pres. = përmëtrìa, përmëtrìe, përmëtrìa, përmëtrìo, përmëtrìe, përmëtrìo
* Cong. pres. = përmëtta, përmëtte, përmëtta, përmëtto, përmëtte, përmëttto
* Cong. imp. = përmëtèissa, përmëtèisse, përmetèissa, përmëtèisso, përmëtèisse, përmëtèisso
* Imp. = përmèt, ch'a përmëtta, përmëtoma, përmëtte, ch'a përmëtto
* Ger. = (an) përmëtend(a)
=== Paghé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pagà
* Ind. pres. = pago, paghe, paga, pagoma, paghe, pago
* Ind. imp. = pagava, pagave, pagava, pagavo, pagave, pagave
* Ind. fut. = pagrai, pagras, pagrà, pagroma, pagreve, pagran
* Cond. pres. = pagrìa, pagrìe, pagrìa, pagrìo, pagrìe, pagrìo
* Cong. pres. = paga, paghe, paga, pago, paghe, pago
* Cong. imp. = paghèissa, paghèisse, paghèissa, paghèisso, paghèisse, paghèisso
* Imp. = paga, ch'a paga, pagoma, paghé, ch'a pago
* Ger. = (an) pagand(a)
=== Pijé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pijait (pijà)
* Ind. pres. = pijo, pije, pija, pioma, pieve, pijo
* Ind. imp. = piava, piave, piava, piavo, piave, piavo
* Ind. fut. = pi(j)eras, pi(j)erà, pi(j)eroma, pi(j)ereve, pi(j)eran
* Cond. pres. = pi(j)erìa, pi(j)erìe, pi(j)erìa, pi(h)erìo, pi(j)erìe, pi(j)erìo
* Cong. pres. = pija, pija, pijo, pijo, pije, pijo
* Cong. imp. = pièissa, pièisse, pijèissa, pijèisso, pijèisse, pijèisso
* Imp. = pija, ch'a pija, pijoma, pijé, pijo
* Ger. = (an) pijand(a)
=== Podèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = podù
* Ind. pres. = peudo (peuss), peude (peule), peuda, podoma, peude (peule), peudo (peulo)
* Ind. imp. = podìa, podìe, podìa, podìo, podìe, podìo
* Ind. fut. = podrai, podras, podrà, podroma, podreve, podran
* Cond. pres. = pidrìa, podrìe, podrìa, podrìo, podrìe, podrío
* Cong. pres. = peussa, peusse, peussa, peusso, peusse, peusso
* Cong. imp. = podèissa, podèisse, podèissa, podèisso, podèisse, podèisso
* Ger. = podend
=== Porté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = portà
* Ind. pres. = pòrto, pòrte, pòrta, portoma, pòrte, pòrto
* Ind. imp. = portava, portave, portava, portavo, portave, portavo
* Ind. fut. = portrai, portras, portrà, portroma, portreve, portran
* Cond. pres. = portrìa, portrìe, portrìa, portrìo, portrìe, portrìo
* Cong. pres. = pòrta, pòrte, pòrta, poòrto, pòrte, pòrto
* Cong. imp. = portèissa, portèisse, portèissa, portèisso, portèisse, portèisso
* Imp. = pòsta, ch'a pòrta, portoma, porté, ch'a pòrto
* Ger. = (an) portand(a)
=== Prodùe ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = produvù
* Ind. pres. = doduvo, produve, produv, produvoma, produve, produvo
* Ind. imp. = produvìa, produvìe, produvìa, produvìo, produvìe, produvìo
* Ind. fut. = produvrai, produvras, produvrù, produvroma, produvreve, produvran
* Cond. pres. = produvrìa, produvrìe, produvrìa, produvrìo, produvrìe, produvrìo
* Cong. pres. = produva, produve, produva, produvo, produve, produvo
* Cong. imp. = produvèissa, produvèisse, produvèissa, produvèisso, produvèisse, produvèisso
* Imp. = produv, ch'a prodova, produve, ch'a produvo
* Ger. = (an) produvend(a)
=== Rije ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = rijù
* Ind. pres. = rijo, rije, rij, rijoma, rije, rijo
* Ind. imp. = rijìas, rijìe, rijìa, rijìo, rijìe, rijìo
* Ind. fut. = rijerai, rijeras, rijerà, rijeroma, rijereve, rijeran
* Cond. pres. = rijerìa, rijerìe, rijerìa, rijerìo, rijerìe, rijerìo
* Cong. pres. = rija, rije, rija, rijo, rije, rijo
* Cong. imp. = rijèissa, rijèisse, rijèssa, rijèisso, rijèisse, rijèisso
* Imp. = rij. ch'a rija, rijoma, rije, ch'a rijo
* Ger. = (an) rijend(a)
=== Savèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = savù
* Ind. pres. = sai (seu), sas, sà, savoma (soma), seve, san
* Ind. imp. = savìa, savìe, savìa, savìo, savìe, savìo
* Ind. fut. = savrai, savras, savrà, savroma, savreve, savran
* Cond. pres. = savrìa, savrìe, savría, savrìo, savrìe, savrìo
* Cong. pres. = sapia, sspie, sapia, sapio, sapie, sapio
* Cong. imp. = savèissa, savèisse, savèissa, savèisso, savèisse, savèisso
* Imp. = sapie, ch'a sapia, soma (savoma), savèj, ch'a sapio
* Ger. = (an) savend(a)
=== Seurte ===
* Aus. = esse
* p. pass. = surtì
* Ind. pres. = seurto, seurte, seurt, seurtoma, seurte, seurto
* Ind. imp. = surtìa, surtìe, surtìa, surtìo, surtìe, surtìo
* Ind. fut. = surtirai, surtiras, surtirà, surtiroma, surtireve, surtiran
* Cond. pres. = surtirìa, surtirìe, surtirìa, surtirìo, surtirìe, surtirìo
* Cong. pres. = seurta, seurte, seurta, seurto, seurte, seurto
* Cong. imp. = surtèissa, surtèisse, surtèissa, surtèisso, surtèisse, surtèisso
* Imp. = seurt, ch'a seurta, surtoma, seurte, ch'a seurto
* Ger. = (an) surtend(a)
=== Sgheiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sgheirà
* Ind. pres. = sghèiro, sghèire, sghèira, sgheiroma, sghèire, sghèiro
* Ind. imp. = sgheirava, it ësgheirave, sgheirava, sgheiravo, sgheirave, sgheiravo
* Ind. fut. = sgheirerai, sgheireras, sgheirerà, sgheireroma, sgheirereve, sgheireran
* Cond. pres. = sgheirerìa, it ësgheirerìe, sgheirerìa, sgheirerìo, sgheirerìe, sgheirerìo
* Cong. pres. = sghèira, it ësghèire, sghèira, sghèiro, sghèire, sghèiro
* Cong. imp. = sgheirèissa, it ësgheirèisse, sgheirèissa, sgheirèisso, sgheirèisse, sgheirèisso
* Imp. = sghèira,. ch'a sghèira, sgheiròma, sgheiré, ch'a sghèiro
* Ger. = (an) sgheirend(a)
=== Sonè ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sonà
* Ind. pres. = son-o, son-e, son-a, sonoma, son-e, son-o
* Ind. imp. = sonava, sonave, sonava, sonavo, sonave, sonavo
* Ind. fut. = sonerai, soneras, sonerà, soneroma, sonereve, soneran
* Cond. pres. = sonerìa, sonerìe, sonerìa, sonerìo, sonerìe, sonerìo
* Cong. pres. = son-a, son-e, son-a, son-o, son-e, son-o
* Cong. imp. = sonèissa, sonèisse, sonèissa, sonèisso, sonèisse, sonèisso
* Imp. = son-a, ch'a son-a, sonoma, soné, ch'a son-o
* Ger. = (an) sonand(a).
=== Sté ===
* Aus. = esse
* p. pass. = stàit
* Ind. pres. = stago (stagh), it ëstas (ëstaghe), sta, stoma, steve, stan
* Ind. imp. = stasìa, stasìe, stasìa, stasìo, stasìe, stasìo
* Ind. fut. = starai, it ëstaras, starà, staroma, stareve, staran
* Cond. pres. = starìa, it ëstarìe, starìa, starìo, starìe, starìo
* Cong. pres. = staga, it ëstaghe, staga, stago, staghe, stago
* Cong. imp. = stèissa, it ëstèisse, stèissa, stèissi, stèisse, stèisso
* Imp. = Stà, ch'a staga, stoma, ch'a stago
* Ger. = (an ë)stasend(a)
=== Stòrze ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = storzù (stòrt)
* Ind. pres. = stòrzo, it ëstòrze, stòrz, storzoma, stòrze, stòrzo
* Ind. imp. = storzìa, it ëstorzìe, storzìa, storzìo, storzìe, storzìo
* Ind. fut. = storzrai, it ëstorzras, a storzrà, storzroma, storzreve, storzran
* Cond. pres. = storzrìa, it ëstorzrìe, storzrìa, storzrìo, storzrìe, storzrìo
* Cong. pres. = stòrza, it ëstòrze, stòrza, stòrzo, stòrze, stòrzo
* Cong. imp. = storzèissa, it ëstorzèisse, storzèissa, storzèisso, storzèisse, storzèisso
* Imp. = stòrz, ch'a stòrza, storzoma, stòrze, ch 'a stòrz
* Ger. = (an ë)storzend(a).
=== Ten-e ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tnù
* Ind. pres. = ten-o, ten-e, ten, t oma, ten-e, ten-o
* Ind. imp. = tenìa, tenìe, tenìa, tenìo, tenìe, tenìo
* Ind. fut. = tnirai, tniras, tnirà, tniroma, tnireve, tniran
* Cond. pres. = tnirìa, tnirìe, tnirìa, tnirìo, tnirìe, tnirìo
* Cong. pres. = te-a, ten-e, ten-a, ten-o, ten-e, ten-o
* Cong. imp. = tnèissa, tnèisse, tnèissa, tnèissi, tnèisse, tnèisso, (tnisèissa, tnisèisse, tnisèissa, tnisèisso, tnisèisse, tnisèisso).
* Imp. = ten, ch'a ten-a, t(e)noma, ch'a ten-o
* Ger. = (an) tnisend(a)
=== Toché ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tocà
* Ind. pres. = toco, toche, toca, tocoma,tocheve, toco
* Ind. imp. = tocava, tocave, tocava, tocavo, tocave, tocavo
* Ind. fut. = tocrai, tocras, tocrà, tocroma, tocreve, tocran
* Cond. pres. = tocrìa, tocrìe, tocrìa, tocrìo, tocreve, tocrìo
* Cong. pres. = toca, toche, toca, toco, toche, toco
* Cong. imp. = tochèissa, tochèisse, tochèissa, tochèisso, tochèisse, tochèisso
* Imp. = roca, ch'a toca, tocoma, toché, ch'a toco
* Ger. = (an) tocand(a).
=== Toiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = toirà
* Ind. pres. = toiro, toire, toira, toiroma, toire, toiro
* Ind. imp. = toirava, toirave, toirava,toiravo, toirave, toiravo
* Ind. fut. = toirerai, toireras, toirerà, toireroma, toirereve, toireran
* Cond. pres. = toirerìa, toirerìe, toirerìa, toirerìo, toirerìe, toirerìo
* Cong. pres. = toira, toire, toira, toiro, toire, torio
* Cong. imp. = toirèissa, toirèisse, toirèissa, tourèisso, toirèisse, toirèisso
* Imp. = toira, ch'a tòira, toiroma, toiré, ch'a toiro
* Ger. = (an) toirend(a)
=== Valèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = valù
* Ind. pres. = valo, vale, val, valoma, vale, valo
* Ind. imp. = valìa, valìe, valìa, valìo, valìe, valìo
* Ind. fut. = valrai, valras, valrà (varrà), valroma, valreve, valran
* Cond. pres. = valrìa, valrìe, valrìa (varrìa), valrìo, valrìe, valrìo
* Cong. pres. = vala, vale, vala, valo, vale, valo
* Cong. imp. = valèissa, valèisse, valèissa, valèisso, valèisse, valèisso
* Ger. = valend
=== Vëdde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vdù (vëddù) /vist
* Ind. pres. = vëddo, vëdde, ved, vëdoma, vëdde, vëddo
* Ind. imp. = vëdìa, vëdìe, vëdìa, vëdìo, vëdìe, vëdìo
* Ind. fut. = vëdrai, vëdras, vëdrà, vëdroma, vëdreve, vedran
* Cond. pres. = vëdrìa, vëdrìe, vëdrìa, vëdrìo, vëdrìe, vëdrìo
* Cong. pres. = vëdda, vëdde, vëdda, vëddo, vëdde, vëddo
* Cong. imp. = vëdèissa, vëdèisse, vëdèissa, vëdèisso, vëdèisse, vëdèisso
* Imp. = ved, ch'a vëdda, vëdoma, vëdde, ch'a vëddo
* Ger. = (an) vëdend(a)
=== Ven-e (vnì) ===
* Aus. = esse
* p. pass. = vnùit
* Ind. pres. = ven-o, ven-e, ven, vnoma, ven-e (vnive), ven-o
* Ind. imp. = vnisìa, it ëvnisìe, vnisìa, vnisìo, vnisìe, vnisìo
* Ind. fut. = vnirai, it ëvniras, vnirà, vniroma, vnireve, vniran
* Cond. pres. = vnirìa, it ëvnirìe, vnirìa. vnirìo, vnirìe, vnirìo
* Cong. pres. = ven-a, ven-e, ven-a, ven-o, ven-e, ven-o
* Cong. imp. = vnèissa, it ëvnèisse, vnèissa, vnèisso, vnèisse, vnèisso
* Imp. = ven, ch'a ven-a, vnoma, vnì, ch'a ven-o
* Ger. = (an ë)vnisend(a).
=== Vince ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vinciù
* Ind. pres. = vincio, vince, vincc, vincioma, vince, vincio
* Ind. imp. = vincìa, vincìe, vincìa, vincìo, vincìe, vincìo
* Ind. fut. = vincerai, vinceras, vincerà, vinceroma, vincereve, vinceran
* Cond. pres. = vincerìa, vincerìe, vincerìa, vincerìo, vincerìe, vincerìo
* Cong. pres. = vincia, vince, vincio, vince, vincio
* Cong. imp. = vincèissa, vincèisse, vincèissa, vi cèisso, vincèisse, vincèisso
* Imp. = vincc, ch'a vincia, vincioma, vince, ch'a vincio
* Ger. = (an) vincend(a)
=== Voidé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = voidà
* Ind. pres. = veuidi, veuide, veuide, veuidoma, veuide, veudio
* Ind. imp. = voidava, voidave, voidava, voidavo, voidave, voidavo
* Ind. fut. = voidrai, voudras, voidrà, voidroma, voidreve, voidran
* Cond. pres. = voidrìa, voidrìe, voidrìa, voidrìo, voidrìe, voidrìo
* Cong. pres. = veuida, veuide, veuida, veuido, veuide, veuido
* Cong. imp. = voidèissa, voidèisse, voidèissa, voidèisso, voidèisse, voidèisso
* Imp. = veuida, ch'a veuida, voidoma, voidé, ch'a veuido
* Ger. = (an) voidand(a)
=== Vorèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vorsù
* Ind. pres. = veuj, veule, veul, voroma, veule, veulo
* Ind. imp. = voría, vorìe, vorìa, vorįo, vorìe, vorìo
* Ind. fut. = vorerai, voreras, vorerà, voreroma, vorereve, voreran
* Cond. pres. = vorerìa, vorerìe, vorerìa, vorerìo, vorerìe, vorerìo
* Cong. pres. = veuja, veuje, veuja, veujo, veuje, veujo
* Cong. imp. = vorèissa, vorèisse, vorèissa, vorèisso, vorèisse, vorèisso
* Ger. = (an) vorend(a).
=== Voté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = votà
* Ind. pres. = vòto, vòte, vòta, votoma, vòte, vòto
* Ind. imp. = vitava, votave, vitava, votavi, vitave, votava
* Ind. fut. = votrai, votras, votrà, votroma, votreve, votran
* Cond. pres. = votrìa, votrìe, votrìa, votrìo, votrìe, votrìo
* Cong. pres. = vòta, vòte, vòta, vòto, vòte, vòto
* Cong. imp. = votèissa, votèisse, votèissa, votèisso, votèisse, votèisso
* Imp. = vòta, ch'a vòta, votoma, voté, ch'a vòto
* Ger. = (an) votand(a)
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Andé|Andé]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Avej|Avèj]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Dì|Dì]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Savèj|Savèj]]
[[Categoria:Piemontese|Verbi]]
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{{Piemontese}}
== Verbi declinati ==
{{TOCright}}
[[Lenga piemontèisa/Gramàtica piemontèisa/Morfologìa|Artorn]]
----
== Selession ëd verb coniugà ==
''A peudo an general serve da model për d'àutri. I l'oma lassà da banda 'l sogèt për nen pijé tròp dë spassi, ma as capiss l'istess: tre vos al singular, e tre vos al plural. L'imperativ a l'é tersa përson-a, tërsa përson-a 'd rispèt, prima përson-a plural, tersa përsona, tersa përson-a 'd rispèt''.
=== Andé ===
* Aus. = esse
* p. pass. = andàit
* Ind. pres. = vado (von), vade (vas), va, andoma, andeve, van
* Ind. imp. = andasìa, andasìe, andasìa, andasìo, andasìe, andasìo
* Ind. fut. = andrai, andras, andà, androma, andreve, andran
* Cond. pres = andrìa, andrìe, andrìa, andrìo, andrìe, andrìo
* Cong. pres. = vada (vogna), vade (vogne), vada (vogna), vado (vogno), vade (vagne), vado (vogno)
* Cong. imp. = andèissa, andèisse, andèisso, andèisse, andèisso
* Imp. = va, ch'a vada, andoma, andé, ch'a vado
* Ger. = andasend(a)
=== Cheuje ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = cujì
* Ind. pres. = cheujo, cheuje, cheuj, cujoma, cheuje, cheujo
* Ind. imp. = cujìa, cijìe, cujìa, cujìo, cujìe, cojìo
* Ind. fut. = cujirai, cujiras, cujirà, cujiroma, cujireve, cujiran
* Cond. = cujirìa, cujirìe, cujirìa, cujrìo, cujirìe, cojirìo
* Cong. pres. = cheuja, cheuje, cheuja, cheujo, cheuje, cheujo
* Cong. imp. = cujèissa, cujèisse, cujèissa, cujèisso, cujèisse, cujèisso
* Imp. = cheuj, ch'a cheuja, cojoma, cheuje, ch'a cheujo
* Ger. = (an) cojend)a)
=== Corege ===
* aus. = avèj
* p. pass. coregiù/coret
* Ind. pres. = coregio, corege, coregg, coregioma, corege, coregio
* Ind. imp. = coregìa, coregìe, coregìa, coregìo, coregìe, coregìo
* Ind. fut. = coregerai, coregeras, coregerà, coregeroma, coregereve, coregeran
* Cond. = coregerìa, coregerìe, coregerìa, coregerìo, coregerìe, coregerìo
* Cong. pr. = coregia, corege, coregia, coregio, corege, coregio
* Cong. imp. = coregèissa, coregèisse, coregèissa, coregèisso, coregèisse, -sso
* Imp. = coregg, ch'a coregia, coregioma, corege, ch'a coregio
* Ger. = (an) coregend(a)
=== Vèje ===
*aus. = avèj
* p. pass. vejù/vist
* Ind. pres. = vèjo, vèje, vèj, vejoma, vèje, vèjo
* Ind. imp. = vèj, vejive, vejiva, vejivo, vojive, vejivo
* Ind. fut. = vejerai, vejeras, vejerà, vejeroma, vejereve, vejeran
* Cond. = vejerìa, vejerìe, vejerìa, vejerìo, vejerìe, vejerìo
* Cong. pr. = vèja, vèje, vèja, vejoma, vèje, vèjo
* Cong. imp. = vejèissa, vejèisse, vejèissa, vejèisso, vejèissa, vejèisso
* Imp. = vèj, ch'a vèja, vejoma, vèje, ch'a vèjo
* Ger. = (an) vejènda(a)
=== Dé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dàit
* Ind. pres. = dago/don/dag/daj, das/dàje, dà, doma, deve, dan
* Ind. imp. = dasìa, dasìe, dasìa, dasìo, dasìe, dasìo
* Ind. fut. = darai, daras, darà, daroma, dareve, daran
* Cond. pres. = darìa, darìe, darìa, darìo, darìe, darìo
* Cong. pres. = daga, daghe, daga, dago, daghe, dago
* Cong. imp. = dèissa, dèisse, dèissa, dèisso, dèisse, dèisso
* Imp. = dà, ch'a daga, doma, dé, ch'a dago
* Ger. = dasend(a)
=== Përde/përnde (vèj verb për “pijé”) ===
*Aus. = avèj
* p. pass. = pres
* Ind. pres. = përdo, përde, përda, përdoma, përde, përdo
* Ind. imp. = dasìa, dasìe, dasìa, dasìo, dasìe, dasìo
* Ind. fut. = përderai , përderas, përderà, përderoma, përdereve, përderan
* Cond. pres. = përderìa, përderìe, përderìa, përderìo, përderìe, përderìo
* Cong. pres. = përda, përde, përda, përdo, përde, përdo
* Cong. imp. = përdèissa, përdèisse, përdèissa, përdèisso, përdèisse, përdèisso
* Imp. = përda, ch'a përda, përdoma, përdé, ch'a përdo
* Ger. = përndend(a)
=== Dësblé ===
* aus. = avèj
* p. pass. = dësblà
* Ind. pres. = dësbelo, dësbele, dësbela, dësbloma, dësbele, dësbelo
* Ind. imp. = dësblava, dësblave, dësblava, dësblavo, dësblave, dësblavo
* Ind. fut. = dësblerai, dësbleras, dësblerà, dësbleroma, dësblereve, dësbleran
* Cond. = dësblerìa, dësblerìe, dësblerìa, dësblerìo, dësblerìe, dësblerìo
* Cong. pr. = dësbela, dësbele, dësbela, dësbelo, dësbele, dësbelo
* Cong. imp. = dësblèissa, dësblèisse, dësblèissa, dësblèisso, dësblèisse, dësblèisso
* Imp. = dësbela, ch'a dësbela, dësbloma, dësblé, ch'a dësbelo
* Ger. = (an) dësbland(a)
=== Deurme ===
* aus. = avèj
* p. pass. = durmì
* Ind. pres. = deurmo, deurme, deurm, durmoma, deurme, deurmo
* Ind. imp. = durmìa, durmìe, durmìa, durmìo, durmìe, durmìo
* Ind. fut. = durmirai, durmiras. durmirà, durmiroma, durmireve, durmiran
* Cond. = durmirìa, durmirìe, durmirìa, durmirìo, durmirìe, durmirìo
* Cong. pr. = deurma, ceurme, deurma, deurmo, deurme, deurmo
* Cong. imp. = durmèissa, durmèisse, durmèissa, durmèisso, durmèisse, durmèisso
* Imp. = deurm, ch'a deurma, durmoma, deurme, ch'a deurmo
* Ger. = (an) durmend(a)
=== Dì ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dìt
* Ind. pres. = diso (dijo), dise (dije), dis, disoma (dijoma), dise (dije), diso (dijo)
* Ind. imp. = disìa, disìe, disìa, disìo, disìe, disìo
* Ind. fut. = dirai, diras, dirà, diroma, direve, diran
* Cond. pres. = dirìa, dirìe, dirìa, dirìe, dirìo, dirìe, dirìo
* Cong. pres. = disa, dise, disa, diso, dise, diso
* Cong. imp. = disèissa, disèisse, disèissa, disèisso, disèisse, disèisso
* Imp. = dis, ch'a disa, disoma, dì, ch'a diso
* Ger. = (an) disend(a)
=== Dovèj ===
* Aus. = avèj
* Part. pass. = dovù
* Ind. pres. = deuvo, deuve, deuv, dovoma, deuve, deuvo
* Ind. imp. = dovìa, dovìe, dovìa, dovìo, dovìe, dovìo
* Ind. fut. = dovrai, dovras, dovrà, dovroma, fovreve, dovran.
* Cond. pres. = dovrìa, dovrìe, dovrìa, dovrìo, dovrìe, dovrìo
* Cong. pres. = deubia, deubie, deubia, deubio, deubie, deubio.
* Cong. imp. = dovèissa, dovèisse, dovèissa, dovèisso, dovèisse, dovèisso.
* Imp. = deuv(e), ch'a deuva, dovoma, deuve, ch'a deuvo
* Ger. (an) dovend(a)
=== Dominé ===
* aus.= avèj
* part. pass. = dominà
* Ind. pres. = dòmino, dòmine, dòmina, dominoma, dàmine, dòmino
* Ind. imp. = dominava, dominave, dominava, dominavo, , dominave, dominavo
* Ind. fut. = dominrai, dominras, dominrà, dominroma, dominreve, dominran
* Cond. = dominrìa, dominrìe, dominrìa, dominrìio, dominrìe, dominrìo
* Cong. pres. = dòmina, dòmine, dòmina, dòmino, dòmine, dòmino
* Cong. imp. = dominèissa, dominèisse, dominèisso, dominèisse, dominèisse, -o
* Imp. = dòmina, ch'a dòmina, dominoma, dominé, ch'a dòmino
=== Dovré ===
* aus. = avèj
* part. pass. = dovrà
* ind. pres. = deuvro, deuvre, deuvra, dovroma, deuvre, deuvro
* Ind. imp. = dovrava, dovrave, dovrava, dovravo, dovrave, dovravo
* Ind. fut. = dovrerai, dovreras, dovrerà, dovreroma, dovreran
* Cond. = dovrerìa, dovrerìe, dovrerìa, dovrerìo, dovrerìe, dovrerìo
* Cong. pres. = deuvra, deuvre, deuvro, deuvre, deuvro
* Cong. imp. = dovrèissa, dovrèisse, dovrèissa, dovrèisso, duvrèisse, duvrèisso
* Imp. = deuvra, ch'a deuvra, dovroma, dovré, ch'a deuvro
* Ger. = (an) dovrand(a)
=== Fé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = fàit
* Ind. pres. = fass/fon, fas/fase, fà, foma, feve, fan
* Ind. imp. = fasìa, fasìe, fasìa, fasìo, fasìe, fasìo
* Ind. fut. = farai, faras, farà, faroma, fareve, faran
* Cond. pres. = farìa, farìe, farìa, farìo, farìe, farìp
* Cong. pres. = fasa, fase, fasa, faso, fase, faso
* Cong. imp. = fèissa, fèisse, fèissa, fèisso, fèisse, fèisso
* Imp. = fà, ch'a fasa, foma, fé, ch'a faso
* Ger. = (an) fasend(a)
=== Gieughe ===
* aus. = avìj
* p. pass. = giugà
* Ind. pres. = gieugo, gieughe, gieuga, giugoma, gieughe, gieugo
* Ind. imp. = giugava, giugave, giugava, giugavo, giugave, giugavo
* Ind. fut. = giugrai, giugras, giugrà, griogroma, giugreve, giugran
* Cond. = giugrìa, giugrìe, giugrìa, giugrìo, giugrìe, giugrìo
* Cong. pr. = gieuga, gieughe, gieuga, gieuga, gieughe, gieugo
* Cong. imp. = giughèissa, giughèisse, giughèssa, giughèisso, giughèisse, -sso
* Imp. = gieuga, ch'a gieuga, giogoma, gieughe, ch'a gieugo
* Ger. = (an) giugand(a).
=== Isolé ===
* Aus. = avèj/esse
* p. pass. = isolà
* Ind. pres. = isolo, isole, isola, isoloma, isole, isolo
* Ind. imp. = isolava, isolave, isolava, isolavo, isolave, isolavo
* Ind. fut. = isolrai, isolras, isolrà, isolroma, isolreve, isolran
* Cond. pres. = isolrìa, isolrìe, isolrìa, isolrìo, isolrìe, isolrìo
* Cong. pres. = ìsola, ìsole, ìsola, ìsolo, ìsole, ìsolo
* Cong. imp. = isolèissa, isolèisse, isolèissa, isolèisso, isolèisse, isolèisso
* Imp. = ìsola, ch'a ìsola, isoloma, isolé, ch'a ìsolo
* Ger. = (an) isoland(a)
=== Mangé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mangià
* Ind. pres. = mangio, mange, mangia, mangioma, mange, mangio
* Ind. imp. = mangiava, mangiave, mangiava, mangiabo, mangiave, mangiavo
* Ind. fut. = mangerai, mangeras, mangerà, mangeroma, mangereve, mangeran
* Cond. pres. = mangerìa, mangerìe, mangerìa, mangerìo, mangerìe, mangerìo
* Cong. pres. = mangia, mange, mangia, mangio, mange, mangio
* Cong. imp. = mangèissa, mangèisse, mangèissa, mangèisso, mangèisse, mangèisso, -sso
* Imp. = mangia, ch'a mangia, mangioma, mangé, ch'a mangio
* Ger. = (an) mangiand(a)
=== Marcé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = marcià
* Ind. pres. = marcio, marce, marcia, marcioma, marce, marcio
* Ind. imp. = marciava, marciave, marciava, marciavo, marciave, marciavo
* Ind. fut. = marcerai, marceras, marcerà, marceroma, marcereve, marceran
* Cond. pres. = marcerìa, marcerìe, marcerìa, marcerìo, marcerìe, marcerìo
* Cong. pres. = marcia, marce, marcia, marcio, marce, marcio
* Cong. imp. = marcèissa, marcèisse, marcèissa, marcèisso, marcèisse, marcèisso
* Imp. = marcia, ch'a marcia, marcioma, marcé, ch'a marcio
* Ger. = (an) marciand(a)
=== Mës-cé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mës-cià
* Ind. pres. = mës-cio, mës-cie, mës-cia, mës-cioma, mës-ce, mës-cio
* Ind. imp. = mës-ciava, mës-ciave, mës-ciava, mësciavo, mës-ciave, mës-ciavo
* Ind. fut. = mës-cerai, mës-ceras, mës-cerà, mës-ceroma, mës-cereve, mës-ceran
* Cond. pres. = mës-cerìa, mës-cerìe, mës-cerìo, mës-cerie, mes-cerìo
* Cong. pres. = mës-cia, mës-cie, mës-cia, mës-cio, mës-ce, mës-cio
* Cong. imp. = mës-cèissa, mës-cèisse, mës-cèissa, mës-cèisso, mës-cèisse, mës-cèisso
* Imp. = mës-cia, ch'a mës-cia, mës-cioma, mës-cé, ch'a mës-cio
* Ger. = (an) mës-ciand(a)
=== Mné ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mna
* Ind. pres. = men-o, men-e, men-a, mnoma, men-e (mneve), men-o
* Ind. imp. = mnava, mnave, mnava, mnavo, mnave, mnavo
* Ind. fut. = mnerai, mneras, mnerà, mneroma, mnereve, mneran
* Cond. pres. = mnerìa, it ëmnerìe, mnerìa, mnerìo, mnerìe, mnerìo
* Cong. pres. = men-a, men-e, men-a, men-o, men-e, men-o
* Cong. imp. = mnèissa, mnèisse, mnèissa, mnèisso, mnèisse, mnèisso
* Imp. = men-a, ch'a men-a, mné, ch'a men-o
* Ger. = (an ë)mnand(a)
=== Mòrde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mordù
* Ind. pres. = mòrdo, mòrde, mòrd, mordoma, mòrde, mòrdo
* Ind. imp. = mordìa, mordìe, mordìa, mordìo, mordìe, mordìo
* Ind. fut. = mordrai, mordras, mordrà, mordroma, mordreve, mordran
* Cond. pres. = mordrìa, mordrìe, mordrìa, mordrìo, mordrìe, mordrìo
* Cong. pres. = mòrda, mòrde, mòrda, mòrdo, mòrde, mòrdo
* Cong. imp. = mordèissa, mordèisse, mordèissa, mordèisso, mordèisse, mordèisso
* Imp. = mòrd, ch'a mòrda, mordoma, mòrde, ch'a mòrdo
* Ger. = (an) mordend(a)
=== Noé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = noà
* Ind. pres. = novo, noe, noa, novoma, noe, novo
* Ind. imp. = noava, noave, noava, noavo, noave, noavo
* Ind. fut. = noerai, noeras, noerà, noeroma, noereve, noeran
* Cond. pres. = noerìa, noerìe, noerìa, noerìo, noerìe, noerìe
* Cong. pres. = noa, noe, noa, novo, noe, novo
* Cong. imp. = noèissa, noèisse, noèissa, noèisso, noèisse, noèisso
* Imp. = noa,. ch'a noa, novoma, noé, ch'a novo
* Ger. = (an) noand(a)
=== Perde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përdù
* Ind. pres. = perdo, perde, perd, përdoma, perde, perdo
* Ind. imp. = përdìa, përdìe, përdìa. përdìo, përdìe, përdìo
* Ind. fut. = përdrai, përdras, përdrà, përdroma, përdreve, përdran
* Cond. pres. = përdrìa, përdrìe, përdrìa. përdrìo, përdrìe, përdrìo
* Cong. pres. = perda, perde, perda, perdo, perde, perdo
* Cong. imp. = përdèissa, përdèisse, përdèissa, përdèisso, përdèisse, përdèisso
* Imp. = perd, ch'a perda, përdoma, perde, ch'a perdo
* Ger. = (an) përdenda
=== Përmëtte ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përmëtù
* Ind. pres. = përmëtto, përmette, përmèt, përmëtoma, përmëtte, përmëtto
* Ind. imp. = përmëtìa, përmëtìe, përmëtìa, përmëtìo, përmëtìe, përmëtìo
* Ind. fut. = përmëtrai, përmëtras, përmëtrà, përmëtroma, përmëtreve, përmëtran
* Cond. pres. = përmëtrìa, përmëtrìe, përmëtrìa, përmëtrìo, përmëtrìe, përmëtrìo
* Cong. pres. = përmëtta, përmëtte, përmëtta, përmëtto, përmëtte, përmëttto
* Cong. imp. = përmëtèissa, përmëtèisse, përmetèissa, përmëtèisso, përmëtèisse, përmëtèisso
* Imp. = përmèt, ch'a përmëtta, përmëtoma, përmëtte, ch'a përmëtto
* Ger. = (an) përmëtend(a)
=== Paghé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pagà
* Ind. pres. = pago, paghe, paga, pagoma, paghe, pago
* Ind. imp. = pagava, pagave, pagava, pagavo, pagave, pagave
* Ind. fut. = pagrai, pagras, pagrà, pagroma, pagreve, pagran
* Cond. pres. = pagrìa, pagrìe, pagrìa, pagrìo, pagrìe, pagrìo
* Cong. pres. = paga, paghe, paga, pago, paghe, pago
* Cong. imp. = paghèissa, paghèisse, paghèissa, paghèisso, paghèisse, paghèisso
* Imp. = paga, ch'a paga, pagoma, paghé, ch'a pago
* Ger. = (an) pagand(a)
=== Pijé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pijait (pijà)
* Ind. pres. = pijo, pije, pija, pioma, pieve, pijo
* Ind. imp. = piava, piave, piava, piavo, piave, piavo
* Ind. fut. = pi(j)eras, pi(j)erà, pi(j)eroma, pi(j)ereve, pi(j)eran
* Cond. pres. = pi(j)erìa, pi(j)erìe, pi(j)erìa, pi(h)erìo, pi(j)erìe, pi(j)erìo
* Cong. pres. = pija, pija, pijo, pijo, pije, pijo
* Cong. imp. = pièissa, pièisse, pijèissa, pijèisso, pijèisse, pijèisso
* Imp. = pija, ch'a pija, pijoma, pijé, pijo
* Ger. = (an) pijand(a)
=== Podèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = podù
* Ind. pres. = peudo (peuss), peude (peule), peuda, podoma, peude (peule), peudo (peulo)
* Ind. imp. = podìa, podìe, podìa, podìo, podìe, podìo
* Ind. fut. = podrai, podras, podrà, podroma, podreve, podran
* Cond. pres. = pidrìa, podrìe, podrìa, podrìo, podrìe, podrío
* Cong. pres. = peussa, peusse, peussa, peusso, peusse, peusso
* Cong. imp. = podèissa, podèisse, podèissa, podèisso, podèisse, podèisso
* Ger. = podend
=== Porté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = portà
* Ind. pres. = pòrto, pòrte, pòrta, portoma, pòrte, pòrto
* Ind. imp. = portava, portave, portava, portavo, portave, portavo
* Ind. fut. = portrai, portras, portrà, portroma, portreve, portran
* Cond. pres. = portrìa, portrìe, portrìa, portrìo, portrìe, portrìo
* Cong. pres. = pòrta, pòrte, pòrta, poòrto, pòrte, pòrto
* Cong. imp. = portèissa, portèisse, portèissa, portèisso, portèisse, portèisso
* Imp. = pòsta, ch'a pòrta, portoma, porté, ch'a pòrto
* Ger. = (an) portand(a)
=== Prodùe ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = produvù
* Ind. pres. = doduvo, produve, produv, produvoma, produve, produvo
* Ind. imp. = produvìa, produvìe, produvìa, produvìo, produvìe, produvìo
* Ind. fut. = produvrai, produvras, produvrù, produvroma, produvreve, produvran
* Cond. pres. = produvrìa, produvrìe, produvrìa, produvrìo, produvrìe, produvrìo
* Cong. pres. = produva, produve, produva, produvo, produve, produvo
* Cong. imp. = produvèissa, produvèisse, produvèissa, produvèisso, produvèisse, produvèisso
* Imp. = produv, ch'a prodova, produve, ch'a produvo
* Ger. = (an) produvend(a)
=== Rije ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = rijù
* Ind. pres. = rijo, rije, rij, rijoma, rije, rijo
* Ind. imp. = rijìas, rijìe, rijìa, rijìo, rijìe, rijìo
* Ind. fut. = rijerai, rijeras, rijerà, rijeroma, rijereve, rijeran
* Cond. pres. = rijerìa, rijerìe, rijerìa, rijerìo, rijerìe, rijerìo
* Cong. pres. = rija, rije, rija, rijo, rije, rijo
* Cong. imp. = rijèissa, rijèisse, rijèssa, rijèisso, rijèisse, rijèisso
* Imp. = rij. ch'a rija, rijoma, rije, ch'a rijo
* Ger. = (an) rijend(a)
=== Savèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = savù
* Ind. pres. = sai (seu), sas, sà, savoma (soma), seve, san
* Ind. imp. = savìa, savìe, savìa, savìo, savìe, savìo
* Ind. fut. = savrai, savras, savrà, savroma, savreve, savran
* Cond. pres. = savrìa, savrìe, savría, savrìo, savrìe, savrìo
* Cong. pres. = sapia, sspie, sapia, sapio, sapie, sapio
* Cong. imp. = savèissa, savèisse, savèissa, savèisso, savèisse, savèisso
* Imp. = sapie, ch'a sapia, soma (savoma), savèj, ch'a sapio
* Ger. = (an) savend(a)
=== Seurte ===
* Aus. = esse
* p. pass. = surtì
* Ind. pres. = seurto, seurte, seurt, seurtoma, seurte, seurto
* Ind. imp. = surtìa, surtìe, surtìa, surtìo, surtìe, surtìo
* Ind. fut. = surtirai, surtiras, surtirà, surtiroma, surtireve, surtiran
* Cond. pres. = surtirìa, surtirìe, surtirìa, surtirìo, surtirìe, surtirìo
* Cong. pres. = seurta, seurte, seurta, seurto, seurte, seurto
* Cong. imp. = surtèissa, surtèisse, surtèissa, surtèisso, surtèisse, surtèisso
* Imp. = seurt, ch'a seurta, surtoma, seurte, ch'a seurto
* Ger. = (an) surtend(a)
=== Sgheiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sgheirà
* Ind. pres. = sghèiro, sghèire, sghèira, sgheiroma, sghèire, sghèiro
* Ind. imp. = sgheirava, it ësgheirave, sgheirava, sgheiravo, sgheirave, sgheiravo
* Ind. fut. = sgheirerai, sgheireras, sgheirerà, sgheireroma, sgheirereve, sgheireran
* Cond. pres. = sgheirerìa, it ësgheirerìe, sgheirerìa, sgheirerìo, sgheirerìe, sgheirerìo
* Cong. pres. = sghèira, it ësghèire, sghèira, sghèiro, sghèire, sghèiro
* Cong. imp. = sgheirèissa, it ësgheirèisse, sgheirèissa, sgheirèisso, sgheirèisse, sgheirèisso
* Imp. = sghèira,. ch'a sghèira, sgheiròma, sgheiré, ch'a sghèiro
* Ger. = (an) sgheirend(a)
=== Sonè ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sonà
* Ind. pres. = son-o, son-e, son-a, sonoma, son-e, son-o
* Ind. imp. = sonava, sonave, sonava, sonavo, sonave, sonavo
* Ind. fut. = sonerai, soneras, sonerà, soneroma, sonereve, soneran
* Cond. pres. = sonerìa, sonerìe, sonerìa, sonerìo, sonerìe, sonerìo
* Cong. pres. = son-a, son-e, son-a, son-o, son-e, son-o
* Cong. imp. = sonèissa, sonèisse, sonèissa, sonèisso, sonèisse, sonèisso
* Imp. = son-a, ch'a son-a, sonoma, soné, ch'a son-o
* Ger. = (an) sonand(a).
=== Sté ===
* Aus. = esse
* p. pass. = stàit
* Ind. pres. = stago (stagh), it ëstas (ëstaghe), sta, stoma, steve, stan
* Ind. imp. = stasìa, stasìe, stasìa, stasìo, stasìe, stasìo
* Ind. fut. = starai, it ëstaras, starà, staroma, stareve, staran
* Cond. pres. = starìa, it ëstarìe, starìa, starìo, starìe, starìo
* Cong. pres. = staga, it ëstaghe, staga, stago, staghe, stago
* Cong. imp. = stèissa, it ëstèisse, stèissa, stèissi, stèisse, stèisso
* Imp. = Stà, ch'a staga, stoma, ch'a stago
* Ger. = (an ë)stasend(a)
=== Stòrze ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = storzù (stòrt)
* Ind. pres. = stòrzo, it ëstòrze, stòrz, storzoma, stòrze, stòrzo
* Ind. imp. = storzìa, it ëstorzìe, storzìa, storzìo, storzìe, storzìo
* Ind. fut. = storzrai, it ëstorzras, a storzrà, storzroma, storzreve, storzran
* Cond. pres. = storzrìa, it ëstorzrìe, storzrìa, storzrìo, storzrìe, storzrìo
* Cong. pres. = stòrza, it ëstòrze, stòrza, stòrzo, stòrze, stòrzo
* Cong. imp. = storzèissa, it ëstorzèisse, storzèissa, storzèisso, storzèisse, storzèisso
* Imp. = stòrz, ch'a stòrza, storzoma, stòrze, ch 'a stòrz
* Ger. = (an ë)storzend(a).
=== Ten-e ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tnù
* Ind. pres. = ten-o, ten-e, ten, t oma, ten-e, ten-o
* Ind. imp. = tenìa, tenìe, tenìa, tenìo, tenìe, tenìo
* Ind. fut. = tnirai, tniras, tnirà, tniroma, tnireve, tniran
* Cond. pres. = tnirìa, tnirìe, tnirìa, tnirìo, tnirìe, tnirìo
* Cong. pres. = te-a, ten-e, ten-a, ten-o, ten-e, ten-o
* Cong. imp. = tnèissa, tnèisse, tnèissa, tnèissi, tnèisse, tnèisso, (tnisèissa, tnisèisse, tnisèissa, tnisèisso, tnisèisse, tnisèisso).
* Imp. = ten, ch'a ten-a, t(e)noma, ch'a ten-o
* Ger. = (an) tnisend(a)
=== Toché ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tocà
* Ind. pres. = toco, toche, toca, tocoma,tocheve, toco
* Ind. imp. = tocava, tocave, tocava, tocavo, tocave, tocavo
* Ind. fut. = tocrai, tocras, tocrà, tocroma, tocreve, tocran
* Cond. pres. = tocrìa, tocrìe, tocrìa, tocrìo, tocreve, tocrìo
* Cong. pres. = toca, toche, toca, toco, toche, toco
* Cong. imp. = tochèissa, tochèisse, tochèissa, tochèisso, tochèisse, tochèisso
* Imp. = roca, ch'a toca, tocoma, toché, ch'a toco
* Ger. = (an) tocand(a).
=== Toiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = toirà
* Ind. pres. = toiro, toire, toira, toiroma, toire, toiro
* Ind. imp. = toirava, toirave, toirava,toiravo, toirave, toiravo
* Ind. fut. = toirerai, toireras, toirerà, toireroma, toirereve, toireran
* Cond. pres. = toirerìa, toirerìe, toirerìa, toirerìo, toirerìe, toirerìo
* Cong. pres. = toira, toire, toira, toiro, toire, torio
* Cong. imp. = toirèissa, toirèisse, toirèissa, tourèisso, toirèisse, toirèisso
* Imp. = toira, ch'a tòira, toiroma, toiré, ch'a toiro
* Ger. = (an) toirend(a)
=== Valèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = valù
* Ind. pres. = valo, vale, val, valoma, vale, valo
* Ind. imp. = valìa, valìe, valìa, valìo, valìe, valìo
* Ind. fut. = valrai, valras, valrà (varrà), valroma, valreve, valran
* Cond. pres. = valrìa, valrìe, valrìa (varrìa), valrìo, valrìe, valrìo
* Cong. pres. = vala, vale, vala, valo, vale, valo
* Cong. imp. = valèissa, valèisse, valèissa, valèisso, valèisse, valèisso
* Ger. = valend
=== Vëdde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vdù (vëddù) /vist
* Ind. pres. = vëddo, vëdde, ved, vëdoma, vëdde, vëddo
* Ind. imp. = vëdìa, vëdìe, vëdìa, vëdìo, vëdìe, vëdìo
* Ind. fut. = vëdrai, vëdras, vëdrà, vëdroma, vëdreve, vedran
* Cond. pres. = vëdrìa, vëdrìe, vëdrìa, vëdrìo, vëdrìe, vëdrìo
* Cong. pres. = vëdda, vëdde, vëdda, vëddo, vëdde, vëddo
* Cong. imp. = vëdèissa, vëdèisse, vëdèissa, vëdèisso, vëdèisse, vëdèisso
* Imp. = ved, ch'a vëdda, vëdoma, vëdde, ch'a vëddo
* Ger. = (an) vëdend(a)
=== Ven-e (vnì) ===
* Aus. = esse
* p. pass. = vnùit
* Ind. pres. = ven-o, ven-e, ven, vnoma, ven-e (vnive), ven-o
* Ind. imp. = vnisìa, it ëvnisìe, vnisìa, vnisìo, vnisìe, vnisìo
* Ind. fut. = vnirai, it ëvniras, vnirà, vniroma, vnireve, vniran
* Cond. pres. = vnirìa, it ëvnirìe, vnirìa. vnirìo, vnirìe, vnirìo
* Cong. pres. = ven-a, ven-e, ven-a, ven-o, ven-e, ven-o
* Cong. imp. = vnèissa, it ëvnèisse, vnèissa, vnèisso, vnèisse, vnèisso
* Imp. = ven, ch'a ven-a, vnoma, vnì, ch'a ven-o
* Ger. = (an ë)vnisend(a).
=== Vince ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vinciù
* Ind. pres. = vincio, vince, vincc, vincioma, vince, vincio
* Ind. imp. = vincìa, vincìe, vincìa, vincìo, vincìe, vincìo
* Ind. fut. = vincerai, vinceras, vincerà, vinceroma, vincereve, vinceran
* Cond. pres. = vincerìa, vincerìe, vincerìa, vincerìo, vincerìe, vincerìo
* Cong. pres. = vincia, vince, vincio, vince, vincio
* Cong. imp. = vincèissa, vincèisse, vincèissa, vi cèisso, vincèisse, vincèisso
* Imp. = vincc, ch'a vincia, vincioma, vince, ch'a vincio
* Ger. = (an) vincend(a)
=== Voidé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = voidà
* Ind. pres. = veuidi, veuide, veuide, veuidoma, veuide, veudio
* Ind. imp. = voidava, voidave, voidava, voidavo, voidave, voidavo
* Ind. fut. = voidrai, voudras, voidrà, voidroma, voidreve, voidran
* Cond. pres. = voidrìa, voidrìe, voidrìa, voidrìo, voidrìe, voidrìo
* Cong. pres. = veuida, veuide, veuida, veuido, veuide, veuido
* Cong. imp. = voidèissa, voidèisse, voidèissa, voidèisso, voidèisse, voidèisso
* Imp. = veuida, ch'a veuida, voidoma, voidé, ch'a veuido
* Ger. = (an) voidand(a)
=== Vorèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vorsù
* Ind. pres. = veuj, veule, veul, voroma, veule, veulo
* Ind. imp. = voría, vorìe, vorìa, vorįo, vorìe, vorìo
* Ind. fut. = vorerai, voreras, vorerà, voreroma, vorereve, voreran
* Cond. pres. = vorerìa, vorerìe, vorerìa, vorerìo, vorerìe, vorerìo
* Cong. pres. = veuja, veuje, veuja, veujo, veuje, veujo
* Cong. imp. = vorèissa, vorèisse, vorèissa, vorèisso, vorèisse, vorèisso
* Ger. = (an) vorend(a).
=== Voté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = votà
* Ind. pres. = vòto, vòte, vòta, votoma, vòte, vòto
* Ind. imp. = vitava, votave, vitava, votavi, vitave, votava
* Ind. fut. = votrai, votras, votrà, votroma, votreve, votran
* Cond. pres. = votrìa, votrìe, votrìa, votrìo, votrìe, votrìo
* Cong. pres. = vòta, vòte, vòta, vòto, vòte, vòto
* Cong. imp. = votèissa, votèisse, votèissa, votèisso, votèisse, votèisso
* Imp. = vòta, ch'a vòta, votoma, voté, ch'a vòto
* Ger. = (an) votand(a)
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Andé|Andé]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Avej|Avèj]]
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text/x-wiki
{{avanzamento|25%|data}}
{{Piemontese}}
== Verbi declinati ==
{{TOCright}}
[[Lenga piemontèisa/Gramàtica piemontèisa/Morfologìa|Artorn]]
----
== Selession ëd verb coniugà ==
''A peudo an general serve da model për d'àutri. I l'oma lassà da banda 'l sogèt për nen pijé tròp dë spassi, ma as capiss l'istess: tre vos al singular, e tre vos al plural. L'imperativ a l'é tersa përson-a, tërsa përson-a 'd rispèt, prima përson-a plural, tersa përsona, tersa përson-a 'd rispèt''.
=== Andé ===
* Aus. = esse
* p. pass. = andàit
* Ind. pres. = vado (von), vade (vas), va, andoma, andeve, van
* Ind. imp. = andasìa, andasìe, andasìa, andasìo, andasìe, andasìo
* Ind. fut. = andrai, andras, andà, androma, andreve, andran
* Cond. pres = andrìa, andrìe, andrìa, andrìo, andrìe, andrìo
* Cong. pres. = vada (vogna), vade (vogne), vada (vogna), vado (vogno), vade (vagne), vado (vogno)
* Cong. imp. = andèissa, andèisse, andèisso, andèisse, andèisso
* Imp. = va, ch'a vada, andoma, andé, ch'a vado
* Ger. = andasend(a)
=== Cheuje ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = cujì
* Ind. pres. = cheujo, cheuje, cheuj, cujoma, cheuje, cheujo
* Ind. imp. = cujìa, cijìe, cujìa, cujìo, cujìe, cojìo
* Ind. fut. = cujirai, cujiras, cujirà, cujiroma, cujireve, cujiran
* Cond. = cujirìa, cujirìe, cujirìa, cujrìo, cujirìe, cojirìo
* Cong. pres. = cheuja, cheuje, cheuja, cheujo, cheuje, cheujo
* Cong. imp. = cujèissa, cujèisse, cujèissa, cujèisso, cujèisse, cujèisso
* Imp. = cheuj, ch'a cheuja, cojoma, cheuje, ch'a cheujo
* Ger. = (an) cojend)a)
=== Corege ===
* aus. = avèj
* p. pass. coregiù/coret
* Ind. pres. = coregio, corege, coregg, coregioma, corege, coregio
* Ind. imp. = coregìa, coregìe, coregìa, coregìo, coregìe, coregìo
* Ind. fut. = coregerai, coregeras, coregerà, coregeroma, coregereve, coregeran
* Cond. = coregerìa, coregerìe, coregerìa, coregerìo, coregerìe, coregerìo
* Cong. pr. = coregia, corege, coregia, coregio, corege, coregio
* Cong. imp. = coregèissa, coregèisse, coregèissa, coregèisso, coregèisse, -sso
* Imp. = coregg, ch'a coregia, coregioma, corege, ch'a coregio
* Ger. = (an) coregend(a)
=== Vèje ===
*aus. = avèj
* p. pass. vejù/vist
* Ind. pres. = vèjo, vèje, vèj, vejoma, vèje, vèjo
* Ind. imp. = vèj, vejive, vejiva, vejivo, vojive, vejivo
* Ind. fut. = vejerai, vejeras, vejerà, vejeroma, vejereve, vejeran
* Cond. = vejerìa, vejerìe, vejerìa, vejerìo, vejerìe, vejerìo
* Cong. pr. = vèja, vèje, vèja, vejoma, vèje, vèjo
* Cong. imp. = vejèissa, vejèisse, vejèissa, vejèisso, vejèissa, vejèisso
* Imp. = vèj, ch'a vèja, vejoma, vèje, ch'a vèjo
* Ger. = (an) vejènda(a)
=== Dé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dàit
* Ind. pres. = dago/don/dag/daj, das/dàje, dà, doma, deve, dan
* Ind. imp. = dasìa, dasìe, dasìa, dasìo, dasìe, dasìo
* Ind. fut. = darai, daras, darà, daroma, dareve, daran
* Cond. pres. = darìa, darìe, darìa, darìo, darìe, darìo
* Cong. pres. = daga, daghe, daga, dago, daghe, dago
* Cong. imp. = dèissa, dèisse, dèissa, dèisso, dèisse, dèisso
* Imp. = dà, ch'a daga, doma, dé, ch'a dago
* Ger. = dasend(a)
=== Përde/përnde (vèj verb për “pijé”) ===
*Aus. = avèj
* p. pass. = pres
* Ind. pres. = përdo, përde, përda, përdoma, përde, përdo
* Ind. imp. = përdìa, përdìe, përdìa, përdìo, përdìe, përdìo
* Ind. fut. = përderai , përderas, përderà, përderoma, përdereve, përderan
* Cond. pres. = përderìa, përderìe, përderìa, përderìo, përderìe, përderìo
* Cong. pres. = përda, përde, përda, përdo, përde, përdo
* Cong. imp. = përdèissa, përdèisse, përdèissa, përdèisso, përdèisse, përdèisso
* Imp. = përda, ch'a përda, përdoma, përdé, ch'a përdo
* Ger. = përndend(a)
=== Dësblé ===
* aus. = avèj
* p. pass. = dësblà
* Ind. pres. = dësbelo, dësbele, dësbela, dësbloma, dësbele, dësbelo
* Ind. imp. = dësblava, dësblave, dësblava, dësblavo, dësblave, dësblavo
* Ind. fut. = dësblerai, dësbleras, dësblerà, dësbleroma, dësblereve, dësbleran
* Cond. = dësblerìa, dësblerìe, dësblerìa, dësblerìo, dësblerìe, dësblerìo
* Cong. pr. = dësbela, dësbele, dësbela, dësbelo, dësbele, dësbelo
* Cong. imp. = dësblèissa, dësblèisse, dësblèissa, dësblèisso, dësblèisse, dësblèisso
* Imp. = dësbela, ch'a dësbela, dësbloma, dësblé, ch'a dësbelo
* Ger. = (an) dësbland(a)
=== Deurme ===
* aus. = avèj
* p. pass. = durmì
* Ind. pres. = deurmo, deurme, deurm, durmoma, deurme, deurmo
* Ind. imp. = durmìa, durmìe, durmìa, durmìo, durmìe, durmìo
* Ind. fut. = durmirai, durmiras. durmirà, durmiroma, durmireve, durmiran
* Cond. = durmirìa, durmirìe, durmirìa, durmirìo, durmirìe, durmirìo
* Cong. pr. = deurma, ceurme, deurma, deurmo, deurme, deurmo
* Cong. imp. = durmèissa, durmèisse, durmèissa, durmèisso, durmèisse, durmèisso
* Imp. = deurm, ch'a deurma, durmoma, deurme, ch'a deurmo
* Ger. = (an) durmend(a)
=== Dì ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = dìt
* Ind. pres. = diso (dijo), dise (dije), dis, disoma (dijoma), dise (dije), diso (dijo)
* Ind. imp. = disìa, disìe, disìa, disìo, disìe, disìo
* Ind. fut. = dirai, diras, dirà, diroma, direve, diran
* Cond. pres. = dirìa, dirìe, dirìa, dirìe, dirìo, dirìe, dirìo
* Cong. pres. = disa, dise, disa, diso, dise, diso
* Cong. imp. = disèissa, disèisse, disèissa, disèisso, disèisse, disèisso
* Imp. = dis, ch'a disa, disoma, dì, ch'a diso
* Ger. = (an) disend(a)
=== Dovèj ===
* Aus. = avèj
* Part. pass. = dovù
* Ind. pres. = deuvo, deuve, deuv, dovoma, deuve, deuvo
* Ind. imp. = dovìa, dovìe, dovìa, dovìo, dovìe, dovìo
* Ind. fut. = dovrai, dovras, dovrà, dovroma, fovreve, dovran.
* Cond. pres. = dovrìa, dovrìe, dovrìa, dovrìo, dovrìe, dovrìo
* Cong. pres. = deubia, deubie, deubia, deubio, deubie, deubio.
* Cong. imp. = dovèissa, dovèisse, dovèissa, dovèisso, dovèisse, dovèisso.
* Imp. = deuv(e), ch'a deuva, dovoma, deuve, ch'a deuvo
* Ger. (an) dovend(a)
=== Dominé ===
* aus.= avèj
* part. pass. = dominà
* Ind. pres. = dòmino, dòmine, dòmina, dominoma, dàmine, dòmino
* Ind. imp. = dominava, dominave, dominava, dominavo, , dominave, dominavo
* Ind. fut. = dominrai, dominras, dominrà, dominroma, dominreve, dominran
* Cond. = dominrìa, dominrìe, dominrìa, dominrìio, dominrìe, dominrìo
* Cong. pres. = dòmina, dòmine, dòmina, dòmino, dòmine, dòmino
* Cong. imp. = dominèissa, dominèisse, dominèisso, dominèisse, dominèisse, -o
* Imp. = dòmina, ch'a dòmina, dominoma, dominé, ch'a dòmino
=== Dovré ===
* aus. = avèj
* part. pass. = dovrà
* ind. pres. = deuvro, deuvre, deuvra, dovroma, deuvre, deuvro
* Ind. imp. = dovrava, dovrave, dovrava, dovravo, dovrave, dovravo
* Ind. fut. = dovrerai, dovreras, dovrerà, dovreroma, dovreran
* Cond. = dovrerìa, dovrerìe, dovrerìa, dovrerìo, dovrerìe, dovrerìo
* Cong. pres. = deuvra, deuvre, deuvro, deuvre, deuvro
* Cong. imp. = dovrèissa, dovrèisse, dovrèissa, dovrèisso, duvrèisse, duvrèisso
* Imp. = deuvra, ch'a deuvra, dovroma, dovré, ch'a deuvro
* Ger. = (an) dovrand(a)
=== Fé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = fàit
* Ind. pres. = fass/fon, fas/fase, fà, foma, feve, fan
* Ind. imp. = fasìa, fasìe, fasìa, fasìo, fasìe, fasìo
* Ind. fut. = farai, faras, farà, faroma, fareve, faran
* Cond. pres. = farìa, farìe, farìa, farìo, farìe, farìp
* Cong. pres. = fasa, fase, fasa, faso, fase, faso
* Cong. imp. = fèissa, fèisse, fèissa, fèisso, fèisse, fèisso
* Imp. = fà, ch'a fasa, foma, fé, ch'a faso
* Ger. = (an) fasend(a)
=== Gieughe ===
* aus. = avìj
* p. pass. = giugà
* Ind. pres. = gieugo, gieughe, gieuga, giugoma, gieughe, gieugo
* Ind. imp. = giugava, giugave, giugava, giugavo, giugave, giugavo
* Ind. fut. = giugrai, giugras, giugrà, griogroma, giugreve, giugran
* Cond. = giugrìa, giugrìe, giugrìa, giugrìo, giugrìe, giugrìo
* Cong. pr. = gieuga, gieughe, gieuga, gieuga, gieughe, gieugo
* Cong. imp. = giughèissa, giughèisse, giughèssa, giughèisso, giughèisse, -sso
* Imp. = gieuga, ch'a gieuga, giogoma, gieughe, ch'a gieugo
* Ger. = (an) giugand(a).
=== Isolé ===
* Aus. = avèj/esse
* p. pass. = isolà
* Ind. pres. = isolo, isole, isola, isoloma, isole, isolo
* Ind. imp. = isolava, isolave, isolava, isolavo, isolave, isolavo
* Ind. fut. = isolrai, isolras, isolrà, isolroma, isolreve, isolran
* Cond. pres. = isolrìa, isolrìe, isolrìa, isolrìo, isolrìe, isolrìo
* Cong. pres. = ìsola, ìsole, ìsola, ìsolo, ìsole, ìsolo
* Cong. imp. = isolèissa, isolèisse, isolèissa, isolèisso, isolèisse, isolèisso
* Imp. = ìsola, ch'a ìsola, isoloma, isolé, ch'a ìsolo
* Ger. = (an) isoland(a)
=== Mangé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mangià
* Ind. pres. = mangio, mange, mangia, mangioma, mange, mangio
* Ind. imp. = mangiava, mangiave, mangiava, mangiabo, mangiave, mangiavo
* Ind. fut. = mangerai, mangeras, mangerà, mangeroma, mangereve, mangeran
* Cond. pres. = mangerìa, mangerìe, mangerìa, mangerìo, mangerìe, mangerìo
* Cong. pres. = mangia, mange, mangia, mangio, mange, mangio
* Cong. imp. = mangèissa, mangèisse, mangèissa, mangèisso, mangèisse, mangèisso, -sso
* Imp. = mangia, ch'a mangia, mangioma, mangé, ch'a mangio
* Ger. = (an) mangiand(a)
=== Marcé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = marcià
* Ind. pres. = marcio, marce, marcia, marcioma, marce, marcio
* Ind. imp. = marciava, marciave, marciava, marciavo, marciave, marciavo
* Ind. fut. = marcerai, marceras, marcerà, marceroma, marcereve, marceran
* Cond. pres. = marcerìa, marcerìe, marcerìa, marcerìo, marcerìe, marcerìo
* Cong. pres. = marcia, marce, marcia, marcio, marce, marcio
* Cong. imp. = marcèissa, marcèisse, marcèissa, marcèisso, marcèisse, marcèisso
* Imp. = marcia, ch'a marcia, marcioma, marcé, ch'a marcio
* Ger. = (an) marciand(a)
=== Mës-cé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mës-cià
* Ind. pres. = mës-cio, mës-cie, mës-cia, mës-cioma, mës-ce, mës-cio
* Ind. imp. = mës-ciava, mës-ciave, mës-ciava, mësciavo, mës-ciave, mës-ciavo
* Ind. fut. = mës-cerai, mës-ceras, mës-cerà, mës-ceroma, mës-cereve, mës-ceran
* Cond. pres. = mës-cerìa, mës-cerìe, mës-cerìo, mës-cerie, mes-cerìo
* Cong. pres. = mës-cia, mës-cie, mës-cia, mës-cio, mës-ce, mës-cio
* Cong. imp. = mës-cèissa, mës-cèisse, mës-cèissa, mës-cèisso, mës-cèisse, mës-cèisso
* Imp. = mës-cia, ch'a mës-cia, mës-cioma, mës-cé, ch'a mës-cio
* Ger. = (an) mës-ciand(a)
=== Mné ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mna
* Ind. pres. = men-o, men-e, men-a, mnoma, men-e (mneve), men-o
* Ind. imp. = mnava, mnave, mnava, mnavo, mnave, mnavo
* Ind. fut. = mnerai, mneras, mnerà, mneroma, mnereve, mneran
* Cond. pres. = mnerìa, it ëmnerìe, mnerìa, mnerìo, mnerìe, mnerìo
* Cong. pres. = men-a, men-e, men-a, men-o, men-e, men-o
* Cong. imp. = mnèissa, mnèisse, mnèissa, mnèisso, mnèisse, mnèisso
* Imp. = men-a, ch'a men-a, mné, ch'a men-o
* Ger. = (an ë)mnand(a)
=== Mòrde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = mordù
* Ind. pres. = mòrdo, mòrde, mòrd, mordoma, mòrde, mòrdo
* Ind. imp. = mordìa, mordìe, mordìa, mordìo, mordìe, mordìo
* Ind. fut. = mordrai, mordras, mordrà, mordroma, mordreve, mordran
* Cond. pres. = mordrìa, mordrìe, mordrìa, mordrìo, mordrìe, mordrìo
* Cong. pres. = mòrda, mòrde, mòrda, mòrdo, mòrde, mòrdo
* Cong. imp. = mordèissa, mordèisse, mordèissa, mordèisso, mordèisse, mordèisso
* Imp. = mòrd, ch'a mòrda, mordoma, mòrde, ch'a mòrdo
* Ger. = (an) mordend(a)
=== Noé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = noà
* Ind. pres. = novo, noe, noa, novoma, noe, novo
* Ind. imp. = noava, noave, noava, noavo, noave, noavo
* Ind. fut. = noerai, noeras, noerà, noeroma, noereve, noeran
* Cond. pres. = noerìa, noerìe, noerìa, noerìo, noerìe, noerìe
* Cong. pres. = noa, noe, noa, novo, noe, novo
* Cong. imp. = noèissa, noèisse, noèissa, noèisso, noèisse, noèisso
* Imp. = noa,. ch'a noa, novoma, noé, ch'a novo
* Ger. = (an) noand(a)
=== Perde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përdù
* Ind. pres. = perdo, perde, perd, përdoma, perde, perdo
* Ind. imp. = përdìa, përdìe, përdìa. përdìo, përdìe, përdìo
* Ind. fut. = përdrai, përdras, përdrà, përdroma, përdreve, përdran
* Cond. pres. = përdrìa, përdrìe, përdrìa. përdrìo, përdrìe, përdrìo
* Cong. pres. = perda, perde, perda, perdo, perde, perdo
* Cong. imp. = përdèissa, përdèisse, përdèissa, përdèisso, përdèisse, përdèisso
* Imp. = perd, ch'a perda, përdoma, perde, ch'a perdo
* Ger. = (an) përdenda
=== Përmëtte ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = përmëtù
* Ind. pres. = përmëtto, përmette, përmèt, përmëtoma, përmëtte, përmëtto
* Ind. imp. = përmëtìa, përmëtìe, përmëtìa, përmëtìo, përmëtìe, përmëtìo
* Ind. fut. = përmëtrai, përmëtras, përmëtrà, përmëtroma, përmëtreve, përmëtran
* Cond. pres. = përmëtrìa, përmëtrìe, përmëtrìa, përmëtrìo, përmëtrìe, përmëtrìo
* Cong. pres. = përmëtta, përmëtte, përmëtta, përmëtto, përmëtte, përmëttto
* Cong. imp. = përmëtèissa, përmëtèisse, përmetèissa, përmëtèisso, përmëtèisse, përmëtèisso
* Imp. = përmèt, ch'a përmëtta, përmëtoma, përmëtte, ch'a përmëtto
* Ger. = (an) përmëtend(a)
=== Paghé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pagà
* Ind. pres. = pago, paghe, paga, pagoma, paghe, pago
* Ind. imp. = pagava, pagave, pagava, pagavo, pagave, pagave
* Ind. fut. = pagrai, pagras, pagrà, pagroma, pagreve, pagran
* Cond. pres. = pagrìa, pagrìe, pagrìa, pagrìo, pagrìe, pagrìo
* Cong. pres. = paga, paghe, paga, pago, paghe, pago
* Cong. imp. = paghèissa, paghèisse, paghèissa, paghèisso, paghèisse, paghèisso
* Imp. = paga, ch'a paga, pagoma, paghé, ch'a pago
* Ger. = (an) pagand(a)
=== Pijé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = pijait (pijà)
* Ind. pres. = pijo, pije, pija, pioma, pieve, pijo
* Ind. imp. = piava, piave, piava, piavo, piave, piavo
* Ind. fut. = pi(j)eras, pi(j)erà, pi(j)eroma, pi(j)ereve, pi(j)eran
* Cond. pres. = pi(j)erìa, pi(j)erìe, pi(j)erìa, pi(h)erìo, pi(j)erìe, pi(j)erìo
* Cong. pres. = pija, pija, pijo, pijo, pije, pijo
* Cong. imp. = pièissa, pièisse, pijèissa, pijèisso, pijèisse, pijèisso
* Imp. = pija, ch'a pija, pijoma, pijé, pijo
* Ger. = (an) pijand(a)
=== Podèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = podù
* Ind. pres. = peudo (peuss), peude (peule), peuda, podoma, peude (peule), peudo (peulo)
* Ind. imp. = podìa, podìe, podìa, podìo, podìe, podìo
* Ind. fut. = podrai, podras, podrà, podroma, podreve, podran
* Cond. pres. = pidrìa, podrìe, podrìa, podrìo, podrìe, podrío
* Cong. pres. = peussa, peusse, peussa, peusso, peusse, peusso
* Cong. imp. = podèissa, podèisse, podèissa, podèisso, podèisse, podèisso
* Ger. = podend
=== Porté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = portà
* Ind. pres. = pòrto, pòrte, pòrta, portoma, pòrte, pòrto
* Ind. imp. = portava, portave, portava, portavo, portave, portavo
* Ind. fut. = portrai, portras, portrà, portroma, portreve, portran
* Cond. pres. = portrìa, portrìe, portrìa, portrìo, portrìe, portrìo
* Cong. pres. = pòrta, pòrte, pòrta, poòrto, pòrte, pòrto
* Cong. imp. = portèissa, portèisse, portèissa, portèisso, portèisse, portèisso
* Imp. = pòsta, ch'a pòrta, portoma, porté, ch'a pòrto
* Ger. = (an) portand(a)
=== Prodùe ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = produvù
* Ind. pres. = doduvo, produve, produv, produvoma, produve, produvo
* Ind. imp. = produvìa, produvìe, produvìa, produvìo, produvìe, produvìo
* Ind. fut. = produvrai, produvras, produvrù, produvroma, produvreve, produvran
* Cond. pres. = produvrìa, produvrìe, produvrìa, produvrìo, produvrìe, produvrìo
* Cong. pres. = produva, produve, produva, produvo, produve, produvo
* Cong. imp. = produvèissa, produvèisse, produvèissa, produvèisso, produvèisse, produvèisso
* Imp. = produv, ch'a prodova, produve, ch'a produvo
* Ger. = (an) produvend(a)
=== Rije ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = rijù
* Ind. pres. = rijo, rije, rij, rijoma, rije, rijo
* Ind. imp. = rijìas, rijìe, rijìa, rijìo, rijìe, rijìo
* Ind. fut. = rijerai, rijeras, rijerà, rijeroma, rijereve, rijeran
* Cond. pres. = rijerìa, rijerìe, rijerìa, rijerìo, rijerìe, rijerìo
* Cong. pres. = rija, rije, rija, rijo, rije, rijo
* Cong. imp. = rijèissa, rijèisse, rijèssa, rijèisso, rijèisse, rijèisso
* Imp. = rij. ch'a rija, rijoma, rije, ch'a rijo
* Ger. = (an) rijend(a)
=== Savèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = savù
* Ind. pres. = sai (seu), sas, sà, savoma (soma), seve, san
* Ind. imp. = savìa, savìe, savìa, savìo, savìe, savìo
* Ind. fut. = savrai, savras, savrà, savroma, savreve, savran
* Cond. pres. = savrìa, savrìe, savría, savrìo, savrìe, savrìo
* Cong. pres. = sapia, sspie, sapia, sapio, sapie, sapio
* Cong. imp. = savèissa, savèisse, savèissa, savèisso, savèisse, savèisso
* Imp. = sapie, ch'a sapia, soma (savoma), savèj, ch'a sapio
* Ger. = (an) savend(a)
=== Seurte ===
* Aus. = esse
* p. pass. = surtì
* Ind. pres. = seurto, seurte, seurt, seurtoma, seurte, seurto
* Ind. imp. = surtìa, surtìe, surtìa, surtìo, surtìe, surtìo
* Ind. fut. = surtirai, surtiras, surtirà, surtiroma, surtireve, surtiran
* Cond. pres. = surtirìa, surtirìe, surtirìa, surtirìo, surtirìe, surtirìo
* Cong. pres. = seurta, seurte, seurta, seurto, seurte, seurto
* Cong. imp. = surtèissa, surtèisse, surtèissa, surtèisso, surtèisse, surtèisso
* Imp. = seurt, ch'a seurta, surtoma, seurte, ch'a seurto
* Ger. = (an) surtend(a)
=== Sgheiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sgheirà
* Ind. pres. = sghèiro, sghèire, sghèira, sgheiroma, sghèire, sghèiro
* Ind. imp. = sgheirava, it ësgheirave, sgheirava, sgheiravo, sgheirave, sgheiravo
* Ind. fut. = sgheirerai, sgheireras, sgheirerà, sgheireroma, sgheirereve, sgheireran
* Cond. pres. = sgheirerìa, it ësgheirerìe, sgheirerìa, sgheirerìo, sgheirerìe, sgheirerìo
* Cong. pres. = sghèira, it ësghèire, sghèira, sghèiro, sghèire, sghèiro
* Cong. imp. = sgheirèissa, it ësgheirèisse, sgheirèissa, sgheirèisso, sgheirèisse, sgheirèisso
* Imp. = sghèira,. ch'a sghèira, sgheiròma, sgheiré, ch'a sghèiro
* Ger. = (an) sgheirend(a)
=== Sonè ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = sonà
* Ind. pres. = son-o, son-e, son-a, sonoma, son-e, son-o
* Ind. imp. = sonava, sonave, sonava, sonavo, sonave, sonavo
* Ind. fut. = sonerai, soneras, sonerà, soneroma, sonereve, soneran
* Cond. pres. = sonerìa, sonerìe, sonerìa, sonerìo, sonerìe, sonerìo
* Cong. pres. = son-a, son-e, son-a, son-o, son-e, son-o
* Cong. imp. = sonèissa, sonèisse, sonèissa, sonèisso, sonèisse, sonèisso
* Imp. = son-a, ch'a son-a, sonoma, soné, ch'a son-o
* Ger. = (an) sonand(a).
=== Sté ===
* Aus. = esse
* p. pass. = stàit
* Ind. pres. = stago (stagh), it ëstas (ëstaghe), sta, stoma, steve, stan
* Ind. imp. = stasìa, stasìe, stasìa, stasìo, stasìe, stasìo
* Ind. fut. = starai, it ëstaras, starà, staroma, stareve, staran
* Cond. pres. = starìa, it ëstarìe, starìa, starìo, starìe, starìo
* Cong. pres. = staga, it ëstaghe, staga, stago, staghe, stago
* Cong. imp. = stèissa, it ëstèisse, stèissa, stèissi, stèisse, stèisso
* Imp. = Stà, ch'a staga, stoma, ch'a stago
* Ger. = (an ë)stasend(a)
=== Stòrze ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = storzù (stòrt)
* Ind. pres. = stòrzo, it ëstòrze, stòrz, storzoma, stòrze, stòrzo
* Ind. imp. = storzìa, it ëstorzìe, storzìa, storzìo, storzìe, storzìo
* Ind. fut. = storzrai, it ëstorzras, a storzrà, storzroma, storzreve, storzran
* Cond. pres. = storzrìa, it ëstorzrìe, storzrìa, storzrìo, storzrìe, storzrìo
* Cong. pres. = stòrza, it ëstòrze, stòrza, stòrzo, stòrze, stòrzo
* Cong. imp. = storzèissa, it ëstorzèisse, storzèissa, storzèisso, storzèisse, storzèisso
* Imp. = stòrz, ch'a stòrza, storzoma, stòrze, ch 'a stòrz
* Ger. = (an ë)storzend(a).
=== Ten-e ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tnù
* Ind. pres. = ten-o, ten-e, ten, t oma, ten-e, ten-o
* Ind. imp. = tenìa, tenìe, tenìa, tenìo, tenìe, tenìo
* Ind. fut. = tnirai, tniras, tnirà, tniroma, tnireve, tniran
* Cond. pres. = tnirìa, tnirìe, tnirìa, tnirìo, tnirìe, tnirìo
* Cong. pres. = te-a, ten-e, ten-a, ten-o, ten-e, ten-o
* Cong. imp. = tnèissa, tnèisse, tnèissa, tnèissi, tnèisse, tnèisso, (tnisèissa, tnisèisse, tnisèissa, tnisèisso, tnisèisse, tnisèisso).
* Imp. = ten, ch'a ten-a, t(e)noma, ch'a ten-o
* Ger. = (an) tnisend(a)
=== Toché ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = tocà
* Ind. pres. = toco, toche, toca, tocoma,tocheve, toco
* Ind. imp. = tocava, tocave, tocava, tocavo, tocave, tocavo
* Ind. fut. = tocrai, tocras, tocrà, tocroma, tocreve, tocran
* Cond. pres. = tocrìa, tocrìe, tocrìa, tocrìo, tocreve, tocrìo
* Cong. pres. = toca, toche, toca, toco, toche, toco
* Cong. imp. = tochèissa, tochèisse, tochèissa, tochèisso, tochèisse, tochèisso
* Imp. = roca, ch'a toca, tocoma, toché, ch'a toco
* Ger. = (an) tocand(a).
=== Toiré ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = toirà
* Ind. pres. = toiro, toire, toira, toiroma, toire, toiro
* Ind. imp. = toirava, toirave, toirava,toiravo, toirave, toiravo
* Ind. fut. = toirerai, toireras, toirerà, toireroma, toirereve, toireran
* Cond. pres. = toirerìa, toirerìe, toirerìa, toirerìo, toirerìe, toirerìo
* Cong. pres. = toira, toire, toira, toiro, toire, torio
* Cong. imp. = toirèissa, toirèisse, toirèissa, tourèisso, toirèisse, toirèisso
* Imp. = toira, ch'a tòira, toiroma, toiré, ch'a toiro
* Ger. = (an) toirend(a)
=== Valèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = valù
* Ind. pres. = valo, vale, val, valoma, vale, valo
* Ind. imp. = valìa, valìe, valìa, valìo, valìe, valìo
* Ind. fut. = valrai, valras, valrà (varrà), valroma, valreve, valran
* Cond. pres. = valrìa, valrìe, valrìa (varrìa), valrìo, valrìe, valrìo
* Cong. pres. = vala, vale, vala, valo, vale, valo
* Cong. imp. = valèissa, valèisse, valèissa, valèisso, valèisse, valèisso
* Ger. = valend
=== Vëdde ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vdù (vëddù) /vist
* Ind. pres. = vëddo, vëdde, ved, vëdoma, vëdde, vëddo
* Ind. imp. = vëdìa, vëdìe, vëdìa, vëdìo, vëdìe, vëdìo
* Ind. fut. = vëdrai, vëdras, vëdrà, vëdroma, vëdreve, vedran
* Cond. pres. = vëdrìa, vëdrìe, vëdrìa, vëdrìo, vëdrìe, vëdrìo
* Cong. pres. = vëdda, vëdde, vëdda, vëddo, vëdde, vëddo
* Cong. imp. = vëdèissa, vëdèisse, vëdèissa, vëdèisso, vëdèisse, vëdèisso
* Imp. = ved, ch'a vëdda, vëdoma, vëdde, ch'a vëddo
* Ger. = (an) vëdend(a)
=== Ven-e (vnì) ===
* Aus. = esse
* p. pass. = vnùit
* Ind. pres. = ven-o, ven-e, ven, vnoma, ven-e (vnive), ven-o
* Ind. imp. = vnisìa, it ëvnisìe, vnisìa, vnisìo, vnisìe, vnisìo
* Ind. fut. = vnirai, it ëvniras, vnirà, vniroma, vnireve, vniran
* Cond. pres. = vnirìa, it ëvnirìe, vnirìa. vnirìo, vnirìe, vnirìo
* Cong. pres. = ven-a, ven-e, ven-a, ven-o, ven-e, ven-o
* Cong. imp. = vnèissa, it ëvnèisse, vnèissa, vnèisso, vnèisse, vnèisso
* Imp. = ven, ch'a ven-a, vnoma, vnì, ch'a ven-o
* Ger. = (an ë)vnisend(a).
=== Vince ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vinciù
* Ind. pres. = vincio, vince, vincc, vincioma, vince, vincio
* Ind. imp. = vincìa, vincìe, vincìa, vincìo, vincìe, vincìo
* Ind. fut. = vincerai, vinceras, vincerà, vinceroma, vincereve, vinceran
* Cond. pres. = vincerìa, vincerìe, vincerìa, vincerìo, vincerìe, vincerìo
* Cong. pres. = vincia, vince, vincio, vince, vincio
* Cong. imp. = vincèissa, vincèisse, vincèissa, vi cèisso, vincèisse, vincèisso
* Imp. = vincc, ch'a vincia, vincioma, vince, ch'a vincio
* Ger. = (an) vincend(a)
=== Voidé ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = voidà
* Ind. pres. = veuidi, veuide, veuide, veuidoma, veuide, veudio
* Ind. imp. = voidava, voidave, voidava, voidavo, voidave, voidavo
* Ind. fut. = voidrai, voudras, voidrà, voidroma, voidreve, voidran
* Cond. pres. = voidrìa, voidrìe, voidrìa, voidrìo, voidrìe, voidrìo
* Cong. pres. = veuida, veuide, veuida, veuido, veuide, veuido
* Cong. imp. = voidèissa, voidèisse, voidèissa, voidèisso, voidèisse, voidèisso
* Imp. = veuida, ch'a veuida, voidoma, voidé, ch'a veuido
* Ger. = (an) voidand(a)
=== Vorèj ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = vorsù
* Ind. pres. = veuj, veule, veul, voroma, veule, veulo
* Ind. imp. = voría, vorìe, vorìa, vorįo, vorìe, vorìo
* Ind. fut. = vorerai, voreras, vorerà, voreroma, vorereve, voreran
* Cond. pres. = vorerìa, vorerìe, vorerìa, vorerìo, vorerìe, vorerìo
* Cong. pres. = veuja, veuje, veuja, veujo, veuje, veujo
* Cong. imp. = vorèissa, vorèisse, vorèissa, vorèisso, vorèisse, vorèisso
* Ger. = (an) vorend(a).
=== Voté ===
* Aus. = avèj
* p. pass. = votà
* Ind. pres. = vòto, vòte, vòta, votoma, vòte, vòto
* Ind. imp. = vitava, votave, vitava, votavi, vitave, votava
* Ind. fut. = votrai, votras, votrà, votroma, votreve, votran
* Cond. pres. = votrìa, votrìe, votrìa, votrìo, votrìe, votrìo
* Cong. pres. = vòta, vòte, vòta, vòto, vòte, vòto
* Cong. imp. = votèissa, votèisse, votèissa, votèisso, votèisse, votèisso
* Imp. = vòta, ch'a vòta, votoma, voté, ch'a vòto
* Ger. = (an) votand(a)
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Andé|Andé]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Avej|Avèj]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Dì|Dì]]
* [[Piemontese/Raccolta di verbi declinati/Savèj|Savèj]]
[[Categoria:Piemontese|Verbi]]
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La Filigrana Zen di Henry Miller/Conclusione
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2022-07-30T00:27:48Z
Taketa
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wikitext
text/x-wiki
{{La Filigrana Zen di Henry Miller}}
{{Immagine grande|Aankomst op Schiphol van de Amerikaanse schrijver Henry F. Miller, Bestanddeelnr 910-3816.jpg|500px|Henry Miller all'[[w:Aeroporto di Amsterdam-Schiphol|Aeroporto di Schiphol]], 1959}}
<div style="color: teal; text-align: center; font-size: 0.8em;">To be free, as I then knew myself to be, is to realize that all conquest is vain, even the conquest of self, which is the last act of egotism.<br/>To be joyous is to carry the ego to its last summit and to deliver it triumphantly. To know peace is total: it is the moment after,<br/>when the surrenderer is complete, when there is no longer even the consciounsness of surrender.<br/>Peace is at the centre and when it is attainded the voice issues forth in praise and benediction.<br/>Then the voice carries far and wide, to the outermost limits of the universe. Then it heals,<br/>because it brings light and the warmth of compassion.(''The Colossus of Maroussi'')</div>
= Conclusione =
Le contraddizioni sono una componente integrale nello studio di Miller. La ricerca su Miller si è concentrata principalmente sull'inserimento dei suoi scritti in un altro movimento o collegandoli al lavoro di un altro scrittore più illustre. Ciò di solito è stato fatto per aggiungere una certa gravità intellettuale o letteraria che si pensava mancasse a Miller. La ricerca storica su Miller ha interpretato il suo lavoro attraverso la lente del Surrealismo o in connessione ad esso, al Modernismo anglo-europeo, a Ezra Pound e Georges Bataille per citarne solo alcuni. C'è la sensazione che Miller non possa stare da solo, per conto suo. Nel sostenere che Miller sia degno di una ricerca accademica attesa da tempo, sembra esserci ancora la necessità di migliorare Miller tramite il riflesso del valore accettato di un altro scrittore. Penso che ci sia ancora il sospetto che Miller non sia proprio tra i migliori. Ciò è comprensibile se si considera quanto sia stata danneggiata la reputazione milleriana dalla famigerata valutazione di Kate Millett in ''Sexual Politics'' e quanto tale opinione sia stata refrattaria a cambiare. Utilizzando la recente recensione di Jeanette Winterson di ''Renegade: The Making of Tropic of Cancer'' di Frederick Turner nella mia [[La Filigrana Zen di Henry Miller/Introduzione|Introduzione]], sono stato in grado di mostrare quanto rimanga potente la rappresentazione che la Millett fa di Miller, sebbene sia vero che la questione del genere/sesso nella ''magna opera'' di Miller è più complessa della portata di questo mio saggio. Credo che in parte la necessità di collegare Miller a figure e movimenti affermati sia dovuta alla necessità di riabilitare la sua reputazione, di dimostrare che è degno di ricerca. Non è semplicemente un pornografo misogino di dubbio merito letterario, ma uno scrittore che merita la sua giusta posizione all'interno del canone surrealista o modernista. Ciò ha portato a un taglio della stoffa per adattarla all'abito, quindi gran parte della ricerca su Miller si occupa esclusivamente di ''Tropic of Cancer'' e ''Tropic of Capricorn'' o si occupa di ''The Rosy Crucifixion'' in modo frammentario solo per poi interrompersi bruscamente. Come ho riconosciuto, la qualità del lavoro di Miller diminuisce effettivamente dal 1950 in poi. La natura rivoluzionaria e sperimentale della sua scrittura termina nel 1939 con ''Tropic of Capricorn'', tuttavia ignorare la sua prodigiosa produzione negli ultimi trent'anni della sua vita è dare una falsa impressione della sua vita e del suo lavoro. Gli studiosi di Miller sono negligenti se si concentrano solo sulle sue pubblicazioni fondamentali nella speranza mal riposta di assicurare più rispetto per i suoi scritti. Il quadro attraverso il quale Miller è stato studiato è ristretto, tuttavia questo lascia ancora molto da fare.
Quando iniziai a pensare a Miller come possibile soggetto per un mio saggio, notai dalla mia lettura che non sembrava esserci alcuna ricerca che considerasse la produzione letteraria di Miller nel suo insieme e che sebbene fosse generalmente riconosciuto che Miller fosse uno buddhista Zen, non avevo idea di come fosse successo o di come avesse influenzato il suo lavoro. Avevo letto ''tutto'' Miller negli anni ’70, quando era ancora vivo, e mi ci ero appassionato: mi piaceva molto i suo stile di scrittura e il modo in cui esprimeva i suoi pensieri più strani. Per il primo anno della mia successiva ricerca ero convinto che Miller fosse in realtà un anarchico, forse non il più impegnato politicamente, ma comunque un anarchico. Fu solo leggendo in modo più approfondito, e leggendo in modo cruciale i suoi successivi saggi, la corrispondenza personale e gli opuscoli, che mi resi conto che non era l'anarchismo a sostenere il suo lavoro, ma una crescente adesione ai principi del buddhismo Zen.
È difficile vedere la connessione tra opere così diverse come ''Tropic of Cancer'', "An Open Letter to Surrealists Everywhere" e ''Stand Still Like the Hummingbird''. A volte la violenza, la crudeltà, l'indifferenza e la rabbia nei primi lavori di Miller sono travolgenti; come si passa da questo all'autocoscienza e all'accettazione nelle sue opere successive? Sostenere semplicemente che Miller è sempre stato un buddhista Zen è incoerente con il suo lavoro. Nell'introduzione a questo studio ho mostrato come Miller fosse sempre stato interessato alla filosofia orientale e la sua lettura personale includeva continuamente libri su varie forme di spiritualità, tuttavia questo non è sempre riconoscibile nei suoi primi lavori. Ci sono senza dubbio alcune immagini che possono essere ascritte al buddhismo Zen in ''Tropic of Cancer'' per esempio, il motivo del fiume che compare ripetutamente in tutto il testo. Direi che in effetti può essere posta su di esso un'interpretazione Zen, ma altrettanto ci si possono vedere la fluidità e il movimento bergsoniani. Come ho dimostrato, l'uno non esclude l'altro, anzi è l'esatto contrario, è un esempio dell'interpretazione brgsoniana di Miller che si combina con un senso latente dell'immaginario buddhista Zen.
Affermare che il motivo del fiume è la prova del buddhismo Zen di Miller in ''Tropic of Cancer'' è in qualche modo in malafede: il processo attraverso il quale Miller raggiunge il buddhismo Zen deve aver modo di svolgersi, piuttosto che ipotizzarlo retrospettivamente. La domanda a cui volevo rispondere con questo saggio è come Miller arrivasse al buddhismo Zen nella sua vita e nel suo lavoro successivi — quali influenze possiamo vedere in azione mentre Miller si sforza di trovare la sua voce autentica nella sua prima carriera e come queste influenze continuino a manifestarsi e contribuiscano a far avanzare il percorso di Miller come scrittore e verso il buddhismo Zen. Apprezzo particolarmente la caratterizzazione di Sarah Garland che presenta Miller come una "gazza ladra" che raccoglie, digerisce e scarta idee e teorie, e direi che si adatta al suo ''programma'' di scrittore in quel momento specifico. Il '''''viaggio''''' di Miller, e direi con forza che questo è il modo in cui la sua vita e la sua produzione letteraria dovrebbero essere viste, è di completa individualità. Miller non è un discepolo o un seguace; non cerca l'inclusione ma piuttosto la scoperta del Sé. In questa ricerca coopta teorie e concetti che spesso migliorano o aiutano a spingere in avanti le sue convinzioni già formate a metà.
Prima di trasferirsi a Parigi nel 1930, Miller si considerava uno scrittore che non sapeva scrivere. La sua incapacità di trovare un modo autentico di esprimersi e il caos della sua vita personale lo portarono a un esaurimento nervoso; il punto chiave però è che Miller si è sempre considerato uno scrittore. Questo porta direttamente all'influenza che il lavoro di Otto Rank ebbe sulla concezione di se stesso come scrittore, su come questo abbia avuto un impatto sulla sua vita e, a sua volta, su come la sua vita fosse materiale da utilizzare. Nel [[La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Otto Rank|Capitolo 1]] ho mostrato come le teorie di Rank consentissero a Miller di razionalizzare le sofferenze che aveva subito. L'idea che la creatività di Miller lo distinguesse dal collettivo e che la sua auto-designazione come artista costituisse una rottura irrevocabile dalla società, diede a Miller le basi su cui ricostruire il suo senso di sé, ma anche sfidare le sue nozioni preconcette di fallimento e successo. Queste idee venivano direttamente da Rank. Allo stesso modo, la teoria di Rank dell'Imperativo Biologico permise a Miller di rivalutare la sua relazione con la moglie e musa, June Mansfield, liberandolo infine dalla relazione reale e permettendogli di usarla come materiale attraverso il quale esplorare la propria evoluzione quale scrittore e uomo. La riscrittura da parte di Miller di quel periodo cruciale di sette anni della sua vita come mezzo attraverso il quale ottenere chiarezza e accettazione, inizia con la sua lettura di Rank. C'è un senso di movimento e flusso nei primi lavori di Miller, qualcosa che ho guardato specificamente in relazione alla filosofia di Henri Bergson nel [[La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Henri Bergson|Capitolo 2]]. Insieme a Rank, Bergson fornì a Miller i mezzi per comprendere le sue esperienze di vita come materiale, sfidando le sue nozioni di tempo e realtà. La preoccupazione di Miller per lo stesso periodo di sette anni della sua vita, e il quasi vedere la sua vita prima di incontrare la Mansfield puramente come preparazione per il loro incontro, potrebbe essere vista come obsoletamente ripetitiva, se tale preoccupazione non viene riconosciuta come un esercizio di Durata e Intuizione bergsoniana. La compenetrazione del passato e del presente, unita all'incapacità dei concetti statici di rendere la realtà, offrirono a Miller la libertà di rivalutare e riscrivere le sue esperienze di vita poiché quando le sue concettualizzazioni del passato cambiano, esse diventano "reali" come gli originali . Questo spiega in parte l'atteggiamento piuttosto lassista di Miller nei confronti della verità biografica, e perché le sue rappresentazioni di alcuni episodi cambino nel tempo. Fondamentale per l'influenza di Bergson su Miller è la sua idea del "divenire". Come ho mostrato nel Capitolo 2, ''Tropic of Cancer'' è un romanzo in cui Miller cerca di rispecchiare in prosa le teorie di Bergson. È un'opera in divenire; non è un romanzo finito e rifinito. Miller mira, attraverso il linguaggio e il ritmo, a incarnare le idee di Bergson sul movimento, il flusso costante e la compenetrazione del tempo. Sebbene sarebbe gradualmente tornato a un senso più cronologico del tempo nei suoi romanzi autobiografici, Bergson fornì a Miller l'impulso per creare la sua scrittura più sperimentale e forse migliore. Nel [[La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Surrealismo|Capitolo 3]] ho esaminato come Miller fosse stato influenzato dal Surrealismo. A differenza di molti altri studiosi di Miller, ho sostenuto che piuttosto che un momento intellettuale seminale nella vita di Miller che abbia avuto un'influenza duratura, il Surrealismo può essere letto come un esempio di Ideologia Artistica rankiana e qualcosa che Miller alla fine rifiutò di continuare come suo percorso individuale. Credo di aver dimostrato che, per quanto Miller possa aver sperimentato l'Automatismo e concordato con i surrealisti sulla necessità di trovare un nuovo linguaggio, liberato dai vecchi vincoli, attraverso il quale comunicare, alla fine respinse la loro politica e la loro relegazione dell'artista al processo creativo attraverso l'Automatismo. In linea con un'analisi di Rank, Miller interagì con la principale Arte-Ideologia dell'epoca, come fucostretto a fare, ma a tempo debito riscoprì la propria creatività, rinvigorita e più individuale che mai.
Quello che mi è diventato chiaro è che Miller necessitò di ciascuna di queste influenze per darsi le basi come scrittore e uomo. Rank influenzò le sue nozioni di se stesso come artista e la necessità di rivalutare costantemente il suo passato per acquisire comprensione. Bergson sfidò le sue idee di tempo e realtà, permettendogli di liberarsi da concetti cronologici e di immaginare sensi di consapevolezza sovrapposti. Il Surrealismo consolidò il suo allontanamento dalla politica e la sua necessità di essere presente e attivo nella propria narrativa. Direi che ognuno di questi fattori pose le basi del buddhismo Zen di Miller. Ognuno aggiunse in modo incrementale l'incorporazione del buddhismo Zen nella sua vita e nel suo lavoro — senza nessuna di queste influenze la traiettoria milleriana sarebbe cambiata. Nel [[La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Buddhismo|Capitolo 4]] ho dimostrato come l'influenza del buddhismo Zen sull'opera di Miller sia stata graduale ma alla fine completa. Miller non diventò tutt'a un tratto un buddhista Zen — fu un'evoluzione nel corso degli anni, e ho cercato di mostrare questa evoluzione tramite le sue pubblicazioni. Dalla lotta per riconciliare la sua natura con i principi del buddhismo Zen in "Children of the Earth", alla sua incapacità di praticare il distaccamento in "Reflections on Writing", purtuttavia trovando pace e perdono finali attraverso il buddhismo Zen in ''Mother, China and the World Beyond''. Il viaggio di Miller verso ''[[w:Satori|Satori]]'' non fu veloce, facile o senza ostacoli.
Quello che credo offra questo wikilibro è un modo nuovo e completo per leggere l'intera produzione di Miller, non solo le sue opere più famose. Piuttosto che analizzare il lavoro di Miller attraverso il prisma di un altro movimento o scrittore, ho cercato di mostrare come egli sia stato influenzato, ma alla fine abbia perseguito un percorso unico e individuale. Mi hanno aiutato a comporre questo quadro milleriano gli articoli di David Stephen Calonne e la sua recente biografia, specie nel vedere l'importanza della filosofia orientale nella vita di Miller, ma ho però voluto mostrare come questa influenza possa essere letta in '''tutte le sue opere''' piuttosto che solo nella sua vita. C'è una forte argomentazione da sostenere sul fatto che le opere complete di Miller possono essere lette come una cronaca del suo viaggio verso il buddhismo Zen, con diverse fasi in cui incorporava varie posizioni filosofiche, ma muovendosi costantemente verso un'epifania inquadrata nel buddhismo Zen. In un periodo di rinnovato interesse accademico per Miller, spero che le idee esplorate in questo studio offrano un approccio alternativo al modo in cui interagiamo con l’''[[w:opera omnia|opera omnia]]'' di Miller e contrastino la necessità di inserirlo in caselle accademiche accettabili. Ci sono senza dubbio ulteriori ricerche da fare sull'influenza del buddhismo Zen in Miller, specialmente in relazione alle sue opere e alla sua corrispondenza personale. Presuntuoso è quel ricercatore che crede di aver fornito la [[w:Stele di Rosetta|Stele di Rosetta]] per le opere di un qualsiasi autore, tuttavia credo che immaginare la produzione letteraria di Miller come una progressione verso il buddhismo Zen offra l'opportunità di riesaminare tutti i suoi testi da una nuova prospettiva.
{{Immagine grande|Buddha in Zazen.jpg|800px|Statua di [[w:Buddha|Buddha]] in [[w:zazen|zazen]]}}
{{Avanzamento|100%|25 luglio 2021}}
[[Categoria:La Filigrana Zen di Henry Miller|Conclusione]]
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Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi/Consulenti della clientela per il traffico merci
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text/x-wiki
[[File:Servizio Commerciale e Traffico roma 1970.jpg|left|miniatura|Tecniche dei rapporti con la Clientela]]
Nell'anno 1970, l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato istituì la nuova attività dei "Consulenti della clientela per il traffico merci".<ref>Cfr. Bibliografia: Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - Tecnica dei Rapporti con la Clientela - Roma 1970</ref>
La storia dell'avvio e degli sviluppi di quella nuova istituzione contribuisce a far conoscere quale era l'organizzazione e la gestione del trasporto ferroviario delle merci in Italia e i successivi risultati che il sistema innovato ha potuto ottenere nel tempo.
== Formazione professionale ==
I consulenti della clientela per il traffico merci, già presenti in altre ferrovie europee, costituirono per l'organizzazione del servizio ferroviario merci in Italia un importante avvenimento tale da prefigurare, in prospettiva, una totale riorganizzazione in forma mercatistica e più moderna.
Vennero organizzati un primo corso di formazione a Roma della durata di due mesi (giugno-luglio 1970) e uno successivo l'anno dopo.<ref>Cfr. Bibliografia: Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - La Consulenza alla Clientela: Psicologia e Tecniche di realizzazione - Roma 1971</ref> Vi parteciparono complessivamente 60 ferrovieri, di circa 30 anni, provenienti da tutta Italia, con sufficiente esperienza lavorativa, tecnica e commerciale, maturata nell'ambito delle stazioni più importanti.
Lo studio delle leggi del mercato, la ricerca e il contatto con il cliente (invece della sua attesa passiva), le attività di pubbliche relazioni per la fidelizzazione del cliente, il controllo operativo delle attività di consulenza, le strategie aziendali di vendita, la cura del cliente ante e post vendita: tutte queste nuove competenze ebbero grande impatto sui partecipanti al corso di formazione. In particolare, i partecipanti interiorizzarono l'idea che fosse necessario promuovere la trasformazione dell'utilizzatore del trasporto ferroviario delle merci da utente a cliente.<ref>Cfr. Bibliografia: Istituto per gli gli Studi Economici ed Organizzativi - Le Relazioni Pubbliche - Franco Angeli Editore - Milano 1968</ref>
== Sviluppo dell'attività ==
I consulenti giunsero nelle sedi operative loro assegnate, ma gli inizi furono difficili. Nonostante le iniziali ritrosie interne, l'iniziativa fu accolta favorevolmente dalla clientela e fu riconosciuto il valore operativo dei consulenti all'esterno e all'interno, con il coinvolgimento sempre maggiore degli altri organismi ferroviari specializzati nei differenti settori <ref>Cfr. Amministrazione Ferroviaria - Agosto 1974 - Costantino Bagnai: I Consulenti della Clientela. Chi sono? Cosa fanno?</ref> Crebbe così nei consulenti la conoscenza graduale delle differenti necessità connesse al trasporto, partecipando alla ricerca delle soluzioni delle varie problematiche.
In quegli stessi anni le Ferrovie dello Stato italiane potenziarono le loro rappresentanze commerciali nei principali Stati europei. Parigi, Monaco di Baviera, Vienna, Bruxelles, Berna e Mainz furono le sedi più attive nel seguire i trasporti alla loro partenza o al loro arrivo, in simbiosi con i consulenti in Italia. Anche le principali Ferrovie europee attivarono le loro rappresentanze commerciali all'estero. In Italia, a Milano, le Ferrovie francesi, tedesche, svizzere, austriache e jugoslave aprirono gli uffici commerciali merci. Il ruolo di una rappresentanza era quello di facilitare le relazioni commerciali tra le differenti reti e creare tariffe bi-multilaterali. I contatti con la direzione generale e con le direzioni periferiche furono le attività in avvio ma poi, via via, le visite alla clientela, congiuntamente ai consulenti, divennero prassi ordinaria.
La clientela conseguì una più ampia e proficua utilizzazione del mezzo ferroviario tramite la spiegazione del servizio e delle varie opportunità da esso offerte, e non sempre colte fino ad allora dagli utilizzatori. Si ottennero pure imprevisti risultati quando, in alcune sedi, i consulenti riuscirono a farsi inserire ufficialmente, in qualità di rappresentanti dell'azienda Ferrovie dello Stato, in organismi istituzionali privati operanti nel mercato dei trasporti delle merci. In altre sedi si ricorse alla presenza di consulenti in commissioni di esami per la selezione di nuovo personale ferroviario. Altri consulenti parteciparono a commissioni plurisettoriali preposte all'adattamento delle normative esistenti alle nuove realtà operative che si stavano via via utilizzando.
In quel periodo ogni azione di fidelizzazione contrattuale delle aziende apportatrici di traffico era riservata all'esclusiva competenza della dirigenza ferroviaria centrale che stipulava specifiche convenzioni differenziate per tariffe e per modalità di trasporto. L'attività dei consulenti sul territorio permise di "scovare" nuovi traffici che, opportunamente segnalati, portarono a un ampliamento della quantità e del contenuto delle convenzioni.
Tutto questo si tradusse in una significativa acquisizione di traffico merci e una riqualificazione dello stesso. Si iniziò a puntare allo sviluppo dei trasporti intermodali, quali quelli di container e quelli combinati strada-rotaia, concentrandoli in apposite piattaforme logistiche denominate "interporti". Allo stesso tempo si incentivarono anche gli ausili alla specializzazione dei trasporti sviluppando la possibilità di far entrare i binari all'interno degli opifici produttivi e commerciali o anche di trasferire i vagoni dalla stazione agli stabilimenti lontani caricandoli su appositi veicoli stradali. I traffici costituiti da grandi quantità di merci furono trasformati in treni mono-aziendali mentre quelli di merci particolari, per le quali necessitavano di vagoni appositamente dedicati, si fornirono alle aziende incentivazioni all'acquisto di carri di proprietà esclusiva.<ref>Cfr. Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - La Consulenza alla Clientela: Psicologia e Tecniche di Realizzazione - Sessione di aggiornamento - Roma 1974</ref>
[[File:Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato Seniglaglia 1978.jpg|left|miniatura|Manuale pratico della consulenza della clientela]]
L'attività di consulente fu incrementata nel tempo. Agli iniziali primi due corsi di formazione se ne aggiunsero altri: uno, organizzato nell'anno 1978,<ref>Cfr. Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - Manuale Pratico di Consulenza alla Clientela - Senigallia 1978</ref> per sopperire ad alcune carenze di organico che si erano manifestate in qualche sede, e altri due, negli anni 1983 e 1984,<ref>Cfr. Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - Manuale Pratico di Consulenza alla Clientela - Gaeta 1984</ref> sia per incrementare l'organico complessivo sia per immettere consulenti più giovani in quanto la dirigenza aziendale aveva già intravisto la trasformazione dell'attività di consulenza e marketing in attività di vendita. Ma pure perché, nel medesimo periodo alcuni consulenti erano stati incaricati di presiedere differenti ambiti operativi ampliando così lo spazio ove portare la nuova mentalità acquisita prima nei corsi di formazione e poi realizzata nella realtà del lavoro quotidiano.
Queste modificazioni si completarono negli anni 1985-1986<ref>Cfr. Ente Ferrovie dello Stato - Corso di Formazione per Capi Intermedi - Roma 1986-1987</ref> e possono ritenersi la conclusione dell'idea originaria dell'attività di consulenza.
== Conclusione ==
All'inizio dell'anno 1989 furono attivate le Filiali Merci.<ref>Cfr. Ente Ferrovie dello Stato - Seminario di Formazione per il Personale delle Filiali - Roma 1988</ref> Erano più di 40 nuove istituzioni, composte da 4-5 addetti ciascuna, collocate sull'intero territorio nazionale, preposte alla vendita del prodotto ferroviario merci.
Alcuni consulenti vennero scelti per dirigerle. Ai direttori e ai venditori coadiuvanti fu assegnata capacità contrattuale propria per concordare e formalizzare, con i singoli clienti, prezzi e modalità di trasporto personalizzati. In quel preciso momento le convenzioni contrattuali precedentemente ricordate, vennero sostituite dai nuovi accordi particolari formalizzati nelle sedi decentrate e non più dall'alta dirigenza ferroviaria centrale.
Si realizzò così, in aggiunta alla trasformazione dell'"utente" in "cliente", anche la sostituzione della "tariffa" con il "prezzo" vendendo a catalogo i prodotti ferroviari ed eguagliando l'attività delle imprese in competizione operanti nel mercato di libera concorrenza.
== Note ==
<references/>
[[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Consulenti della clientela per il traffico merci]]
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[[File:Servizio Commerciale e Traffico roma 1970.jpg|left|miniatura|Tecniche dei rapporti con la Clientela]]
Nell'anno 1970, l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato istituì la nuova attività dei "Consulenti della clientela per il traffico merci".<ref>Cfr. Bibliografia: Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - Tecnica dei Rapporti con la Clientela - Roma 1970</ref>
La storia dell'avvio e degli sviluppi di quella nuova istituzione contribuisce a far conoscere quale era l'organizzazione e la gestione del trasporto ferroviario delle merci in Italia e i successivi risultati che il sistema innovato ha potuto ottenere nel tempo.
== Formazione professionale ==
I consulenti della clientela per il traffico merci, già presenti in altre ferrovie europee, costituirono per l'organizzazione del servizio ferroviario merci in Italia un importante avvenimento tale da prefigurare, in prospettiva, una totale riorganizzazione in forma mercatistica e più moderna.
Vennero organizzati un primo corso di formazione a Roma della durata di due mesi (giugno-luglio 1970) e uno successivo l'anno dopo.<ref>Cfr. Bibliografia: Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - La Consulenza alla Clientela: Psicologia e Tecniche di realizzazione - Roma 1971</ref> Vi parteciparono complessivamente 60 ferrovieri, di circa 30 anni, provenienti da tutta Italia, con sufficiente esperienza lavorativa, tecnica e commerciale, maturata nell'ambito delle stazioni più importanti.
Lo studio delle leggi del mercato, la ricerca e il contatto con il cliente (invece della sua attesa passiva), le attività di pubbliche relazioni per la fidelizzazione del cliente, il controllo operativo delle attività di consulenza, le strategie aziendali di vendita, la cura del cliente ante e post vendita: tutte queste nuove competenze ebbero grande impatto sui partecipanti al corso di formazione. In particolare, i partecipanti interiorizzarono l'idea che fosse necessario promuovere la trasformazione dell'utilizzatore del trasporto ferroviario delle merci da utente a cliente.<ref>Cfr. Bibliografia: Istituto per gli gli Studi Economici ed Organizzativi - Le Relazioni Pubbliche - Franco Angeli Editore - Milano 1968</ref>
== Sviluppo dell'attività ==
I consulenti giunsero nelle sedi operative loro assegnate, ma gli inizi furono difficili. Nonostante le iniziali ritrosie interne, l'iniziativa fu accolta favorevolmente dalla clientela e fu riconosciuto il valore operativo dei consulenti all'esterno e all'interno, con il coinvolgimento sempre maggiore degli altri organismi ferroviari specializzati nei differenti settori <ref>Cfr. Amministrazione Ferroviaria - Agosto 1974 - Costantino Bagnai: I Consulenti della Clientela. Chi sono? Cosa fanno?</ref> Crebbe così nei consulenti la conoscenza graduale delle differenti necessità connesse al trasporto, partecipando alla ricerca delle soluzioni delle varie problematiche.
In quegli stessi anni le Ferrovie dello Stato italiane potenziarono le loro rappresentanze commerciali nei principali Stati europei. Parigi, Monaco di Baviera, Vienna, Bruxelles, Berna e Mainz furono le sedi più attive nel seguire i trasporti alla loro partenza o al loro arrivo, in simbiosi con i consulenti in Italia. Anche le principali Ferrovie europee attivarono le loro rappresentanze commerciali all'estero. In Italia, a Milano, le Ferrovie francesi, tedesche, svizzere, austriache e jugoslave aprirono gli uffici commerciali merci. Il ruolo di una rappresentanza era quello di facilitare le relazioni commerciali tra le differenti reti e creare tariffe bi-multilaterali. I contatti con la direzione generale e con le direzioni periferiche furono le attività in avvio ma poi, via via, le visite alla clientela, congiuntamente ai consulenti, divennero prassi ordinaria.
La clientela conseguì una più ampia e proficua utilizzazione del mezzo ferroviario tramite la spiegazione del servizio e delle varie opportunità da esso offerte, e non sempre colte fino ad allora dagli utilizzatori. Si ottennero pure imprevisti risultati quando, in alcune sedi, i consulenti riuscirono a farsi inserire ufficialmente, in qualità di rappresentanti dell'azienda Ferrovie dello Stato, in organismi istituzionali privati operanti nel mercato dei trasporti delle merci. In altre sedi si ricorse alla presenza di consulenti in commissioni di esami per la selezione di nuovo personale ferroviario. Altri consulenti parteciparono a commissioni plurisettoriali preposte all'adattamento delle normative esistenti alle nuove realtà operative che si stavano via via utilizzando.
In quel periodo ogni azione di fidelizzazione contrattuale delle aziende apportatrici di traffico era riservata all'esclusiva competenza della dirigenza ferroviaria centrale che stipulava specifiche convenzioni differenziate per tariffe e per modalità di trasporto. L'attività dei consulenti sul territorio permise di "scovare" nuovi traffici che, opportunamente segnalati, portarono a un ampliamento della quantità e del contenuto delle convenzioni.
Tutto questo si tradusse in una significativa acquisizione di traffico merci e una riqualificazione dello stesso. Si iniziò a puntare allo sviluppo dei trasporti intermodali, quali quelli di container e quelli combinati strada-rotaia, concentrandoli in apposite piattaforme logistiche denominate "interporti". Allo stesso tempo si incentivarono anche gli ausili alla specializzazione dei trasporti sviluppando la possibilità di far entrare i binari all'interno degli opifici produttivi e commerciali o anche di trasferire i vagoni dalla stazione agli stabilimenti lontani caricandoli su appositi veicoli stradali. I traffici costituiti da grandi quantità di merci furono trasformati in treni mono-aziendali mentre quelli di merci particolari, per le quali necessitavano di vagoni appositamente dedicati, si fornirono alle aziende incentivazioni all'acquisto di carri di proprietà esclusiva.<ref>Cfr. Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - La Consulenza alla Clientela: Psicologia e Tecniche di Realizzazione - Sessione di aggiornamento - Roma 1974</ref>
[[File:Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato Roma 1978.jpg|left|miniatura|Manuale pratico della consulenza della clientela]]
L'attività di consulente fu incrementata nel tempo. Agli iniziali primi due corsi di formazione se ne aggiunsero altri: uno, organizzato nell'anno 1978,<ref>Cfr. Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - Manuale Pratico di Consulenza alla Clientela - Senigallia 1978</ref> per sopperire ad alcune carenze di organico che si erano manifestate in qualche sede, e altri due, negli anni 1983 e 1984,<ref>Cfr. Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato - Manuale Pratico di Consulenza alla Clientela - Gaeta 1984</ref> sia per incrementare l'organico complessivo sia per immettere consulenti più giovani in quanto la dirigenza aziendale aveva già intravisto la trasformazione dell'attività di consulenza e marketing in attività di vendita. Ma pure perché, nel medesimo periodo alcuni consulenti erano stati incaricati di presiedere differenti ambiti operativi ampliando così lo spazio ove portare la nuova mentalità acquisita prima nei corsi di formazione e poi realizzata nella realtà del lavoro quotidiano.
Queste modificazioni si completarono negli anni 1985-1986<ref>Cfr. Ente Ferrovie dello Stato - Corso di Formazione per Capi Intermedi - Roma 1986-1987</ref> e possono ritenersi la conclusione dell'idea originaria dell'attività di consulenza.
== Conclusione ==
All'inizio dell'anno 1989 furono attivate le Filiali Merci.<ref>Cfr. Ente Ferrovie dello Stato - Seminario di Formazione per il Personale delle Filiali - Roma 1988</ref> Erano più di 40 nuove istituzioni, composte da 4-5 addetti ciascuna, collocate sull'intero territorio nazionale, preposte alla vendita del prodotto ferroviario merci.
Alcuni consulenti vennero scelti per dirigerle. Ai direttori e ai venditori coadiuvanti fu assegnata capacità contrattuale propria per concordare e formalizzare, con i singoli clienti, prezzi e modalità di trasporto personalizzati. In quel preciso momento le convenzioni contrattuali precedentemente ricordate, vennero sostituite dai nuovi accordi particolari formalizzati nelle sedi decentrate e non più dall'alta dirigenza ferroviaria centrale.
Si realizzò così, in aggiunta alla trasformazione dell'"utente" in "cliente", anche la sostituzione della "tariffa" con il "prezzo" vendendo a catalogo i prodotti ferroviari ed eguagliando l'attività delle imprese in competizione operanti nel mercato di libera concorrenza.
== Note ==
<references/>
[[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Consulenti della clientela per il traffico merci]]
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Nahmanide teologo/Capitolo 7
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{{Nahmanide teologo}}
[[File:Портрет раввина.jpg|thumb|540px|center|''Ritratto di Rabbino'', di Franz Obermüller (c.1900)]]
== I Comandamenti ==
'''[7.1]''' Il nostro rapporto con Dio è fondato sulla fede. La fede (''emunah'') non è solo uno stato di coscienza; implica la pratica. Tutti i comandamenti della Torah sono atti di fede. La loro corretta esecuzione deve riconoscere Dio per Quello che è e accettarLo per Colui che è, il Dio che si è rivelato a Israele nei miracoli pubblici (''nissim mefursamim''). Poiché ciò che sappiamo di Dio viene dalla storia, il ''locus'' della fede è la memoria (Note sul ''Sefer ha-Mitsvot'' di Maimonide, pos. n. 1, p. 261). La fede si compie quando la memoria degli atti potenti di Dio è espressa nei comandamenti che commemorano quegli atti così come li ha sperimentati Israele:
{{citazione|Ci ha comandato di avere fede nelDio unico, che Egli sia esaltato: che esiste, che è Colui che comprende e può tutto. La nostra fede dovrebbe essere unita nell'intendere (''ye-she-niyyahed'') questi attributi, poiché ogni onore è Suo. Così ci ha comandato di onorare la menzione del suo Nome, di fare un segno e un ricordo perpetuo (''siman ve-zikaron tamid'') per farci sapere che Dio ha creato ogni cosa.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 398}}
'''[7.2]''' L'accettazione dei comandamenti dipende dall'accoglienza della realtà di Dio e della Sua particolare provvidenza :
{{citazione|Dobbiamo credere che Dio conosce le persone individuali (''’ishim'') in tutte le loro particolarità, sia le persone celesti (''ha-‘elyonim'') che quelle terrene (''ve-ha-tahtonim''), le loro azioni e pensieri, passati, presenti e futuri. Perché egli è il loro creatore, il dispensatore dell'esistenza che ora hanno, il loro creatore dal nulla assoluto (''me-’afeisah muhletet'')... Da questo si passa alla fede nella provvidenza di Dio (''ha-hashgahah'')... donde noi possiamo affermare (''titkayyem'') la vera autorità della Torah e dei comandamenti. Poiché, fin quando crediamo che Dio ci conosce e si prende cura di noi, la nostra fede si estende alla profezia, e crediamo che Dio, sia Egli saltato, conosce e ama, comanda e ammonisce, cioè ci comanda di fare ciò che è buono e giusto e ci rimprovera di ciò che è male. Ci protegge e conserva per noi tutte le buone conseguenze menzionate nella Torah, e porterà sui trasgressori la punizione che ha decretato per loro.|KR: ''Commentario a Giobbe'', intro. - I, 17-18}}
Per Nahmanide, "l'affermazione" (''qiyyum'') dell'autorità della Torah e dei comandamenti è un atto di fede, prima dell'adempimento di uno qualsiasi dei singoli comandamenti (CT: {{passo biblico2|Dt|27:26}} - II, 472; ''supra'', 2.24 ). È il lato cognitivo di ''kavvanah''. Emotivamente, bisogna dirigere il cuore a Dio. Dal punto di vista cognitivo, si deve conoscere quanto più umanamente possibile sul Dio a cui il proprio cuore è così diretto (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:2}} - I, 354-55 rif. ''Mekhilta'': Be-shalah, cur. Horovitz-Rabin, 128). Sia il lato cognitivo che quello emotivo della fede sono richiesti nella corretta osservanza dei comandamenti.
'''[7.3]''' Poiché tutti i comandamenti hanno ragioni, ciascuno con una funzione unica nell'economia divina del cosmo, si è obbligati a discernere la ragione di ogni comandamento e farne l'intenzione (''kavvanah'') della propria osservanza. Anche negli ambiti della vita che sono lasciati alla discrezione privata (''reshut''), si deve trovare la giusta intenzione verso il divino:
{{citazione|In effetti, si può essere miserabili (''naval'') mentre ci si conforma al comportamento consentito dalla Torah (''bi-reshut ha-Torah''). Così, specificati gli atti che proibisce assolutamente, la Scrittura ha comandato in termini più generali che si tenga le distanze anche da ciò che è permesso.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:1}} - II, 15}}
Nahmanides intende che si dovrebbe evitare l'eccesso e la volgarità anche nel mangiare, nel bere e nell'espressione sessuale consentiti. Perché il piacere fisico non è il ''summum bonum''. Nahmanide è favorevole all'opinione talmudica che il [[w:Nazireato|nazireo]] sia un santo, in contrasto con la visione talmudica alternativa secondo cui un tale asceta è un peccatore per aver negato a se stesso i piaceri che la Torah normalmente consente (B. Ta‘anit 10a e paralleli; per la critica dell'ascetismo, cfr. Y. Berakhot 2.9/5d; Y. Nedarim 9.1/41b; B. Baba Batra 60b; e soprattutto Maimonide, ''Shemonah Peraqim'', cap. 4, cur. Kafih (Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1965), 254 [cfr. ''Moreh'', 3.48]). Per Maimonide, la santità è in definitiva una collaborazione attiva con Dio, che cresce dal riconoscimento del governo creativo di Dio nel mondo (''Moreh'', 3.54, fine). Ciò che è richiesto per questo, come per tutta la pietà, non è l'ascesi, ma il ragionevole contenimento dell'eccesso (''Hilkhot De‘ot'', 1,4-6). Per Nahmanide, tuttavia, un ulteriore autocontrollo, per amore di Dio, può essere esso stesso un atto santo. L'ascetismo ha caratterizzato gran parte del misticismo ebraico, siano essi Cabala spagnola o Hasidut tedesco (cfr. Scholem, ''Origins of the Kabbalah'', 229ss.). La tendenza risale ai tempi del misticismo [[w:Gaon|Geonim]] e [[w:Heikhalot|Hekhalot]] (cfr. Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', 49-50). Anche se tale ascetismo molto precede Nahmanide, la sua approvazione gli ha conferito l'ulteriore autorità della sua statura di halakhista.
'''[7.4]''' Nahmanide considera il ritorno del nazireo nel mondo ordinario come una peccaminosa discesa da un piano spirituale superiore:
{{citazione|Il motivo dell'offerta per il peccato (''hat’at'') che il nazireo offre il giorno del compimento del suo voto nazireico non è stato spiegato. Secondo il significato semplice... è giusto che sia nazireo e sia santificato a Dio... Anzi, ha bisogno dell'espiazione per tornare nell'impurità dei piaceri del mondo.|CT: {{passo biblico2|Numeri|6:11}} - II, 215}}
'''[7.5]''' Nahmanide non può dire che ogni comandamento deve essere eseguito con la giusta intenzione per essere legalmente valido, ma indica che la piena realizzazione dei comandamenti richiede la giusta intenzione:
{{citazione|È noto che chi esegue un comandamento ma non lo comprende non lo ha adempiuto completamente (''bi-shlemut'')... Perché sei obbligato a ricordare il grande miracolo compiuto per te.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 151}}
Agire senza consapevolezza dell'intento dell'atto significa non soddisfare il requisito stesso del comandamento in questione. Per Nahmanide, l'intenzione qui non significa contemplazione astratta della divinità, ma concentrazione sul miracolo specifico che l'atto commemora.
'''[7.6]''' Il livello di intenzione (''kavvanah'') che si deve avere per adempiere un comandamento è oggetto di un lungo e inconcludente dibattito nel Talmud (B. Rosh Hashanah 28a ''et seq.''). Per Nahmanide l'intenzione è fondamentale nel permetterci di riconoscere la volontà di Dio come fonte di un comandamento e la sapienza di Dio nella specificazione del suo scopo. Attraverso l'intenzione, per così dire, si segue il proposito di Dio. Ammettendo che ci sono molte opinioni sull'argomento ''kavvanah'', Nahmanide fonda un argomento massimalista su un brano della Mishnah: "Se uno leggesse la Torah [Dt. 6:4-9, contenuto testuale dello Shema] e giungesse l'ora della recita liturgica dello [[w:Shemà|Shema]], se il cuore ha inteso questo comandamento specifico, lo ha adempiuto; se no, non l'ha adempiuto" [M. Berakhot 2.1].
{{citazione|Riguardo alla questione dell'intenzione nel suonare lo [[w:shofar|shofar]]: se lo si suona solo per fare un suono musicale, la questione è dibattuta nel Talmud e tra i Geonim... Rabbenu Hai scrisse che anche se è legge che se si esegue un comandamento senza l'intenzione lo ha comunque adempiuto, tuttavia, quando si eseguono i comandamenti, si abbia regolarmente intenzione di farlo. In tutta umiltà, abbiamo una prova per il punto di vista dell'autore di ''Halakhot Gedolot'' [che accetta la visione massimalista alla fine del suo trattamento delle leggi di [[w:Rosh haShana|Rosh haShanah]]] dalla legge all'inizio del secondo capitolo della Mishnah, Berakhot [riguardo allo ''Shema''].|KR: ''Sermone per Rosh HaShanah'' - I, 241}}
Nahmanide confessa di non poter presumere di aver risolto il dibattito pratico tra i Geonim, ma teologicamente ha certamente risolto la questione. Coloro che sono stati influenzati dalla tradizione cabalistica, di cui Nahmanide era una fonte così importante, sottolineavano la necessità della ''kavvanah'', non solo su basi teologiche generali, ma anche su basi halakhiche specifiche, ove possibile (cfr. sopecialm., Joseph Karo, ''Shulhan ‘Arukh'': ’Orah Hayyim, 60.4; anche, R. J. Z. Werblowsky, ''Joseph Karo: Lawyer and Mystic'' [Philadelphia: JPS, 1977], 162-63).
'''[7.7]''' Nel significato che assegna a ''kavvanah'', Nahmanide non è d'accordo con Maimonide sul versetto, "servirlo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}). Maimonide interpreta il commento rabbinico su questo versetto, "questa è preghiera... il servizio del cuore" (''Sifre'': Devarim, n. 41, ed. Finkelstein, 87-88; B. Ta‘anit 2a) come se vi trovasse un mandato letterale per la preghiera (''Sefer ha-Mitzvot'', pos. n. 5), sebbene il contenuto effettivo del culto formale sia formulato dai Rabbini (''Hilkhot Tefillah'', 1.1). Nahmanide vede il versetto come riferito a tutti i comandamenti della Torah. Per lui l'allusione alla preghiera è un'inferenza omiletica (''’asmakhta''):
{{citazione|Il significato essenziale del versetto "servendolo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}) è che è comandamento positivo che tutte le nostre opere siano per Dio, sia Egli esaltato, siano fatte con tutto il nostro cuore. Ciò significa con intenzione corretta e piena, per l'amor di Dio e senza alcun pensiero malvagio. Non dobbiamo eseguire i comandamenti senza intenzione o dubitare che abbiano qualche beneficio (''to‘elet'').|''Note a Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', pos. n. 5, p. 156}}
'''[7.8]''' L'intenzione è così centrale che l'adempimento di un comandamento per la ragione sbagliata può essere un peccato. Quindi la schiavitù egizia degli israeliti faceva parte del piano divino, ma comunque peccaminosa:
{{citazione|Così, quando Dio decretò la servitù di Israele in Egitto, essi andarono e li resero schiavi con la forza... Quando il decreto esce per mezzo di un profeta... c'è merito nell'eseguirlo... ma se uno udisse il comandamento [di uccidere] e allora uccidesse per odio o per saccheggio, sarebbe punito, poiché il suo intento è peccaminoso. Poiché gli [[w:Antico Egitto|egizi]] sapevano che era un comandamento del Signore [che Israele fosse reso schiavo da loro].|CT: {{passo biblico2|Genesi|15:14}} - I, 94}}
'''[7.9]''' Poiché il fondamento della Torah, che è la sovranità di Dio sull'universo, è noto attraverso l'esperienza storica, l'affermazione di tale esperienza ha la priorità anche sullo studio dei precetti della Torah. L'esperienza storica ''par excellence'' è la teofania al Sinai. Così i Rabbini chiariscono il versetto: "Soltanto, bada bene a te stesso e veglia diligentemente sull'anima tua, per non dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, ed esse non ti escano dal cuore finché duri la tua vita. Anzi, falle sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli" ({{passo biblico2|Dt|4:9}}) intendendo il dovere di educare la propria progenie ai precetti della Torah (B. Kiddushin 30a). Ma Nahmanide tratta questa glossa come omiletica (''asmakhta''). Trova il comandamento letterale a un livello molto più profondo:
{{citazione|Il secondo comandamento è che non dimentichiamo la teofania al Monte Sinai... perché è un principio fondamentale (''yesod gadol'') della Torah... Non commettere l'errore di interpretare questo versetto come una semplice omelia sull'insegnamento della Torah ai propri pronipoti. Perché la fede nella stessa Torah (''emunat ha-Torah'') è ciò che qui si intende per studio della Torah... Questo è ciò che deve essere trasmesso di generazione in generazione.|''Note su Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'': Addenda, neg. n. 2, p. 396}}
L'esistenza, la potenza e la volontà di Dio furono rivelate a Israele sul Sinai: "Essi sono coloro che conoscono e sono i testimoni (''‘edim'') di tutte queste cose" (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:2}} - I, 388). La testimonianza di Israele è storica. Un testimone è colui che fu presente a un evento e lo segnala alla comunità. Gli eventi richiedono testimoni perché sono singolari. Coloro che non sono effettivamente presenti devono imparare dai resoconti di coloro di cui possono fidarsi. Con i processi ordinari della natura, non sono richiesti testimoni speciali. Perché questi sono accessibili a tutti. Nessuno ha bisogno di impararli da una storia raccontata da qualcun altro. La dimostrazione scientifica presuppone che ciò che riporta sia, almeno in linea di principio, accessibile a qualsiasi osservatore. Poiché i principi che mostra sono sempre presenti, anche se non lo sono i fenomeni che li manifestano.
La differenza tra testimonianza storica e dimostrazione scientifica è esemplificata nella discussione rabbinica sull'istituzione della determinazione dell'ora esatta del [[:en:w:New moon#Hebrew calendar|Novilunio]], punto di riferimento chiave nella regolazione del [[w:calendario ebraico|calendario ebraico]]. (Per il contesto storico, cfr. M. M. Kasher, ''Torah Shlemah'' [New York, 1949] XIII). Per i Rabbini, l'obbligo di testimoni oculari per l'apparizione della Luna Nuova (M. Rosh Hashanah 1.6 ''et seq.'') non è un ''sine qua non'' per scopi calendariali (B. Betsah 4b). I testimoni sono preferiti quando il Sinedrio è effettivamente in funzione nella Terra d'Israele. Ma altrimenti i calcoli fatti dai Rabbini in epoca talmudica fissano il calendario ebraico (cfr. ''Note su Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', pos. n. 153, p. 214 e testo di Maimonide alle pp. 211-12): la questione è essenzialmente di dimostrazione scientifica (Maimonide, ''Hilkhot Qiddush ha-Hodesh'', 1.6; 5.2-3; 11.1-4; 17.24), non di esperienza singolare. Nel contesto storico i testimoni ''affermano'' ciò che deve essere conosciuto dagli altri; nel contesto scientifico i testimoni si limitano a ''confermare'' ciò che gli altri in linea di principio possono conoscere da soli.
Trattando il ruolo della testimonianza nella rivelazione, Nahmanide segue Judah Ha-Levi, per il quale l'ebraismo si basa in definitiva sulla teofania del Sinai e sulla testimonianza dell'intero popolo d'Israele, che l'ha vissuta (''Kuzari'', 1.48). La presenza di Dio si manifesta in eventi storici unici. Per Maimonide, invece, il contenuto stesso della teofania del Sinai è credibile perché i primi due comandamenti del decalogo sono verità razionalmente evidenti che fondano tutti gli altri comandamenti: quelli positivi sulla base di "Io sono il Signore Dio tuo"; il negativo, sulla base di "non ci saranno altri dèi" (''Moreh Nevukhim'', 2.33; ''Sefer ha-Mitsvot'', pos. n. 1, neg. n. 1; ''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 1.6; cfr. la fonte talmudica di questa opinione, B. Makkot 24a, dove il fondamento di questi due comandamenti nella rivelazione è l'enfasi principale). Per Maimonide è la certezza razionale che esenta l'esperienza del Sinai dall'accusa che potrebbe essere stata un'illusione di massa (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 8.1-3). La realtà di Dio è conosciuta attraverso l'apprensione della natura da parte della ragione. Quindi la testimonianza storica ha il ruolo secondario che i testimoni svolgono nell'accertamento del [[w:Novilunio|Novilunio]]. Inoltre, sostiene Maimonide, la testimonianza non è di per sé dimostrabile razionalmente. È solo più o meno credibile. Così Maimonide designa l'intera istituzione giuridica della testimonianza (''‘edut'') come quella che ci è comandato di accettare, nonostante l'indimostrabilità di ciò che è testimoniato e la costante possibilità di inganno o illusione (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 7,7; ''Hilkhot ‘Edut'', 18.3; ''Hilkhot Sanhedrin'', 18.6). Per Ha-Levi e Nahmanide l'evento della rivelazione è il fondamento del suo contenuto. Per Maimonide, l'evento della rivelazione è l'occasione in cui ciò che è sempre stato vero in linea di principio (''ratio per se'') viene da noi scoperto (''ratio quoad nos'').
'''[7.10]''' Per Nahmanide, l'esperienza umana del mondo si articola su tre livelli fondamentali: 1) esperienza ordinaria dell'ordine naturale familiare; 2) miracoli pubblici, dove la potenza di Dio sconvolge l'ordinario stato della natura, in modo da far balzare coloro che vivono questi grandi eventi ad una maggiore consapevolezza dell'opera di Dio nel mondo; e 3) miracoli segreti, che manifestano la costante provvidenza di Dio. L'azione umana, come strutturata dalla Torah nei suoi comandamenti, è correlata a questi tre livelli di esperienza; sono correlati, in quanto un comandamento può avere diverse ragioni.
{{citazione|Ciascuno dei comandamenti del Signore ha molte ragioni. Per ognuno ha molti benefici (''to‘elet''), sia per il corpo che per l'anima.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411}}
'''[7.11]''' Sebbene Nahmanide accetti molteplici ragioni per ogni comandamento, rifiuta le ragioni che considera pretestuose:
{{citazione|La motivazione di Maimonide per i sacrifici [''Moreh'', 3.46]... è vana speculazione (''divrei hav’ai'')... Meglio ascoltare la ragione di chi dice che è perché le azioni di un essere umano sono costituite da pensiero, parola e azione, così Dio ha comandato che quando qualcuno pecca, deve portare un sacrificio e premervi sopra le mani, per dar significato all'atto (''ke-neged ha-ma‘aseh''), confessare con la sua bocca, per significare la parola, e bruciare le viscere e i reni, che sono gli organi del pensiero e del desiderio... Queste parole sono facilmente accessibili e attirano il cuore come le parole dell'Aggadah [cfr. B. Shabbat 87a; B. Baba Batra 10a rif. {{passo biblico2|Proverbi|3:35}}]. Ma in termini di verità superiore (''‘al derekh ha’emet''), c'è un mistero nascosto (''sod ne‘elam'') nei sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|1:9}} - II, 11-12}}
Il punto di vista di Maimonide che Nahmanide critica qui è che i sacrifici erano storicamente necessari, come forma di culto a cui il popolo d'Israele era abituato. Erano un compromesso con la realtà culturale, ma accuratamente epurati da ogni associazione idolatrica. Nahmanide obietta che il culto sacrificale è troppo centrale nell'ebraismo perché una logica così storicamente contingente sia vera. Sarebbe preferibile una seconda linea di interpretazione (l'autore della quale non nomina, sebbene assomigli a un approccio suggerito nel ''Commentario alla Torah'' di Ibn Ezra: Lev. 1:4 dopo Vayiqra Rabbah 7.3): che i sacrifici simboleggiano la vera contrizione e uno spirito di sacrificio di sé nel presentarsi davanti a Dio. Lo stesso punto è poi sottolineato dallo ''[[Zohar]]'' (Vayiqra, 3:9b e dal ''Commentario alla Torah'' di Bahya ben Asher su questo stesso versetto). Ma Nahmanide trova il significato più profondo dei sacrifici in una realtà divina. In sostanza, sostiene, soddisfano i bisogni divini. Questo è il punto di vista della Cabala, e l'approccio di Nahmanide qui influenzò profondamente i cabalisti successivi (cfr. I. Tishby, ''Mishnat ha-Zohar'', 2.194ss.)
'''[7.12]''' Nonostante il rifiuto da parte di Nahmanide della logica generale di Maimonide per il sistema sacrificale, egli concorda sul fatto che Maimonide avesse ragione nell'interpretare alcuni divieti del culto come anti-idolatrici nell'intento:
{{citazione|È plausibile (''yitakhen'') interpretare i divieti di lievito e miele sull'altare come fa Maimonide nel ''Moreh Nevukhim'' [3.46], quando afferma di aver trovato nei libri degli antichi idolatri che era loro abitudine, praticando l'adorazione pagana, offrire le loro offerte di cibo in forma lievitata e mescolare il miele in tutti i loro sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|2:2}} - II, 17-18}}
'''[7.13]''' Una teologia che trova ragioni per i comandamenti di Dio non può vederli come semplici decreti positivi. Piuttosto, devono essere visti come garantiti o dai benefici che apportano nel migliorare le relazioni umane, o dal bene che apportano alla relazione tra Dio e uomo. Quest'ultimo rapporto, costituito dalla rivelazione, è immutabile. Ma in fondo tutti i comandamenti costituiscono il rapporto tra Dio e uomo. Quindi tutti sono immutabili (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:26}} - I, 361). Non possono essere abrogati dalla mera autorità umana. Perché la determinazione divina di ciò che è bene per l'uomo ha sempre la precedenza sulle nozioni umane. Le proiezioni umane di ciò che è bene per gli esseri umani sono ancora essenzialmente umane, quindi sono soggette all'abrogazione umana. Nahmanide sottolinea la distinzione in un'analisi halakhica dei giuramenti:
{{citazione|Alcuni dicono che [il giuramento di accettare la Torah al Monte Sinai] sia stato fatto con il consenso divino (''‘al da‘at ha-Maqom'')... e che il consenso di Mosè non fosse necessario, se non in quanto si fece portavoce della corte [umana] al loro Padre celeste... C'è un interprete che dice che il testo talmudico corretto recita "per consenso divino e quello del suo entourage angelico (''u-famaliah shelo'')", ma ciò è errato... Un interprete dice che la regola che i giuramenti comunitari a Dio possono essere revocati non si applica a nessun comandamento di Dio, perché ciò che è giurato secondo la volontà di Dio (''‘al da‘ato'') non può essere annullato (''hafarah''), dato che i Suoi comandamenti sono per sempre. Perché "Dio non è un uomo, da poter mentire" ({{passo biblico2|Numeri|23:19}}). Ma ciò che la comunità fa voti in materie ritenute facoltative (''bi-dvar reshut''), dove hanno collegato il loro consenso con quello di Dio, può essere abrogato e possono accettare di consentirne la violazione... e Dio concorda con la loro decisione. A me sembra che la giusta formula legale per tali giuramenti debba essere: "Per consenso divino e quello della congregazione (''kenesset'') d'Israele con Lui"... Cioè, il consenso di molti. Tuttavia, ciò che la comunità giura invocando il consenso divino, quello lo possono abrogare (''yesh hetter''). Perché non si sono proibiti di cambiarla, in quanto loro stessi l'hanno iniziata.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Shevu‘ot 29b, pp. 112-13}}
{{citazione|Quando si dice nel Talmud [B. Shevu‘ot 29b] che "col consenso di Dio" significa ciò che non può essere abrogato, colui che ha affermato ciò presumeva che ciò si applicasse solo al giuramento implicato nell'accettazione della Torah. Poiché Dio non accetterebbe di annullare (''le-vattel'') nemmeno una lettera della Torah. Ma in una questione essenzialmente facoltativa, Dio riconoscerebbe la necessità di proibire qualcosa ora e poi permetterlo.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 287}}
Pertanto, sebbene Nahmanide veda la legislazione rabbinica come un'espressione della legge divina (''Note sul Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', shoresh 1), vede una differenza tra la legge scritturale e quella rabbinica, in quanto la legge rabbinica può essere abrogata.
'''[7.14]''' Per Nahmanide, quindi, Dio decreta nella Torah ciò che vede è necessario agli esseri umani. Ma permette alle autorità umane di emanare i propri, mutevoli decreti in quelle aree non determinate dai mandati della Torah. Dio non solo permette, ma ordina specificamente questa attività, impartendo così autorità divina alle leggi umane:
{{citazione|Inoltre, "per consenso divino" è annesso anche ai comandamenti rabbinici. Perché se si dovesse dire che il consenso divino è menzionato solo nel giuramento che Mosè fece fare a Israele... ma non è annesso ai nostri giuramenti e condanne (''ve-haramim''), allora perché i nostri antenati menzionarono il consenso divino in relazione a [ loro] proibizioni — a meno che Dio non fosse d'accordo? Egli, esaltato sia il Suo Nome, concorre a che facciamo ciò che è buono e giusto ai Suoi occhi e agli occhi degli esseri umani.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 299}}
'''[7.15]''' I comandamenti specifici non presuppongono miracoli né segreti né pubblici. La maggior parte presume l'ordine ordinario della natura. Si può vedere che un certo numero di comandamenti serve ai bisogni umani ordinari. Nahmanide, che è spesso considerato un anti-razionalista, trova la legge naturale nella stessa Torah. È abbastanza aperto su questo in un certo numero di punti, specialmente nel suo ''Commentario alla Torah''. Riguardo alla punizione della generazione del Diluvio, scrive:
{{citazione|Infatti contro di loro non fu decretata punizione se non per la violenza (''hamas''). Per questo [l'inaccettabilità dell'illegalità] è una questione razionale (''‘inyan muskal'') che non dipende dalla rivelazione (Torah).|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:2}} - I, 48}}
'''[7.16]''' Seguendo una tendenza evidente nella teoria della legge naturale sin dai tempi dei filosofi stoici e dei giuristi romani, Nahmanide considera il divieto della violenza anarchica riconosciuto dal pubblico consenso e ben noto alla ragione:
{{citazione|La violenza è rapina e oppressione... un peccato che è noto e pubblicamente riconosciuto (''mefursam'')... perché è un comandamento razionale (''mitsvah muskelet''), la cui proibizione non ha bisogno di un comandamento profetico.|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:13}} - I, 52}}
'''[7.17]''' Per quanto riguarda le regole razionali, Nahmanide trova a volte un precedente negli standard morali degli antichi (CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119). Egli vede persino contenuti razionali in ''mitsvot'' non solitamente ritenute comandamenti razionali:
{{citazione|Infatti gli antichi saggi, prima del dono della Torah, sapevano che c'è una grande utilità (''to‘elet'') nel [[w:levirato |matrimonio levirato]].|CT: {{passo biblico2|Genesi|29:27}} - I, 215}}
'''[7.18]''' La legge naturale universalmente accettata è il requisito minimo per gli ebrei, notevolmente integrato dalla legge rivelata della Torah:
{{citazione|Così trovi che i patriarchi e i profeti si comportarono in modo morale universalmente accettato (''derekh erets'')... se i patriarchi e i profeti che vennero a fare la volontà di Dio si comportarono in modo morale universalmente accettato, quanto più dovrebbero le persone ordinarie.|CT: {{passo biblico2|Esodo|12:21}} - I, 334}}
'''[7.19]''' La rivelazione ebraica condivide molti punti generali con la legge naturale e con la legge noachica. Il suo vantaggio sta nelle sue particolarità rivelate. Proprio come la superiorità degli esseri umani sugli animali è evidenziata dalla speciale provvidenza di cui godono, così le particolarità della legge rivelata mostrano la superiorità di Israele sulle altre nazioni:
{{citazione|Da ciò si vede [la presentazione delle leggi noachiche in B. Sanhedrin 56b] che ai noachidi furono dati i loro comandamenti in generale (''bi-khelalut'') non in termini specifici... Quindi il popolo aveva solo comandamenti generali fino a quando non giunse al Monte Sinai, dove i comandamenti furono esplicitati per loro nelle particolarità... Ora tutte queste questioni [leggi civili e penali] sono raggruppate in una categoria generale, ''mishpat''.|''Note al Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', shoresh 14, p. 143}}
Il teologo ebreo spagnolo del XV secolo, [[w:Joseph Albo|Joseph Albo]], fece più o meno lo stesso punto sulla superiorità della legge divina sulla legge naturale e sulla legge umana positiva (''Sefer ha-‘Iqqarim'', 1.8; cfr. [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], ''[[w:Summa Theologiae|Summa Theologiae]]'', 2-1, q. 99, a. 2). Ma non menziona Nahmanide come fonte del suo punto di vista. Nel mantenere la suprema superiorità di un ricco sistema di precetti specifici su un corpo di generalità morali, Nahmanide fu sicuramente influenzato dall'apertura di ''Kuzari'' (1, intro.) di Judah Ha-Levi, dove al re dei Khazari dalla mentalità filosofica vien detto in un sogno che Dio approva le sue intenzioni generali ma non le sue azioni specifiche. È questa critica che lancia la ricerca che infine porta il re all'ebraismo.
'''[7.20]''' Anche se la giustizia naturale sembra essere una realtà essenzialmente umana, gli esseri umani sono capaci di giustizia solo in virtù di un ''telos'' unico, che è l'essere vicini a Dio. Quindi, ci distinguiamo dagli animali sia teologicamente che moralmente. Delucidando l'osservazione di Elihu nel [[w:Libro di Giobbe|Libro di Giobbe]] secondo cui Dio " ci rende più istruiti delle bestie selvatiche e ci rende più saggi degli uccelli del cielo" ({{passo biblico2|Giobbe|35:11}}), Nahmanide spiega:
{{citazione|Elihu dice che Dio ci ha insegnato a conoscerLo e a diventare saggi riguardo alle Sue azioni in modi che gli animali non lo sono. Per questo non ha voluto che ci danneggiassimo a vicenda, istinto che ha posto negli animali, in modo che si sbranino a vicenda... Elihu disse questo per spiegare il motivo della provvidenza individuale: perché riconosciamo il nostro Creatore e acquisiamo saggezza riguardo alle Sue azioni, siamo soggetti ai Suoi comandamenti.|KR: ''Commentario a Giobbe'' 35:11 - I, 106-07}}
L'argomentazione presuppone che anche prima della consegna della Torah vi fosse un naturale riconoscimento umano di giustizia elementare, basato sul riconoscimento dell'ordine della creazione, che era riconosciuto come opera di Dio.
'''[7.21]''' Nahmanide sottolinea che i comandamenti dati poco prima della rivelazione della Torah al Sinai non sono la Torah in senso stretto, ma una sorta di preparazione morale. Non sono nemmeno distintamente ebraici:
{{citazione|Questi erano ammonimenti morali, affinché non diventassero come i campi dei predoni che commettono spudoratamente ogni tipo di atrocità... Questi non sono gli statuti e le ordinanze della Torah. Sono regolamenti civili (''hanhagot ve-yishuv ha-medinot'') simili ai termini stabiliti da Giosuè, come ricordavano i saggi.|CT: {{passo biblico2|Esodo|15:25}} - I, 359}}
Sebbene i termini stabiliti da Giosuè fossero chiaramente stipulati in relazione all'ingresso degli israeliti nella Terra d'Israele (B. Baba Kama 80b-81a), Maimonide dice che si applicano ovunque (''Hilkhot Nizqei Mamon'', 5.5). In tal caso, il loro appello deve essere rivolto al ragionamento universale. Qui Nahmanide segue il punto di vista di [[Maimonide]].
'''[7.22]''' Ancora, come Maimonide, sottolinea che il diritto civile e penale servono a mantenere una società armoniosa:
{{citazione|In un senso letterale, "i miei giudizi" (''mishpatai'') significa proprio diritto civile e penale (''ha-dinin'')... Pertanto, dice, "che un uomo compie e quindi vive". Poiché queste leggi furono date per la vita dell'uomo, per favorire la sua vita civile e per amore della pace.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:4}} - II, 99-100}}
'''[7.23]''' Nahmanide ritorna a questo punto distinguendo queste leggi, le cui ragioni sono evidenti a tutti, dagli statuti (''huqqim'') le cui ragioni sono evidenti solo attraverso la conoscenza esoterica:
{{citazione|Perché gli satuti (''huqqim'') sono comandamenti le cui ragioni non sono state rivelate alle masse, gli sciocchi li disprezzano... ma le ordinanze (''mishpatim'') sono qualcosa che tutti vogliono e necessitano, perché le persone non hanno civiltà o società senza lo stato di diritto (''mishpat'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:15}} - II, 187}}
'''[7.24]''' I Sette Comandamenti Noachici appartengono alla legge naturale; sono razionalmente evidenti:
{{citazione|Queste questioni [immoralità sessuale e rapina] e il resto dei Sette Comandamenti furono comandati dal tempo del primo essere umano. I rabbini li derivarono da accenni nel versetto ({{passo biblico2|Genesi|2:16}}) "E il Signore Dio comandò agli umani [''ha-’adam''] dicendo [di ogni albero del giardino puoi mangiare, ma dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male non devi mangiare]". Ma Dio non elaborò loro tali questioni, perché le elaborazioni ci furono date al Sinai. A prima vista, questi comandamenti sono razionali (''sikhliyot''). E ogni creatura che riconosce il suo Creatore dovrebbe considerarsi vincolata da loro (''lee-zaher'').|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 173}}
La distinzione dei "comandamenti razionali" (''sikhliyot'') da quelli conosciuti solo dalla rivelazione (''shim‘iyot'') è operata da Saadyah Gaon (''ED'', 3.3; vedere J. Faur, ''‘Iyyunim be-Mishneh Torah le-ha-Rambam'' [Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1978], 115ss.). Ma per Saadyah i comandamenti razionali riguardano sia i rapporti umani che il nostro rapporto con Dio (''ED'', 3.1). Ogni area dell'esistenza umana ammette una comprensione razionale. Non vi è alcuna differenza oggettiva tra ciò che viene dalla ragione e ciò che viene dalla rivelazione (''ED'', Introduzione, 6). La differenza tra ragione e rivelazione sta nel modo in cui essenzialmente si raggiunge la stessa verità. Con la ragione, il conoscitore umano è lo scopritore attivo della verità; con la rivelazione, il conoscitore umano è più passivo, un destinatario della verità. Ma per Nahmanide i comandamenti razionali riguardano solo le relazioni umane, e anche lì solo in parte. Per quanto riguarda la nostra relazione con Dio, la rivelazione non solo svela ciò che è già presente, ma stabilisce la relazione. Come la creazione, istituisce una nuova realtà piuttosto che descriverne una vecchia. Così Nahmanide trae l'etimologia della parola "alleanza" (''berit'') da "creazione" (''beriyyato shel ‘olam'') [CT:intro. - I, 4 secondo Shir ha-Shirim Rabbah 1.29 rif. {{passo biblico2|Dt|4:13}}].
Questa enfasi storica non è in definitiva coerente con la dottrina cabalistica secondo cui la Torah è la rivelazione dell'essere ''primordiale'' di Dio. Perché nella dottrina cabalistica, tutti i comandamenti sono partecipazioni a quella vita divina, quindi possono essere radicalmente nuovi e nessuno riguarda essenzialmente una realtà interumana. Per quanto ne so, Nahmanide non è mai riuscito a superare l'inconsistenzaè nella sua teologia, come fece invece l'autore dello ''[[Zohar]]'', in effetti, eliminando del tutto la categoria dei comandamenti razionali. Maimonide, d'altra parte, eliminò anche la distinzione, per così dire dalla direzione opposta, vedendo tutti i comandamenti come razionali in sostanza. Cfr. I. Twersky, ''Introduction to the Code of Maimonides'' (New Haven: Yale University Press, 1980) 458-59.
'''[7.25]''' Nahmanide fa la stessa distinzione nel differenziare un [[w:Noachismo|noachide]] ordinario da un residente-alieno (''ger toshav''), uno che osserva come rivelazione divina i Sette Comandamenti come intesi dalle autorità ebraiche. Il noachide ordinario li osserva semplicemente perché sono razionali (cfr. Maimonide, ''Hilkhot Melkahim'', 8.10-11).
{{citazione|Sia ben noto che il noachide menzionato in tutto il Talmud ''è'' un residente-alieno, a parte i fatto che un noachide è colui che si comporta semplicemente in modo appropriato (''ke-hogan'') verso i suoi simili secondo questi comandamenti, mentre un residente-alieno in realtà venne in una corte ebraica e l'accettò formalmente. Questo va oltre la pratica di altri noachidi, che non l'accettarono formalmente. È più puntiglioso (''medaqdeq'') su di loro... Gli altri noachidi sono nella categoria di coloro che osservano anche se in realtà non vien loro comandato di farlo [B. ‘Avodah Zarah 2b-3a]. Ma il residente-alieno, che li ha accettati in una corte ebraica, è colui che osserva questi comandamenti come comandamenti.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': B. Makkot 9a, p. 61}}
'''[7.26]''' Anche la legge naturale per Nahmanide non è semplicemente naturale. Fa parte del piano di Dio per l'ordine creato:
{{citazione|È scopo di Dio comandare che sia fatta giustizia tra le Sue creature. Poiché questo è il motivo per cui le ha create: che ci debba essere giustizia ed equità tra loro... Se ti fai prendere dal panico e fai violenza, hai peccato contro il Signore e hai violato il Suo mandato.|CT: {{passo biblico2|Dt|1:17}} - II, 349}}
'''[7.27]''' ''Imitatio Dei'', inoltre, richiede un'applicazione visionaria in circostanze concrete, specifiche, dei principi generali di giustizia ed equità enunciati nella Torah:
{{citazione|Anche quando Dio non ti ha comandato in modo specifico, dovrebbe comunque essere tua intenzione fare ciò che è buono e giusto (''yashar'') ai Suoi occhi. Perché Egli ama il bene e il giusto. Questo è un principio fondamentale. Perché è impossibile per la Torah comandare tutte le azioni umane e ordinare ogni singola interazione di un essere umano con un altro, regolare ogni transazione commerciale e migliorare ogni questione sociale e politica.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:18}} - II, 376}}
In CT: {{passo biblico2|Levitico|19:2}} (II, 115) Nahmanide espose la necessità di un ordinamento delle pratiche sessuali e rituali consentite, secondo il fine più ampio della santità. Qui spiega l'ordinamento delle pratiche sociali e commerciali consentite, ai sensi del fine generale della giustizia. La legge naturale è vista come una partecipazione alla sapienza creatrice di Dio, che governa l'universo.
'''[7.28]''' Anche l'osservanza di tali "leggi naturali" implica la divina provvidenza:
{{citazione|In verità, tutto questo è un grande privilegio dei giudici d'Israele e l'assicurazione che Dio conferma la loro autorità [''maskeem ‘al yadam''] ed è con loro in materia di vero giudizio.|CT: {{passo biblico2|Dt|19:19}} - II, 434}}
L'espressione "conferma la loro autorità" riecheggia il detto talmudico secondo cui Dio, dopo il fatto, confermò la decisione di Mosè di infrangere le prime tavole dei Dieci Comandamenti ({{passo biblico2|Esodo|32:19}}). Mosè aveva agito in base alla propria valutazione dei "bisogni dell'ora", non sulla base di un decreto divino, quando vide il popolo adorare il [[w:Vitello d'oro|Vitello d'oro]] (B. Shabbat 87a). C'è molta discussione nelle fonti rabbiniche su tali giudizi personali in tempi di crisi: l'integrità giudiziaria e la discrezione devono essere considerate affidabili nei casi che la legge non può coprire in modo specifico (B. Sanhedrin 46a). Ma c'è il pericolo sempre presente di abusi di potere e una mentalità ''vigilante'' che mette a repentaglio lo stato di diritto (B. Sanhedrin 82a; Maimonide, ''Hilkhot Sanhedrin'', 24.4, 10). Per Nahmanide, a quanto pare, la migliore garanzia che i giudici useranno la loro discrezione in modo responsabile è che siano pienamente consapevoli che il loro ruolo è di ''imitatio Dei'' (KR: ''Torat ha-’Adam'' - II, 41).
'''[7.29]''' La continuità tra i beni naturali e soprannaturali si vede nel modo in cui i comandamenti servono a fini sia corporali che spirituali:
{{citazione|Ancora una volta la Torah illumina i nostri occhi sul mistero della generazione... e così è con tutte le vie della Torah. Infatti comanda tutte le cose buone per il corpo secondo l'ordine familiare del mondo, e tutte le cose buone per l'anima in relazione alla sua natura e all'osservanza dei comandamenti. Poiché è noto che questi alimenti sono buoni per la salute e per la guarigione. Altri cibi sono dannosi per l'anima a causa dei tratti che generano... I rapaci sono crudeli e il loro sangue e la loro carne generano crudeltà nell'anima. A Israele è comandato di essere compassionevoli e amarsi gli uni con gli altri. Quindi fu giusto (''ra’ui'') che questo fosse loro proibito... Perché tutte le vie della Torah forniscono un beneficio (''to‘elet) al corpo e all'anima. Questo ordinò il Medico che sa come si formano le creature.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 166-67}}
Il medico, ovviamente, è Dio.
'''[7.30]''' I comandamenti della Torah tengono quindi conto non solo di considerazioni politiche, ma anche biologiche.
{{citazione|Le scritture proibivano il contatto sessuale con una mestruante... per preservare la specie... Lo dicono i medici stessi.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:19}} - II, 104}}
'''[7.31]''' Nahmanide accetta la logica biologica di Maimonide per i divieti dietetici della Torah, e anche la sua logica storica:
{{citazione|I cibi proibiti nella Torah fanno male anche al corpo. Maimonide ha fornito questa ragione nel ''Moreh Nevukhim'' [3.37]. È come le ragioni che diede per molti altri comandamenti, che queste pratiche proibite erano usate da maghi e stregoni a quel tempo per la stregoneria.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:23}} - II, 125}}
'''[7.32]''' Certe pratiche sono proibite perché naturalmente ripugnanti. Delucidando il raro uso peggiorativo di ''hesed'' nella proibizione dell'incesto da parte della Torah, "Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia (''hesed'')" ({{passo biblico2|Levitico|20:17}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|Secondo il parere dei commentatori, ''hesed'' significa "vergognoso" (''herpah''); perché gli uomini si vergognano naturalmente di questo atto disgustoso (''mekho‘ar'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|20:17}} - II, 131}}
'''[7.33]''' L'incesto è rifiutato, anche se alcuni tipi potrebbero sembrare consentiti dalla legge noachica. Così, nel commentare l'incesto delle figlie di Lot con il padre, Nahmanide scrive:
{{citazione|Erano timide (''tsenu‘ot'') e non volevano dire al padre di sposarle, perché un noachide potrebbe sposare sua figlia. In alternativa, era una cosa disgustosa (''mekho‘ar'') agli occhi di quelle generazioni e non doveva mai esser fatta.|CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119}}
'''[7.34]''' Anche la legge noachica, fondamentalmente, comprende i vincoli elementari che sono il ''sine qua non'' di ogni società capace di sostenere la lealtà umana. Tuttavia, non è sufficientemente specifico per fungere da contenuto di qualsiasi sistema giuridico reale. A questo proposito, il diritto civile e penale ebraico è simile alla legge noachica:
{{citazione|Ma ha imposto ai noachidi le leggi relative al furto, alla frode, allo sfruttamento e simili... Queste sono come la legge civile e penale (''ha-dinin'') data a Israele... Tali comandamenti solo limitano (''ha-meni‘ah'') l'illecito.|CT: {{passo biblico2|Genesi|34:13}} - I, 192}}
'''[7.35]''' Mentre un comandamento può avere un aspetto naturale manifesto, esso può avere contemporaneamente un aspetto mistico o soprannaturale ancora più importante. Tale è sempre il suo fondamento ultimo:
{{citazione|Sappi che il rapporto sessuale menzionato nella Torah è qualcosa da cui dovresti stare lontano; perché è disgustoso, tranne che per la conservazione della specie... Ma le unioni incestuose (''he-‘arayot'') sono statuti (''huqqim''), materie del decreto del Re. Questo è qualcosa che entra nella mente del Re, che nella Sua saggezza e sovranità conosce la necessità e lo scopo di ciò che ha comandato ma non lo spiega al popolo, se non al più saggio dei suoi consiglieri.|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:1}} - II, 101}}
'''[7.36]''' Anche le norme che soddisfano esigenze umane così evidenti come il mantenimento di buone relazioni nella società, hanno significati più profondi. Così il trattenimento dal nuocere al prossimo può essere inteso come giustificato dal naturale bisogno di ordine sociale. Ma da questo non deriva il comandamento positivo di ''amare'' il prossimo. Richiede una rivelazione speciale:
{{citazione|Il motivo per avere un comandamento speciale "ama il prossimo tuo come te stesso" è che è un obbligo insolito (''haflagah''). Perché il cuore di una persona non accetterà di dover amare il prossimo come la propria vita.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:17}} - II, 119}}
'''[7.37]''' Chiaramente Nahmanide crede che tutti i comandamenti di Dio abbiano ragioni e non siano semplicemente espressioni di autorità arbitraria. Riflettono la saggezza e la volontà di Dio. Ma solo le leggi civili e penali sono comprensibili dal canone dell'esperienza umana ordinaria. Gli altri comandamenti hanno ragioni più esoteriche:
{{citazione|Gli statuti sono i Suoi decreti (''gezerotav''), e le ordinanze sono le leggi civili e penali (''dinin''). I primi hanno bisogno di più rafforzamento perché le loro ragioni sono nascoste... Ma, inoltre, gli statuti e le ordinanze stesse sono giusti e buoni per la civiltà (''yishuv'') del popolo e della società.|CT: {{passo biblico2|Dt|4:3}} - II, 361}}
'''[7.38]''' Come Maimonide, Nahmanide si oppone vigorosamente all'idea che qualsiasi comandamento sia privo di ragioni specifiche. Se così fosse, i comandamenti di Dio sarebbero semplici espressioni di capriccio. In verità tutti esprimono la sapienza di Dio in tutta la sua specificità. La differenza tra le due categorie di comandamenti sta proprio nella facilità con cui le loro ragioni possono essere apprese dalla ragione umana senza aiuto:
{{citazione|L'intenzione non è che il decreto del Re dei re sia mai senza motivo (''ta‘am'')... ma gli statuti (''huqqim'') sono decreti di un Re emanati nel Suo regno, il cui beneficio (''to‘elatam'') non è rivelato al popolo... Parimenti gli statuti di Dio: sono Suoi misteri nella Torah che il popolo non comprende pienamente, come invece comprendono le ordinanze (''mishpatim''). Ma tutti sono ragionevoli, sani e interamente intenzionali.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:19}} - II, 120}}
'''[7.39]''' Alcune trasgressioni sono facilmente intese come offese alla vita umana e alla società. Altri offendono aspetti più profondi della vita divina stessa:
{{citazione|Perché il Diluvio si verificò a causa della corruzione della terra, e la Dispersione di Babele fu perché "tagliarono le piante", quindi furono puniti dal Suo grande Nome.|CT: {{passo biblico2|Genesi|11:2}} - I, 71}}
"Tagliare le piante" qui si riferisce all'eresia derivante dall'adozione di visioni private della vita divina e dei suoi misteri (B. Hagigah 14b). La metafora, per come la intende Nahmanide, guidata dall'opinione rabbinica, è che l'eretico taglia le piante in crescita dalle loro radici proprie quando si forma opinioni contrarie alla Torah, la fonte di ogni verità (cfr. per es., Ruth Rabbah 6.6).
'''[7.40]''' Nahmanide, come abbiamo visto, dedica molta attenzione ai comandamenti storici. Questi commemorano simbolicamente i miracoli pubblici operati da Dio, consentendo alle generazioni successive di ebrei, che non furono fisicamente presenti quando si verificarono i miracoli originali, di partecipare a quelle grandi esperienze:
{{citazione|Questi comandamenti sono chiamati "testimonianze" (''‘edot''), poiché sono un ricordo dei Suoi atti meravigliosi e una testimonianza (''‘edut'') di essi.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376}}
'''[7.41]''' Delle [[w:festività ebraiche|festività]] scrive:
{{citazione|L'essenza (''‘iqqar'') di questi comandamenti è che questi giorni siano ricordati e osservati come una vacanza da ogni lavoro estenuante.|[CT: {{passo biblico2|Numeri|30:1}} - II, 319}}
'''[7.42]''' I grandi miracoli pubblici sono rari perché il loro impatto sarebbe diminuito se fossero banalità ricorrenti. Ma ogni generazione di ebrei deve essere legata a loro:
{{citazione|Poiché Dio non compirà un miracolo o un portento (''mofet'') in ogni generazione davanti agli occhi di ogni malvagio e miscredente, ha comandato di preservare sempre un memoriale (''zikaron'') e un segno (''’ot'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|13:16}} - I, 346}}
E ancora:
{{citazione|I comandamenti chiamati "testimonianze" (''‘edot'') sono così chiamati perché servono come promemoria (''zekher'') delle azioni meravigliose di Dio e ne sono testimonianza (''‘edut'') — come ''[[w:matzah|matzah]], [[w:sukkah|sukkah]]'', [[w:Pesach|Pesach]], [[w:Shabbat|Shabbat]], ''[[w:tefillin|tefillin]]'' e ''[[w:mezuzah|mezuzah]]''... L'intento è di informare i nostri figli, che chiedono [il senso di ciò che facciamo], che il Signore è il Creatore, la Volontà e la Potenza, come ci è stato chiarito nell'Esodo dall'Egitto. Questa è la ragione (''ta‘am'') davanti ai nostri occhi. Perché noi siamo coloro che sanno e possono testimoniare dalla nostra esperienza dei segni e dei presagi che il Signore nostro Dio è il Dio del cielo e della terra; non c'è nessun altro... È bene anche per noi eseguire gli statuti (''ha-huqqim''). Nessuno statuto comporta nulla di male, anche se la sua ragione non è stata resa esplicita a tutti.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376-77}}
La distinzione tra leggi commemorative (''‘edot'') e statuti (''huqqim'') è qui vivida. Gli ''‘edot'' hanno ragioni evidenti a chiunque abbia familiarità con la storia di Israele. Gli ''huqqim'' hanno ragioni che riguardano la vita interiore di Dio. Ecco perché sono più misteriosi.
{{Vedi anche|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie delle interpretazioni}}
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[[Categoria:Nahmanide teologo|Capitolo 7]]
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{{Nahmanide teologo}}
[[File:Портрет раввина.jpg|thumb|540px|center|''Ritratto di Rabbino'', di Franz Obermüller (c.1900)]]
== I Comandamenti ==
'''[7.1]''' Il nostro rapporto con Dio è fondato sulla fede. La fede (''emunah'') non è solo uno stato di coscienza; implica la pratica. Tutti i comandamenti della Torah sono atti di fede. La loro corretta esecuzione deve riconoscere Dio per Quello che è e accettarLo per Colui che è, il Dio che si è rivelato a Israele nei miracoli pubblici (''nissim mefursamim''). Poiché ciò che sappiamo di Dio viene dalla storia, il ''locus'' della fede è la memoria (Note sul ''Sefer ha-Mitsvot'' di Maimonide, pos. n. 1, p. 261). La fede si compie quando la memoria degli atti potenti di Dio è espressa nei comandamenti che commemorano quegli atti così come li ha sperimentati Israele:
{{citazione|Ci ha comandato di avere fede nelDio unico, che Egli sia esaltato: che esiste, che è Colui che comprende e può tutto. La nostra fede dovrebbe essere unita nell'intendere (''ye-she-niyyahed'') questi attributi, poiché ogni onore è Suo. Così ci ha comandato di onorare la menzione del suo Nome, di fare un segno e un ricordo perpetuo (''siman ve-zikaron tamid'') per farci sapere che Dio ha creato ogni cosa.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 398}}
'''[7.2]''' L'accettazione dei comandamenti dipende dall'accoglienza della realtà di Dio e della Sua particolare provvidenza :
{{citazione|Dobbiamo credere che Dio conosce le persone individuali (''’ishim'') in tutte le loro particolarità, sia le persone celesti (''ha-‘elyonim'') che quelle terrene (''ve-ha-tahtonim''), le loro azioni e pensieri, passati, presenti e futuri. Perché egli è il loro creatore, il dispensatore dell'esistenza che ora hanno, il loro creatore dal nulla assoluto (''me-’afeisah muhletet'')... Da questo si passa alla fede nella provvidenza di Dio (''ha-hashgahah'')... donde noi possiamo affermare (''titkayyem'') la vera autorità della Torah e dei comandamenti. Poiché, fin quando crediamo che Dio ci conosce e si prende cura di noi, la nostra fede si estende alla profezia, e crediamo che Dio, sia Egli saltato, conosce e ama, comanda e ammonisce, cioè ci comanda di fare ciò che è buono e giusto e ci rimprovera di ciò che è male. Ci protegge e conserva per noi tutte le buone conseguenze menzionate nella Torah, e porterà sui trasgressori la punizione che ha decretato per loro.|KR: ''Commentario a Giobbe'', intro. - I, 17-18}}
Per Nahmanide, "l'affermazione" (''qiyyum'') dell'autorità della Torah e dei comandamenti è un atto di fede, prima dell'adempimento di uno qualsiasi dei singoli comandamenti (CT: {{passo biblico2|Dt|27:26}} - II, 472; ''supra'', 2.24 ). È il lato cognitivo di ''kavvanah''. Emotivamente, bisogna dirigere il cuore a Dio. Dal punto di vista cognitivo, si deve conoscere quanto più umanamente possibile sul Dio a cui il proprio cuore è così diretto (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:2}} - I, 354-55 rif. ''Mekhilta'': Be-shalah, cur. Horovitz-Rabin, 128). Sia il lato cognitivo che quello emotivo della fede sono richiesti nella corretta osservanza dei comandamenti.
'''[7.3]''' Poiché tutti i comandamenti hanno ragioni, ciascuno con una funzione unica nell'economia divina del cosmo, si è obbligati a discernere la ragione di ogni comandamento e farne l'intenzione (''kavvanah'') della propria osservanza. Anche negli ambiti della vita che sono lasciati alla discrezione privata (''reshut''), si deve trovare la giusta intenzione verso il divino:
{{citazione|In effetti, si può essere miserabili (''naval'') mentre ci si conforma al comportamento consentito dalla Torah (''bi-reshut ha-Torah''). Così, specificati gli atti che proibisce assolutamente, la Scrittura ha comandato in termini più generali che si tenga le distanze anche da ciò che è permesso.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:1}} - II, 15}}
Nahmanides intende che si dovrebbe evitare l'eccesso e la volgarità anche nel mangiare, nel bere e nell'espressione sessuale consentiti. Perché il piacere fisico non è il ''summum bonum''. Nahmanide è favorevole all'opinione talmudica che il [[w:Nazireato|nazireo]] sia un santo, in contrasto con la visione talmudica alternativa secondo cui un tale asceta è un peccatore per aver negato a se stesso i piaceri che la Torah normalmente consente (B. Ta‘anit 10a e paralleli; per la critica dell'ascetismo, cfr. Y. Berakhot 2.9/5d; Y. Nedarim 9.1/41b; B. Baba Batra 60b; e soprattutto Maimonide, ''Shemonah Peraqim'', cap. 4, cur. Kafih (Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1965), 254 [cfr. ''Moreh'', 3.48]). Per Maimonide, la santità è in definitiva una collaborazione attiva con Dio, che cresce dal riconoscimento del governo creativo di Dio nel mondo (''Moreh'', 3.54, fine). Ciò che è richiesto per questo, come per tutta la pietà, non è l'ascesi, ma il ragionevole contenimento dell'eccesso (''Hilkhot De‘ot'', 1,4-6). Per Nahmanide, tuttavia, un ulteriore autocontrollo, per amore di Dio, può essere esso stesso un atto santo. L'ascetismo ha caratterizzato gran parte del misticismo ebraico, siano essi Cabala spagnola o Hasidut tedesco (cfr. Scholem, ''Origins of the Kabbalah'', 229ss.). La tendenza risale ai tempi del misticismo [[w:Gaon|Geonim]] e [[w:Heikhalot|Hekhalot]] (cfr. Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', 49-50). Anche se tale ascetismo molto precede Nahmanide, la sua approvazione gli ha conferito l'ulteriore autorità della sua statura di halakhista.
'''[7.4]''' Nahmanide considera il ritorno del nazireo nel mondo ordinario come una peccaminosa discesa da un piano spirituale superiore:
{{citazione|Il motivo dell'offerta per il peccato (''hat’at'') che il nazireo offre il giorno del compimento del suo voto nazireico non è stato spiegato. Secondo il significato semplice... è giusto che sia nazireo e sia santificato a Dio... Anzi, ha bisogno dell'espiazione per tornare nell'impurità dei piaceri del mondo.|CT: {{passo biblico2|Numeri|6:11}} - II, 215}}
'''[7.5]''' Nahmanide non può dire che ogni comandamento deve essere eseguito con la giusta intenzione per essere legalmente valido, ma indica che la piena realizzazione dei comandamenti richiede la giusta intenzione:
{{citazione|È noto che chi esegue un comandamento ma non lo comprende non lo ha adempiuto completamente (''bi-shlemut'')... Perché sei obbligato a ricordare il grande miracolo compiuto per te.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 151}}
Agire senza consapevolezza dell'intento dell'atto significa non soddisfare il requisito stesso del comandamento in questione. Per Nahmanide, l'intenzione qui non significa contemplazione astratta della divinità, ma concentrazione sul miracolo specifico che l'atto commemora.
'''[7.6]''' Il livello di intenzione (''kavvanah'') che si deve avere per adempiere un comandamento è oggetto di un lungo e inconcludente dibattito nel Talmud (B. Rosh Hashanah 28a ''et seq.''). Per Nahmanide l'intenzione è fondamentale nel permetterci di riconoscere la volontà di Dio come fonte di un comandamento e la sapienza di Dio nella specificazione del suo scopo. Attraverso l'intenzione, per così dire, si segue il proposito di Dio. Ammettendo che ci sono molte opinioni sull'argomento ''kavvanah'', Nahmanide fonda un argomento massimalista su un brano della Mishnah: "Se uno leggesse la Torah [Dt. 6:4-9, contenuto testuale dello Shema] e giungesse l'ora della recita liturgica dello [[w:Shemà|Shema]], se il cuore ha inteso questo comandamento specifico, lo ha adempiuto; se no, non l'ha adempiuto" [M. Berakhot 2.1].
{{citazione|Riguardo alla questione dell'intenzione nel suonare lo [[w:shofar|shofar]]: se lo si suona solo per fare un suono musicale, la questione è dibattuta nel Talmud e tra i Geonim... Rabbenu Hai scrisse che anche se è legge che se si esegue un comandamento senza l'intenzione lo ha comunque adempiuto, tuttavia, quando si eseguono i comandamenti, si abbia regolarmente intenzione di farlo. In tutta umiltà, abbiamo una prova per il punto di vista dell'autore di ''Halakhot Gedolot'' [che accetta la visione massimalista alla fine del suo trattamento delle leggi di [[w:Rosh haShana|Rosh haShanah]]] dalla legge all'inizio del secondo capitolo della Mishnah, Berakhot [riguardo allo ''Shema''].|KR: ''Sermone per Rosh HaShanah'' - I, 241}}
Nahmanide confessa di non poter presumere di aver risolto il dibattito pratico tra i Geonim, ma teologicamente ha certamente risolto la questione. Coloro che sono stati influenzati dalla tradizione cabalistica, di cui Nahmanide era una fonte così importante, sottolineavano la necessità della ''kavvanah'', non solo su basi teologiche generali, ma anche su basi halakhiche specifiche, ove possibile (cfr. sopecialm., Joseph Karo, ''Shulhan ‘Arukh'': ’Orah Hayyim, 60.4; anche, R. J. Z. Werblowsky, ''Joseph Karo: Lawyer and Mystic'' [Philadelphia: JPS, 1977], 162-63).
'''[7.7]''' Nel significato che assegna a ''kavvanah'', Nahmanide non è d'accordo con Maimonide sul versetto, "servirlo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}). Maimonide interpreta il commento rabbinico su questo versetto, "questa è preghiera... il servizio del cuore" (''Sifre'': Devarim, n. 41, ed. Finkelstein, 87-88; B. Ta‘anit 2a) come se vi trovasse un mandato letterale per la preghiera (''Sefer ha-Mitzvot'', pos. n. 5), sebbene il contenuto effettivo del culto formale sia formulato dai Rabbini (''Hilkhot Tefillah'', 1.1). Nahmanide vede il versetto come riferito a tutti i comandamenti della Torah. Per lui l'allusione alla preghiera è un'inferenza omiletica (''’asmakhta''):
{{citazione|Il significato essenziale del versetto "servendolo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}) è che è comandamento positivo che tutte le nostre opere siano per Dio, sia Egli esaltato, siano fatte con tutto il nostro cuore. Ciò significa con intenzione corretta e piena, per l'amor di Dio e senza alcun pensiero malvagio. Non dobbiamo eseguire i comandamenti senza intenzione o dubitare che abbiano qualche beneficio (''to‘elet'').|''Note a Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', pos. n. 5, p. 156}}
'''[7.8]''' L'intenzione è così centrale che l'adempimento di un comandamento per la ragione sbagliata può essere un peccato. Quindi la schiavitù egizia degli israeliti faceva parte del piano divino, ma comunque peccaminosa:
{{citazione|Così, quando Dio decretò la servitù di Israele in Egitto, essi andarono e li resero schiavi con la forza... Quando il decreto esce per mezzo di un profeta... c'è merito nell'eseguirlo... ma se uno udisse il comandamento [di uccidere] e allora uccidesse per odio o per saccheggio, sarebbe punito, poiché il suo intento è peccaminoso. Poiché gli [[w:Antico Egitto|egizi]] sapevano che era un comandamento del Signore [che Israele fosse reso schiavo da loro].|CT: {{passo biblico2|Genesi|15:14}} - I, 94}}
'''[7.9]''' Poiché il fondamento della Torah, che è la sovranità di Dio sull'universo, è noto attraverso l'esperienza storica, l'affermazione di tale esperienza ha la priorità anche sullo studio dei precetti della Torah. L'esperienza storica ''par excellence'' è la teofania al Sinai. Così i Rabbini chiariscono il versetto: "Soltanto, bada bene a te stesso e veglia diligentemente sull'anima tua, per non dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, ed esse non ti escano dal cuore finché duri la tua vita. Anzi, falle sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli" ({{passo biblico2|Dt|4:9}}) intendendo il dovere di educare la propria progenie ai precetti della Torah (B. Kiddushin 30a). Ma Nahmanide tratta questa glossa come omiletica (''asmakhta''). Trova il comandamento letterale a un livello molto più profondo:
{{citazione|Il secondo comandamento è che non dimentichiamo la teofania al Monte Sinai... perché è un principio fondamentale (''yesod gadol'') della Torah... Non commettere l'errore di interpretare questo versetto come una semplice omelia sull'insegnamento della Torah ai propri pronipoti. Perché la fede nella stessa Torah (''emunat ha-Torah'') è ciò che qui si intende per studio della Torah... Questo è ciò che deve essere trasmesso di generazione in generazione.|''Note su Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'': Addenda, neg. n. 2, p. 396}}
L'esistenza, la potenza e la volontà di Dio furono rivelate a Israele sul Sinai: "Essi sono coloro che conoscono e sono i testimoni (''‘edim'') di tutte queste cose" (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:2}} - I, 388). La testimonianza di Israele è storica. Un testimone è colui che fu presente a un evento e lo segnala alla comunità. Gli eventi richiedono testimoni perché sono singolari. Coloro che non sono effettivamente presenti devono imparare dai resoconti di coloro di cui possono fidarsi. Con i processi ordinari della natura, non sono richiesti testimoni speciali. Perché questi sono accessibili a tutti. Nessuno ha bisogno di impararli da una storia raccontata da qualcun altro. La dimostrazione scientifica presuppone che ciò che riporta sia, almeno in linea di principio, accessibile a qualsiasi osservatore. Poiché i principi che mostra sono sempre presenti, anche se non lo sono i fenomeni che li manifestano.
La differenza tra testimonianza storica e dimostrazione scientifica è esemplificata nella discussione rabbinica sull'istituzione della determinazione dell'ora esatta del [[:en:w:New moon#Hebrew calendar|Novilunio]], punto di riferimento chiave nella regolazione del [[w:calendario ebraico|calendario ebraico]]. (Per il contesto storico, cfr. M. M. Kasher, ''Torah Shlemah'' [New York, 1949] XIII). Per i Rabbini, l'obbligo di testimoni oculari per l'apparizione della Luna Nuova (M. Rosh Hashanah 1.6 ''et seq.'') non è un ''sine qua non'' per scopi calendariali (B. Betsah 4b). I testimoni sono preferiti quando il Sinedrio è effettivamente in funzione nella Terra d'Israele. Ma altrimenti i calcoli fatti dai Rabbini in epoca talmudica fissano il calendario ebraico (cfr. ''Note su Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', pos. n. 153, p. 214 e testo di Maimonide alle pp. 211-12): la questione è essenzialmente di dimostrazione scientifica (Maimonide, ''Hilkhot Qiddush ha-Hodesh'', 1.6; 5.2-3; 11.1-4; 17.24), non di esperienza singolare. Nel contesto storico i testimoni ''affermano'' ciò che deve essere conosciuto dagli altri; nel contesto scientifico i testimoni si limitano a ''confermare'' ciò che gli altri in linea di principio possono conoscere da soli.
Trattando il ruolo della testimonianza nella rivelazione, Nahmanide segue Judah Ha-Levi, per il quale l'ebraismo si basa in definitiva sulla teofania del Sinai e sulla testimonianza dell'intero popolo d'Israele, che l'ha vissuta (''Kuzari'', 1.48). La presenza di Dio si manifesta in eventi storici unici. Per Maimonide, invece, il contenuto stesso della teofania del Sinai è credibile perché i primi due comandamenti del decalogo sono verità razionalmente evidenti che fondano tutti gli altri comandamenti: quelli positivi sulla base di "Io sono il Signore Dio tuo"; il negativo, sulla base di "non ci saranno altri dèi" (''Moreh Nevukhim'', 2.33; ''Sefer ha-Mitsvot'', pos. n. 1, neg. n. 1; ''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 1.6; cfr. la fonte talmudica di questa opinione, B. Makkot 24a, dove il fondamento di questi due comandamenti nella rivelazione è l'enfasi principale). Per Maimonide è la certezza razionale che esenta l'esperienza del Sinai dall'accusa che potrebbe essere stata un'illusione di massa (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 8.1-3). La realtà di Dio è conosciuta attraverso l'apprensione della natura da parte della ragione. Quindi la testimonianza storica ha il ruolo secondario che i testimoni svolgono nell'accertamento del [[w:Novilunio|Novilunio]]. Inoltre, sostiene Maimonide, la testimonianza non è di per sé dimostrabile razionalmente. È solo più o meno credibile. Così Maimonide designa l'intera istituzione giuridica della testimonianza (''‘edut'') come quella che ci è comandato di accettare, nonostante l'indimostrabilità di ciò che è testimoniato e la costante possibilità di inganno o illusione (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 7,7; ''Hilkhot ‘Edut'', 18.3; ''Hilkhot Sanhedrin'', 18.6). Per Ha-Levi e Nahmanide l'evento della rivelazione è il fondamento del suo contenuto. Per Maimonide, l'evento della rivelazione è l'occasione in cui ciò che è sempre stato vero in linea di principio (''ratio per se'') viene da noi scoperto (''ratio quoad nos'').
'''[7.10]''' Per Nahmanide, l'esperienza umana del mondo si articola su tre livelli fondamentali: 1) esperienza ordinaria dell'ordine naturale familiare; 2) miracoli pubblici, dove la potenza di Dio sconvolge l'ordinario stato della natura, in modo da far balzare coloro che vivono questi grandi eventi ad una maggiore consapevolezza dell'opera di Dio nel mondo; e 3) miracoli segreti, che manifestano la costante provvidenza di Dio. L'azione umana, come strutturata dalla Torah nei suoi comandamenti, è correlata a questi tre livelli di esperienza; sono correlati, in quanto un comandamento può avere diverse ragioni.
{{citazione|Ciascuno dei comandamenti del Signore ha molte ragioni. Per ognuno ha molti benefici (''to‘elet''), sia per il corpo che per l'anima.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411}}
'''[7.11]''' Sebbene Nahmanide accetti molteplici ragioni per ogni comandamento, rifiuta le ragioni che considera pretestuose:
{{citazione|La motivazione di Maimonide per i sacrifici [''Moreh'', 3.46]... è vana speculazione (''divrei hav’ai'')... Meglio ascoltare la ragione di chi dice che è perché le azioni di un essere umano sono costituite da pensiero, parola e azione, così Dio ha comandato che quando qualcuno pecca, deve portare un sacrificio e premervi sopra le mani, per dar significato all'atto (''ke-neged ha-ma‘aseh''), confessare con la sua bocca, per significare la parola, e bruciare le viscere e i reni, che sono gli organi del pensiero e del desiderio... Queste parole sono facilmente accessibili e attirano il cuore come le parole dell'Aggadah [cfr. B. Shabbat 87a; B. Baba Batra 10a rif. {{passo biblico2|Proverbi|3:35}}]. Ma in termini di verità superiore (''‘al derekh ha’emet''), c'è un mistero nascosto (''sod ne‘elam'') nei sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|1:9}} - II, 11-12}}
Il punto di vista di Maimonide che Nahmanide critica qui è che i sacrifici erano storicamente necessari, come forma di culto a cui il popolo d'Israele era abituato. Erano un compromesso con la realtà culturale, ma accuratamente epurati da ogni associazione idolatrica. Nahmanide obietta che il culto sacrificale è troppo centrale nell'ebraismo perché una logica così storicamente contingente sia vera. Sarebbe preferibile una seconda linea di interpretazione (l'autore della quale non nomina, sebbene assomigli a un approccio suggerito nel ''Commentario alla Torah'' di Ibn Ezra: Lev. 1:4 dopo Vayiqra Rabbah 7.3): che i sacrifici simboleggiano la vera contrizione e uno spirito di sacrificio di sé nel presentarsi davanti a Dio. Lo stesso punto è poi sottolineato dallo ''[[Zohar]]'' (Vayiqra, 3:9b e dal ''Commentario alla Torah'' di Bahya ben Asher su questo stesso versetto). Ma Nahmanide trova il significato più profondo dei sacrifici in una realtà divina. In sostanza, sostiene, soddisfano i bisogni divini. Questo è il punto di vista della Cabala, e l'approccio di Nahmanide qui influenzò profondamente i cabalisti successivi (cfr. I. Tishby, ''Mishnat ha-Zohar'', 2.194ss.)
'''[7.12]''' Nonostante il rifiuto da parte di Nahmanide della logica generale di Maimonide per il sistema sacrificale, egli concorda sul fatto che Maimonide avesse ragione nell'interpretare alcuni divieti del culto come anti-idolatrici nell'intento:
{{citazione|È plausibile (''yitakhen'') interpretare i divieti di lievito e miele sull'altare come fa Maimonide nel ''Moreh Nevukhim'' [3.46], quando afferma di aver trovato nei libri degli antichi idolatri che era loro abitudine, praticando l'adorazione pagana, offrire le loro offerte di cibo in forma lievitata e mescolare il miele in tutti i loro sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|2:2}} - II, 17-18}}
'''[7.13]''' Una teologia che trova ragioni per i comandamenti di Dio non può vederli come semplici decreti positivi. Piuttosto, devono essere visti come garantiti o dai benefici che apportano nel migliorare le relazioni umane, o dal bene che apportano alla relazione tra Dio e uomo. Quest'ultimo rapporto, costituito dalla rivelazione, è immutabile. Ma in fondo tutti i comandamenti costituiscono il rapporto tra Dio e uomo. Quindi tutti sono immutabili (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:26}} - I, 361). Non possono essere abrogati dalla mera autorità umana. Perché la determinazione divina di ciò che è bene per l'uomo ha sempre la precedenza sulle nozioni umane. Le proiezioni umane di ciò che è bene per gli esseri umani sono ancora essenzialmente umane, quindi sono soggette all'abrogazione umana. Nahmanide sottolinea la distinzione in un'analisi halakhica dei giuramenti:
{{citazione|Alcuni dicono che [il giuramento di accettare la Torah al Monte Sinai] sia stato fatto con il consenso divino (''‘al da‘at ha-Maqom'')... e che il consenso di Mosè non fosse necessario, se non in quanto si fece portavoce della corte [umana] al loro Padre celeste... C'è un interprete che dice che il testo talmudico corretto recita "per consenso divino e quello del suo entourage angelico (''u-famaliah shelo'')", ma ciò è errato... Un interprete dice che la regola che i giuramenti comunitari a Dio possono essere revocati non si applica a nessun comandamento di Dio, perché ciò che è giurato secondo la volontà di Dio (''‘al da‘ato'') non può essere annullato (''hafarah''), dato che i Suoi comandamenti sono per sempre. Perché "Dio non è un uomo, da poter mentire" ({{passo biblico2|Numeri|23:19}}). Ma ciò che la comunità fa voti in materie ritenute facoltative (''bi-dvar reshut''), dove hanno collegato il loro consenso con quello di Dio, può essere abrogato e possono accettare di consentirne la violazione... e Dio concorda con la loro decisione. A me sembra che la giusta formula legale per tali giuramenti debba essere: "Per consenso divino e quello della congregazione (''kenesset'') d'Israele con Lui"... Cioè, il consenso di molti. Tuttavia, ciò che la comunità giura invocando il consenso divino, quello lo possono abrogare (''yesh hetter''). Perché non si sono proibiti di cambiarla, in quanto loro stessi l'hanno iniziata.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Shevu‘ot 29b, pp. 112-13}}
{{citazione|Quando si dice nel Talmud [B. Shevu‘ot 29b] che "col consenso di Dio" significa ciò che non può essere abrogato, colui che ha affermato ciò presumeva che ciò si applicasse solo al giuramento implicato nell'accettazione della Torah. Poiché Dio non accetterebbe di annullare (''le-vattel'') nemmeno una lettera della Torah. Ma in una questione essenzialmente facoltativa, Dio riconoscerebbe la necessità di proibire qualcosa ora e poi permetterlo.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 287}}
Pertanto, sebbene Nahmanide veda la legislazione rabbinica come un'espressione della legge divina (''Note sul Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', shoresh 1), vede una differenza tra la legge scritturale e quella rabbinica, in quanto la legge rabbinica può essere abrogata.
'''[7.14]''' Per Nahmanide, quindi, Dio decreta nella Torah ciò che vede è necessario agli esseri umani. Ma permette alle autorità umane di emanare i propri, mutevoli decreti in quelle aree non determinate dai mandati della Torah. Dio non solo permette, ma ordina specificamente questa attività, impartendo così autorità divina alle leggi umane:
{{citazione|Inoltre, "per consenso divino" è annesso anche ai comandamenti rabbinici. Perché se si dovesse dire che il consenso divino è menzionato solo nel giuramento che Mosè fece fare a Israele... ma non è annesso ai nostri giuramenti e condanne (''ve-haramim''), allora perché i nostri antenati menzionarono il consenso divino in relazione a [ loro] proibizioni — a meno che Dio non fosse d'accordo? Egli, esaltato sia il Suo Nome, concorre a che facciamo ciò che è buono e giusto ai Suoi occhi e agli occhi degli esseri umani.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 299}}
'''[7.15]''' I comandamenti specifici non presuppongono miracoli né segreti né pubblici. La maggior parte presume l'ordine ordinario della natura. Si può vedere che un certo numero di comandamenti serve ai bisogni umani ordinari. Nahmanide, che è spesso considerato un anti-razionalista, trova la legge naturale nella stessa Torah. È abbastanza aperto su questo in un certo numero di punti, specialmente nel suo ''Commentario alla Torah''. Riguardo alla punizione della generazione del Diluvio, scrive:
{{citazione|Infatti contro di loro non fu decretata punizione se non per la violenza (''hamas''). Per questo [l'inaccettabilità dell'illegalità] è una questione razionale (''‘inyan muskal'') che non dipende dalla rivelazione (Torah).|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:2}} - I, 48}}
'''[7.16]''' Seguendo una tendenza evidente nella teoria della legge naturale sin dai tempi dei filosofi stoici e dei giuristi romani, Nahmanide considera il divieto della violenza anarchica riconosciuto dal pubblico consenso e ben noto alla ragione:
{{citazione|La violenza è rapina e oppressione... un peccato che è noto e pubblicamente riconosciuto (''mefursam'')... perché è un comandamento razionale (''mitsvah muskelet''), la cui proibizione non ha bisogno di un comandamento profetico.|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:13}} - I, 52}}
'''[7.17]''' Per quanto riguarda le regole razionali, Nahmanide trova a volte un precedente negli standard morali degli antichi (CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119). Egli vede persino contenuti razionali in ''mitsvot'' non solitamente ritenute comandamenti razionali:
{{citazione|Infatti gli antichi saggi, prima del dono della Torah, sapevano che c'è una grande utilità (''to‘elet'') nel [[w:levirato |matrimonio levirato]].|CT: {{passo biblico2|Genesi|29:27}} - I, 215}}
'''[7.18]''' La legge naturale universalmente accettata è il requisito minimo per gli ebrei, notevolmente integrato dalla legge rivelata della Torah:
{{citazione|Così trovi che i patriarchi e i profeti si comportarono in modo morale universalmente accettato (''derekh erets'')... se i patriarchi e i profeti che vennero a fare la volontà di Dio si comportarono in modo morale universalmente accettato, quanto più dovrebbero le persone ordinarie.|CT: {{passo biblico2|Esodo|12:21}} - I, 334}}
'''[7.19]''' La rivelazione ebraica condivide molti punti generali con la legge naturale e con la legge noachica. Il suo vantaggio sta nelle sue particolarità rivelate. Proprio come la superiorità degli esseri umani sugli animali è evidenziata dalla speciale provvidenza di cui godono, così le particolarità della legge rivelata mostrano la superiorità di Israele sulle altre nazioni:
{{citazione|Da ciò si vede [la presentazione delle leggi noachiche in B. Sanhedrin 56b] che ai noachidi furono dati i loro comandamenti in generale (''bi-khelalut'') non in termini specifici... Quindi il popolo aveva solo comandamenti generali fino a quando non giunse al Monte Sinai, dove i comandamenti furono esplicitati per loro nelle particolarità... Ora tutte queste questioni [leggi civili e penali] sono raggruppate in una categoria generale, ''mishpat''.|''Note al Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', shoresh 14, p. 143}}
Il teologo ebreo spagnolo del XV secolo, [[w:Joseph Albo|Joseph Albo]], fece più o meno lo stesso punto sulla superiorità della legge divina sulla legge naturale e sulla legge umana positiva (''Sefer ha-‘Iqqarim'', 1.8; cfr. [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], ''[[w:Summa Theologiae|Summa Theologiae]]'', 2-1, q. 99, a. 2). Ma non menziona Nahmanide come fonte del suo punto di vista. Nel mantenere la suprema superiorità di un ricco sistema di precetti specifici su un corpo di generalità morali, Nahmanide fu sicuramente influenzato dall'apertura di ''Kuzari'' (1, intro.) di Judah Ha-Levi, dove al re dei Khazari dalla mentalità filosofica vien detto in un sogno che Dio approva le sue intenzioni generali ma non le sue azioni specifiche. È questa critica che lancia la ricerca che infine porta il re all'ebraismo.
'''[7.20]''' Anche se la giustizia naturale sembra essere una realtà essenzialmente umana, gli esseri umani sono capaci di giustizia solo in virtù di un ''telos'' unico, che è l'essere vicini a Dio. Quindi, ci distinguiamo dagli animali sia teologicamente che moralmente. Delucidando l'osservazione di Elihu nel [[w:Libro di Giobbe|Libro di Giobbe]] secondo cui Dio " ci rende più istruiti delle bestie selvatiche e ci rende più saggi degli uccelli del cielo" ({{passo biblico2|Giobbe|35:11}}), Nahmanide spiega:
{{citazione|Elihu dice che Dio ci ha insegnato a conoscerLo e a diventare saggi riguardo alle Sue azioni in modi che gli animali non lo sono. Per questo non ha voluto che ci danneggiassimo a vicenda, istinto che ha posto negli animali, in modo che si sbranino a vicenda... Elihu disse questo per spiegare il motivo della provvidenza individuale: perché riconosciamo il nostro Creatore e acquisiamo saggezza riguardo alle Sue azioni, siamo soggetti ai Suoi comandamenti.|KR: ''Commentario a Giobbe'' 35:11 - I, 106-07}}
L'argomentazione presuppone che anche prima della consegna della Torah vi fosse un naturale riconoscimento umano di giustizia elementare, basato sul riconoscimento dell'ordine della creazione, che era riconosciuto come opera di Dio.
'''[7.21]''' Nahmanide sottolinea che i comandamenti dati poco prima della rivelazione della Torah al Sinai non sono la Torah in senso stretto, ma una sorta di preparazione morale. Non sono nemmeno distintamente ebraici:
{{citazione|Questi erano ammonimenti morali, affinché non diventassero come i campi dei predoni che commettono spudoratamente ogni tipo di atrocità... Questi non sono gli statuti e le ordinanze della Torah. Sono regolamenti civili (''hanhagot ve-yishuv ha-medinot'') simili ai termini stabiliti da Giosuè, come ricordavano i saggi.|CT: {{passo biblico2|Esodo|15:25}} - I, 359}}
Sebbene i termini stabiliti da Giosuè fossero chiaramente stipulati in relazione all'ingresso degli israeliti nella Terra d'Israele (B. Baba Kama 80b-81a), Maimonide dice che si applicano ovunque (''Hilkhot Nizqei Mamon'', 5.5). In tal caso, il loro appello deve essere rivolto al ragionamento universale. Qui Nahmanide segue il punto di vista di [[Maimonide]].
'''[7.22]''' Ancora, come Maimonide, sottolinea che il diritto civile e penale servono a mantenere una società armoniosa:
{{citazione|In un senso letterale, "i miei giudizi" (''mishpatai'') significa proprio diritto civile e penale (''ha-dinin'')... Pertanto, dice, "che un uomo compie e quindi vive". Poiché queste leggi furono date per la vita dell'uomo, per favorire la sua vita civile e per amore della pace.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:4}} - II, 99-100}}
'''[7.23]''' Nahmanide ritorna a questo punto distinguendo queste leggi, le cui ragioni sono evidenti a tutti, dagli statuti (''huqqim'') le cui ragioni sono evidenti solo attraverso la conoscenza esoterica:
{{citazione|Perché gli satuti (''huqqim'') sono comandamenti le cui ragioni non sono state rivelate alle masse, gli sciocchi li disprezzano... ma le ordinanze (''mishpatim'') sono qualcosa che tutti vogliono e necessitano, perché le persone non hanno civiltà o società senza lo stato di diritto (''mishpat'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:15}} - II, 187}}
'''[7.24]''' I Sette Comandamenti Noachici appartengono alla legge naturale; sono razionalmente evidenti:
{{citazione|Queste questioni [immoralità sessuale e rapina] e il resto dei Sette Comandamenti furono comandati dal tempo del primo essere umano. I rabbini li derivarono da accenni nel versetto ({{passo biblico2|Genesi|2:16}}) "E il Signore Dio comandò agli umani [''ha-’adam''] dicendo [di ogni albero del giardino puoi mangiare, ma dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male non devi mangiare]". Ma Dio non elaborò loro tali questioni, perché le elaborazioni ci furono date al Sinai. A prima vista, questi comandamenti sono razionali (''sikhliyot''). E ogni creatura che riconosce il suo Creatore dovrebbe considerarsi vincolata da loro (''lee-zaher'').|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 173}}
La distinzione dei "comandamenti razionali" (''sikhliyot'') da quelli conosciuti solo dalla rivelazione (''shim‘iyot'') è operata da Saadyah Gaon (''ED'', 3.3; vedere J. Faur, ''‘Iyyunim be-Mishneh Torah le-ha-Rambam'' [Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1978], 115ss.). Ma per Saadyah i comandamenti razionali riguardano sia i rapporti umani che il nostro rapporto con Dio (''ED'', 3.1). Ogni area dell'esistenza umana ammette una comprensione razionale. Non vi è alcuna differenza oggettiva tra ciò che viene dalla ragione e ciò che viene dalla rivelazione (''ED'', Introduzione, 6). La differenza tra ragione e rivelazione sta nel modo in cui essenzialmente si raggiunge la stessa verità. Con la ragione, il conoscitore umano è lo scopritore attivo della verità; con la rivelazione, il conoscitore umano è più passivo, un destinatario della verità. Ma per Nahmanide i comandamenti razionali riguardano solo le relazioni umane, e anche lì solo in parte. Per quanto riguarda la nostra relazione con Dio, la rivelazione non solo svela ciò che è già presente, ma stabilisce la relazione. Come la creazione, istituisce una nuova realtà piuttosto che descriverne una vecchia. Così Nahmanide trae l'etimologia della parola "alleanza" (''berit'') da "creazione" (''beriyyato shel ‘olam'') [CT:intro. - I, 4 secondo Shir ha-Shirim Rabbah 1.29 rif. {{passo biblico2|Dt|4:13}}].
Questa enfasi storica non è in definitiva coerente con la dottrina cabalistica secondo cui la Torah è la rivelazione dell'essere ''primordiale'' di Dio. Perché nella dottrina cabalistica, tutti i comandamenti sono partecipazioni a quella vita divina, quindi possono essere radicalmente nuovi e nessuno riguarda essenzialmente una realtà interumana. Per quanto ne so, Nahmanide non è mai riuscito a superare l'inconsistenzaè nella sua teologia, come fece invece l'autore dello ''[[Zohar]]'', in effetti, eliminando del tutto la categoria dei comandamenti razionali. Maimonide, d'altra parte, eliminò anche la distinzione, per così dire dalla direzione opposta, vedendo tutti i comandamenti come razionali in sostanza. Cfr. I. Twersky, ''Introduction to the Code of Maimonides'' (New Haven: Yale University Press, 1980) 458-59.
'''[7.25]''' Nahmanide fa la stessa distinzione nel differenziare un [[w:Noachismo|noachide]] ordinario da un residente-alieno (''ger toshav''), uno che osserva come rivelazione divina i Sette Comandamenti come intesi dalle autorità ebraiche. Il noachide ordinario li osserva semplicemente perché sono razionali (cfr. Maimonide, ''Hilkhot Melkahim'', 8.10-11).
{{citazione|Sia ben noto che il noachide menzionato in tutto il Talmud ''è'' un residente-alieno, a parte i fatto che un noachide è colui che si comporta semplicemente in modo appropriato (''ke-hogan'') verso i suoi simili secondo questi comandamenti, mentre un residente-alieno in realtà venne in una corte ebraica e l'accettò formalmente. Questo va oltre la pratica di altri noachidi, che non l'accettarono formalmente. È più puntiglioso (''medaqdeq'') su di loro... Gli altri noachidi sono nella categoria di coloro che osservano anche se in realtà non vien loro comandato di farlo [B. ‘Avodah Zarah 2b-3a]. Ma il residente-alieno, che li ha accettati in una corte ebraica, è colui che osserva questi comandamenti come comandamenti.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': B. Makkot 9a, p. 61}}
'''[7.26]''' Anche la legge naturale per Nahmanide non è semplicemente naturale. Fa parte del piano di Dio per l'ordine creato:
{{citazione|È scopo di Dio comandare che sia fatta giustizia tra le Sue creature. Poiché questo è il motivo per cui le ha create: che ci debba essere giustizia ed equità tra loro... Se ti fai prendere dal panico e fai violenza, hai peccato contro il Signore e hai violato il Suo mandato.|CT: {{passo biblico2|Dt|1:17}} - II, 349}}
'''[7.27]''' ''Imitatio Dei'', inoltre, richiede un'applicazione visionaria in circostanze concrete, specifiche, dei principi generali di giustizia ed equità enunciati nella Torah:
{{citazione|Anche quando Dio non ti ha comandato in modo specifico, dovrebbe comunque essere tua intenzione fare ciò che è buono e giusto (''yashar'') ai Suoi occhi. Perché Egli ama il bene e il giusto. Questo è un principio fondamentale. Perché è impossibile per la Torah comandare tutte le azioni umane e ordinare ogni singola interazione di un essere umano con un altro, regolare ogni transazione commerciale e migliorare ogni questione sociale e politica.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:18}} - II, 376}}
In CT: {{passo biblico2|Levitico|19:2}} (II, 115) Nahmanide espose la necessità di un ordinamento delle pratiche sessuali e rituali consentite, secondo il fine più ampio della santità. Qui spiega l'ordinamento delle pratiche sociali e commerciali consentite, ai sensi del fine generale della giustizia. La legge naturale è vista come una partecipazione alla sapienza creatrice di Dio, che governa l'universo.
'''[7.28]''' Anche l'osservanza di tali "leggi naturali" implica la divina provvidenza:
{{citazione|In verità, tutto questo è un grande privilegio dei giudici d'Israele e l'assicurazione che Dio conferma la loro autorità [''maskeem ‘al yadam''] ed è con loro in materia di vero giudizio.|CT: {{passo biblico2|Dt|19:19}} - II, 434}}
L'espressione "conferma la loro autorità" riecheggia il detto talmudico secondo cui Dio, dopo il fatto, confermò la decisione di Mosè di infrangere le prime tavole dei Dieci Comandamenti ({{passo biblico2|Esodo|32:19}}). Mosè aveva agito in base alla propria valutazione dei "bisogni dell'ora", non sulla base di un decreto divino, quando vide il popolo adorare il [[w:Vitello d'oro|Vitello d'oro]] (B. Shabbat 87a). C'è molta discussione nelle fonti rabbiniche su tali giudizi personali in tempi di crisi: l'integrità giudiziaria e la discrezione devono essere considerate affidabili nei casi che la legge non può coprire in modo specifico (B. Sanhedrin 46a). Ma c'è il pericolo sempre presente di abusi di potere e una mentalità ''vigilante'' che mette a repentaglio lo stato di diritto (B. Sanhedrin 82a; Maimonide, ''Hilkhot Sanhedrin'', 24.4, 10). Per Nahmanide, a quanto pare, la migliore garanzia che i giudici useranno la loro discrezione in modo responsabile è che siano pienamente consapevoli che il loro ruolo è di ''imitatio Dei'' (KR: ''Torat ha-’Adam'' - II, 41).
'''[7.29]''' La continuità tra i beni naturali e soprannaturali si vede nel modo in cui i comandamenti servono a fini sia corporali che spirituali:
{{citazione|Ancora una volta la Torah illumina i nostri occhi sul mistero della generazione... e così è con tutte le vie della Torah. Infatti comanda tutte le cose buone per il corpo secondo l'ordine familiare del mondo, e tutte le cose buone per l'anima in relazione alla sua natura e all'osservanza dei comandamenti. Poiché è noto che questi alimenti sono buoni per la salute e per la guarigione. Altri cibi sono dannosi per l'anima a causa dei tratti che generano... I rapaci sono crudeli e il loro sangue e la loro carne generano crudeltà nell'anima. A Israele è comandato di essere compassionevoli e amarsi gli uni con gli altri. Quindi fu giusto (''ra’ui'') che questo fosse loro proibito... Perché tutte le vie della Torah forniscono un beneficio (''to‘elet) al corpo e all'anima. Questo ordinò il Medico che sa come si formano le creature.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 166-67}}
Il medico, ovviamente, è Dio.
'''[7.30]''' I comandamenti della Torah tengono quindi conto non solo di considerazioni politiche, ma anche biologiche.
{{citazione|Le scritture proibivano il contatto sessuale con una mestruante... per preservare la specie... Lo dicono i medici stessi.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:19}} - II, 104}}
'''[7.31]''' Nahmanide accetta la logica biologica di Maimonide per i divieti dietetici della Torah, e anche la sua logica storica:
{{citazione|I cibi proibiti nella Torah fanno male anche al corpo. Maimonide ha fornito questa ragione nel ''Moreh Nevukhim'' [3.37]. È come le ragioni che diede per molti altri comandamenti, che queste pratiche proibite erano usate da maghi e stregoni a quel tempo per la stregoneria.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:23}} - II, 125}}
'''[7.32]''' Certe pratiche sono proibite perché naturalmente ripugnanti. Delucidando il raro uso peggiorativo di ''hesed'' nella proibizione dell'incesto da parte della Torah, "Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia (''hesed'')" ({{passo biblico2|Levitico|20:17}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|Secondo il parere dei commentatori, ''hesed'' significa "vergognoso" (''herpah''); perché gli uomini si vergognano naturalmente di questo atto disgustoso (''mekho‘ar'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|20:17}} - II, 131}}
'''[7.33]''' L'incesto è rifiutato, anche se alcuni tipi potrebbero sembrare consentiti dalla legge noachica. Così, nel commentare l'incesto delle figlie di Lot con il padre, Nahmanide scrive:
{{citazione|Erano timide (''tsenu‘ot'') e non volevano dire al padre di sposarle, perché un noachide potrebbe sposare sua figlia. In alternativa, era una cosa disgustosa (''mekho‘ar'') agli occhi di quelle generazioni e non doveva mai esser fatta.|CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119}}
'''[7.34]''' Anche la legge noachica, fondamentalmente, comprende i vincoli elementari che sono il ''sine qua non'' di ogni società capace di sostenere la lealtà umana. Tuttavia, non è sufficientemente specifico per fungere da contenuto di qualsiasi sistema giuridico reale. A questo proposito, il diritto civile e penale ebraico è simile alla legge noachica:
{{citazione|Ma ha imposto ai noachidi le leggi relative al furto, alla frode, allo sfruttamento e simili... Queste sono come la legge civile e penale (''ha-dinin'') data a Israele... Tali comandamenti solo limitano (''ha-meni‘ah'') l'illecito.|CT: {{passo biblico2|Genesi|34:13}} - I, 192}}
'''[7.35]''' Mentre un comandamento può avere un aspetto naturale manifesto, esso può avere contemporaneamente un aspetto mistico o soprannaturale ancora più importante. Tale è sempre il suo fondamento ultimo:
{{citazione|Sappi che il rapporto sessuale menzionato nella Torah è qualcosa da cui dovresti stare lontano; perché è disgustoso, tranne che per la conservazione della specie... Ma le unioni incestuose (''he-‘arayot'') sono statuti (''huqqim''), materie del decreto del Re. Questo è qualcosa che entra nella mente del Re, che nella Sua saggezza e sovranità conosce la necessità e lo scopo di ciò che ha comandato ma non lo spiega al popolo, se non al più saggio dei suoi consiglieri.|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:1}} - II, 101}}
'''[7.36]''' Anche le norme che soddisfano esigenze umane così evidenti come il mantenimento di buone relazioni nella società, hanno significati più profondi. Così il trattenimento dal nuocere al prossimo può essere inteso come giustificato dal naturale bisogno di ordine sociale. Ma da questo non deriva il comandamento positivo di ''amare'' il prossimo. Richiede una rivelazione speciale:
{{citazione|Il motivo per avere un comandamento speciale "ama il prossimo tuo come te stesso" è che è un obbligo insolito (''haflagah''). Perché il cuore di una persona non accetterà di dover amare il prossimo come la propria vita.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:17}} - II, 119}}
'''[7.37]''' Chiaramente Nahmanide crede che tutti i comandamenti di Dio abbiano ragioni e non siano semplicemente espressioni di autorità arbitraria. Riflettono la saggezza e la volontà di Dio. Ma solo le leggi civili e penali sono comprensibili dal canone dell'esperienza umana ordinaria. Gli altri comandamenti hanno ragioni più esoteriche:
{{citazione|Gli statuti sono i Suoi decreti (''gezerotav''), e le ordinanze sono le leggi civili e penali (''dinin''). I primi hanno bisogno di più rafforzamento perché le loro ragioni sono nascoste... Ma, inoltre, gli statuti e le ordinanze stesse sono giusti e buoni per la civiltà (''yishuv'') del popolo e della società.|CT: {{passo biblico2|Dt|4:3}} - II, 361}}
'''[7.38]''' Come Maimonide, Nahmanide si oppone vigorosamente all'idea che qualsiasi comandamento sia privo di ragioni specifiche. Se così fosse, i comandamenti di Dio sarebbero semplici espressioni di capriccio. In verità tutti esprimono la sapienza di Dio in tutta la sua specificità. La differenza tra le due categorie di comandamenti sta proprio nella facilità con cui le loro ragioni possono essere apprese dalla ragione umana senza aiuto:
{{citazione|L'intenzione non è che il decreto del Re dei re sia mai senza motivo (''ta‘am'')... ma gli statuti (''huqqim'') sono decreti di un Re emanati nel Suo regno, il cui beneficio (''to‘elatam'') non è rivelato al popolo... Parimenti gli statuti di Dio: sono Suoi misteri nella Torah che il popolo non comprende pienamente, come invece comprendono le ordinanze (''mishpatim''). Ma tutti sono ragionevoli, sani e interamente intenzionali.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:19}} - II, 120}}
'''[7.39]''' Alcune trasgressioni sono facilmente intese come offese alla vita umana e alla società. Altri offendono aspetti più profondi della vita divina stessa:
{{citazione|Perché il Diluvio si verificò a causa della corruzione della terra, e la Dispersione di Babele fu perché "tagliarono le piante", quindi furono puniti dal Suo grande Nome.|CT: {{passo biblico2|Genesi|11:2}} - I, 71}}
"Tagliare le piante" qui si riferisce all'eresia derivante dall'adozione di visioni private della vita divina e dei suoi misteri (B. Hagigah 14b). La metafora, per come la intende Nahmanide, guidata dall'opinione rabbinica, è che l'eretico taglia le piante in crescita dalle loro radici proprie quando si forma opinioni contrarie alla Torah, la fonte di ogni verità (cfr. per es., Ruth Rabbah 6.6).
'''[7.40]''' Nahmanide, come abbiamo visto, dedica molta attenzione ai comandamenti storici. Questi commemorano simbolicamente i miracoli pubblici operati da Dio, consentendo alle generazioni successive di ebrei, che non furono fisicamente presenti quando si verificarono i miracoli originali, di partecipare a quelle grandi esperienze:
{{citazione|Questi comandamenti sono chiamati "testimonianze" (''‘edot''), poiché sono un ricordo dei Suoi atti meravigliosi e una testimonianza (''‘edut'') di essi.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376}}
'''[7.41]''' Delle [[w:festività ebraiche|festività]] scrive:
{{citazione|L'essenza (''‘iqqar'') di questi comandamenti è che questi giorni siano ricordati e osservati come una vacanza da ogni lavoro estenuante.|[CT: {{passo biblico2|Numeri|30:1}} - II, 319}}
'''[7.42]''' I grandi miracoli pubblici sono rari perché il loro impatto sarebbe diminuito se fossero banalità ricorrenti. Ma ogni generazione di ebrei deve essere legata a loro:
{{citazione|Poiché Dio non compirà un miracolo o un portento (''mofet'') in ogni generazione davanti agli occhi di ogni malvagio e miscredente, ha comandato di preservare sempre un memoriale (''zikaron'') e un segno (''’ot'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|13:16}} - I, 346}}
E ancora:
{{citazione|I comandamenti chiamati "testimonianze" (''‘edot'') sono così chiamati perché servono come promemoria (''zekher'') delle azioni meravigliose di Dio e ne sono testimonianza (''‘edut'') — come ''[[w:matzah|matzah]], [[w:sukkah|sukkah]]'', [[w:Pesach|Pesach]], [[w:Shabbat|Shabbat]], ''[[w:tefillin|tefillin]]'' e ''[[w:mezuzah|mezuzah]]''... L'intento è di informare i nostri figli, che chiedono [il senso di ciò che facciamo], che il Signore è il Creatore, la Volontà e la Potenza, come ci è stato chiarito nell'Esodo dall'Egitto. Questa è la ragione (''ta‘am'') davanti ai nostri occhi. Perché noi siamo coloro che sanno e possono testimoniare dalla nostra esperienza dei segni e dei presagi che il Signore nostro Dio è il Dio del cielo e della terra; non c'è nessun altro... È bene anche per noi eseguire gli statuti (''ha-huqqim''). Nessuno statuto comporta nulla di male, anche se la sua ragione non è stata resa esplicita a tutti.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376-77}}
La distinzione tra leggi commemorative (''‘edot'') e statuti (''huqqim'') è qui vivida. Gli ''‘edot'' hanno ragioni evidenti a chiunque abbia familiarità con la storia di Israele. Gli ''huqqim'' hanno ragioni che riguardano la vita interiore di Dio. Ecco perché sono più misteriosi.
'''[7.43]''' Tutti i comandamenti commemorativi intendono in definitiva l'atto della creazione, che nessuna creatura ha mai sperimentato direttamente:
{{citazione|Ci ha comandato di fare un segno (''siman'') e un memoriale perpetuo di questo, per far conoscere che Dio ha creato tutte le cose. E questo è il comandamento dello Shabat, che è memoriale della creazione.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 395}}
'''[7.44]''' Il ricordo indiretto della creazione e il ricordo diretto dell'Esodo sono in relazione vitale nei comandamenti commemorativi:
{{citazione|Quando ci riposiamo e ci asteniamo dal lavoro il settimo giorno, non abbiamo in tal modo direttamente un ricordo (''zikaron'') dell'Esodo dall'Egitto. Chi si limita a vederci oziosi dal lavoro non lo saprà... Tuttavia, sarà un ricordo (''zekher'') della creazione che ci riposiamo nel giorno in cui il Signore si riposò e si ristorò. La verità è che l'Esodo dall'Egitto ci insegna l'eterno Dio (''Elohah qadmori''), che crea tutto ciò che desidera e che è in grado di farlo... Se nella tua mente sorge un dubbio sull'insegnamento dello Shabbat sulla creazione, volontà e sovranità di Dio, ricorda ciò che i tuoi occhi videro nell'Esodo dall'Egitto, che fu esso stesso una prova e un promemoria per voi. In effetti, lo Shabbat è un ricordo dell'Esodo dall'Egitto; e l'Esodo dall'Egitto è un ricordo dello Shabbat.|CT: {{passo biblico2|Dt|5:15}} - II, 367}}
Nahmanide qui implica che i comandamenti commemorativi non possono essere apprezzati a meno che non si sia predisposti ad apprezzare la trascendenza di Dio. L'intento proprio di osservarli accresce la fede, certo, ma presuppone anche un fondamento nella fede (CT: {{passo biblico2|Genesi|14:10}} - I, 85-85). Senza tale fede, colui che osserva questi comandamenti non sarà più consapevole del loro intento di quanto non lo sia un semplice osservatore che vede gli ebrei osservare lo Shabbat e non può dedurre da questo solo fatto che ciò che vede è un memoriale dell'Esodo — per non parlare che esso intende l'atto di creazione da parte di Dio.
'''[7.45]''' Nahmanides spiega che un convertito che si unisce al popolo di Israele, si unisce alla memoria storica di Israele attraverso l'esecuzione dei simboli d'azione di Israele:
{{citazione|Sappiamo che i forestieri (''gerim'') usciti dall'Egitto, la moltitudine mista, compiono il rito dell'agnello pasquale. Poiché anche loro furono inclusi nel miracolo. Ma coloro che si sono convertiti in seguito, nel deserto o in Terra d'Israele, rientrano nell'obbligo di compiere il rito dell'agnello pasquale, poiché né loro né i loro antenati presero parte al miracolo... Quindi fu necessario obbligarli a compiere il rito dell'agnello pasquale nelle generazioni successive (''pesah dorot''), sia nel deserto che in Terra d'Israele.|CT: {{passo biblico2|Numeri|9:14}} - II, 227}}
I comandamenti formano un legame esperienziale con i miracoli pubblici. Quindi non è necessario aver sperimentato direttamente i miracoli, o esser discendenti da antenati che li videro.
'''[7.46]''' Gli aspetti naturali dei comandamenti della Torah come ''mishpatim'' e i loro aspetti storici come ''‘edot'' possono essere intesi entrambi in termini di bisogno umano: il bisogno di far parte biologicamente dell'ordine naturale e politicamente dell'ordine sociale. Affrontano anche la necessità di riconoscere il Dio che trascende la natura nel governo della storia:
{{citazione|Riteniamo... che c'è una ragione per tutti i comandamenti... per insegnarci buone qualità di carattere... e per affinare la nostra anima... Di conseguenza, tutti sono interamente a nostro beneficio... Questa è una questione di consenso (''davar muskam'') in tutti i ''dicta'' dei nostri Rabbini... lo scopo di tutti i comandamenti è di giovare a noi, non a Lui, benedetto ed esaltato Egli sia.|CT: {{passo biblico2|Dt|22:6}} - II, 448-49}}
Tuttavia, i due tipi di comandamenti mediano il rapporto tra Dio e Israele in modo diverso: i ''mishpatim'' tramite la natura; gli ''‘edot'', tramite la storia.
'''[7.47]''' Eppure l'idea che i comandamenti soddisfino i bisogni umani raggiunge solo il primo livello di significato dei ''mishpatim'' e ''‘edot''. Se tutti i comandamenti sono in definitiva partecipazioni alla vita divina e se noi stessi siamo fatti ad immagine di Dio, allora i comandamenti devono riflettere sia una realtà divina che umana. Nessuno serve semplicemente i bisogni umani, ma tutti insieme costituiscono il nostro stesso essere:
{{citazione|Ci sono solo due cose per noi: "temere Dio" ({{passo biblico2|Ecclesiaste|12:13}}) — nel nostro cuore — "e osservare i Suoi comandamenti" — nelle nostre azioni. Così saremo amati da Dio "poiché questo è tutto l'uomo" (''ki zeh kol ha-’adam''). Il timore reverenziale è la radice della formazione di un essere umano. I suoi occhi e la sua testa e tutte le sue membra non sono niente. I comandamenti sono il suo corpo, le sue membra e la sua anima.|KR: ''Sermone su Qohelet'' - I, 203}}
Se i comandamenti fossero visti semplicemente come al servizio della natura umana, si presumerebbe che ''prima'' ci sia la realtà, la natura umana, i cui bisogni i comandamenti ''poi'' servono. La natura umana trascenderebbe i comandamenti. Così la maggior parte dei teologi razionalisti vedeva la teleologia dei comandamenti. Ma se i comandamenti stessi ''costituiscono'' la natura umana, se essa non esiste neppure senza di essi, allora i fini dei comandamenti devono trascendere la natura umana. Possono essere solo i bisogni interiori di Dio.
'''[7.48]''' Alcuni comandamenti sono visti come un'introduzione diretta nella vita interiore del divino. Questi sono gli ''huqqim''. Hanno una particolare immediatezza e importanza in quanto rispondono al bisogno divino. Nahmanide qui esprime una dottrina (se non la sta effettivamente stabilendo) che è stata molto sviluppata dai cabalisti successivi, che Dio stesso ha bisogno di rendere efficace la Sua potenza e provvidenza nella creazione e quindi ha bisogno della cooperazione umana ([[w:Meir ibn Gabbai|Meir ibn Gabbai]], ''‘Avodat ha-Qodesh'', sez. 2). Commentando il versetto: "Sapranno che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire dal paese d'Egitto, per abitare (''le-shokhni'') in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio" ({{passo biblico2|Esodo|29:46}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|C'è in questa faccenda un grande mistero. Perché apparentemente la ''Shekhinah'' in Israele risponde a un bisogno umano (''tsorekh hedyot'') e non a un bisogno divino (''tsorekh Gavoah''). Ma il fatto è, come afferma la Scrittura, "Israele, in te sarò glorificato" ({{passo biblico2|Isaia|49:3}}).|CT: {{passo biblico2|Esodo|29:46}} - I, 486-87}}
{{Vedi anche|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie delle interpretazioni}}
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[[Categoria:Nahmanide teologo|Capitolo 7]]
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{{Nahmanide teologo}}
[[File:Портрет раввина.jpg|thumb|540px|center|''Ritratto di Rabbino'', di Franz Obermüller (c.1900)]]
== I Comandamenti ==
'''[7.1]''' Il nostro rapporto con Dio è fondato sulla fede. La fede (''emunah'') non è solo uno stato di coscienza; implica la pratica. Tutti i comandamenti della Torah sono atti di fede. La loro corretta esecuzione deve riconoscere Dio per Quello che è e accettarLo per Colui che è, il Dio che si è rivelato a Israele nei miracoli pubblici (''nissim mefursamim''). Poiché ciò che sappiamo di Dio viene dalla storia, il ''locus'' della fede è la memoria (Note sul ''Sefer ha-Mitsvot'' di Maimonide, pos. n. 1, p. 261). La fede si compie quando la memoria degli atti potenti di Dio è espressa nei comandamenti che commemorano quegli atti così come li ha sperimentati Israele:
{{citazione|Ci ha comandato di avere fede nelDio unico, che Egli sia esaltato: che esiste, che è Colui che comprende e può tutto. La nostra fede dovrebbe essere unita nell'intendere (''ye-she-niyyahed'') questi attributi, poiché ogni onore è Suo. Così ci ha comandato di onorare la menzione del suo Nome, di fare un segno e un ricordo perpetuo (''siman ve-zikaron tamid'') per farci sapere che Dio ha creato ogni cosa.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 398}}
'''[7.2]''' L'accettazione dei comandamenti dipende dall'accoglienza della realtà di Dio e della Sua particolare provvidenza :
{{citazione|Dobbiamo credere che Dio conosce le persone individuali (''’ishim'') in tutte le loro particolarità, sia le persone celesti (''ha-‘elyonim'') che quelle terrene (''ve-ha-tahtonim''), le loro azioni e pensieri, passati, presenti e futuri. Perché egli è il loro creatore, il dispensatore dell'esistenza che ora hanno, il loro creatore dal nulla assoluto (''me-’afeisah muhletet'')... Da questo si passa alla fede nella provvidenza di Dio (''ha-hashgahah'')... donde noi possiamo affermare (''titkayyem'') la vera autorità della Torah e dei comandamenti. Poiché, fin quando crediamo che Dio ci conosce e si prende cura di noi, la nostra fede si estende alla profezia, e crediamo che Dio, sia Egli saltato, conosce e ama, comanda e ammonisce, cioè ci comanda di fare ciò che è buono e giusto e ci rimprovera di ciò che è male. Ci protegge e conserva per noi tutte le buone conseguenze menzionate nella Torah, e porterà sui trasgressori la punizione che ha decretato per loro.|KR: ''Commentario a Giobbe'', intro. - I, 17-18}}
Per Nahmanide, "l'affermazione" (''qiyyum'') dell'autorità della Torah e dei comandamenti è un atto di fede, prima dell'adempimento di uno qualsiasi dei singoli comandamenti (CT: {{passo biblico2|Dt|27:26}} - II, 472; ''supra'', 2.24 ). È il lato cognitivo di ''kavvanah''. Emotivamente, bisogna dirigere il cuore a Dio. Dal punto di vista cognitivo, si deve conoscere quanto più umanamente possibile sul Dio a cui il proprio cuore è così diretto (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:2}} - I, 354-55 rif. ''Mekhilta'': Be-shalah, cur. Horovitz-Rabin, 128). Sia il lato cognitivo che quello emotivo della fede sono richiesti nella corretta osservanza dei comandamenti.
'''[7.3]''' Poiché tutti i comandamenti hanno ragioni, ciascuno con una funzione unica nell'economia divina del cosmo, si è obbligati a discernere la ragione di ogni comandamento e farne l'intenzione (''kavvanah'') della propria osservanza. Anche negli ambiti della vita che sono lasciati alla discrezione privata (''reshut''), si deve trovare la giusta intenzione verso il divino:
{{citazione|In effetti, si può essere miserabili (''naval'') mentre ci si conforma al comportamento consentito dalla Torah (''bi-reshut ha-Torah''). Così, specificati gli atti che proibisce assolutamente, la Scrittura ha comandato in termini più generali che si tenga le distanze anche da ciò che è permesso.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:1}} - II, 15}}
Nahmanides intende che si dovrebbe evitare l'eccesso e la volgarità anche nel mangiare, nel bere e nell'espressione sessuale consentiti. Perché il piacere fisico non è il ''summum bonum''. Nahmanide è favorevole all'opinione talmudica che il [[w:Nazireato|nazireo]] sia un santo, in contrasto con la visione talmudica alternativa secondo cui un tale asceta è un peccatore per aver negato a se stesso i piaceri che la Torah normalmente consente (B. Ta‘anit 10a e paralleli; per la critica dell'ascetismo, cfr. Y. Berakhot 2.9/5d; Y. Nedarim 9.1/41b; B. Baba Batra 60b; e soprattutto Maimonide, ''Shemonah Peraqim'', cap. 4, cur. Kafih (Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1965), 254 [cfr. ''Moreh'', 3.48]). Per Maimonide, la santità è in definitiva una collaborazione attiva con Dio, che cresce dal riconoscimento del governo creativo di Dio nel mondo (''Moreh'', 3.54, fine). Ciò che è richiesto per questo, come per tutta la pietà, non è l'ascesi, ma il ragionevole contenimento dell'eccesso (''Hilkhot De‘ot'', 1,4-6). Per Nahmanide, tuttavia, un ulteriore autocontrollo, per amore di Dio, può essere esso stesso un atto santo. L'ascetismo ha caratterizzato gran parte del misticismo ebraico, siano essi Cabala spagnola o Hasidut tedesco (cfr. Scholem, ''Origins of the Kabbalah'', 229ss.). La tendenza risale ai tempi del misticismo [[w:Gaon|Geonim]] e [[w:Heikhalot|Hekhalot]] (cfr. Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', 49-50). Anche se tale ascetismo molto precede Nahmanide, la sua approvazione gli ha conferito l'ulteriore autorità della sua statura di halakhista.
'''[7.4]''' Nahmanide considera il ritorno del nazireo nel mondo ordinario come una peccaminosa discesa da un piano spirituale superiore:
{{citazione|Il motivo dell'offerta per il peccato (''hat’at'') che il nazireo offre il giorno del compimento del suo voto nazireico non è stato spiegato. Secondo il significato semplice... è giusto che sia nazireo e sia santificato a Dio... Anzi, ha bisogno dell'espiazione per tornare nell'impurità dei piaceri del mondo.|CT: {{passo biblico2|Numeri|6:11}} - II, 215}}
'''[7.5]''' Nahmanide non può dire che ogni comandamento deve essere eseguito con la giusta intenzione per essere legalmente valido, ma indica che la piena realizzazione dei comandamenti richiede la giusta intenzione:
{{citazione|È noto che chi esegue un comandamento ma non lo comprende non lo ha adempiuto completamente (''bi-shlemut'')... Perché sei obbligato a ricordare il grande miracolo compiuto per te.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 151}}
Agire senza consapevolezza dell'intento dell'atto significa non soddisfare il requisito stesso del comandamento in questione. Per Nahmanide, l'intenzione qui non significa contemplazione astratta della divinità, ma concentrazione sul miracolo specifico che l'atto commemora.
'''[7.6]''' Il livello di intenzione (''kavvanah'') che si deve avere per adempiere un comandamento è oggetto di un lungo e inconcludente dibattito nel Talmud (B. Rosh Hashanah 28a ''et seq.''). Per Nahmanide l'intenzione è fondamentale nel permetterci di riconoscere la volontà di Dio come fonte di un comandamento e la sapienza di Dio nella specificazione del suo scopo. Attraverso l'intenzione, per così dire, si segue il proposito di Dio. Ammettendo che ci sono molte opinioni sull'argomento ''kavvanah'', Nahmanide fonda un argomento massimalista su un brano della Mishnah: "Se uno leggesse la Torah [Dt. 6:4-9, contenuto testuale dello Shema] e giungesse l'ora della recita liturgica dello [[w:Shemà|Shema]], se il cuore ha inteso questo comandamento specifico, lo ha adempiuto; se no, non l'ha adempiuto" [M. Berakhot 2.1].
{{citazione|Riguardo alla questione dell'intenzione nel suonare lo [[w:shofar|shofar]]: se lo si suona solo per fare un suono musicale, la questione è dibattuta nel Talmud e tra i Geonim... Rabbenu Hai scrisse che anche se è legge che se si esegue un comandamento senza l'intenzione lo ha comunque adempiuto, tuttavia, quando si eseguono i comandamenti, si abbia regolarmente intenzione di farlo. In tutta umiltà, abbiamo una prova per il punto di vista dell'autore di ''Halakhot Gedolot'' [che accetta la visione massimalista alla fine del suo trattamento delle leggi di [[w:Rosh haShana|Rosh haShanah]]] dalla legge all'inizio del secondo capitolo della Mishnah, Berakhot [riguardo allo ''Shema''].|KR: ''Sermone per Rosh HaShanah'' - I, 241}}
Nahmanide confessa di non poter presumere di aver risolto il dibattito pratico tra i Geonim, ma teologicamente ha certamente risolto la questione. Coloro che sono stati influenzati dalla tradizione cabalistica, di cui Nahmanide era una fonte così importante, sottolineavano la necessità della ''kavvanah'', non solo su basi teologiche generali, ma anche su basi halakhiche specifiche, ove possibile (cfr. sopecialm., Joseph Karo, ''Shulhan ‘Arukh'': ’Orah Hayyim, 60.4; anche, R. J. Z. Werblowsky, ''Joseph Karo: Lawyer and Mystic'' [Philadelphia: JPS, 1977], 162-63).
'''[7.7]''' Nel significato che assegna a ''kavvanah'', Nahmanide non è d'accordo con Maimonide sul versetto, "servirlo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}). Maimonide interpreta il commento rabbinico su questo versetto, "questa è preghiera... il servizio del cuore" (''Sifre'': Devarim, n. 41, ed. Finkelstein, 87-88; B. Ta‘anit 2a) come se vi trovasse un mandato letterale per la preghiera (''Sefer ha-Mitzvot'', pos. n. 5), sebbene il contenuto effettivo del culto formale sia formulato dai Rabbini (''Hilkhot Tefillah'', 1.1). Nahmanide vede il versetto come riferito a tutti i comandamenti della Torah. Per lui l'allusione alla preghiera è un'inferenza omiletica (''’asmakhta''):
{{citazione|Il significato essenziale del versetto "servendolo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}) è che è comandamento positivo che tutte le nostre opere siano per Dio, sia Egli esaltato, siano fatte con tutto il nostro cuore. Ciò significa con intenzione corretta e piena, per l'amor di Dio e senza alcun pensiero malvagio. Non dobbiamo eseguire i comandamenti senza intenzione o dubitare che abbiano qualche beneficio (''to‘elet'').|''Note a Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', pos. n. 5, p. 156}}
'''[7.8]''' L'intenzione è così centrale che l'adempimento di un comandamento per la ragione sbagliata può essere un peccato. Quindi la schiavitù egizia degli israeliti faceva parte del piano divino, ma comunque peccaminosa:
{{citazione|Così, quando Dio decretò la servitù di Israele in Egitto, essi andarono e li resero schiavi con la forza... Quando il decreto esce per mezzo di un profeta... c'è merito nell'eseguirlo... ma se uno udisse il comandamento [di uccidere] e allora uccidesse per odio o per saccheggio, sarebbe punito, poiché il suo intento è peccaminoso. Poiché gli [[w:Antico Egitto|egizi]] sapevano che era un comandamento del Signore [che Israele fosse reso schiavo da loro].|CT: {{passo biblico2|Genesi|15:14}} - I, 94}}
'''[7.9]''' Poiché il fondamento della Torah, che è la sovranità di Dio sull'universo, è noto attraverso l'esperienza storica, l'affermazione di tale esperienza ha la priorità anche sullo studio dei precetti della Torah. L'esperienza storica ''par excellence'' è la teofania al Sinai. Così i Rabbini chiariscono il versetto: "Soltanto, bada bene a te stesso e veglia diligentemente sull'anima tua, per non dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, ed esse non ti escano dal cuore finché duri la tua vita. Anzi, falle sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli" ({{passo biblico2|Dt|4:9}}) intendendo il dovere di educare la propria progenie ai precetti della Torah (B. Kiddushin 30a). Ma Nahmanide tratta questa glossa come omiletica (''asmakhta''). Trova il comandamento letterale a un livello molto più profondo:
{{citazione|Il secondo comandamento è che non dimentichiamo la teofania al Monte Sinai... perché è un principio fondamentale (''yesod gadol'') della Torah... Non commettere l'errore di interpretare questo versetto come una semplice omelia sull'insegnamento della Torah ai propri pronipoti. Perché la fede nella stessa Torah (''emunat ha-Torah'') è ciò che qui si intende per studio della Torah... Questo è ciò che deve essere trasmesso di generazione in generazione.|''Note su Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'': Addenda, neg. n. 2, p. 396}}
L'esistenza, la potenza e la volontà di Dio furono rivelate a Israele sul Sinai: "Essi sono coloro che conoscono e sono i testimoni (''‘edim'') di tutte queste cose" (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:2}} - I, 388). La testimonianza di Israele è storica. Un testimone è colui che fu presente a un evento e lo segnala alla comunità. Gli eventi richiedono testimoni perché sono singolari. Coloro che non sono effettivamente presenti devono imparare dai resoconti di coloro di cui possono fidarsi. Con i processi ordinari della natura, non sono richiesti testimoni speciali. Perché questi sono accessibili a tutti. Nessuno ha bisogno di impararli da una storia raccontata da qualcun altro. La dimostrazione scientifica presuppone che ciò che riporta sia, almeno in linea di principio, accessibile a qualsiasi osservatore. Poiché i principi che mostra sono sempre presenti, anche se non lo sono i fenomeni che li manifestano.
La differenza tra testimonianza storica e dimostrazione scientifica è esemplificata nella discussione rabbinica sull'istituzione della determinazione dell'ora esatta del [[:en:w:New moon#Hebrew calendar|Novilunio]], punto di riferimento chiave nella regolazione del [[w:calendario ebraico|calendario ebraico]]. (Per il contesto storico, cfr. M. M. Kasher, ''Torah Shlemah'' [New York, 1949] XIII). Per i Rabbini, l'obbligo di testimoni oculari per l'apparizione della Luna Nuova (M. Rosh Hashanah 1.6 ''et seq.'') non è un ''sine qua non'' per scopi calendariali (B. Betsah 4b). I testimoni sono preferiti quando il Sinedrio è effettivamente in funzione nella Terra d'Israele. Ma altrimenti i calcoli fatti dai Rabbini in epoca talmudica fissano il calendario ebraico (cfr. ''Note su Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', pos. n. 153, p. 214 e testo di Maimonide alle pp. 211-12): la questione è essenzialmente di dimostrazione scientifica (Maimonide, ''Hilkhot Qiddush ha-Hodesh'', 1.6; 5.2-3; 11.1-4; 17.24), non di esperienza singolare. Nel contesto storico i testimoni ''affermano'' ciò che deve essere conosciuto dagli altri; nel contesto scientifico i testimoni si limitano a ''confermare'' ciò che gli altri in linea di principio possono conoscere da soli.
Trattando il ruolo della testimonianza nella rivelazione, Nahmanide segue Judah Ha-Levi, per il quale l'ebraismo si basa in definitiva sulla teofania del Sinai e sulla testimonianza dell'intero popolo d'Israele, che l'ha vissuta (''Kuzari'', 1.48). La presenza di Dio si manifesta in eventi storici unici. Per Maimonide, invece, il contenuto stesso della teofania del Sinai è credibile perché i primi due comandamenti del decalogo sono verità razionalmente evidenti che fondano tutti gli altri comandamenti: quelli positivi sulla base di "Io sono il Signore Dio tuo"; il negativo, sulla base di "non ci saranno altri dèi" (''Moreh Nevukhim'', 2.33; ''Sefer ha-Mitsvot'', pos. n. 1, neg. n. 1; ''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 1.6; cfr. la fonte talmudica di questa opinione, B. Makkot 24a, dove il fondamento di questi due comandamenti nella rivelazione è l'enfasi principale). Per Maimonide è la certezza razionale che esenta l'esperienza del Sinai dall'accusa che potrebbe essere stata un'illusione di massa (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 8.1-3). La realtà di Dio è conosciuta attraverso l'apprensione della natura da parte della ragione. Quindi la testimonianza storica ha il ruolo secondario che i testimoni svolgono nell'accertamento del [[w:Novilunio|Novilunio]]. Inoltre, sostiene Maimonide, la testimonianza non è di per sé dimostrabile razionalmente. È solo più o meno credibile. Così Maimonide designa l'intera istituzione giuridica della testimonianza (''‘edut'') come quella che ci è comandato di accettare, nonostante l'indimostrabilità di ciò che è testimoniato e la costante possibilità di inganno o illusione (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 7,7; ''Hilkhot ‘Edut'', 18.3; ''Hilkhot Sanhedrin'', 18.6). Per Ha-Levi e Nahmanide l'evento della rivelazione è il fondamento del suo contenuto. Per Maimonide, l'evento della rivelazione è l'occasione in cui ciò che è sempre stato vero in linea di principio (''ratio per se'') viene da noi scoperto (''ratio quoad nos'').
'''[7.10]''' Per Nahmanide, l'esperienza umana del mondo si articola su tre livelli fondamentali: 1) esperienza ordinaria dell'ordine naturale familiare; 2) miracoli pubblici, dove la potenza di Dio sconvolge l'ordinario stato della natura, in modo da far balzare coloro che vivono questi grandi eventi ad una maggiore consapevolezza dell'opera di Dio nel mondo; e 3) miracoli segreti, che manifestano la costante provvidenza di Dio. L'azione umana, come strutturata dalla Torah nei suoi comandamenti, è correlata a questi tre livelli di esperienza; sono correlati, in quanto un comandamento può avere diverse ragioni.
{{citazione|Ciascuno dei comandamenti del Signore ha molte ragioni. Per ognuno ha molti benefici (''to‘elet''), sia per il corpo che per l'anima.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411}}
'''[7.11]''' Sebbene Nahmanide accetti molteplici ragioni per ogni comandamento, rifiuta le ragioni che considera pretestuose:
{{citazione|La motivazione di Maimonide per i sacrifici [''Moreh'', 3.46]... è vana speculazione (''divrei hav’ai'')... Meglio ascoltare la ragione di chi dice che è perché le azioni di un essere umano sono costituite da pensiero, parola e azione, così Dio ha comandato che quando qualcuno pecca, deve portare un sacrificio e premervi sopra le mani, per dar significato all'atto (''ke-neged ha-ma‘aseh''), confessare con la sua bocca, per significare la parola, e bruciare le viscere e i reni, che sono gli organi del pensiero e del desiderio... Queste parole sono facilmente accessibili e attirano il cuore come le parole dell'Aggadah [cfr. B. Shabbat 87a; B. Baba Batra 10a rif. {{passo biblico2|Proverbi|3:35}}]. Ma in termini di verità superiore (''‘al derekh ha’emet''), c'è un mistero nascosto (''sod ne‘elam'') nei sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|1:9}} - II, 11-12}}
Il punto di vista di Maimonide che Nahmanide critica qui è che i sacrifici erano storicamente necessari, come forma di culto a cui il popolo d'Israele era abituato. Erano un compromesso con la realtà culturale, ma accuratamente epurati da ogni associazione idolatrica. Nahmanide obietta che il culto sacrificale è troppo centrale nell'ebraismo perché una logica così storicamente contingente sia vera. Sarebbe preferibile una seconda linea di interpretazione (l'autore della quale non nomina, sebbene assomigli a un approccio suggerito nel ''Commentario alla Torah'' di Ibn Ezra: Lev. 1:4 dopo Vayiqra Rabbah 7.3): che i sacrifici simboleggiano la vera contrizione e uno spirito di sacrificio di sé nel presentarsi davanti a Dio. Lo stesso punto è poi sottolineato dallo ''[[Zohar]]'' (Vayiqra, 3:9b e dal ''Commentario alla Torah'' di Bahya ben Asher su questo stesso versetto). Ma Nahmanide trova il significato più profondo dei sacrifici in una realtà divina. In sostanza, sostiene, soddisfano i bisogni divini. Questo è il punto di vista della Cabala, e l'approccio di Nahmanide qui influenzò profondamente i cabalisti successivi (cfr. I. Tishby, ''Mishnat ha-Zohar'', 2.194ss.)
'''[7.12]''' Nonostante il rifiuto da parte di Nahmanide della logica generale di Maimonide per il sistema sacrificale, egli concorda sul fatto che Maimonide avesse ragione nell'interpretare alcuni divieti del culto come anti-idolatrici nell'intento:
{{citazione|È plausibile (''yitakhen'') interpretare i divieti di lievito e miele sull'altare come fa Maimonide nel ''Moreh Nevukhim'' [3.46], quando afferma di aver trovato nei libri degli antichi idolatri che era loro abitudine, praticando l'adorazione pagana, offrire le loro offerte di cibo in forma lievitata e mescolare il miele in tutti i loro sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|2:2}} - II, 17-18}}
'''[7.13]''' Una teologia che trova ragioni per i comandamenti di Dio non può vederli come semplici decreti positivi. Piuttosto, devono essere visti come garantiti o dai benefici che apportano nel migliorare le relazioni umane, o dal bene che apportano alla relazione tra Dio e uomo. Quest'ultimo rapporto, costituito dalla rivelazione, è immutabile. Ma in fondo tutti i comandamenti costituiscono il rapporto tra Dio e uomo. Quindi tutti sono immutabili (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:26}} - I, 361). Non possono essere abrogati dalla mera autorità umana. Perché la determinazione divina di ciò che è bene per l'uomo ha sempre la precedenza sulle nozioni umane. Le proiezioni umane di ciò che è bene per gli esseri umani sono ancora essenzialmente umane, quindi sono soggette all'abrogazione umana. Nahmanide sottolinea la distinzione in un'analisi halakhica dei giuramenti:
{{citazione|Alcuni dicono che [il giuramento di accettare la Torah al Monte Sinai] sia stato fatto con il consenso divino (''‘al da‘at ha-Maqom'')... e che il consenso di Mosè non fosse necessario, se non in quanto si fece portavoce della corte [umana] al loro Padre celeste... C'è un interprete che dice che il testo talmudico corretto recita "per consenso divino e quello del suo entourage angelico (''u-famaliah shelo'')", ma ciò è errato... Un interprete dice che la regola che i giuramenti comunitari a Dio possono essere revocati non si applica a nessun comandamento di Dio, perché ciò che è giurato secondo la volontà di Dio (''‘al da‘ato'') non può essere annullato (''hafarah''), dato che i Suoi comandamenti sono per sempre. Perché "Dio non è un uomo, da poter mentire" ({{passo biblico2|Numeri|23:19}}). Ma ciò che la comunità fa voti in materie ritenute facoltative (''bi-dvar reshut''), dove hanno collegato il loro consenso con quello di Dio, può essere abrogato e possono accettare di consentirne la violazione... e Dio concorda con la loro decisione. A me sembra che la giusta formula legale per tali giuramenti debba essere: "Per consenso divino e quello della congregazione (''kenesset'') d'Israele con Lui"... Cioè, il consenso di molti. Tuttavia, ciò che la comunità giura invocando il consenso divino, quello lo possono abrogare (''yesh hetter''). Perché non si sono proibiti di cambiarla, in quanto loro stessi l'hanno iniziata.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Shevu‘ot 29b, pp. 112-13}}
{{citazione|Quando si dice nel Talmud [B. Shevu‘ot 29b] che "col consenso di Dio" significa ciò che non può essere abrogato, colui che ha affermato ciò presumeva che ciò si applicasse solo al giuramento implicato nell'accettazione della Torah. Poiché Dio non accetterebbe di annullare (''le-vattel'') nemmeno una lettera della Torah. Ma in una questione essenzialmente facoltativa, Dio riconoscerebbe la necessità di proibire qualcosa ora e poi permetterlo.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 287}}
Pertanto, sebbene Nahmanide veda la legislazione rabbinica come un'espressione della legge divina (''Note sul Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', shoresh 1), vede una differenza tra la legge scritturale e quella rabbinica, in quanto la legge rabbinica può essere abrogata.
'''[7.14]''' Per Nahmanide, quindi, Dio decreta nella Torah ciò che vede è necessario agli esseri umani. Ma permette alle autorità umane di emanare i propri, mutevoli decreti in quelle aree non determinate dai mandati della Torah. Dio non solo permette, ma ordina specificamente questa attività, impartendo così autorità divina alle leggi umane:
{{citazione|Inoltre, "per consenso divino" è annesso anche ai comandamenti rabbinici. Perché se si dovesse dire che il consenso divino è menzionato solo nel giuramento che Mosè fece fare a Israele... ma non è annesso ai nostri giuramenti e condanne (''ve-haramim''), allora perché i nostri antenati menzionarono il consenso divino in relazione a [ loro] proibizioni — a meno che Dio non fosse d'accordo? Egli, esaltato sia il Suo Nome, concorre a che facciamo ciò che è buono e giusto ai Suoi occhi e agli occhi degli esseri umani.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 299}}
'''[7.15]''' I comandamenti specifici non presuppongono miracoli né segreti né pubblici. La maggior parte presume l'ordine ordinario della natura. Si può vedere che un certo numero di comandamenti serve ai bisogni umani ordinari. Nahmanide, che è spesso considerato un anti-razionalista, trova la legge naturale nella stessa Torah. È abbastanza aperto su questo in un certo numero di punti, specialmente nel suo ''Commentario alla Torah''. Riguardo alla punizione della generazione del Diluvio, scrive:
{{citazione|Infatti contro di loro non fu decretata punizione se non per la violenza (''hamas''). Per questo [l'inaccettabilità dell'illegalità] è una questione razionale (''‘inyan muskal'') che non dipende dalla rivelazione (Torah).|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:2}} - I, 48}}
'''[7.16]''' Seguendo una tendenza evidente nella teoria della legge naturale sin dai tempi dei filosofi stoici e dei giuristi romani, Nahmanide considera il divieto della violenza anarchica riconosciuto dal pubblico consenso e ben noto alla ragione:
{{citazione|La violenza è rapina e oppressione... un peccato che è noto e pubblicamente riconosciuto (''mefursam'')... perché è un comandamento razionale (''mitsvah muskelet''), la cui proibizione non ha bisogno di un comandamento profetico.|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:13}} - I, 52}}
'''[7.17]''' Per quanto riguarda le regole razionali, Nahmanide trova a volte un precedente negli standard morali degli antichi (CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119). Egli vede persino contenuti razionali in ''mitsvot'' non solitamente ritenute comandamenti razionali:
{{citazione|Infatti gli antichi saggi, prima del dono della Torah, sapevano che c'è una grande utilità (''to‘elet'') nel [[w:levirato |matrimonio levirato]].|CT: {{passo biblico2|Genesi|29:27}} - I, 215}}
'''[7.18]''' La legge naturale universalmente accettata è il requisito minimo per gli ebrei, notevolmente integrato dalla legge rivelata della Torah:
{{citazione|Così trovi che i patriarchi e i profeti si comportarono in modo morale universalmente accettato (''derekh erets'')... se i patriarchi e i profeti che vennero a fare la volontà di Dio si comportarono in modo morale universalmente accettato, quanto più dovrebbero le persone ordinarie.|CT: {{passo biblico2|Esodo|12:21}} - I, 334}}
'''[7.19]''' La rivelazione ebraica condivide molti punti generali con la legge naturale e con la legge noachica. Il suo vantaggio sta nelle sue particolarità rivelate. Proprio come la superiorità degli esseri umani sugli animali è evidenziata dalla speciale provvidenza di cui godono, così le particolarità della legge rivelata mostrano la superiorità di Israele sulle altre nazioni:
{{citazione|Da ciò si vede [la presentazione delle leggi noachiche in B. Sanhedrin 56b] che ai noachidi furono dati i loro comandamenti in generale (''bi-khelalut'') non in termini specifici... Quindi il popolo aveva solo comandamenti generali fino a quando non giunse al Monte Sinai, dove i comandamenti furono esplicitati per loro nelle particolarità... Ora tutte queste questioni [leggi civili e penali] sono raggruppate in una categoria generale, ''mishpat''.|''Note al Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', shoresh 14, p. 143}}
Il teologo ebreo spagnolo del XV secolo, [[w:Joseph Albo|Joseph Albo]], fece più o meno lo stesso punto sulla superiorità della legge divina sulla legge naturale e sulla legge umana positiva (''Sefer ha-‘Iqqarim'', 1.8; cfr. [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], ''[[w:Summa Theologiae|Summa Theologiae]]'', 2-1, q. 99, a. 2). Ma non menziona Nahmanide come fonte del suo punto di vista. Nel mantenere la suprema superiorità di un ricco sistema di precetti specifici su un corpo di generalità morali, Nahmanide fu sicuramente influenzato dall'apertura di ''Kuzari'' (1, intro.) di Judah Ha-Levi, dove al re dei Khazari dalla mentalità filosofica vien detto in un sogno che Dio approva le sue intenzioni generali ma non le sue azioni specifiche. È questa critica che lancia la ricerca che infine porta il re all'ebraismo.
'''[7.20]''' Anche se la giustizia naturale sembra essere una realtà essenzialmente umana, gli esseri umani sono capaci di giustizia solo in virtù di un ''telos'' unico, che è l'essere vicini a Dio. Quindi, ci distinguiamo dagli animali sia teologicamente che moralmente. Delucidando l'osservazione di Elihu nel [[w:Libro di Giobbe|Libro di Giobbe]] secondo cui Dio " ci rende più istruiti delle bestie selvatiche e ci rende più saggi degli uccelli del cielo" ({{passo biblico2|Giobbe|35:11}}), Nahmanide spiega:
{{citazione|Elihu dice che Dio ci ha insegnato a conoscerLo e a diventare saggi riguardo alle Sue azioni in modi che gli animali non lo sono. Per questo non ha voluto che ci danneggiassimo a vicenda, istinto che ha posto negli animali, in modo che si sbranino a vicenda... Elihu disse questo per spiegare il motivo della provvidenza individuale: perché riconosciamo il nostro Creatore e acquisiamo saggezza riguardo alle Sue azioni, siamo soggetti ai Suoi comandamenti.|KR: ''Commentario a Giobbe'' 35:11 - I, 106-07}}
L'argomentazione presuppone che anche prima della consegna della Torah vi fosse un naturale riconoscimento umano di giustizia elementare, basato sul riconoscimento dell'ordine della creazione, che era riconosciuto come opera di Dio.
'''[7.21]''' Nahmanide sottolinea che i comandamenti dati poco prima della rivelazione della Torah al Sinai non sono la Torah in senso stretto, ma una sorta di preparazione morale. Non sono nemmeno distintamente ebraici:
{{citazione|Questi erano ammonimenti morali, affinché non diventassero come i campi dei predoni che commettono spudoratamente ogni tipo di atrocità... Questi non sono gli statuti e le ordinanze della Torah. Sono regolamenti civili (''hanhagot ve-yishuv ha-medinot'') simili ai termini stabiliti da Giosuè, come ricordavano i saggi.|CT: {{passo biblico2|Esodo|15:25}} - I, 359}}
Sebbene i termini stabiliti da Giosuè fossero chiaramente stipulati in relazione all'ingresso degli israeliti nella Terra d'Israele (B. Baba Kama 80b-81a), Maimonide dice che si applicano ovunque (''Hilkhot Nizqei Mamon'', 5.5). In tal caso, il loro appello deve essere rivolto al ragionamento universale. Qui Nahmanide segue il punto di vista di [[Maimonide]].
'''[7.22]''' Ancora, come Maimonide, sottolinea che il diritto civile e penale servono a mantenere una società armoniosa:
{{citazione|In un senso letterale, "i miei giudizi" (''mishpatai'') significa proprio diritto civile e penale (''ha-dinin'')... Pertanto, dice, "che un uomo compie e quindi vive". Poiché queste leggi furono date per la vita dell'uomo, per favorire la sua vita civile e per amore della pace.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:4}} - II, 99-100}}
'''[7.23]''' Nahmanide ritorna a questo punto distinguendo queste leggi, le cui ragioni sono evidenti a tutti, dagli statuti (''huqqim'') le cui ragioni sono evidenti solo attraverso la conoscenza esoterica:
{{citazione|Perché gli satuti (''huqqim'') sono comandamenti le cui ragioni non sono state rivelate alle masse, gli sciocchi li disprezzano... ma le ordinanze (''mishpatim'') sono qualcosa che tutti vogliono e necessitano, perché le persone non hanno civiltà o società senza lo stato di diritto (''mishpat'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:15}} - II, 187}}
'''[7.24]''' I Sette Comandamenti Noachici appartengono alla legge naturale; sono razionalmente evidenti:
{{citazione|Queste questioni [immoralità sessuale e rapina] e il resto dei Sette Comandamenti furono comandati dal tempo del primo essere umano. I rabbini li derivarono da accenni nel versetto ({{passo biblico2|Genesi|2:16}}) "E il Signore Dio comandò agli umani [''ha-’adam''] dicendo [di ogni albero del giardino puoi mangiare, ma dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male non devi mangiare]". Ma Dio non elaborò loro tali questioni, perché le elaborazioni ci furono date al Sinai. A prima vista, questi comandamenti sono razionali (''sikhliyot''). E ogni creatura che riconosce il suo Creatore dovrebbe considerarsi vincolata da loro (''lee-zaher'').|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 173}}
La distinzione dei "comandamenti razionali" (''sikhliyot'') da quelli conosciuti solo dalla rivelazione (''shim‘iyot'') è operata da Saadyah Gaon (''ED'', 3.3; vedere J. Faur, ''‘Iyyunim be-Mishneh Torah le-ha-Rambam'' [Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1978], 115ss.). Ma per Saadyah i comandamenti razionali riguardano sia i rapporti umani che il nostro rapporto con Dio (''ED'', 3.1). Ogni area dell'esistenza umana ammette una comprensione razionale. Non vi è alcuna differenza oggettiva tra ciò che viene dalla ragione e ciò che viene dalla rivelazione (''ED'', Introduzione, 6). La differenza tra ragione e rivelazione sta nel modo in cui essenzialmente si raggiunge la stessa verità. Con la ragione, il conoscitore umano è lo scopritore attivo della verità; con la rivelazione, il conoscitore umano è più passivo, un destinatario della verità. Ma per Nahmanide i comandamenti razionali riguardano solo le relazioni umane, e anche lì solo in parte. Per quanto riguarda la nostra relazione con Dio, la rivelazione non solo svela ciò che è già presente, ma stabilisce la relazione. Come la creazione, istituisce una nuova realtà piuttosto che descriverne una vecchia. Così Nahmanide trae l'etimologia della parola "alleanza" (''berit'') da "creazione" (''beriyyato shel ‘olam'') [CT:intro. - I, 4 secondo Shir ha-Shirim Rabbah 1.29 rif. {{passo biblico2|Dt|4:13}}].
Questa enfasi storica non è in definitiva coerente con la dottrina cabalistica secondo cui la Torah è la rivelazione dell'essere ''primordiale'' di Dio. Perché nella dottrina cabalistica, tutti i comandamenti sono partecipazioni a quella vita divina, quindi possono essere radicalmente nuovi e nessuno riguarda essenzialmente una realtà interumana. Per quanto ne so, Nahmanide non è mai riuscito a superare l'inconsistenzaè nella sua teologia, come fece invece l'autore dello ''[[Zohar]]'', in effetti, eliminando del tutto la categoria dei comandamenti razionali. Maimonide, d'altra parte, eliminò anche la distinzione, per così dire dalla direzione opposta, vedendo tutti i comandamenti come razionali in sostanza. Cfr. I. Twersky, ''Introduction to the Code of Maimonides'' (New Haven: Yale University Press, 1980) 458-59.
'''[7.25]''' Nahmanide fa la stessa distinzione nel differenziare un [[w:Noachismo|noachide]] ordinario da un residente-alieno (''ger toshav''), uno che osserva come rivelazione divina i Sette Comandamenti come intesi dalle autorità ebraiche. Il noachide ordinario li osserva semplicemente perché sono razionali (cfr. Maimonide, ''Hilkhot Melkahim'', 8.10-11).
{{citazione|Sia ben noto che il noachide menzionato in tutto il Talmud ''è'' un residente-alieno, a parte i fatto che un noachide è colui che si comporta semplicemente in modo appropriato (''ke-hogan'') verso i suoi simili secondo questi comandamenti, mentre un residente-alieno in realtà venne in una corte ebraica e l'accettò formalmente. Questo va oltre la pratica di altri noachidi, che non l'accettarono formalmente. È più puntiglioso (''medaqdeq'') su di loro... Gli altri noachidi sono nella categoria di coloro che osservano anche se in realtà non vien loro comandato di farlo [B. ‘Avodah Zarah 2b-3a]. Ma il residente-alieno, che li ha accettati in una corte ebraica, è colui che osserva questi comandamenti come comandamenti.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': B. Makkot 9a, p. 61}}
'''[7.26]''' Anche la legge naturale per Nahmanide non è semplicemente naturale. Fa parte del piano di Dio per l'ordine creato:
{{citazione|È scopo di Dio comandare che sia fatta giustizia tra le Sue creature. Poiché questo è il motivo per cui le ha create: che ci debba essere giustizia ed equità tra loro... Se ti fai prendere dal panico e fai violenza, hai peccato contro il Signore e hai violato il Suo mandato.|CT: {{passo biblico2|Dt|1:17}} - II, 349}}
'''[7.27]''' ''Imitatio Dei'', inoltre, richiede un'applicazione visionaria in circostanze concrete, specifiche, dei principi generali di giustizia ed equità enunciati nella Torah:
{{citazione|Anche quando Dio non ti ha comandato in modo specifico, dovrebbe comunque essere tua intenzione fare ciò che è buono e giusto (''yashar'') ai Suoi occhi. Perché Egli ama il bene e il giusto. Questo è un principio fondamentale. Perché è impossibile per la Torah comandare tutte le azioni umane e ordinare ogni singola interazione di un essere umano con un altro, regolare ogni transazione commerciale e migliorare ogni questione sociale e politica.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:18}} - II, 376}}
In CT: {{passo biblico2|Levitico|19:2}} (II, 115) Nahmanide espose la necessità di un ordinamento delle pratiche sessuali e rituali consentite, secondo il fine più ampio della santità. Qui spiega l'ordinamento delle pratiche sociali e commerciali consentite, ai sensi del fine generale della giustizia. La legge naturale è vista come una partecipazione alla sapienza creatrice di Dio, che governa l'universo.
'''[7.28]''' Anche l'osservanza di tali "leggi naturali" implica la divina provvidenza:
{{citazione|In verità, tutto questo è un grande privilegio dei giudici d'Israele e l'assicurazione che Dio conferma la loro autorità [''maskeem ‘al yadam''] ed è con loro in materia di vero giudizio.|CT: {{passo biblico2|Dt|19:19}} - II, 434}}
L'espressione "conferma la loro autorità" riecheggia il detto talmudico secondo cui Dio, dopo il fatto, confermò la decisione di Mosè di infrangere le prime tavole dei Dieci Comandamenti ({{passo biblico2|Esodo|32:19}}). Mosè aveva agito in base alla propria valutazione dei "bisogni dell'ora", non sulla base di un decreto divino, quando vide il popolo adorare il [[w:Vitello d'oro|Vitello d'oro]] (B. Shabbat 87a). C'è molta discussione nelle fonti rabbiniche su tali giudizi personali in tempi di crisi: l'integrità giudiziaria e la discrezione devono essere considerate affidabili nei casi che la legge non può coprire in modo specifico (B. Sanhedrin 46a). Ma c'è il pericolo sempre presente di abusi di potere e una mentalità ''vigilante'' che mette a repentaglio lo stato di diritto (B. Sanhedrin 82a; Maimonide, ''Hilkhot Sanhedrin'', 24.4, 10). Per Nahmanide, a quanto pare, la migliore garanzia che i giudici useranno la loro discrezione in modo responsabile è che siano pienamente consapevoli che il loro ruolo è di ''imitatio Dei'' (KR: ''Torat ha-’Adam'' - II, 41).
'''[7.29]''' La continuità tra i beni naturali e soprannaturali si vede nel modo in cui i comandamenti servono a fini sia corporali che spirituali:
{{citazione|Ancora una volta la Torah illumina i nostri occhi sul mistero della generazione... e così è con tutte le vie della Torah. Infatti comanda tutte le cose buone per il corpo secondo l'ordine familiare del mondo, e tutte le cose buone per l'anima in relazione alla sua natura e all'osservanza dei comandamenti. Poiché è noto che questi alimenti sono buoni per la salute e per la guarigione. Altri cibi sono dannosi per l'anima a causa dei tratti che generano... I rapaci sono crudeli e il loro sangue e la loro carne generano crudeltà nell'anima. A Israele è comandato di essere compassionevoli e amarsi gli uni con gli altri. Quindi fu giusto (''ra’ui'') che questo fosse loro proibito... Perché tutte le vie della Torah forniscono un beneficio (''to‘elet) al corpo e all'anima. Questo ordinò il Medico che sa come si formano le creature.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 166-67}}
Il medico, ovviamente, è Dio.
'''[7.30]''' I comandamenti della Torah tengono quindi conto non solo di considerazioni politiche, ma anche biologiche.
{{citazione|Le scritture proibivano il contatto sessuale con una mestruante... per preservare la specie... Lo dicono i medici stessi.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:19}} - II, 104}}
'''[7.31]''' Nahmanide accetta la logica biologica di Maimonide per i divieti dietetici della Torah, e anche la sua logica storica:
{{citazione|I cibi proibiti nella Torah fanno male anche al corpo. Maimonide ha fornito questa ragione nel ''Moreh Nevukhim'' [3.37]. È come le ragioni che diede per molti altri comandamenti, che queste pratiche proibite erano usate da maghi e stregoni a quel tempo per la stregoneria.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:23}} - II, 125}}
'''[7.32]''' Certe pratiche sono proibite perché naturalmente ripugnanti. Delucidando il raro uso peggiorativo di ''hesed'' nella proibizione dell'incesto da parte della Torah, "Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia (''hesed'')" ({{passo biblico2|Levitico|20:17}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|Secondo il parere dei commentatori, ''hesed'' significa "vergognoso" (''herpah''); perché gli uomini si vergognano naturalmente di questo atto disgustoso (''mekho‘ar'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|20:17}} - II, 131}}
'''[7.33]''' L'incesto è rifiutato, anche se alcuni tipi potrebbero sembrare consentiti dalla legge noachica. Così, nel commentare l'incesto delle figlie di Lot con il padre, Nahmanide scrive:
{{citazione|Erano timide (''tsenu‘ot'') e non volevano dire al padre di sposarle, perché un noachide potrebbe sposare sua figlia. In alternativa, era una cosa disgustosa (''mekho‘ar'') agli occhi di quelle generazioni e non doveva mai esser fatta.|CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119}}
'''[7.34]''' Anche la legge noachica, fondamentalmente, comprende i vincoli elementari che sono il ''sine qua non'' di ogni società capace di sostenere la lealtà umana. Tuttavia, non è sufficientemente specifico per fungere da contenuto di qualsiasi sistema giuridico reale. A questo proposito, il diritto civile e penale ebraico è simile alla legge noachica:
{{citazione|Ma ha imposto ai noachidi le leggi relative al furto, alla frode, allo sfruttamento e simili... Queste sono come la legge civile e penale (''ha-dinin'') data a Israele... Tali comandamenti solo limitano (''ha-meni‘ah'') l'illecito.|CT: {{passo biblico2|Genesi|34:13}} - I, 192}}
'''[7.35]''' Mentre un comandamento può avere un aspetto naturale manifesto, esso può avere contemporaneamente un aspetto mistico o soprannaturale ancora più importante. Tale è sempre il suo fondamento ultimo:
{{citazione|Sappi che il rapporto sessuale menzionato nella Torah è qualcosa da cui dovresti stare lontano; perché è disgustoso, tranne che per la conservazione della specie... Ma le unioni incestuose (''he-‘arayot'') sono statuti (''huqqim''), materie del decreto del Re. Questo è qualcosa che entra nella mente del Re, che nella Sua saggezza e sovranità conosce la necessità e lo scopo di ciò che ha comandato ma non lo spiega al popolo, se non al più saggio dei suoi consiglieri.|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:1}} - II, 101}}
'''[7.36]''' Anche le norme che soddisfano esigenze umane così evidenti come il mantenimento di buone relazioni nella società, hanno significati più profondi. Così il trattenimento dal nuocere al prossimo può essere inteso come giustificato dal naturale bisogno di ordine sociale. Ma da questo non deriva il comandamento positivo di ''amare'' il prossimo. Richiede una rivelazione speciale:
{{citazione|Il motivo per avere un comandamento speciale "ama il prossimo tuo come te stesso" è che è un obbligo insolito (''haflagah''). Perché il cuore di una persona non accetterà di dover amare il prossimo come la propria vita.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:17}} - II, 119}}
'''[7.37]''' Chiaramente Nahmanide crede che tutti i comandamenti di Dio abbiano ragioni e non siano semplicemente espressioni di autorità arbitraria. Riflettono la saggezza e la volontà di Dio. Ma solo le leggi civili e penali sono comprensibili dal canone dell'esperienza umana ordinaria. Gli altri comandamenti hanno ragioni più esoteriche:
{{citazione|Gli statuti sono i Suoi decreti (''gezerotav''), e le ordinanze sono le leggi civili e penali (''dinin''). I primi hanno bisogno di più rafforzamento perché le loro ragioni sono nascoste... Ma, inoltre, gli statuti e le ordinanze stesse sono giusti e buoni per la civiltà (''yishuv'') del popolo e della società.|CT: {{passo biblico2|Dt|4:3}} - II, 361}}
'''[7.38]''' Come Maimonide, Nahmanide si oppone vigorosamente all'idea che qualsiasi comandamento sia privo di ragioni specifiche. Se così fosse, i comandamenti di Dio sarebbero semplici espressioni di capriccio. In verità tutti esprimono la sapienza di Dio in tutta la sua specificità. La differenza tra le due categorie di comandamenti sta proprio nella facilità con cui le loro ragioni possono essere apprese dalla ragione umana senza aiuto:
{{citazione|L'intenzione non è che il decreto del Re dei re sia mai senza motivo (''ta‘am'')... ma gli statuti (''huqqim'') sono decreti di un Re emanati nel Suo regno, il cui beneficio (''to‘elatam'') non è rivelato al popolo... Parimenti gli statuti di Dio: sono Suoi misteri nella Torah che il popolo non comprende pienamente, come invece comprendono le ordinanze (''mishpatim''). Ma tutti sono ragionevoli, sani e interamente intenzionali.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:19}} - II, 120}}
'''[7.39]''' Alcune trasgressioni sono facilmente intese come offese alla vita umana e alla società. Altri offendono aspetti più profondi della vita divina stessa:
{{citazione|Perché il Diluvio si verificò a causa della corruzione della terra, e la Dispersione di Babele fu perché "tagliarono le piante", quindi furono puniti dal Suo grande Nome.|CT: {{passo biblico2|Genesi|11:2}} - I, 71}}
"Tagliare le piante" qui si riferisce all'eresia derivante dall'adozione di visioni private della vita divina e dei suoi misteri (B. Hagigah 14b). La metafora, per come la intende Nahmanide, guidata dall'opinione rabbinica, è che l'eretico taglia le piante in crescita dalle loro radici proprie quando si forma opinioni contrarie alla Torah, la fonte di ogni verità (cfr. per es., Ruth Rabbah 6.6).
'''[7.40]''' Nahmanide, come abbiamo visto, dedica molta attenzione ai comandamenti storici. Questi commemorano simbolicamente i miracoli pubblici operati da Dio, consentendo alle generazioni successive di ebrei, che non furono fisicamente presenti quando si verificarono i miracoli originali, di partecipare a quelle grandi esperienze:
{{citazione|Questi comandamenti sono chiamati "testimonianze" (''‘edot''), poiché sono un ricordo dei Suoi atti meravigliosi e una testimonianza (''‘edut'') di essi.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376}}
'''[7.41]''' Delle [[w:festività ebraiche|festività]] scrive:
{{citazione|L'essenza (''‘iqqar'') di questi comandamenti è che questi giorni siano ricordati e osservati come una vacanza da ogni lavoro estenuante.|[CT: {{passo biblico2|Numeri|30:1}} - II, 319}}
'''[7.42]''' I grandi miracoli pubblici sono rari perché il loro impatto sarebbe diminuito se fossero banalità ricorrenti. Ma ogni generazione di ebrei deve essere legata a loro:
{{citazione|Poiché Dio non compirà un miracolo o un portento (''mofet'') in ogni generazione davanti agli occhi di ogni malvagio e miscredente, ha comandato di preservare sempre un memoriale (''zikaron'') e un segno (''’ot'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|13:16}} - I, 346}}
E ancora:
{{citazione|I comandamenti chiamati "testimonianze" (''‘edot'') sono così chiamati perché servono come promemoria (''zekher'') delle azioni meravigliose di Dio e ne sono testimonianza (''‘edut'') — come ''[[w:matzah|matzah]], [[w:sukkah|sukkah]]'', [[w:Pesach|Pesach]], [[w:Shabbat|Shabbat]], ''[[w:tefillin|tefillin]]'' e ''[[w:mezuzah|mezuzah]]''... L'intento è di informare i nostri figli, che chiedono [il senso di ciò che facciamo], che il Signore è il Creatore, la Volontà e la Potenza, come ci è stato chiarito nell'Esodo dall'Egitto. Questa è la ragione (''ta‘am'') davanti ai nostri occhi. Perché noi siamo coloro che sanno e possono testimoniare dalla nostra esperienza dei segni e dei presagi che il Signore nostro Dio è il Dio del cielo e della terra; non c'è nessun altro... È bene anche per noi eseguire gli statuti (''ha-huqqim''). Nessuno statuto comporta nulla di male, anche se la sua ragione non è stata resa esplicita a tutti.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376-77}}
La distinzione tra leggi commemorative (''‘edot'') e statuti (''huqqim'') è qui vivida. Gli ''‘edot'' hanno ragioni evidenti a chiunque abbia familiarità con la storia di Israele. Gli ''huqqim'' hanno ragioni che riguardano la vita interiore di Dio. Ecco perché sono più misteriosi.
'''[7.43]''' Tutti i comandamenti commemorativi intendono in definitiva l'atto della creazione, che nessuna creatura ha mai sperimentato direttamente:
{{citazione|Ci ha comandato di fare un segno (''siman'') e un memoriale perpetuo di questo, per far conoscere che Dio ha creato tutte le cose. E questo è il comandamento dello Shabat, che è memoriale della creazione.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 395}}
'''[7.44]''' Il ricordo indiretto della creazione e il ricordo diretto dell'Esodo sono in relazione vitale nei comandamenti commemorativi:
{{citazione|Quando ci riposiamo e ci asteniamo dal lavoro il settimo giorno, non abbiamo in tal modo direttamente un ricordo (''zikaron'') dell'Esodo dall'Egitto. Chi si limita a vederci oziosi dal lavoro non lo saprà... Tuttavia, sarà un ricordo (''zekher'') della creazione che ci riposiamo nel giorno in cui il Signore si riposò e si ristorò. La verità è che l'Esodo dall'Egitto ci insegna l'eterno Dio (''Elohah qadmori''), che crea tutto ciò che desidera e che è in grado di farlo... Se nella tua mente sorge un dubbio sull'insegnamento dello Shabbat sulla creazione, volontà e sovranità di Dio, ricorda ciò che i tuoi occhi videro nell'Esodo dall'Egitto, che fu esso stesso una prova e un promemoria per voi. In effetti, lo Shabbat è un ricordo dell'Esodo dall'Egitto; e l'Esodo dall'Egitto è un ricordo dello Shabbat.|CT: {{passo biblico2|Dt|5:15}} - II, 367}}
Nahmanide qui implica che i comandamenti commemorativi non possono essere apprezzati a meno che non si sia predisposti ad apprezzare la trascendenza di Dio. L'intento proprio di osservarli accresce la fede, certo, ma presuppone anche un fondamento nella fede (CT: {{passo biblico2|Genesi|14:10}} - I, 85-85). Senza tale fede, colui che osserva questi comandamenti non sarà più consapevole del loro intento di quanto non lo sia un semplice osservatore che vede gli ebrei osservare lo Shabbat e non può dedurre da questo solo fatto che ciò che vede è un memoriale dell'Esodo — per non parlare che esso intende l'atto di creazione da parte di Dio.
'''[7.45]''' Nahmanides spiega che un convertito che si unisce al popolo di Israele, si unisce alla memoria storica di Israele attraverso l'esecuzione dei simboli d'azione di Israele:
{{citazione|Sappiamo che i forestieri (''gerim'') usciti dall'Egitto, la moltitudine mista, compiono il rito dell'agnello pasquale. Poiché anche loro furono inclusi nel miracolo. Ma coloro che si sono convertiti in seguito, nel deserto o in Terra d'Israele, rientrano nell'obbligo di compiere il rito dell'agnello pasquale, poiché né loro né i loro antenati presero parte al miracolo... Quindi fu necessario obbligarli a compiere il rito dell'agnello pasquale nelle generazioni successive (''pesah dorot''), sia nel deserto che in Terra d'Israele.|CT: {{passo biblico2|Numeri|9:14}} - II, 227}}
I comandamenti formano un legame esperienziale con i miracoli pubblici. Quindi non è necessario aver sperimentato direttamente i miracoli, o esser discendenti da antenati che li videro.
'''[7.46]''' Gli aspetti naturali dei comandamenti della Torah come ''mishpatim'' e i loro aspetti storici come ''‘edot'' possono essere intesi entrambi in termini di bisogno umano: il bisogno di far parte biologicamente dell'ordine naturale e politicamente dell'ordine sociale. Affrontano anche la necessità di riconoscere il Dio che trascende la natura nel governo della storia:
{{citazione|Riteniamo... che c'è una ragione per tutti i comandamenti... per insegnarci buone qualità di carattere... e per affinare la nostra anima... Di conseguenza, tutti sono interamente a nostro beneficio... Questa è una questione di consenso (''davar muskam'') in tutti i ''dicta'' dei nostri Rabbini... lo scopo di tutti i comandamenti è di giovare a noi, non a Lui, benedetto ed esaltato Egli sia.|CT: {{passo biblico2|Dt|22:6}} - II, 448-49}}
Tuttavia, i due tipi di comandamenti mediano il rapporto tra Dio e Israele in modo diverso: i ''mishpatim'' tramite la natura; gli ''‘edot'', tramite la storia.
'''[7.47]''' Eppure l'idea che i comandamenti soddisfino i bisogni umani raggiunge solo il primo livello di significato dei ''mishpatim'' e ''‘edot''. Se tutti i comandamenti sono in definitiva partecipazioni alla vita divina e se noi stessi siamo fatti ad immagine di Dio, allora i comandamenti devono riflettere sia una realtà divina che umana. Nessuno serve semplicemente i bisogni umani, ma tutti insieme costituiscono il nostro stesso essere:
{{citazione|Ci sono solo due cose per noi: "temere Dio" ({{passo biblico2|Ecclesiaste|12:13}}) — nel nostro cuore — "e osservare i Suoi comandamenti" — nelle nostre azioni. Così saremo amati da Dio "poiché questo è tutto l'uomo" (''ki zeh kol ha-’adam''). Il timore reverenziale è la radice della formazione di un essere umano. I suoi occhi e la sua testa e tutte le sue membra non sono niente. I comandamenti sono il suo corpo, le sue membra e la sua anima.|KR: ''Sermone su Qohelet'' - I, 203}}
Se i comandamenti fossero visti semplicemente come al servizio della natura umana, si presumerebbe che ''prima'' ci sia la realtà, la natura umana, i cui bisogni i comandamenti ''poi'' servono. La natura umana trascenderebbe i comandamenti. Così la maggior parte dei teologi razionalisti vedeva la teleologia dei comandamenti. Ma se i comandamenti stessi ''costituiscono'' la natura umana, se essa non esiste neppure senza di essi, allora i fini dei comandamenti devono trascendere la natura umana. Possono essere solo i bisogni interiori di Dio.
'''[7.48]''' Alcuni comandamenti sono visti come un'introduzione diretta nella vita interiore del divino. Questi sono gli ''huqqim''. Hanno una particolare immediatezza e importanza in quanto rispondono al bisogno divino. Nahmanide qui esprime una dottrina (se non la sta effettivamente stabilendo) che è stata molto sviluppata dai cabalisti successivi, che Dio stesso ha bisogno di rendere efficace la Sua potenza e provvidenza nella creazione e quindi ha bisogno della cooperazione umana ([[w:Meir ibn Gabbai|Meir ibn Gabbai]], ''‘Avodat ha-Qodesh'', sez. 2). Commentando il versetto: "Sapranno che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire dal paese d'Egitto, per abitare (''le-shokhni'') in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio" ({{passo biblico2|Esodo|29:46}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|C'è in questa faccenda un grande mistero. Perché apparentemente la ''Shekhinah'' in Israele risponde a un bisogno umano (''tsorekh hedyot'') e non a un bisogno divino (''tsorekh Gavoah''). Ma il fatto è, come afferma la Scrittura, "Israele, in te sarò glorificato" ({{passo biblico2|Isaia|49:3}}).|CT: {{passo biblico2|Esodo|29:46}} - I, 486-87}}
Parlando di un "significato mistico" (''sod'') qui, Nahmanide allude al livello ultimo di intelligibilità degli atti di Dio e dei comandamenti della Torah, un livello non accessibile ai comuni studiosi della Torah, ma solo a coloro che si sono uniti alla compagnia celeste per profezia o per tradizione autentica (''kabbalah'').
'''[7.49]''' Così Nahmanide sostiene che i comandamenti dovrebbero essere interpretati in termini di bisogni divini piuttosto che umani:
{{citazione|Non farti radice... "basta che il servo sia come il padrone" [B. Berakhot 58b]. Come è mio, così è tuo... Secondo una verità più profonda, è come "che raccolgano per me (''li'') un'offerta elevata" ({{passo biblico2|Esodo|25:2}}).|CT: {{passo biblico2|Levitico|25:23}} - II, 179}}
Se i comandamenti servono essenzialmente ai bisogni umani, allora l'uomo, non Dio, è il fine ultimo e l'arbitro della rivelazione e della creazione. Ma quando Dio implica che l'uomo deve agire per conto di Dio, i bisogni di Dio diventano fondamentali.
'''[7.50]''' In armonia con questo tema, Nahmanide assegnerà ragioni per i comandamenti più misteriosi (''huqqim''), al di là delle rubriche generali che Maimonide ha esposto. Infatti egli attribuisce un valore molto più alto a questi comandamenti, poiché implicano un'intima partecipazione alla vita di Dio:
{{citazione|A mio parere, qui c'è una ragione come quella dei sacrifici compiuti fuori dal Tempio, come la capra inviata nello Yom Kippur e per mezzo della quale la terra viene epurata. Ecco perché i saggi consideravano la legge della cerimonia di spezzare il collo a una giovenca (''‘eglah ‘arufah'') come uno degli statuti.|CT: {{passo biblico2|Dt|21:4}} - II, 440}}
L'espiazione, che è lo scopo dichiarato della cerimonia, compiuta in un caso di omicidio irrisolto ({{passo biblico2|Dt|21:8}}), non è solo una questione di riconciliazione con Dio, ma anche una questione di riconciliazione divina interiore.
È [[Maimonide]], nella ''[[Mishneh Torah]]'', che elenca la legge della giovenca con il collo spezzato come uno degli ''huqqim'', la cui ragione (''ta‘am'') non è nota (''Hilkhot Me‘ilah'', 8.8), anche se non si dovrebbe presumere che nessuno di loro non serva un fine superiore (''sof ‘inyanam''). Nelle fonti rabbiniche sulla distinzione tra ''mishpatim'' e ''huqqim'', questa legge non è inclusa tra gli ''huqqim'' (''Sifra'': Aharei-Mot, cur. Weiss, 86a; B. Yoma 67b). Nel ''Moreh Nevukhim'' (3.40) Maimonide fornisce una ragione: la pubblicità coinvolta in questa cerimonia insolita può suscitare informazioni sull'autore dell'omicidio. Per Maimonide tutti i comandamenti hanno ragioni, ma tutte le ragioni rispondono ai bisogni umani. Per Nahmanide alcuni dei motivi coinvolgono bisogni divini. Maimonide, ovviamente, non ammetterebbe mai che Dio abbia alcun bisogno.
'''[7.51]''' Spesso Nahmanide attribuisce a un comandamento due ragioni diverse, una che riguarda una specifica esigenza umana, l'altra che indica una necessità divina. Quest'ultima, derivata dalla Cabala direttamente o per inferenza, è chiamata la ''vera'' ragione. Questo potrebbe suggerire che l'altra sia falsa. Ma Nahmanide è aperto a una molteplicità di intenzioni all'interno della Torah. Non cerca di imporre un'interpretazione unitaria (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411; B. Sanhedrin 34a rif. {{passo biblico2|Geremia|23:29}}; Bemidbar Rabbah 13.15 rif. {{passo biblico2|Numeri|7:79}}). Ciò che non è "vero" come autentico insegnamento cabalistico non è comunque falso, ma spesso è solo meno vero, proprio perché è orientato verso l'uomo piuttosto che verso Dio.
I comandamenti commemorativi, al livello inferiore, sono intesi come volti a ricordare agli esseri umani – il cui quadro di riferimento ordinario è la regolarità della natura – del potere trascendente di Dio. Poiché quel potere era chiaramente manifestato nei pubblici miracoli di Dio. Ma a un livello superiore gli stessi comandamenti sono intesi come volti a rafforzare la partecipazione alla vita interiore di Dio da parte di quei santi il cui normale quadro di riferimento è questa stessa vita interiore, dove vedono la loro vera collocazione:
{{citazione|In termini di verità (''‘al derekh ha-’emet''), quando questo versetto afferma: "a causa di ciò che il Signore ha fatto per me (''li'', {{passo biblico2|Esodo|13:8}})", ha lo stesso senso di "Questi è il mio Dio (''Eli''), io lo glorificherò" ({{passo biblico2|Esodo|15:2}}). Per amore del Suo Nome e del Suo onore ha fatto queste cose per noi e ci ha fatto uscire dall'Egitto. Pertanto sarà per te un segno sul tuo braccio forte e teso. La sua ragione (''ke-ta‘am'') è espressa nel versetto "poiché Tu sei lo splendore (''tiferet'') della loro forza" ({{passo biblico2|Salmi|89:17-18}})... Il suo scopo è indicare la completa unificazione [''she-ha-kol ba-kol''] — cioè la presenza dei quattro brani della Torah che riguardano Dio e Israele sono posti in uno scompartimento nel [[w:tefillin|tefillin]] portato sul braccio... Ora ti dirò una ragione (''ta‘am'') per molti comandamenti... Molte persone negano la radice stessa della fede (''kofrim be-‘iqqar'') e dicono che il mondo è eterno... Quindi, quando Dio sceglie una comunità o un individuo, mostra loro (''mofet'') il suo potere soprannaturale cambiando l'ordine familiare della natura del mondo, affinché tutte queste opinioni errate possano essere annullate... Ma poiché Dio non compie un segno (''’ot'') o una dimostrazione in ogni generazione... ci ha comandato di mantenere un continuo ricordo (''tamid zikaron'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|3:16}} - I, 345-46}}
{{Vedi anche|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie delle interpretazioni}}
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[[Categoria:Nahmanide teologo|Capitolo 7]]
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{{Nahmanide teologo}}
[[File:Портрет раввина.jpg|thumb|540px|center|''Ritratto di Rabbino'', di Franz Obermüller (c.1900)]]
== I Comandamenti ==
'''[7.1]''' Il nostro rapporto con Dio è fondato sulla fede. La fede (''emunah'') non è solo uno stato di coscienza; implica la pratica. Tutti i comandamenti della Torah sono atti di fede. La loro corretta esecuzione deve riconoscere Dio per Quello che è e accettarLo per Colui che è, il Dio che si è rivelato a Israele nei miracoli pubblici (''nissim mefursamim''). Poiché ciò che sappiamo di Dio viene dalla storia, il ''locus'' della fede è la memoria (Note sul ''Sefer ha-Mitsvot'' di Maimonide, pos. n. 1, p. 261). La fede si compie quando la memoria degli atti potenti di Dio è espressa nei comandamenti che commemorano quegli atti così come li ha sperimentati Israele:
{{citazione|Ci ha comandato di avere fede nelDio unico, che Egli sia esaltato: che esiste, che è Colui che comprende e può tutto. La nostra fede dovrebbe essere unita nell'intendere (''ye-she-niyyahed'') questi attributi, poiché ogni onore è Suo. Così ci ha comandato di onorare la menzione del suo Nome, di fare un segno e un ricordo perpetuo (''siman ve-zikaron tamid'') per farci sapere che Dio ha creato ogni cosa.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 398}}
'''[7.2]''' L'accettazione dei comandamenti dipende dall'accoglienza della realtà di Dio e della Sua particolare provvidenza :
{{citazione|Dobbiamo credere che Dio conosce le persone individuali (''’ishim'') in tutte le loro particolarità, sia le persone celesti (''ha-‘elyonim'') che quelle terrene (''ve-ha-tahtonim''), le loro azioni e pensieri, passati, presenti e futuri. Perché egli è il loro creatore, il dispensatore dell'esistenza che ora hanno, il loro creatore dal nulla assoluto (''me-’afeisah muhletet'')... Da questo si passa alla fede nella provvidenza di Dio (''ha-hashgahah'')... donde noi possiamo affermare (''titkayyem'') la vera autorità della Torah e dei comandamenti. Poiché, fin quando crediamo che Dio ci conosce e si prende cura di noi, la nostra fede si estende alla profezia, e crediamo che Dio, sia Egli saltato, conosce e ama, comanda e ammonisce, cioè ci comanda di fare ciò che è buono e giusto e ci rimprovera di ciò che è male. Ci protegge e conserva per noi tutte le buone conseguenze menzionate nella Torah, e porterà sui trasgressori la punizione che ha decretato per loro.|KR: ''Commentario a Giobbe'', intro. - I, 17-18}}
Per Nahmanide, "l'affermazione" (''qiyyum'') dell'autorità della Torah e dei comandamenti è un atto di fede, prima dell'adempimento di uno qualsiasi dei singoli comandamenti (CT: {{passo biblico2|Dt|27:26}} - II, 472; ''supra'', 2.24 ). È il lato cognitivo di ''kavvanah''. Emotivamente, bisogna dirigere il cuore a Dio. Dal punto di vista cognitivo, si deve conoscere quanto più umanamente possibile sul Dio a cui il proprio cuore è così diretto (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:2}} - I, 354-55 rif. ''Mekhilta'': Be-shalah, cur. Horovitz-Rabin, 128). Sia il lato cognitivo che quello emotivo della fede sono richiesti nella corretta osservanza dei comandamenti.
'''[7.3]''' Poiché tutti i comandamenti hanno ragioni, ciascuno con una funzione unica nell'economia divina del cosmo, si è obbligati a discernere la ragione di ogni comandamento e farne l'intenzione (''kavvanah'') della propria osservanza. Anche negli ambiti della vita che sono lasciati alla discrezione privata (''reshut''), si deve trovare la giusta intenzione verso il divino:
{{citazione|In effetti, si può essere miserabili (''naval'') mentre ci si conforma al comportamento consentito dalla Torah (''bi-reshut ha-Torah''). Così, specificati gli atti che proibisce assolutamente, la Scrittura ha comandato in termini più generali che si tenga le distanze anche da ciò che è permesso.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:1}} - II, 15}}
Nahmanides intende che si dovrebbe evitare l'eccesso e la volgarità anche nel mangiare, nel bere e nell'espressione sessuale consentiti. Perché il piacere fisico non è il ''summum bonum''. Nahmanide è favorevole all'opinione talmudica che il [[w:Nazireato|nazireo]] sia un santo, in contrasto con la visione talmudica alternativa secondo cui un tale asceta è un peccatore per aver negato a se stesso i piaceri che la Torah normalmente consente (B. Ta‘anit 10a e paralleli; per la critica dell'ascetismo, cfr. Y. Berakhot 2.9/5d; Y. Nedarim 9.1/41b; B. Baba Batra 60b; e soprattutto Maimonide, ''Shemonah Peraqim'', cap. 4, cur. Kafih (Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1965), 254 [cfr. ''Moreh'', 3.48]). Per Maimonide, la santità è in definitiva una collaborazione attiva con Dio, che cresce dal riconoscimento del governo creativo di Dio nel mondo (''Moreh'', 3.54, fine). Ciò che è richiesto per questo, come per tutta la pietà, non è l'ascesi, ma il ragionevole contenimento dell'eccesso (''Hilkhot De‘ot'', 1,4-6). Per Nahmanide, tuttavia, un ulteriore autocontrollo, per amore di Dio, può essere esso stesso un atto santo. L'ascetismo ha caratterizzato gran parte del misticismo ebraico, siano essi Cabala spagnola o Hasidut tedesco (cfr. Scholem, ''Origins of the Kabbalah'', 229ss.). La tendenza risale ai tempi del misticismo [[w:Gaon|Geonim]] e [[w:Heikhalot|Hekhalot]] (cfr. Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', 49-50). Anche se tale ascetismo molto precede Nahmanide, la sua approvazione gli ha conferito l'ulteriore autorità della sua statura di halakhista.
'''[7.4]''' Nahmanide considera il ritorno del nazireo nel mondo ordinario come una peccaminosa discesa da un piano spirituale superiore:
{{citazione|Il motivo dell'offerta per il peccato (''hat’at'') che il nazireo offre il giorno del compimento del suo voto nazireico non è stato spiegato. Secondo il significato semplice... è giusto che sia nazireo e sia santificato a Dio... Anzi, ha bisogno dell'espiazione per tornare nell'impurità dei piaceri del mondo.|CT: {{passo biblico2|Numeri|6:11}} - II, 215}}
'''[7.5]''' Nahmanide non può dire che ogni comandamento deve essere eseguito con la giusta intenzione per essere legalmente valido, ma indica che la piena realizzazione dei comandamenti richiede la giusta intenzione:
{{citazione|È noto che chi esegue un comandamento ma non lo comprende non lo ha adempiuto completamente (''bi-shlemut'')... Perché sei obbligato a ricordare il grande miracolo compiuto per te.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 151}}
Agire senza consapevolezza dell'intento dell'atto significa non soddisfare il requisito stesso del comandamento in questione. Per Nahmanide, l'intenzione qui non significa contemplazione astratta della divinità, ma concentrazione sul miracolo specifico che l'atto commemora.
'''[7.6]''' Il livello di intenzione (''kavvanah'') che si deve avere per adempiere un comandamento è oggetto di un lungo e inconcludente dibattito nel Talmud (B. Rosh Hashanah 28a ''et seq.''). Per Nahmanide l'intenzione è fondamentale nel permetterci di riconoscere la volontà di Dio come fonte di un comandamento e la sapienza di Dio nella specificazione del suo scopo. Attraverso l'intenzione, per così dire, si segue il proposito di Dio. Ammettendo che ci sono molte opinioni sull'argomento ''kavvanah'', Nahmanide fonda un argomento massimalista su un brano della Mishnah: "Se uno leggesse la Torah [Dt. 6:4-9, contenuto testuale dello Shema] e giungesse l'ora della recita liturgica dello [[w:Shemà|Shema]], se il cuore ha inteso questo comandamento specifico, lo ha adempiuto; se no, non l'ha adempiuto" [M. Berakhot 2.1].
{{citazione|Riguardo alla questione dell'intenzione nel suonare lo [[w:shofar|shofar]]: se lo si suona solo per fare un suono musicale, la questione è dibattuta nel Talmud e tra i Geonim... Rabbenu Hai scrisse che anche se è legge che se si esegue un comandamento senza l'intenzione lo ha comunque adempiuto, tuttavia, quando si eseguono i comandamenti, si abbia regolarmente intenzione di farlo. In tutta umiltà, abbiamo una prova per il punto di vista dell'autore di ''Halakhot Gedolot'' [che accetta la visione massimalista alla fine del suo trattamento delle leggi di [[w:Rosh haShana|Rosh haShanah]]] dalla legge all'inizio del secondo capitolo della Mishnah, Berakhot [riguardo allo ''Shema''].|KR: ''Sermone per Rosh HaShanah'' - I, 241}}
Nahmanide confessa di non poter presumere di aver risolto il dibattito pratico tra i Geonim, ma teologicamente ha certamente risolto la questione. Coloro che sono stati influenzati dalla tradizione cabalistica, di cui Nahmanide era una fonte così importante, sottolineavano la necessità della ''kavvanah'', non solo su basi teologiche generali, ma anche su basi halakhiche specifiche, ove possibile (cfr. sopecialm., Joseph Karo, ''Shulhan ‘Arukh'': ’Orah Hayyim, 60.4; anche, R. J. Z. Werblowsky, ''Joseph Karo: Lawyer and Mystic'' [Philadelphia: JPS, 1977], 162-63).
'''[7.7]''' Nel significato che assegna a ''kavvanah'', Nahmanide non è d'accordo con Maimonide sul versetto, "servirlo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}). Maimonide interpreta il commento rabbinico su questo versetto, "questa è preghiera... il servizio del cuore" (''Sifre'': Devarim, n. 41, ed. Finkelstein, 87-88; B. Ta‘anit 2a) come se vi trovasse un mandato letterale per la preghiera (''Sefer ha-Mitzvot'', pos. n. 5), sebbene il contenuto effettivo del culto formale sia formulato dai Rabbini (''Hilkhot Tefillah'', 1.1). Nahmanide vede il versetto come riferito a tutti i comandamenti della Torah. Per lui l'allusione alla preghiera è un'inferenza omiletica (''’asmakhta''):
{{citazione|Il significato essenziale del versetto "servendolo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}) è che è comandamento positivo che tutte le nostre opere siano per Dio, sia Egli esaltato, siano fatte con tutto il nostro cuore. Ciò significa con intenzione corretta e piena, per l'amor di Dio e senza alcun pensiero malvagio. Non dobbiamo eseguire i comandamenti senza intenzione o dubitare che abbiano qualche beneficio (''to‘elet'').|''Note a Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', pos. n. 5, p. 156}}
'''[7.8]''' L'intenzione è così centrale che l'adempimento di un comandamento per la ragione sbagliata può essere un peccato. Quindi la schiavitù egizia degli israeliti faceva parte del piano divino, ma comunque peccaminosa:
{{citazione|Così, quando Dio decretò la servitù di Israele in Egitto, essi andarono e li resero schiavi con la forza... Quando il decreto esce per mezzo di un profeta... c'è merito nell'eseguirlo... ma se uno udisse il comandamento [di uccidere] e allora uccidesse per odio o per saccheggio, sarebbe punito, poiché il suo intento è peccaminoso. Poiché gli [[w:Antico Egitto|egizi]] sapevano che era un comandamento del Signore [che Israele fosse reso schiavo da loro].|CT: {{passo biblico2|Genesi|15:14}} - I, 94}}
'''[7.9]''' Poiché il fondamento della Torah, che è la sovranità di Dio sull'universo, è noto attraverso l'esperienza storica, l'affermazione di tale esperienza ha la priorità anche sullo studio dei precetti della Torah. L'esperienza storica ''par excellence'' è la teofania al Sinai. Così i Rabbini chiariscono il versetto: "Soltanto, bada bene a te stesso e veglia diligentemente sull'anima tua, per non dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, ed esse non ti escano dal cuore finché duri la tua vita. Anzi, falle sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli" ({{passo biblico2|Dt|4:9}}) intendendo il dovere di educare la propria progenie ai precetti della Torah (B. Kiddushin 30a). Ma Nahmanide tratta questa glossa come omiletica (''asmakhta''). Trova il comandamento letterale a un livello molto più profondo:
{{citazione|Il secondo comandamento è che non dimentichiamo la teofania al Monte Sinai... perché è un principio fondamentale (''yesod gadol'') della Torah... Non commettere l'errore di interpretare questo versetto come una semplice omelia sull'insegnamento della Torah ai propri pronipoti. Perché la fede nella stessa Torah (''emunat ha-Torah'') è ciò che qui si intende per studio della Torah... Questo è ciò che deve essere trasmesso di generazione in generazione.|''Note su Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'': Addenda, neg. n. 2, p. 396}}
L'esistenza, la potenza e la volontà di Dio furono rivelate a Israele sul Sinai: "Essi sono coloro che conoscono e sono i testimoni (''‘edim'') di tutte queste cose" (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:2}} - I, 388). La testimonianza di Israele è storica. Un testimone è colui che fu presente a un evento e lo segnala alla comunità. Gli eventi richiedono testimoni perché sono singolari. Coloro che non sono effettivamente presenti devono imparare dai resoconti di coloro di cui possono fidarsi. Con i processi ordinari della natura, non sono richiesti testimoni speciali. Perché questi sono accessibili a tutti. Nessuno ha bisogno di impararli da una storia raccontata da qualcun altro. La dimostrazione scientifica presuppone che ciò che riporta sia, almeno in linea di principio, accessibile a qualsiasi osservatore. Poiché i principi che mostra sono sempre presenti, anche se non lo sono i fenomeni che li manifestano.
La differenza tra testimonianza storica e dimostrazione scientifica è esemplificata nella discussione rabbinica sull'istituzione della determinazione dell'ora esatta del [[:en:w:New moon#Hebrew calendar|Novilunio]], punto di riferimento chiave nella regolazione del [[w:calendario ebraico|calendario ebraico]]. (Per il contesto storico, cfr. M. M. Kasher, ''Torah Shlemah'' [New York, 1949] XIII). Per i Rabbini, l'obbligo di testimoni oculari per l'apparizione della Luna Nuova (M. Rosh Hashanah 1.6 ''et seq.'') non è un ''sine qua non'' per scopi calendariali (B. Betsah 4b). I testimoni sono preferiti quando il Sinedrio è effettivamente in funzione nella Terra d'Israele. Ma altrimenti i calcoli fatti dai Rabbini in epoca talmudica fissano il calendario ebraico (cfr. ''Note su Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', pos. n. 153, p. 214 e testo di Maimonide alle pp. 211-12): la questione è essenzialmente di dimostrazione scientifica (Maimonide, ''Hilkhot Qiddush ha-Hodesh'', 1.6; 5.2-3; 11.1-4; 17.24), non di esperienza singolare. Nel contesto storico i testimoni ''affermano'' ciò che deve essere conosciuto dagli altri; nel contesto scientifico i testimoni si limitano a ''confermare'' ciò che gli altri in linea di principio possono conoscere da soli.
Trattando il ruolo della testimonianza nella rivelazione, Nahmanide segue Judah Ha-Levi, per il quale l'ebraismo si basa in definitiva sulla teofania del Sinai e sulla testimonianza dell'intero popolo d'Israele, che l'ha vissuta (''Kuzari'', 1.48). La presenza di Dio si manifesta in eventi storici unici. Per Maimonide, invece, il contenuto stesso della teofania del Sinai è credibile perché i primi due comandamenti del decalogo sono verità razionalmente evidenti che fondano tutti gli altri comandamenti: quelli positivi sulla base di "Io sono il Signore Dio tuo"; il negativo, sulla base di "non ci saranno altri dèi" (''Moreh Nevukhim'', 2.33; ''Sefer ha-Mitsvot'', pos. n. 1, neg. n. 1; ''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 1.6; cfr. la fonte talmudica di questa opinione, B. Makkot 24a, dove il fondamento di questi due comandamenti nella rivelazione è l'enfasi principale). Per Maimonide è la certezza razionale che esenta l'esperienza del Sinai dall'accusa che potrebbe essere stata un'illusione di massa (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 8.1-3). La realtà di Dio è conosciuta attraverso l'apprensione della natura da parte della ragione. Quindi la testimonianza storica ha il ruolo secondario che i testimoni svolgono nell'accertamento del [[w:Novilunio|Novilunio]]. Inoltre, sostiene Maimonide, la testimonianza non è di per sé dimostrabile razionalmente. È solo più o meno credibile. Così Maimonide designa l'intera istituzione giuridica della testimonianza (''‘edut'') come quella che ci è comandato di accettare, nonostante l'indimostrabilità di ciò che è testimoniato e la costante possibilità di inganno o illusione (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 7,7; ''Hilkhot ‘Edut'', 18.3; ''Hilkhot Sanhedrin'', 18.6). Per Ha-Levi e Nahmanide l'evento della rivelazione è il fondamento del suo contenuto. Per Maimonide, l'evento della rivelazione è l'occasione in cui ciò che è sempre stato vero in linea di principio (''ratio per se'') viene da noi scoperto (''ratio quoad nos'').
'''[7.10]''' Per Nahmanide, l'esperienza umana del mondo si articola su tre livelli fondamentali: 1) esperienza ordinaria dell'ordine naturale familiare; 2) miracoli pubblici, dove la potenza di Dio sconvolge l'ordinario stato della natura, in modo da far balzare coloro che vivono questi grandi eventi ad una maggiore consapevolezza dell'opera di Dio nel mondo; e 3) miracoli segreti, che manifestano la costante provvidenza di Dio. L'azione umana, come strutturata dalla Torah nei suoi comandamenti, è correlata a questi tre livelli di esperienza; sono correlati, in quanto un comandamento può avere diverse ragioni.
{{citazione|Ciascuno dei comandamenti del Signore ha molte ragioni. Per ognuno ha molti benefici (''to‘elet''), sia per il corpo che per l'anima.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411}}
'''[7.11]''' Sebbene Nahmanide accetti molteplici ragioni per ogni comandamento, rifiuta le ragioni che considera pretestuose:
{{citazione|La motivazione di Maimonide per i sacrifici [''Moreh'', 3.46]... è vana speculazione (''divrei hav’ai'')... Meglio ascoltare la ragione di chi dice che è perché le azioni di un essere umano sono costituite da pensiero, parola e azione, così Dio ha comandato che quando qualcuno pecca, deve portare un sacrificio e premervi sopra le mani, per dar significato all'atto (''ke-neged ha-ma‘aseh''), confessare con la sua bocca, per significare la parola, e bruciare le viscere e i reni, che sono gli organi del pensiero e del desiderio... Queste parole sono facilmente accessibili e attirano il cuore come le parole dell'Aggadah [cfr. B. Shabbat 87a; B. Baba Batra 10a rif. {{passo biblico2|Proverbi|3:35}}]. Ma in termini di verità superiore (''‘al derekh ha’emet''), c'è un mistero nascosto (''sod ne‘elam'') nei sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|1:9}} - II, 11-12}}
Il punto di vista di Maimonide che Nahmanide critica qui è che i sacrifici erano storicamente necessari, come forma di culto a cui il popolo d'Israele era abituato. Erano un compromesso con la realtà culturale, ma accuratamente epurati da ogni associazione idolatrica. Nahmanide obietta che il culto sacrificale è troppo centrale nell'ebraismo perché una logica così storicamente contingente sia vera. Sarebbe preferibile una seconda linea di interpretazione (l'autore della quale non nomina, sebbene assomigli a un approccio suggerito nel ''Commentario alla Torah'' di Ibn Ezra: Lev. 1:4 dopo Vayiqra Rabbah 7.3): che i sacrifici simboleggiano la vera contrizione e uno spirito di sacrificio di sé nel presentarsi davanti a Dio. Lo stesso punto è poi sottolineato dallo ''[[Zohar]]'' (Vayiqra, 3:9b e dal ''Commentario alla Torah'' di Bahya ben Asher su questo stesso versetto). Ma Nahmanide trova il significato più profondo dei sacrifici in una realtà divina. In sostanza, sostiene, soddisfano i bisogni divini. Questo è il punto di vista della Cabala, e l'approccio di Nahmanide qui influenzò profondamente i cabalisti successivi (cfr. I. Tishby, ''Mishnat ha-Zohar'', 2.194ss.)
'''[7.12]''' Nonostante il rifiuto da parte di Nahmanide della logica generale di Maimonide per il sistema sacrificale, egli concorda sul fatto che Maimonide avesse ragione nell'interpretare alcuni divieti del culto come anti-idolatrici nell'intento:
{{citazione|È plausibile (''yitakhen'') interpretare i divieti di lievito e miele sull'altare come fa Maimonide nel ''Moreh Nevukhim'' [3.46], quando afferma di aver trovato nei libri degli antichi idolatri che era loro abitudine, praticando l'adorazione pagana, offrire le loro offerte di cibo in forma lievitata e mescolare il miele in tutti i loro sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|2:2}} - II, 17-18}}
'''[7.13]''' Una teologia che trova ragioni per i comandamenti di Dio non può vederli come semplici decreti positivi. Piuttosto, devono essere visti come garantiti o dai benefici che apportano nel migliorare le relazioni umane, o dal bene che apportano alla relazione tra Dio e uomo. Quest'ultimo rapporto, costituito dalla rivelazione, è immutabile. Ma in fondo tutti i comandamenti costituiscono il rapporto tra Dio e uomo. Quindi tutti sono immutabili (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:26}} - I, 361). Non possono essere abrogati dalla mera autorità umana. Perché la determinazione divina di ciò che è bene per l'uomo ha sempre la precedenza sulle nozioni umane. Le proiezioni umane di ciò che è bene per gli esseri umani sono ancora essenzialmente umane, quindi sono soggette all'abrogazione umana. Nahmanide sottolinea la distinzione in un'analisi halakhica dei giuramenti:
{{citazione|Alcuni dicono che [il giuramento di accettare la Torah al Monte Sinai] sia stato fatto con il consenso divino (''‘al da‘at ha-Maqom'')... e che il consenso di Mosè non fosse necessario, se non in quanto si fece portavoce della corte [umana] al loro Padre celeste... C'è un interprete che dice che il testo talmudico corretto recita "per consenso divino e quello del suo entourage angelico (''u-famaliah shelo'')", ma ciò è errato... Un interprete dice che la regola che i giuramenti comunitari a Dio possono essere revocati non si applica a nessun comandamento di Dio, perché ciò che è giurato secondo la volontà di Dio (''‘al da‘ato'') non può essere annullato (''hafarah''), dato che i Suoi comandamenti sono per sempre. Perché "Dio non è un uomo, da poter mentire" ({{passo biblico2|Numeri|23:19}}). Ma ciò che la comunità fa voti in materie ritenute facoltative (''bi-dvar reshut''), dove hanno collegato il loro consenso con quello di Dio, può essere abrogato e possono accettare di consentirne la violazione... e Dio concorda con la loro decisione. A me sembra che la giusta formula legale per tali giuramenti debba essere: "Per consenso divino e quello della congregazione (''kenesset'') d'Israele con Lui"... Cioè, il consenso di molti. Tuttavia, ciò che la comunità giura invocando il consenso divino, quello lo possono abrogare (''yesh hetter''). Perché non si sono proibiti di cambiarla, in quanto loro stessi l'hanno iniziata.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Shevu‘ot 29b, pp. 112-13}}
{{citazione|Quando si dice nel Talmud [B. Shevu‘ot 29b] che "col consenso di Dio" significa ciò che non può essere abrogato, colui che ha affermato ciò presumeva che ciò si applicasse solo al giuramento implicato nell'accettazione della Torah. Poiché Dio non accetterebbe di annullare (''le-vattel'') nemmeno una lettera della Torah. Ma in una questione essenzialmente facoltativa, Dio riconoscerebbe la necessità di proibire qualcosa ora e poi permetterlo.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 287}}
Pertanto, sebbene Nahmanide veda la legislazione rabbinica come un'espressione della legge divina (''Note sul Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', shoresh 1), vede una differenza tra la legge scritturale e quella rabbinica, in quanto la legge rabbinica può essere abrogata.
'''[7.14]''' Per Nahmanide, quindi, Dio decreta nella Torah ciò che vede è necessario agli esseri umani. Ma permette alle autorità umane di emanare i propri, mutevoli decreti in quelle aree non determinate dai mandati della Torah. Dio non solo permette, ma ordina specificamente questa attività, impartendo così autorità divina alle leggi umane:
{{citazione|Inoltre, "per consenso divino" è annesso anche ai comandamenti rabbinici. Perché se si dovesse dire che il consenso divino è menzionato solo nel giuramento che Mosè fece fare a Israele... ma non è annesso ai nostri giuramenti e condanne (''ve-haramim''), allora perché i nostri antenati menzionarono il consenso divino in relazione a [ loro] proibizioni — a meno che Dio non fosse d'accordo? Egli, esaltato sia il Suo Nome, concorre a che facciamo ciò che è buono e giusto ai Suoi occhi e agli occhi degli esseri umani.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 299}}
'''[7.15]''' I comandamenti specifici non presuppongono miracoli né segreti né pubblici. La maggior parte presume l'ordine ordinario della natura. Si può vedere che un certo numero di comandamenti serve ai bisogni umani ordinari. Nahmanide, che è spesso considerato un anti-razionalista, trova la legge naturale nella stessa Torah. È abbastanza aperto su questo in un certo numero di punti, specialmente nel suo ''Commentario alla Torah''. Riguardo alla punizione della generazione del Diluvio, scrive:
{{citazione|Infatti contro di loro non fu decretata punizione se non per la violenza (''hamas''). Per questo [l'inaccettabilità dell'illegalità] è una questione razionale (''‘inyan muskal'') che non dipende dalla rivelazione (Torah).|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:2}} - I, 48}}
'''[7.16]''' Seguendo una tendenza evidente nella teoria della legge naturale sin dai tempi dei filosofi stoici e dei giuristi romani, Nahmanide considera il divieto della violenza anarchica riconosciuto dal pubblico consenso e ben noto alla ragione:
{{citazione|La violenza è rapina e oppressione... un peccato che è noto e pubblicamente riconosciuto (''mefursam'')... perché è un comandamento razionale (''mitsvah muskelet''), la cui proibizione non ha bisogno di un comandamento profetico.|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:13}} - I, 52}}
'''[7.17]''' Per quanto riguarda le regole razionali, Nahmanide trova a volte un precedente negli standard morali degli antichi (CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119). Egli vede persino contenuti razionali in ''mitsvot'' non solitamente ritenute comandamenti razionali:
{{citazione|Infatti gli antichi saggi, prima del dono della Torah, sapevano che c'è una grande utilità (''to‘elet'') nel [[w:levirato |matrimonio levirato]].|CT: {{passo biblico2|Genesi|29:27}} - I, 215}}
'''[7.18]''' La legge naturale universalmente accettata è il requisito minimo per gli ebrei, notevolmente integrato dalla legge rivelata della Torah:
{{citazione|Così trovi che i patriarchi e i profeti si comportarono in modo morale universalmente accettato (''derekh erets'')... se i patriarchi e i profeti che vennero a fare la volontà di Dio si comportarono in modo morale universalmente accettato, quanto più dovrebbero le persone ordinarie.|CT: {{passo biblico2|Esodo|12:21}} - I, 334}}
'''[7.19]''' La rivelazione ebraica condivide molti punti generali con la legge naturale e con la legge noachica. Il suo vantaggio sta nelle sue particolarità rivelate. Proprio come la superiorità degli esseri umani sugli animali è evidenziata dalla speciale provvidenza di cui godono, così le particolarità della legge rivelata mostrano la superiorità di Israele sulle altre nazioni:
{{citazione|Da ciò si vede [la presentazione delle leggi noachiche in B. Sanhedrin 56b] che ai noachidi furono dati i loro comandamenti in generale (''bi-khelalut'') non in termini specifici... Quindi il popolo aveva solo comandamenti generali fino a quando non giunse al Monte Sinai, dove i comandamenti furono esplicitati per loro nelle particolarità... Ora tutte queste questioni [leggi civili e penali] sono raggruppate in una categoria generale, ''mishpat''.|''Note al Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', shoresh 14, p. 143}}
Il teologo ebreo spagnolo del XV secolo, [[w:Joseph Albo|Joseph Albo]], fece più o meno lo stesso punto sulla superiorità della legge divina sulla legge naturale e sulla legge umana positiva (''Sefer ha-‘Iqqarim'', 1.8; cfr. [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], ''[[w:Summa Theologiae|Summa Theologiae]]'', 2-1, q. 99, a. 2). Ma non menziona Nahmanide come fonte del suo punto di vista. Nel mantenere la suprema superiorità di un ricco sistema di precetti specifici su un corpo di generalità morali, Nahmanide fu sicuramente influenzato dall'apertura di ''Kuzari'' (1, intro.) di Judah Ha-Levi, dove al re dei Khazari dalla mentalità filosofica vien detto in un sogno che Dio approva le sue intenzioni generali ma non le sue azioni specifiche. È questa critica che lancia la ricerca che infine porta il re all'ebraismo.
'''[7.20]''' Anche se la giustizia naturale sembra essere una realtà essenzialmente umana, gli esseri umani sono capaci di giustizia solo in virtù di un ''telos'' unico, che è l'essere vicini a Dio. Quindi, ci distinguiamo dagli animali sia teologicamente che moralmente. Delucidando l'osservazione di Elihu nel [[w:Libro di Giobbe|Libro di Giobbe]] secondo cui Dio " ci rende più istruiti delle bestie selvatiche e ci rende più saggi degli uccelli del cielo" ({{passo biblico2|Giobbe|35:11}}), Nahmanide spiega:
{{citazione|Elihu dice che Dio ci ha insegnato a conoscerLo e a diventare saggi riguardo alle Sue azioni in modi che gli animali non lo sono. Per questo non ha voluto che ci danneggiassimo a vicenda, istinto che ha posto negli animali, in modo che si sbranino a vicenda... Elihu disse questo per spiegare il motivo della provvidenza individuale: perché riconosciamo il nostro Creatore e acquisiamo saggezza riguardo alle Sue azioni, siamo soggetti ai Suoi comandamenti.|KR: ''Commentario a Giobbe'' 35:11 - I, 106-07}}
L'argomentazione presuppone che anche prima della consegna della Torah vi fosse un naturale riconoscimento umano di giustizia elementare, basato sul riconoscimento dell'ordine della creazione, che era riconosciuto come opera di Dio.
'''[7.21]''' Nahmanide sottolinea che i comandamenti dati poco prima della rivelazione della Torah al Sinai non sono la Torah in senso stretto, ma una sorta di preparazione morale. Non sono nemmeno distintamente ebraici:
{{citazione|Questi erano ammonimenti morali, affinché non diventassero come i campi dei predoni che commettono spudoratamente ogni tipo di atrocità... Questi non sono gli statuti e le ordinanze della Torah. Sono regolamenti civili (''hanhagot ve-yishuv ha-medinot'') simili ai termini stabiliti da Giosuè, come ricordavano i saggi.|CT: {{passo biblico2|Esodo|15:25}} - I, 359}}
Sebbene i termini stabiliti da Giosuè fossero chiaramente stipulati in relazione all'ingresso degli israeliti nella Terra d'Israele (B. Baba Kama 80b-81a), Maimonide dice che si applicano ovunque (''Hilkhot Nizqei Mamon'', 5.5). In tal caso, il loro appello deve essere rivolto al ragionamento universale. Qui Nahmanide segue il punto di vista di [[Maimonide]].
'''[7.22]''' Ancora, come Maimonide, sottolinea che il diritto civile e penale servono a mantenere una società armoniosa:
{{citazione|In un senso letterale, "i miei giudizi" (''mishpatai'') significa proprio diritto civile e penale (''ha-dinin'')... Pertanto, dice, "che un uomo compie e quindi vive". Poiché queste leggi furono date per la vita dell'uomo, per favorire la sua vita civile e per amore della pace.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:4}} - II, 99-100}}
'''[7.23]''' Nahmanide ritorna a questo punto distinguendo queste leggi, le cui ragioni sono evidenti a tutti, dagli statuti (''huqqim'') le cui ragioni sono evidenti solo attraverso la conoscenza esoterica:
{{citazione|Perché gli satuti (''huqqim'') sono comandamenti le cui ragioni non sono state rivelate alle masse, gli sciocchi li disprezzano... ma le ordinanze (''mishpatim'') sono qualcosa che tutti vogliono e necessitano, perché le persone non hanno civiltà o società senza lo stato di diritto (''mishpat'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:15}} - II, 187}}
'''[7.24]''' I Sette Comandamenti Noachici appartengono alla legge naturale; sono razionalmente evidenti:
{{citazione|Queste questioni [immoralità sessuale e rapina] e il resto dei Sette Comandamenti furono comandati dal tempo del primo essere umano. I rabbini li derivarono da accenni nel versetto ({{passo biblico2|Genesi|2:16}}) "E il Signore Dio comandò agli umani [''ha-’adam''] dicendo [di ogni albero del giardino puoi mangiare, ma dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male non devi mangiare]". Ma Dio non elaborò loro tali questioni, perché le elaborazioni ci furono date al Sinai. A prima vista, questi comandamenti sono razionali (''sikhliyot''). E ogni creatura che riconosce il suo Creatore dovrebbe considerarsi vincolata da loro (''lee-zaher'').|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 173}}
La distinzione dei "comandamenti razionali" (''sikhliyot'') da quelli conosciuti solo dalla rivelazione (''shim‘iyot'') è operata da Saadyah Gaon (''ED'', 3.3; vedere J. Faur, ''‘Iyyunim be-Mishneh Torah le-ha-Rambam'' [Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1978], 115ss.). Ma per Saadyah i comandamenti razionali riguardano sia i rapporti umani che il nostro rapporto con Dio (''ED'', 3.1). Ogni area dell'esistenza umana ammette una comprensione razionale. Non vi è alcuna differenza oggettiva tra ciò che viene dalla ragione e ciò che viene dalla rivelazione (''ED'', Introduzione, 6). La differenza tra ragione e rivelazione sta nel modo in cui essenzialmente si raggiunge la stessa verità. Con la ragione, il conoscitore umano è lo scopritore attivo della verità; con la rivelazione, il conoscitore umano è più passivo, un destinatario della verità. Ma per Nahmanide i comandamenti razionali riguardano solo le relazioni umane, e anche lì solo in parte. Per quanto riguarda la nostra relazione con Dio, la rivelazione non solo svela ciò che è già presente, ma stabilisce la relazione. Come la creazione, istituisce una nuova realtà piuttosto che descriverne una vecchia. Così Nahmanide trae l'etimologia della parola "alleanza" (''berit'') da "creazione" (''beriyyato shel ‘olam'') [CT:intro. - I, 4 secondo Shir ha-Shirim Rabbah 1.29 rif. {{passo biblico2|Dt|4:13}}].
Questa enfasi storica non è in definitiva coerente con la dottrina cabalistica secondo cui la Torah è la rivelazione dell'essere ''primordiale'' di Dio. Perché nella dottrina cabalistica, tutti i comandamenti sono partecipazioni a quella vita divina, quindi possono essere radicalmente nuovi e nessuno riguarda essenzialmente una realtà interumana. Per quanto ne so, Nahmanide non è mai riuscito a superare l'inconsistenzaè nella sua teologia, come fece invece l'autore dello ''[[Zohar]]'', in effetti, eliminando del tutto la categoria dei comandamenti razionali. Maimonide, d'altra parte, eliminò anche la distinzione, per così dire dalla direzione opposta, vedendo tutti i comandamenti come razionali in sostanza. Cfr. I. Twersky, ''Introduction to the Code of Maimonides'' (New Haven: Yale University Press, 1980) 458-59.
'''[7.25]''' Nahmanide fa la stessa distinzione nel differenziare un [[w:Noachismo|noachide]] ordinario da un residente-alieno (''ger toshav''), uno che osserva come rivelazione divina i Sette Comandamenti come intesi dalle autorità ebraiche. Il noachide ordinario li osserva semplicemente perché sono razionali (cfr. Maimonide, ''Hilkhot Melkahim'', 8.10-11).
{{citazione|Sia ben noto che il noachide menzionato in tutto il Talmud ''è'' un residente-alieno, a parte i fatto che un noachide è colui che si comporta semplicemente in modo appropriato (''ke-hogan'') verso i suoi simili secondo questi comandamenti, mentre un residente-alieno in realtà venne in una corte ebraica e l'accettò formalmente. Questo va oltre la pratica di altri noachidi, che non l'accettarono formalmente. È più puntiglioso (''medaqdeq'') su di loro... Gli altri noachidi sono nella categoria di coloro che osservano anche se in realtà non vien loro comandato di farlo [B. ‘Avodah Zarah 2b-3a]. Ma il residente-alieno, che li ha accettati in una corte ebraica, è colui che osserva questi comandamenti come comandamenti.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': B. Makkot 9a, p. 61}}
'''[7.26]''' Anche la legge naturale per Nahmanide non è semplicemente naturale. Fa parte del piano di Dio per l'ordine creato:
{{citazione|È scopo di Dio comandare che sia fatta giustizia tra le Sue creature. Poiché questo è il motivo per cui le ha create: che ci debba essere giustizia ed equità tra loro... Se ti fai prendere dal panico e fai violenza, hai peccato contro il Signore e hai violato il Suo mandato.|CT: {{passo biblico2|Dt|1:17}} - II, 349}}
'''[7.27]''' ''Imitatio Dei'', inoltre, richiede un'applicazione visionaria in circostanze concrete, specifiche, dei principi generali di giustizia ed equità enunciati nella Torah:
{{citazione|Anche quando Dio non ti ha comandato in modo specifico, dovrebbe comunque essere tua intenzione fare ciò che è buono e giusto (''yashar'') ai Suoi occhi. Perché Egli ama il bene e il giusto. Questo è un principio fondamentale. Perché è impossibile per la Torah comandare tutte le azioni umane e ordinare ogni singola interazione di un essere umano con un altro, regolare ogni transazione commerciale e migliorare ogni questione sociale e politica.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:18}} - II, 376}}
In CT: {{passo biblico2|Levitico|19:2}} (II, 115) Nahmanide espose la necessità di un ordinamento delle pratiche sessuali e rituali consentite, secondo il fine più ampio della santità. Qui spiega l'ordinamento delle pratiche sociali e commerciali consentite, ai sensi del fine generale della giustizia. La legge naturale è vista come una partecipazione alla sapienza creatrice di Dio, che governa l'universo.
'''[7.28]''' Anche l'osservanza di tali "leggi naturali" implica la divina provvidenza:
{{citazione|In verità, tutto questo è un grande privilegio dei giudici d'Israele e l'assicurazione che Dio conferma la loro autorità [''maskeem ‘al yadam''] ed è con loro in materia di vero giudizio.|CT: {{passo biblico2|Dt|19:19}} - II, 434}}
L'espressione "conferma la loro autorità" riecheggia il detto talmudico secondo cui Dio, dopo il fatto, confermò la decisione di Mosè di infrangere le prime tavole dei Dieci Comandamenti ({{passo biblico2|Esodo|32:19}}). Mosè aveva agito in base alla propria valutazione dei "bisogni dell'ora", non sulla base di un decreto divino, quando vide il popolo adorare il [[w:Vitello d'oro|Vitello d'oro]] (B. Shabbat 87a). C'è molta discussione nelle fonti rabbiniche su tali giudizi personali in tempi di crisi: l'integrità giudiziaria e la discrezione devono essere considerate affidabili nei casi che la legge non può coprire in modo specifico (B. Sanhedrin 46a). Ma c'è il pericolo sempre presente di abusi di potere e una mentalità ''vigilante'' che mette a repentaglio lo stato di diritto (B. Sanhedrin 82a; Maimonide, ''Hilkhot Sanhedrin'', 24.4, 10). Per Nahmanide, a quanto pare, la migliore garanzia che i giudici useranno la loro discrezione in modo responsabile è che siano pienamente consapevoli che il loro ruolo è di ''imitatio Dei'' (KR: ''Torat ha-’Adam'' - II, 41).
'''[7.29]''' La continuità tra i beni naturali e soprannaturali si vede nel modo in cui i comandamenti servono a fini sia corporali che spirituali:
{{citazione|Ancora una volta la Torah illumina i nostri occhi sul mistero della generazione... e così è con tutte le vie della Torah. Infatti comanda tutte le cose buone per il corpo secondo l'ordine familiare del mondo, e tutte le cose buone per l'anima in relazione alla sua natura e all'osservanza dei comandamenti. Poiché è noto che questi alimenti sono buoni per la salute e per la guarigione. Altri cibi sono dannosi per l'anima a causa dei tratti che generano... I rapaci sono crudeli e il loro sangue e la loro carne generano crudeltà nell'anima. A Israele è comandato di essere compassionevoli e amarsi gli uni con gli altri. Quindi fu giusto (''ra’ui'') che questo fosse loro proibito... Perché tutte le vie della Torah forniscono un beneficio (''to‘elet) al corpo e all'anima. Questo ordinò il Medico che sa come si formano le creature.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 166-67}}
Il medico, ovviamente, è Dio.
'''[7.30]''' I comandamenti della Torah tengono quindi conto non solo di considerazioni politiche, ma anche biologiche.
{{citazione|Le scritture proibivano il contatto sessuale con una mestruante... per preservare la specie... Lo dicono i medici stessi.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:19}} - II, 104}}
'''[7.31]''' Nahmanide accetta la logica biologica di Maimonide per i divieti dietetici della Torah, e anche la sua logica storica:
{{citazione|I cibi proibiti nella Torah fanno male anche al corpo. Maimonide ha fornito questa ragione nel ''Moreh Nevukhim'' [3.37]. È come le ragioni che diede per molti altri comandamenti, che queste pratiche proibite erano usate da maghi e stregoni a quel tempo per la stregoneria.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:23}} - II, 125}}
'''[7.32]''' Certe pratiche sono proibite perché naturalmente ripugnanti. Delucidando il raro uso peggiorativo di ''hesed'' nella proibizione dell'incesto da parte della Torah, "Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia (''hesed'')" ({{passo biblico2|Levitico|20:17}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|Secondo il parere dei commentatori, ''hesed'' significa "vergognoso" (''herpah''); perché gli uomini si vergognano naturalmente di questo atto disgustoso (''mekho‘ar'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|20:17}} - II, 131}}
'''[7.33]''' L'incesto è rifiutato, anche se alcuni tipi potrebbero sembrare consentiti dalla legge noachica. Così, nel commentare l'incesto delle figlie di Lot con il padre, Nahmanide scrive:
{{citazione|Erano timide (''tsenu‘ot'') e non volevano dire al padre di sposarle, perché un noachide potrebbe sposare sua figlia. In alternativa, era una cosa disgustosa (''mekho‘ar'') agli occhi di quelle generazioni e non doveva mai esser fatta.|CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119}}
'''[7.34]''' Anche la legge noachica, fondamentalmente, comprende i vincoli elementari che sono il ''sine qua non'' di ogni società capace di sostenere la lealtà umana. Tuttavia, non è sufficientemente specifico per fungere da contenuto di qualsiasi sistema giuridico reale. A questo proposito, il diritto civile e penale ebraico è simile alla legge noachica:
{{citazione|Ma ha imposto ai noachidi le leggi relative al furto, alla frode, allo sfruttamento e simili... Queste sono come la legge civile e penale (''ha-dinin'') data a Israele... Tali comandamenti solo limitano (''ha-meni‘ah'') l'illecito.|CT: {{passo biblico2|Genesi|34:13}} - I, 192}}
'''[7.35]''' Mentre un comandamento può avere un aspetto naturale manifesto, esso può avere contemporaneamente un aspetto mistico o soprannaturale ancora più importante. Tale è sempre il suo fondamento ultimo:
{{citazione|Sappi che il rapporto sessuale menzionato nella Torah è qualcosa da cui dovresti stare lontano; perché è disgustoso, tranne che per la conservazione della specie... Ma le unioni incestuose (''he-‘arayot'') sono statuti (''huqqim''), materie del decreto del Re. Questo è qualcosa che entra nella mente del Re, che nella Sua saggezza e sovranità conosce la necessità e lo scopo di ciò che ha comandato ma non lo spiega al popolo, se non al più saggio dei suoi consiglieri.|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:1}} - II, 101}}
'''[7.36]''' Anche le norme che soddisfano esigenze umane così evidenti come il mantenimento di buone relazioni nella società, hanno significati più profondi. Così il trattenimento dal nuocere al prossimo può essere inteso come giustificato dal naturale bisogno di ordine sociale. Ma da questo non deriva il comandamento positivo di ''amare'' il prossimo. Richiede una rivelazione speciale:
{{citazione|Il motivo per avere un comandamento speciale "ama il prossimo tuo come te stesso" è che è un obbligo insolito (''haflagah''). Perché il cuore di una persona non accetterà di dover amare il prossimo come la propria vita.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:17}} - II, 119}}
'''[7.37]''' Chiaramente Nahmanide crede che tutti i comandamenti di Dio abbiano ragioni e non siano semplicemente espressioni di autorità arbitraria. Riflettono la saggezza e la volontà di Dio. Ma solo le leggi civili e penali sono comprensibili dal canone dell'esperienza umana ordinaria. Gli altri comandamenti hanno ragioni più esoteriche:
{{citazione|Gli statuti sono i Suoi decreti (''gezerotav''), e le ordinanze sono le leggi civili e penali (''dinin''). I primi hanno bisogno di più rafforzamento perché le loro ragioni sono nascoste... Ma, inoltre, gli statuti e le ordinanze stesse sono giusti e buoni per la civiltà (''yishuv'') del popolo e della società.|CT: {{passo biblico2|Dt|4:3}} - II, 361}}
'''[7.38]''' Come Maimonide, Nahmanide si oppone vigorosamente all'idea che qualsiasi comandamento sia privo di ragioni specifiche. Se così fosse, i comandamenti di Dio sarebbero semplici espressioni di capriccio. In verità tutti esprimono la sapienza di Dio in tutta la sua specificità. La differenza tra le due categorie di comandamenti sta proprio nella facilità con cui le loro ragioni possono essere apprese dalla ragione umana senza aiuto:
{{citazione|L'intenzione non è che il decreto del Re dei re sia mai senza motivo (''ta‘am'')... ma gli statuti (''huqqim'') sono decreti di un Re emanati nel Suo regno, il cui beneficio (''to‘elatam'') non è rivelato al popolo... Parimenti gli statuti di Dio: sono Suoi misteri nella Torah che il popolo non comprende pienamente, come invece comprendono le ordinanze (''mishpatim''). Ma tutti sono ragionevoli, sani e interamente intenzionali.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:19}} - II, 120}}
'''[7.39]''' Alcune trasgressioni sono facilmente intese come offese alla vita umana e alla società. Altri offendono aspetti più profondi della vita divina stessa:
{{citazione|Perché il Diluvio si verificò a causa della corruzione della terra, e la Dispersione di Babele fu perché "tagliarono le piante", quindi furono puniti dal Suo grande Nome.|CT: {{passo biblico2|Genesi|11:2}} - I, 71}}
"Tagliare le piante" qui si riferisce all'eresia derivante dall'adozione di visioni private della vita divina e dei suoi misteri (B. Hagigah 14b). La metafora, per come la intende Nahmanide, guidata dall'opinione rabbinica, è che l'eretico taglia le piante in crescita dalle loro radici proprie quando si forma opinioni contrarie alla Torah, la fonte di ogni verità (cfr. per es., Ruth Rabbah 6.6).
'''[7.40]''' Nahmanide, come abbiamo visto, dedica molta attenzione ai comandamenti storici. Questi commemorano simbolicamente i miracoli pubblici operati da Dio, consentendo alle generazioni successive di ebrei, che non furono fisicamente presenti quando si verificarono i miracoli originali, di partecipare a quelle grandi esperienze:
{{citazione|Questi comandamenti sono chiamati "testimonianze" (''‘edot''), poiché sono un ricordo dei Suoi atti meravigliosi e una testimonianza (''‘edut'') di essi.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376}}
'''[7.41]''' Delle [[w:festività ebraiche|festività]] scrive:
{{citazione|L'essenza (''‘iqqar'') di questi comandamenti è che questi giorni siano ricordati e osservati come una vacanza da ogni lavoro estenuante.|[CT: {{passo biblico2|Numeri|30:1}} - II, 319}}
'''[7.42]''' I grandi miracoli pubblici sono rari perché il loro impatto sarebbe diminuito se fossero banalità ricorrenti. Ma ogni generazione di ebrei deve essere legata a loro:
{{citazione|Poiché Dio non compirà un miracolo o un portento (''mofet'') in ogni generazione davanti agli occhi di ogni malvagio e miscredente, ha comandato di preservare sempre un memoriale (''zikaron'') e un segno (''’ot'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|13:16}} - I, 346}}
E ancora:
{{citazione|I comandamenti chiamati "testimonianze" (''‘edot'') sono così chiamati perché servono come promemoria (''zekher'') delle azioni meravigliose di Dio e ne sono testimonianza (''‘edut'') — come ''[[w:matzah|matzah]], [[w:sukkah|sukkah]]'', [[w:Pesach|Pesach]], [[w:Shabbat|Shabbat]], ''[[w:tefillin|tefillin]]'' e ''[[w:mezuzah|mezuzah]]''... L'intento è di informare i nostri figli, che chiedono [il senso di ciò che facciamo], che il Signore è il Creatore, la Volontà e la Potenza, come ci è stato chiarito nell'Esodo dall'Egitto. Questa è la ragione (''ta‘am'') davanti ai nostri occhi. Perché noi siamo coloro che sanno e possono testimoniare dalla nostra esperienza dei segni e dei presagi che il Signore nostro Dio è il Dio del cielo e della terra; non c'è nessun altro... È bene anche per noi eseguire gli statuti (''ha-huqqim''). Nessuno statuto comporta nulla di male, anche se la sua ragione non è stata resa esplicita a tutti.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376-77}}
La distinzione tra leggi commemorative (''‘edot'') e statuti (''huqqim'') è qui vivida. Gli ''‘edot'' hanno ragioni evidenti a chiunque abbia familiarità con la storia di Israele. Gli ''huqqim'' hanno ragioni che riguardano la vita interiore di Dio. Ecco perché sono più misteriosi.
'''[7.43]''' Tutti i comandamenti commemorativi intendono in definitiva l'atto della creazione, che nessuna creatura ha mai sperimentato direttamente:
{{citazione|Ci ha comandato di fare un segno (''siman'') e un memoriale perpetuo di questo, per far conoscere che Dio ha creato tutte le cose. E questo è il comandamento dello Shabat, che è memoriale della creazione.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 395}}
'''[7.44]''' Il ricordo indiretto della creazione e il ricordo diretto dell'Esodo sono in relazione vitale nei comandamenti commemorativi:
{{citazione|Quando ci riposiamo e ci asteniamo dal lavoro il settimo giorno, non abbiamo in tal modo direttamente un ricordo (''zikaron'') dell'Esodo dall'Egitto. Chi si limita a vederci oziosi dal lavoro non lo saprà... Tuttavia, sarà un ricordo (''zekher'') della creazione che ci riposiamo nel giorno in cui il Signore si riposò e si ristorò. La verità è che l'Esodo dall'Egitto ci insegna l'eterno Dio (''Elohah qadmori''), che crea tutto ciò che desidera e che è in grado di farlo... Se nella tua mente sorge un dubbio sull'insegnamento dello Shabbat sulla creazione, volontà e sovranità di Dio, ricorda ciò che i tuoi occhi videro nell'Esodo dall'Egitto, che fu esso stesso una prova e un promemoria per voi. In effetti, lo Shabbat è un ricordo dell'Esodo dall'Egitto; e l'Esodo dall'Egitto è un ricordo dello Shabbat.|CT: {{passo biblico2|Dt|5:15}} - II, 367}}
Nahmanide qui implica che i comandamenti commemorativi non possono essere apprezzati a meno che non si sia predisposti ad apprezzare la trascendenza di Dio. L'intento proprio di osservarli accresce la fede, certo, ma presuppone anche un fondamento nella fede (CT: {{passo biblico2|Genesi|14:10}} - I, 85-85). Senza tale fede, colui che osserva questi comandamenti non sarà più consapevole del loro intento di quanto non lo sia un semplice osservatore che vede gli ebrei osservare lo Shabbat e non può dedurre da questo solo fatto che ciò che vede è un memoriale dell'Esodo — per non parlare che esso intende l'atto di creazione da parte di Dio.
'''[7.45]''' Nahmanides spiega che un convertito che si unisce al popolo di Israele, si unisce alla memoria storica di Israele attraverso l'esecuzione dei simboli d'azione di Israele:
{{citazione|Sappiamo che i forestieri (''gerim'') usciti dall'Egitto, la moltitudine mista, compiono il rito dell'agnello pasquale. Poiché anche loro furono inclusi nel miracolo. Ma coloro che si sono convertiti in seguito, nel deserto o in Terra d'Israele, rientrano nell'obbligo di compiere il rito dell'agnello pasquale, poiché né loro né i loro antenati presero parte al miracolo... Quindi fu necessario obbligarli a compiere il rito dell'agnello pasquale nelle generazioni successive (''pesah dorot''), sia nel deserto che in Terra d'Israele.|CT: {{passo biblico2|Numeri|9:14}} - II, 227}}
I comandamenti formano un legame esperienziale con i miracoli pubblici. Quindi non è necessario aver sperimentato direttamente i miracoli, o esser discendenti da antenati che li videro.
'''[7.46]''' Gli aspetti naturali dei comandamenti della Torah come ''mishpatim'' e i loro aspetti storici come ''‘edot'' possono essere intesi entrambi in termini di bisogno umano: il bisogno di far parte biologicamente dell'ordine naturale e politicamente dell'ordine sociale. Affrontano anche la necessità di riconoscere il Dio che trascende la natura nel governo della storia:
{{citazione|Riteniamo... che c'è una ragione per tutti i comandamenti... per insegnarci buone qualità di carattere... e per affinare la nostra anima... Di conseguenza, tutti sono interamente a nostro beneficio... Questa è una questione di consenso (''davar muskam'') in tutti i ''dicta'' dei nostri Rabbini... lo scopo di tutti i comandamenti è di giovare a noi, non a Lui, benedetto ed esaltato Egli sia.|CT: {{passo biblico2|Dt|22:6}} - II, 448-49}}
Tuttavia, i due tipi di comandamenti mediano il rapporto tra Dio e Israele in modo diverso: i ''mishpatim'' tramite la natura; gli ''‘edot'', tramite la storia.
'''[7.47]''' Eppure l'idea che i comandamenti soddisfino i bisogni umani raggiunge solo il primo livello di significato dei ''mishpatim'' e ''‘edot''. Se tutti i comandamenti sono in definitiva partecipazioni alla vita divina e se noi stessi siamo fatti ad immagine di Dio, allora i comandamenti devono riflettere sia una realtà divina che umana. Nessuno serve semplicemente i bisogni umani, ma tutti insieme costituiscono il nostro stesso essere:
{{citazione|Ci sono solo due cose per noi: "temere Dio" ({{passo biblico2|Ecclesiaste|12:13}}) — nel nostro cuore — "e osservare i Suoi comandamenti" — nelle nostre azioni. Così saremo amati da Dio "poiché questo è tutto l'uomo" (''ki zeh kol ha-’adam''). Il timore reverenziale è la radice della formazione di un essere umano. I suoi occhi e la sua testa e tutte le sue membra non sono niente. I comandamenti sono il suo corpo, le sue membra e la sua anima.|KR: ''Sermone su Qohelet'' - I, 203}}
Se i comandamenti fossero visti semplicemente come al servizio della natura umana, si presumerebbe che ''prima'' ci sia la realtà, la natura umana, i cui bisogni i comandamenti ''poi'' servono. La natura umana trascenderebbe i comandamenti. Così la maggior parte dei teologi razionalisti vedeva la teleologia dei comandamenti. Ma se i comandamenti stessi ''costituiscono'' la natura umana, se essa non esiste neppure senza di essi, allora i fini dei comandamenti devono trascendere la natura umana. Possono essere solo i bisogni interiori di Dio.
'''[7.48]''' Alcuni comandamenti sono visti come un'introduzione diretta nella vita interiore del divino. Questi sono gli ''huqqim''. Hanno una particolare immediatezza e importanza in quanto rispondono al bisogno divino. Nahmanide qui esprime una dottrina (se non la sta effettivamente stabilendo) che è stata molto sviluppata dai cabalisti successivi, che Dio stesso ha bisogno di rendere efficace la Sua potenza e provvidenza nella creazione e quindi ha bisogno della cooperazione umana ([[w:Meir ibn Gabbai|Meir ibn Gabbai]], ''‘Avodat ha-Qodesh'', sez. 2). Commentando il versetto: "Sapranno che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire dal paese d'Egitto, per abitare (''le-shokhni'') in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio" ({{passo biblico2|Esodo|29:46}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|C'è in questa faccenda un grande mistero. Perché apparentemente la ''Shekhinah'' in Israele risponde a un bisogno umano (''tsorekh hedyot'') e non a un bisogno divino (''tsorekh Gavoah''). Ma il fatto è, come afferma la Scrittura, "Israele, in te sarò glorificato" ({{passo biblico2|Isaia|49:3}}).|CT: {{passo biblico2|Esodo|29:46}} - I, 486-87}}
Parlando di un "significato mistico" (''sod'') qui, Nahmanide allude al livello ultimo di intelligibilità degli atti di Dio e dei comandamenti della Torah, un livello non accessibile ai comuni studiosi della Torah, ma solo a coloro che si sono uniti alla compagnia celeste per profezia o per tradizione autentica (''kabbalah'').
'''[7.49]''' Così Nahmanide sostiene che i comandamenti dovrebbero essere interpretati in termini di bisogni divini piuttosto che umani:
{{citazione|Non farti radice... "basta che il servo sia come il padrone" [B. Berakhot 58b]. Come è mio, così è tuo... Secondo una verità più profonda, è come "che raccolgano per me (''li'') un'offerta elevata" ({{passo biblico2|Esodo|25:2}}).|CT: {{passo biblico2|Levitico|25:23}} - II, 179}}
Se i comandamenti servono essenzialmente ai bisogni umani, allora l'uomo, non Dio, è il fine ultimo e l'arbitro della rivelazione e della creazione. Ma quando Dio implica che l'uomo deve agire per conto di Dio, i bisogni di Dio diventano fondamentali.
'''[7.50]''' In armonia con questo tema, Nahmanide assegnerà ragioni per i comandamenti più misteriosi (''huqqim''), al di là delle rubriche generali che Maimonide ha esposto. Infatti egli attribuisce un valore molto più alto a questi comandamenti, poiché implicano un'intima partecipazione alla vita di Dio:
{{citazione|A mio parere, qui c'è una ragione come quella dei sacrifici compiuti fuori dal Tempio, come la capra inviata nello Yom Kippur e per mezzo della quale la terra viene epurata. Ecco perché i saggi consideravano la legge della cerimonia di spezzare il collo a una giovenca (''‘eglah ‘arufah'') come uno degli statuti.|CT: {{passo biblico2|Dt|21:4}} - II, 440}}
L'espiazione, che è lo scopo dichiarato della cerimonia, compiuta in un caso di omicidio irrisolto ({{passo biblico2|Dt|21:8}}), non è solo una questione di riconciliazione con Dio, ma anche una questione di riconciliazione divina interiore.
È [[Maimonide]], nella ''[[Mishneh Torah]]'', che elenca la legge della giovenca con il collo spezzato come uno degli ''huqqim'', la cui ragione (''ta‘am'') non è nota (''Hilkhot Me‘ilah'', 8.8), anche se non si dovrebbe presumere che nessuno di loro non serva un fine superiore (''sof ‘inyanam''). Nelle fonti rabbiniche sulla distinzione tra ''mishpatim'' e ''huqqim'', questa legge non è inclusa tra gli ''huqqim'' (''Sifra'': Aharei-Mot, cur. Weiss, 86a; B. Yoma 67b). Nel ''Moreh Nevukhim'' (3.40) Maimonide fornisce una ragione: la pubblicità coinvolta in questa cerimonia insolita può suscitare informazioni sull'autore dell'omicidio. Per Maimonide tutti i comandamenti hanno ragioni, ma tutte le ragioni rispondono ai bisogni umani. Per Nahmanide alcuni dei motivi coinvolgono bisogni divini. Maimonide, ovviamente, non ammetterebbe mai che Dio abbia alcun bisogno.
'''[7.51]''' Spesso Nahmanide attribuisce a un comandamento due ragioni diverse, una che riguarda una specifica esigenza umana, l'altra che indica una necessità divina. Quest'ultima, derivata dalla Cabala direttamente o per inferenza, è chiamata la ''vera'' ragione. Questo potrebbe suggerire che l'altra sia falsa. Ma Nahmanide è aperto a una molteplicità di intenzioni all'interno della Torah. Non cerca di imporre un'interpretazione unitaria (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411; B. Sanhedrin 34a rif. {{passo biblico2|Geremia|23:29}}; Bemidbar Rabbah 13.15 rif. {{passo biblico2|Numeri|7:79}}). Ciò che non è "vero" come autentico insegnamento cabalistico non è comunque falso, ma spesso è solo meno vero, proprio perché è orientato verso l'uomo piuttosto che verso Dio.
I comandamenti commemorativi, al livello inferiore, sono intesi come volti a ricordare agli esseri umani – il cui quadro di riferimento ordinario è la regolarità della natura – del potere trascendente di Dio. Poiché quel potere era chiaramente manifestato nei pubblici miracoli di Dio. Ma a un livello superiore gli stessi comandamenti sono intesi come volti a rafforzare la partecipazione alla vita interiore di Dio da parte di quei santi il cui normale quadro di riferimento è questa stessa vita interiore, dove vedono la loro vera collocazione:
{{citazione|In termini di verità (''‘al derekh ha-’emet''), quando questo versetto afferma: "a causa di ciò che il Signore ha fatto per me (''li'', {{passo biblico2|Esodo|13:8}})", ha lo stesso senso di "Questi è il mio Dio (''Eli''), io lo glorificherò" ({{passo biblico2|Esodo|15:2}}). Per amore del Suo Nome e del Suo onore ha fatto queste cose per noi e ci ha fatto uscire dall'Egitto. Pertanto sarà per te un segno sul tuo braccio forte e teso. La sua ragione (''ke-ta‘am'') è espressa nel versetto "poiché Tu sei lo splendore (''tiferet'') della loro forza" ({{passo biblico2|Salmi|89:17-18}})... Il suo scopo è indicare la completa unificazione [''she-ha-kol ba-kol''] — cioè la presenza dei quattro brani della Torah che riguardano Dio e Israele sono posti in uno scompartimento nel [[w:tefillin|tefillin]] portato sul braccio... Ora ti dirò una ragione (''ta‘am'') per molti comandamenti... Molte persone negano la radice stessa della fede (''kofrim be-‘iqqar'') e dicono che il mondo è eterno... Quindi, quando Dio sceglie una comunità o un individuo, mostra loro (''mofet'') il suo potere soprannaturale cambiando l'ordine familiare della natura del mondo, affinché tutte queste opinioni errate possano essere annullate... Ma poiché Dio non compie un segno (''’ot'') o una dimostrazione in ogni generazione... ci ha comandato di mantenere un continuo ricordo (''tamid zikaron'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|3:16}} - I, 345-46}}
Altrove (CT: {{passo biblico2|Dt|13:2}} - II, 404), Nahmanide distingue un "segno" (''’ot'') da una "dimostrazione" (''mofet''). Il primo è un evento previsto; quest'ultimo, un evento miracoloso radicalmente nuovo (''davar mehudash''), compiuto attraverso un profeta senza predizione (cfr. Rashi ''ad loc.''). La condizione storica della fede è necessaria alla gente comune, che di solito è separata da Dio, a differenza dei santi che non hanno bisogno di tale condizione. Nahmanide osserva "che la fede è ora memoria" (''ha-zekhirah ‘attah'' — ''Note a Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', neg. n. 1, p. 261). Cioè, per la maggior parte delle persone, credere è ricordare attivamente. Quindi la rievocazione simbolica dei miracoli pubblici attraverso i comandamenti commemorativi è il cuore stesso della fede.
'''[7.52]''' Nahmanide è una fonte importante per la dottrina cabalistica di una connessione sostanziale che unisce — non solo in relazione — Dio e Israele. Riguardo al versetto: "E lo chiamò Dio (''’El'') Dio d'Israele" ({{passo biblico2|Genesi|33:20}}), scrive:
{{citazione|La verità qui è secondo l'interpretazione rabbinica [B. Megillah 18a]: "Come facciamo a sapere che Dio chiamò Giacobbe Dio (''El'')?" – Perché qui è scritto: "Egli lo chiamò ‘Dio’". C'è un grande segreto (''sod gadol'') in questo, come dicevano i Rabbini altrove [Bereshit Rabbah 79,8], "Egli [Giacobbe] gli disse [a Dio], "tu sei Dio tra gli esseri celesti e io sono Dio tra gli esseri terreni". Qui abbiamo un accenno di ciò che i saggi dicevano costantemente, che l'immagine (''eikonin'') di Giacobbe è incisa sul trono divino [Bereshit Rabbah 78.3].|CT:{{passo biblico2|Genesi|33:20}} - I, 189}}
Lo stesso [[w:Midrash|Midrash]] critica il fatto che Giacobbe si autodefinisca Dio tra gli esseri terreni. Prende lo stupro di sua figlia Dinah, menzionato subito dopo, come punizione di questa arroganza. Ma Nahmanide legge il passaggio come implicante che Dio stesso chiamò Giacobbe divino. Basandosi sull'apparente ambiguità del riferimento pronominale, segue un'interpretazione trovata nel [[w:Bavli|Talmud babilonese]], che tratta Dio, non Giacobbe, che chiama Giacobbe Dio [B. Megillah 18a]. Lo ''[[Zohar]]'' (Toldot, 1:138a), seguendo indubbiamente Nahmanide, tenta di fare in modo che il Midrash segua il Talmud più agevolmente rielaborando il testo midrashico per fargli dire che Dio si designò come divino in alto e Giacobbe come divino in basso (cfr. B. Berakhot 10a). Tutto ciò pone le basi per l'interpretazione cabalistica radicale di tutto ciò che nella Torah sembra servire i bisogni umani in verità serve i bisogni divini.
{{Vedi anche|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie delle interpretazioni}}
{{Avanzamento|75%|29 luglio 2022}}
[[Categoria:Nahmanide teologo|Capitolo 7]]
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Monozigote
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/* I Comandamenti */ testo+compl.
wikitext
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{{Nahmanide teologo}}
[[File:Портрет раввина.jpg|thumb|540px|center|''Ritratto di Rabbino'', di Franz Obermüller (c.1900)]]
== I Comandamenti ==
'''[7.1]''' Il nostro rapporto con Dio è fondato sulla fede. La fede (''emunah'') non è solo uno stato di coscienza; implica la pratica. Tutti i comandamenti della Torah sono atti di fede. La loro corretta esecuzione deve riconoscere Dio per Quello che è e accettarLo per Colui che è, il Dio che si è rivelato a Israele nei miracoli pubblici (''nissim mefursamim''). Poiché ciò che sappiamo di Dio viene dalla storia, il ''locus'' della fede è la memoria (Note sul ''Sefer ha-Mitsvot'' di Maimonide, pos. n. 1, p. 261). La fede si compie quando la memoria degli atti potenti di Dio è espressa nei comandamenti che commemorano quegli atti così come li ha sperimentati Israele:
{{citazione|Ci ha comandato di avere fede nelDio unico, che Egli sia esaltato: che esiste, che è Colui che comprende e può tutto. La nostra fede dovrebbe essere unita nell'intendere (''ye-she-niyyahed'') questi attributi, poiché ogni onore è Suo. Così ci ha comandato di onorare la menzione del suo Nome, di fare un segno e un ricordo perpetuo (''siman ve-zikaron tamid'') per farci sapere che Dio ha creato ogni cosa.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 398}}
'''[7.2]''' L'accettazione dei comandamenti dipende dall'accoglienza della realtà di Dio e della Sua particolare provvidenza :
{{citazione|Dobbiamo credere che Dio conosce le persone individuali (''’ishim'') in tutte le loro particolarità, sia le persone celesti (''ha-‘elyonim'') che quelle terrene (''ve-ha-tahtonim''), le loro azioni e pensieri, passati, presenti e futuri. Perché egli è il loro creatore, il dispensatore dell'esistenza che ora hanno, il loro creatore dal nulla assoluto (''me-’afeisah muhletet'')... Da questo si passa alla fede nella provvidenza di Dio (''ha-hashgahah'')... donde noi possiamo affermare (''titkayyem'') la vera autorità della Torah e dei comandamenti. Poiché, fin quando crediamo che Dio ci conosce e si prende cura di noi, la nostra fede si estende alla profezia, e crediamo che Dio, sia Egli saltato, conosce e ama, comanda e ammonisce, cioè ci comanda di fare ciò che è buono e giusto e ci rimprovera di ciò che è male. Ci protegge e conserva per noi tutte le buone conseguenze menzionate nella Torah, e porterà sui trasgressori la punizione che ha decretato per loro.|KR: ''Commentario a Giobbe'', intro. - I, 17-18}}
Per Nahmanide, "l'affermazione" (''qiyyum'') dell'autorità della Torah e dei comandamenti è un atto di fede, prima dell'adempimento di uno qualsiasi dei singoli comandamenti (CT: {{passo biblico2|Dt|27:26}} - II, 472; ''supra'', 2.24 ). È il lato cognitivo di ''kavvanah''. Emotivamente, bisogna dirigere il cuore a Dio. Dal punto di vista cognitivo, si deve conoscere quanto più umanamente possibile sul Dio a cui il proprio cuore è così diretto (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:2}} - I, 354-55 rif. ''Mekhilta'': Be-shalah, cur. Horovitz-Rabin, 128). Sia il lato cognitivo che quello emotivo della fede sono richiesti nella corretta osservanza dei comandamenti.
'''[7.3]''' Poiché tutti i comandamenti hanno ragioni, ciascuno con una funzione unica nell'economia divina del cosmo, si è obbligati a discernere la ragione di ogni comandamento e farne l'intenzione (''kavvanah'') della propria osservanza. Anche negli ambiti della vita che sono lasciati alla discrezione privata (''reshut''), si deve trovare la giusta intenzione verso il divino:
{{citazione|In effetti, si può essere miserabili (''naval'') mentre ci si conforma al comportamento consentito dalla Torah (''bi-reshut ha-Torah''). Così, specificati gli atti che proibisce assolutamente, la Scrittura ha comandato in termini più generali che si tenga le distanze anche da ciò che è permesso.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:1}} - II, 15}}
Nahmanides intende che si dovrebbe evitare l'eccesso e la volgarità anche nel mangiare, nel bere e nell'espressione sessuale consentiti. Perché il piacere fisico non è il ''summum bonum''. Nahmanide è favorevole all'opinione talmudica che il [[w:Nazireato|nazireo]] sia un santo, in contrasto con la visione talmudica alternativa secondo cui un tale asceta è un peccatore per aver negato a se stesso i piaceri che la Torah normalmente consente (B. Ta‘anit 10a e paralleli; per la critica dell'ascetismo, cfr. Y. Berakhot 2.9/5d; Y. Nedarim 9.1/41b; B. Baba Batra 60b; e soprattutto Maimonide, ''Shemonah Peraqim'', cap. 4, cur. Kafih (Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1965), 254 [cfr. ''Moreh'', 3.48]). Per Maimonide, la santità è in definitiva una collaborazione attiva con Dio, che cresce dal riconoscimento del governo creativo di Dio nel mondo (''Moreh'', 3.54, fine). Ciò che è richiesto per questo, come per tutta la pietà, non è l'ascesi, ma il ragionevole contenimento dell'eccesso (''Hilkhot De‘ot'', 1,4-6). Per Nahmanide, tuttavia, un ulteriore autocontrollo, per amore di Dio, può essere esso stesso un atto santo. L'ascetismo ha caratterizzato gran parte del misticismo ebraico, siano essi Cabala spagnola o Hasidut tedesco (cfr. Scholem, ''Origins of the Kabbalah'', 229ss.). La tendenza risale ai tempi del misticismo [[w:Gaon|Geonim]] e [[w:Heikhalot|Hekhalot]] (cfr. Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', 49-50). Anche se tale ascetismo molto precede Nahmanide, la sua approvazione gli ha conferito l'ulteriore autorità della sua statura di halakhista.
'''[7.4]''' Nahmanide considera il ritorno del nazireo nel mondo ordinario come una peccaminosa discesa da un piano spirituale superiore:
{{citazione|Il motivo dell'offerta per il peccato (''hat’at'') che il nazireo offre il giorno del compimento del suo voto nazireico non è stato spiegato. Secondo il significato semplice... è giusto che sia nazireo e sia santificato a Dio... Anzi, ha bisogno dell'espiazione per tornare nell'impurità dei piaceri del mondo.|CT: {{passo biblico2|Numeri|6:11}} - II, 215}}
'''[7.5]''' Nahmanide non può dire che ogni comandamento deve essere eseguito con la giusta intenzione per essere legalmente valido, ma indica che la piena realizzazione dei comandamenti richiede la giusta intenzione:
{{citazione|È noto che chi esegue un comandamento ma non lo comprende non lo ha adempiuto completamente (''bi-shlemut'')... Perché sei obbligato a ricordare il grande miracolo compiuto per te.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 151}}
Agire senza consapevolezza dell'intento dell'atto significa non soddisfare il requisito stesso del comandamento in questione. Per Nahmanide, l'intenzione qui non significa contemplazione astratta della divinità, ma concentrazione sul miracolo specifico che l'atto commemora.
'''[7.6]''' Il livello di intenzione (''kavvanah'') che si deve avere per adempiere un comandamento è oggetto di un lungo e inconcludente dibattito nel Talmud (B. Rosh Hashanah 28a ''et seq.''). Per Nahmanide l'intenzione è fondamentale nel permetterci di riconoscere la volontà di Dio come fonte di un comandamento e la sapienza di Dio nella specificazione del suo scopo. Attraverso l'intenzione, per così dire, si segue il proposito di Dio. Ammettendo che ci sono molte opinioni sull'argomento ''kavvanah'', Nahmanide fonda un argomento massimalista su un brano della Mishnah: "Se uno leggesse la Torah [Dt. 6:4-9, contenuto testuale dello Shema] e giungesse l'ora della recita liturgica dello [[w:Shemà|Shema]], se il cuore ha inteso questo comandamento specifico, lo ha adempiuto; se no, non l'ha adempiuto" [M. Berakhot 2.1].
{{citazione|Riguardo alla questione dell'intenzione nel suonare lo [[w:shofar|shofar]]: se lo si suona solo per fare un suono musicale, la questione è dibattuta nel Talmud e tra i Geonim... Rabbenu Hai scrisse che anche se è legge che se si esegue un comandamento senza l'intenzione lo ha comunque adempiuto, tuttavia, quando si eseguono i comandamenti, si abbia regolarmente intenzione di farlo. In tutta umiltà, abbiamo una prova per il punto di vista dell'autore di ''Halakhot Gedolot'' [che accetta la visione massimalista alla fine del suo trattamento delle leggi di [[w:Rosh haShana|Rosh haShanah]]] dalla legge all'inizio del secondo capitolo della Mishnah, Berakhot [riguardo allo ''Shema''].|KR: ''Sermone per Rosh HaShanah'' - I, 241}}
Nahmanide confessa di non poter presumere di aver risolto il dibattito pratico tra i Geonim, ma teologicamente ha certamente risolto la questione. Coloro che sono stati influenzati dalla tradizione cabalistica, di cui Nahmanide era una fonte così importante, sottolineavano la necessità della ''kavvanah'', non solo su basi teologiche generali, ma anche su basi halakhiche specifiche, ove possibile (cfr. sopecialm., Joseph Karo, ''Shulhan ‘Arukh'': ’Orah Hayyim, 60.4; anche, R. J. Z. Werblowsky, ''Joseph Karo: Lawyer and Mystic'' [Philadelphia: JPS, 1977], 162-63).
'''[7.7]''' Nel significato che assegna a ''kavvanah'', Nahmanide non è d'accordo con Maimonide sul versetto, "servirlo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}). Maimonide interpreta il commento rabbinico su questo versetto, "questa è preghiera... il servizio del cuore" (''Sifre'': Devarim, n. 41, ed. Finkelstein, 87-88; B. Ta‘anit 2a) come se vi trovasse un mandato letterale per la preghiera (''Sefer ha-Mitzvot'', pos. n. 5), sebbene il contenuto effettivo del culto formale sia formulato dai Rabbini (''Hilkhot Tefillah'', 1.1). Nahmanide vede il versetto come riferito a tutti i comandamenti della Torah. Per lui l'allusione alla preghiera è un'inferenza omiletica (''’asmakhta''):
{{citazione|Il significato essenziale del versetto "servendolo con tutto il cuore" ({{passo biblico2|Dt|11:13}}) è che è comandamento positivo che tutte le nostre opere siano per Dio, sia Egli esaltato, siano fatte con tutto il nostro cuore. Ciò significa con intenzione corretta e piena, per l'amor di Dio e senza alcun pensiero malvagio. Non dobbiamo eseguire i comandamenti senza intenzione o dubitare che abbiano qualche beneficio (''to‘elet'').|''Note a Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', pos. n. 5, p. 156}}
'''[7.8]''' L'intenzione è così centrale che l'adempimento di un comandamento per la ragione sbagliata può essere un peccato. Quindi la schiavitù egizia degli israeliti faceva parte del piano divino, ma comunque peccaminosa:
{{citazione|Così, quando Dio decretò la servitù di Israele in Egitto, essi andarono e li resero schiavi con la forza... Quando il decreto esce per mezzo di un profeta... c'è merito nell'eseguirlo... ma se uno udisse il comandamento [di uccidere] e allora uccidesse per odio o per saccheggio, sarebbe punito, poiché il suo intento è peccaminoso. Poiché gli [[w:Antico Egitto|egizi]] sapevano che era un comandamento del Signore [che Israele fosse reso schiavo da loro].|CT: {{passo biblico2|Genesi|15:14}} - I, 94}}
'''[7.9]''' Poiché il fondamento della Torah, che è la sovranità di Dio sull'universo, è noto attraverso l'esperienza storica, l'affermazione di tale esperienza ha la priorità anche sullo studio dei precetti della Torah. L'esperienza storica ''par excellence'' è la teofania al Sinai. Così i Rabbini chiariscono il versetto: "Soltanto, bada bene a te stesso e veglia diligentemente sull'anima tua, per non dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, ed esse non ti escano dal cuore finché duri la tua vita. Anzi, falle sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli" ({{passo biblico2|Dt|4:9}}) intendendo il dovere di educare la propria progenie ai precetti della Torah (B. Kiddushin 30a). Ma Nahmanide tratta questa glossa come omiletica (''asmakhta''). Trova il comandamento letterale a un livello molto più profondo:
{{citazione|Il secondo comandamento è che non dimentichiamo la teofania al Monte Sinai... perché è un principio fondamentale (''yesod gadol'') della Torah... Non commettere l'errore di interpretare questo versetto come una semplice omelia sull'insegnamento della Torah ai propri pronipoti. Perché la fede nella stessa Torah (''emunat ha-Torah'') è ciò che qui si intende per studio della Torah... Questo è ciò che deve essere trasmesso di generazione in generazione.|''Note su Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'': Addenda, neg. n. 2, p. 396}}
L'esistenza, la potenza e la volontà di Dio furono rivelate a Israele sul Sinai: "Essi sono coloro che conoscono e sono i testimoni (''‘edim'') di tutte queste cose" (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:2}} - I, 388). La testimonianza di Israele è storica. Un testimone è colui che fu presente a un evento e lo segnala alla comunità. Gli eventi richiedono testimoni perché sono singolari. Coloro che non sono effettivamente presenti devono imparare dai resoconti di coloro di cui possono fidarsi. Con i processi ordinari della natura, non sono richiesti testimoni speciali. Perché questi sono accessibili a tutti. Nessuno ha bisogno di impararli da una storia raccontata da qualcun altro. La dimostrazione scientifica presuppone che ciò che riporta sia, almeno in linea di principio, accessibile a qualsiasi osservatore. Poiché i principi che mostra sono sempre presenti, anche se non lo sono i fenomeni che li manifestano.
La differenza tra testimonianza storica e dimostrazione scientifica è esemplificata nella discussione rabbinica sull'istituzione della determinazione dell'ora esatta del [[:en:w:New moon#Hebrew calendar|Novilunio]], punto di riferimento chiave nella regolazione del [[w:calendario ebraico|calendario ebraico]]. (Per il contesto storico, cfr. M. M. Kasher, ''Torah Shlemah'' [New York, 1949] XIII). Per i Rabbini, l'obbligo di testimoni oculari per l'apparizione della Luna Nuova (M. Rosh Hashanah 1.6 ''et seq.'') non è un ''sine qua non'' per scopi calendariali (B. Betsah 4b). I testimoni sono preferiti quando il Sinedrio è effettivamente in funzione nella Terra d'Israele. Ma altrimenti i calcoli fatti dai Rabbini in epoca talmudica fissano il calendario ebraico (cfr. ''Note su Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', pos. n. 153, p. 214 e testo di Maimonide alle pp. 211-12): la questione è essenzialmente di dimostrazione scientifica (Maimonide, ''Hilkhot Qiddush ha-Hodesh'', 1.6; 5.2-3; 11.1-4; 17.24), non di esperienza singolare. Nel contesto storico i testimoni ''affermano'' ciò che deve essere conosciuto dagli altri; nel contesto scientifico i testimoni si limitano a ''confermare'' ciò che gli altri in linea di principio possono conoscere da soli.
Trattando il ruolo della testimonianza nella rivelazione, Nahmanide segue Judah Ha-Levi, per il quale l'ebraismo si basa in definitiva sulla teofania del Sinai e sulla testimonianza dell'intero popolo d'Israele, che l'ha vissuta (''Kuzari'', 1.48). La presenza di Dio si manifesta in eventi storici unici. Per Maimonide, invece, il contenuto stesso della teofania del Sinai è credibile perché i primi due comandamenti del decalogo sono verità razionalmente evidenti che fondano tutti gli altri comandamenti: quelli positivi sulla base di "Io sono il Signore Dio tuo"; il negativo, sulla base di "non ci saranno altri dèi" (''Moreh Nevukhim'', 2.33; ''Sefer ha-Mitsvot'', pos. n. 1, neg. n. 1; ''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 1.6; cfr. la fonte talmudica di questa opinione, B. Makkot 24a, dove il fondamento di questi due comandamenti nella rivelazione è l'enfasi principale). Per Maimonide è la certezza razionale che esenta l'esperienza del Sinai dall'accusa che potrebbe essere stata un'illusione di massa (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 8.1-3). La realtà di Dio è conosciuta attraverso l'apprensione della natura da parte della ragione. Quindi la testimonianza storica ha il ruolo secondario che i testimoni svolgono nell'accertamento del [[w:Novilunio|Novilunio]]. Inoltre, sostiene Maimonide, la testimonianza non è di per sé dimostrabile razionalmente. È solo più o meno credibile. Così Maimonide designa l'intera istituzione giuridica della testimonianza (''‘edut'') come quella che ci è comandato di accettare, nonostante l'indimostrabilità di ciò che è testimoniato e la costante possibilità di inganno o illusione (''Hilkhot Yesodei ha-Torah'', 7,7; ''Hilkhot ‘Edut'', 18.3; ''Hilkhot Sanhedrin'', 18.6). Per Ha-Levi e Nahmanide l'evento della rivelazione è il fondamento del suo contenuto. Per Maimonide, l'evento della rivelazione è l'occasione in cui ciò che è sempre stato vero in linea di principio (''ratio per se'') viene da noi scoperto (''ratio quoad nos'').
'''[7.10]''' Per Nahmanide, l'esperienza umana del mondo si articola su tre livelli fondamentali: 1) esperienza ordinaria dell'ordine naturale familiare; 2) miracoli pubblici, dove la potenza di Dio sconvolge l'ordinario stato della natura, in modo da far balzare coloro che vivono questi grandi eventi ad una maggiore consapevolezza dell'opera di Dio nel mondo; e 3) miracoli segreti, che manifestano la costante provvidenza di Dio. L'azione umana, come strutturata dalla Torah nei suoi comandamenti, è correlata a questi tre livelli di esperienza; sono correlati, in quanto un comandamento può avere diverse ragioni.
{{citazione|Ciascuno dei comandamenti del Signore ha molte ragioni. Per ognuno ha molti benefici (''to‘elet''), sia per il corpo che per l'anima.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411}}
'''[7.11]''' Sebbene Nahmanide accetti molteplici ragioni per ogni comandamento, rifiuta le ragioni che considera pretestuose:
{{citazione|La motivazione di Maimonide per i sacrifici [''Moreh'', 3.46]... è vana speculazione (''divrei hav’ai'')... Meglio ascoltare la ragione di chi dice che è perché le azioni di un essere umano sono costituite da pensiero, parola e azione, così Dio ha comandato che quando qualcuno pecca, deve portare un sacrificio e premervi sopra le mani, per dar significato all'atto (''ke-neged ha-ma‘aseh''), confessare con la sua bocca, per significare la parola, e bruciare le viscere e i reni, che sono gli organi del pensiero e del desiderio... Queste parole sono facilmente accessibili e attirano il cuore come le parole dell'Aggadah [cfr. B. Shabbat 87a; B. Baba Batra 10a rif. {{passo biblico2|Proverbi|3:35}}]. Ma in termini di verità superiore (''‘al derekh ha’emet''), c'è un mistero nascosto (''sod ne‘elam'') nei sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|1:9}} - II, 11-12}}
Il punto di vista di Maimonide che Nahmanide critica qui è che i sacrifici erano storicamente necessari, come forma di culto a cui il popolo d'Israele era abituato. Erano un compromesso con la realtà culturale, ma accuratamente epurati da ogni associazione idolatrica. Nahmanide obietta che il culto sacrificale è troppo centrale nell'ebraismo perché una logica così storicamente contingente sia vera. Sarebbe preferibile una seconda linea di interpretazione (l'autore della quale non nomina, sebbene assomigli a un approccio suggerito nel ''Commentario alla Torah'' di Ibn Ezra: Lev. 1:4 dopo Vayiqra Rabbah 7.3): che i sacrifici simboleggiano la vera contrizione e uno spirito di sacrificio di sé nel presentarsi davanti a Dio. Lo stesso punto è poi sottolineato dallo ''[[Zohar]]'' (Vayiqra, 3:9b e dal ''Commentario alla Torah'' di Bahya ben Asher su questo stesso versetto). Ma Nahmanide trova il significato più profondo dei sacrifici in una realtà divina. In sostanza, sostiene, soddisfano i bisogni divini. Questo è il punto di vista della Cabala, e l'approccio di Nahmanide qui influenzò profondamente i cabalisti successivi (cfr. I. Tishby, ''Mishnat ha-Zohar'', 2.194ss.)
'''[7.12]''' Nonostante il rifiuto da parte di Nahmanide della logica generale di Maimonide per il sistema sacrificale, egli concorda sul fatto che Maimonide avesse ragione nell'interpretare alcuni divieti del culto come anti-idolatrici nell'intento:
{{citazione|È plausibile (''yitakhen'') interpretare i divieti di lievito e miele sull'altare come fa Maimonide nel ''Moreh Nevukhim'' [3.46], quando afferma di aver trovato nei libri degli antichi idolatri che era loro abitudine, praticando l'adorazione pagana, offrire le loro offerte di cibo in forma lievitata e mescolare il miele in tutti i loro sacrifici.|CT: {{passo biblico2|Levitico|2:2}} - II, 17-18}}
'''[7.13]''' Una teologia che trova ragioni per i comandamenti di Dio non può vederli come semplici decreti positivi. Piuttosto, devono essere visti come garantiti o dai benefici che apportano nel migliorare le relazioni umane, o dal bene che apportano alla relazione tra Dio e uomo. Quest'ultimo rapporto, costituito dalla rivelazione, è immutabile. Ma in fondo tutti i comandamenti costituiscono il rapporto tra Dio e uomo. Quindi tutti sono immutabili (CT: {{passo biblico2|Esodo|15:26}} - I, 361). Non possono essere abrogati dalla mera autorità umana. Perché la determinazione divina di ciò che è bene per l'uomo ha sempre la precedenza sulle nozioni umane. Le proiezioni umane di ciò che è bene per gli esseri umani sono ancora essenzialmente umane, quindi sono soggette all'abrogazione umana. Nahmanide sottolinea la distinzione in un'analisi halakhica dei giuramenti:
{{citazione|Alcuni dicono che [il giuramento di accettare la Torah al Monte Sinai] sia stato fatto con il consenso divino (''‘al da‘at ha-Maqom'')... e che il consenso di Mosè non fosse necessario, se non in quanto si fece portavoce della corte [umana] al loro Padre celeste... C'è un interprete che dice che il testo talmudico corretto recita "per consenso divino e quello del suo entourage angelico (''u-famaliah shelo'')", ma ciò è errato... Un interprete dice che la regola che i giuramenti comunitari a Dio possono essere revocati non si applica a nessun comandamento di Dio, perché ciò che è giurato secondo la volontà di Dio (''‘al da‘ato'') non può essere annullato (''hafarah''), dato che i Suoi comandamenti sono per sempre. Perché "Dio non è un uomo, da poter mentire" ({{passo biblico2|Numeri|23:19}}). Ma ciò che la comunità fa voti in materie ritenute facoltative (''bi-dvar reshut''), dove hanno collegato il loro consenso con quello di Dio, può essere abrogato e possono accettare di consentirne la violazione... e Dio concorda con la loro decisione. A me sembra che la giusta formula legale per tali giuramenti debba essere: "Per consenso divino e quello della congregazione (''kenesset'') d'Israele con Lui"... Cioè, il consenso di molti. Tuttavia, ciò che la comunità giura invocando il consenso divino, quello lo possono abrogare (''yesh hetter''). Perché non si sono proibiti di cambiarla, in quanto loro stessi l'hanno iniziata.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Shevu‘ot 29b, pp. 112-13}}
{{citazione|Quando si dice nel Talmud [B. Shevu‘ot 29b] che "col consenso di Dio" significa ciò che non può essere abrogato, colui che ha affermato ciò presumeva che ciò si applicasse solo al giuramento implicato nell'accettazione della Torah. Poiché Dio non accetterebbe di annullare (''le-vattel'') nemmeno una lettera della Torah. Ma in una questione essenzialmente facoltativa, Dio riconoscerebbe la necessità di proibire qualcosa ora e poi permetterlo.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 287}}
Pertanto, sebbene Nahmanide veda la legislazione rabbinica come un'espressione della legge divina (''Note sul Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', shoresh 1), vede una differenza tra la legge scritturale e quella rabbinica, in quanto la legge rabbinica può essere abrogata.
'''[7.14]''' Per Nahmanide, quindi, Dio decreta nella Torah ciò che vede è necessario agli esseri umani. Ma permette alle autorità umane di emanare i propri, mutevoli decreti in quelle aree non determinate dai mandati della Torah. Dio non solo permette, ma ordina specificamente questa attività, impartendo così autorità divina alle leggi umane:
{{citazione|Inoltre, "per consenso divino" è annesso anche ai comandamenti rabbinici. Perché se si dovesse dire che il consenso divino è menzionato solo nel giuramento che Mosè fece fare a Israele... ma non è annesso ai nostri giuramenti e condanne (''ve-haramim''), allora perché i nostri antenati menzionarono il consenso divino in relazione a [ loro] proibizioni — a meno che Dio non fosse d'accordo? Egli, esaltato sia il Suo Nome, concorre a che facciamo ciò che è buono e giusto ai Suoi occhi e agli occhi degli esseri umani.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': Mishpat ha-Herem, p. 299}}
'''[7.15]''' I comandamenti specifici non presuppongono miracoli né segreti né pubblici. La maggior parte presume l'ordine ordinario della natura. Si può vedere che un certo numero di comandamenti serve ai bisogni umani ordinari. Nahmanide, che è spesso considerato un anti-razionalista, trova la legge naturale nella stessa Torah. È abbastanza aperto su questo in un certo numero di punti, specialmente nel suo ''Commentario alla Torah''. Riguardo alla punizione della generazione del Diluvio, scrive:
{{citazione|Infatti contro di loro non fu decretata punizione se non per la violenza (''hamas''). Per questo [l'inaccettabilità dell'illegalità] è una questione razionale (''‘inyan muskal'') che non dipende dalla rivelazione (Torah).|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:2}} - I, 48}}
'''[7.16]''' Seguendo una tendenza evidente nella teoria della legge naturale sin dai tempi dei filosofi stoici e dei giuristi romani, Nahmanide considera il divieto della violenza anarchica riconosciuto dal pubblico consenso e ben noto alla ragione:
{{citazione|La violenza è rapina e oppressione... un peccato che è noto e pubblicamente riconosciuto (''mefursam'')... perché è un comandamento razionale (''mitsvah muskelet''), la cui proibizione non ha bisogno di un comandamento profetico.|CT: {{passo biblico2|Genesi|6:13}} - I, 52}}
'''[7.17]''' Per quanto riguarda le regole razionali, Nahmanide trova a volte un precedente negli standard morali degli antichi (CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119). Egli vede persino contenuti razionali in ''mitsvot'' non solitamente ritenute comandamenti razionali:
{{citazione|Infatti gli antichi saggi, prima del dono della Torah, sapevano che c'è una grande utilità (''to‘elet'') nel [[w:levirato |matrimonio levirato]].|CT: {{passo biblico2|Genesi|29:27}} - I, 215}}
'''[7.18]''' La legge naturale universalmente accettata è il requisito minimo per gli ebrei, notevolmente integrato dalla legge rivelata della Torah:
{{citazione|Così trovi che i patriarchi e i profeti si comportarono in modo morale universalmente accettato (''derekh erets'')... se i patriarchi e i profeti che vennero a fare la volontà di Dio si comportarono in modo morale universalmente accettato, quanto più dovrebbero le persone ordinarie.|CT: {{passo biblico2|Esodo|12:21}} - I, 334}}
'''[7.19]''' La rivelazione ebraica condivide molti punti generali con la legge naturale e con la legge noachica. Il suo vantaggio sta nelle sue particolarità rivelate. Proprio come la superiorità degli esseri umani sugli animali è evidenziata dalla speciale provvidenza di cui godono, così le particolarità della legge rivelata mostrano la superiorità di Israele sulle altre nazioni:
{{citazione|Da ciò si vede [la presentazione delle leggi noachiche in B. Sanhedrin 56b] che ai noachidi furono dati i loro comandamenti in generale (''bi-khelalut'') non in termini specifici... Quindi il popolo aveva solo comandamenti generali fino a quando non giunse al Monte Sinai, dove i comandamenti furono esplicitati per loro nelle particolarità... Ora tutte queste questioni [leggi civili e penali] sono raggruppate in una categoria generale, ''mishpat''.|''Note al Sefer ha-Mitzvot di Maimonide'', shoresh 14, p. 143}}
Il teologo ebreo spagnolo del XV secolo, [[w:Joseph Albo|Joseph Albo]], fece più o meno lo stesso punto sulla superiorità della legge divina sulla legge naturale e sulla legge umana positiva (''Sefer ha-‘Iqqarim'', 1.8; cfr. [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], ''[[w:Summa Theologiae|Summa Theologiae]]'', 2-1, q. 99, a. 2). Ma non menziona Nahmanide come fonte del suo punto di vista. Nel mantenere la suprema superiorità di un ricco sistema di precetti specifici su un corpo di generalità morali, Nahmanide fu sicuramente influenzato dall'apertura di ''Kuzari'' (1, intro.) di Judah Ha-Levi, dove al re dei Khazari dalla mentalità filosofica vien detto in un sogno che Dio approva le sue intenzioni generali ma non le sue azioni specifiche. È questa critica che lancia la ricerca che infine porta il re all'ebraismo.
'''[7.20]''' Anche se la giustizia naturale sembra essere una realtà essenzialmente umana, gli esseri umani sono capaci di giustizia solo in virtù di un ''telos'' unico, che è l'essere vicini a Dio. Quindi, ci distinguiamo dagli animali sia teologicamente che moralmente. Delucidando l'osservazione di Elihu nel [[w:Libro di Giobbe|Libro di Giobbe]] secondo cui Dio " ci rende più istruiti delle bestie selvatiche e ci rende più saggi degli uccelli del cielo" ({{passo biblico2|Giobbe|35:11}}), Nahmanide spiega:
{{citazione|Elihu dice che Dio ci ha insegnato a conoscerLo e a diventare saggi riguardo alle Sue azioni in modi che gli animali non lo sono. Per questo non ha voluto che ci danneggiassimo a vicenda, istinto che ha posto negli animali, in modo che si sbranino a vicenda... Elihu disse questo per spiegare il motivo della provvidenza individuale: perché riconosciamo il nostro Creatore e acquisiamo saggezza riguardo alle Sue azioni, siamo soggetti ai Suoi comandamenti.|KR: ''Commentario a Giobbe'' 35:11 - I, 106-07}}
L'argomentazione presuppone che anche prima della consegna della Torah vi fosse un naturale riconoscimento umano di giustizia elementare, basato sul riconoscimento dell'ordine della creazione, che era riconosciuto come opera di Dio.
'''[7.21]''' Nahmanide sottolinea che i comandamenti dati poco prima della rivelazione della Torah al Sinai non sono la Torah in senso stretto, ma una sorta di preparazione morale. Non sono nemmeno distintamente ebraici:
{{citazione|Questi erano ammonimenti morali, affinché non diventassero come i campi dei predoni che commettono spudoratamente ogni tipo di atrocità... Questi non sono gli statuti e le ordinanze della Torah. Sono regolamenti civili (''hanhagot ve-yishuv ha-medinot'') simili ai termini stabiliti da Giosuè, come ricordavano i saggi.|CT: {{passo biblico2|Esodo|15:25}} - I, 359}}
Sebbene i termini stabiliti da Giosuè fossero chiaramente stipulati in relazione all'ingresso degli israeliti nella Terra d'Israele (B. Baba Kama 80b-81a), Maimonide dice che si applicano ovunque (''Hilkhot Nizqei Mamon'', 5.5). In tal caso, il loro appello deve essere rivolto al ragionamento universale. Qui Nahmanide segue il punto di vista di [[Maimonide]].
'''[7.22]''' Ancora, come Maimonide, sottolinea che il diritto civile e penale servono a mantenere una società armoniosa:
{{citazione|In un senso letterale, "i miei giudizi" (''mishpatai'') significa proprio diritto civile e penale (''ha-dinin'')... Pertanto, dice, "che un uomo compie e quindi vive". Poiché queste leggi furono date per la vita dell'uomo, per favorire la sua vita civile e per amore della pace.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:4}} - II, 99-100}}
'''[7.23]''' Nahmanide ritorna a questo punto distinguendo queste leggi, le cui ragioni sono evidenti a tutti, dagli statuti (''huqqim'') le cui ragioni sono evidenti solo attraverso la conoscenza esoterica:
{{citazione|Perché gli satuti (''huqqim'') sono comandamenti le cui ragioni non sono state rivelate alle masse, gli sciocchi li disprezzano... ma le ordinanze (''mishpatim'') sono qualcosa che tutti vogliono e necessitano, perché le persone non hanno civiltà o società senza lo stato di diritto (''mishpat'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:15}} - II, 187}}
'''[7.24]''' I Sette Comandamenti Noachici appartengono alla legge naturale; sono razionalmente evidenti:
{{citazione|Queste questioni [immoralità sessuale e rapina] e il resto dei Sette Comandamenti furono comandati dal tempo del primo essere umano. I rabbini li derivarono da accenni nel versetto ({{passo biblico2|Genesi|2:16}}) "E il Signore Dio comandò agli umani [''ha-’adam''] dicendo [di ogni albero del giardino puoi mangiare, ma dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male non devi mangiare]". Ma Dio non elaborò loro tali questioni, perché le elaborazioni ci furono date al Sinai. A prima vista, questi comandamenti sono razionali (''sikhliyot''). E ogni creatura che riconosce il suo Creatore dovrebbe considerarsi vincolata da loro (''lee-zaher'').|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 173}}
La distinzione dei "comandamenti razionali" (''sikhliyot'') da quelli conosciuti solo dalla rivelazione (''shim‘iyot'') è operata da Saadyah Gaon (''ED'', 3.3; vedere J. Faur, ''‘Iyyunim be-Mishneh Torah le-ha-Rambam'' [Gerusalemme: Mosad Harav Kook, 1978], 115ss.). Ma per Saadyah i comandamenti razionali riguardano sia i rapporti umani che il nostro rapporto con Dio (''ED'', 3.1). Ogni area dell'esistenza umana ammette una comprensione razionale. Non vi è alcuna differenza oggettiva tra ciò che viene dalla ragione e ciò che viene dalla rivelazione (''ED'', Introduzione, 6). La differenza tra ragione e rivelazione sta nel modo in cui essenzialmente si raggiunge la stessa verità. Con la ragione, il conoscitore umano è lo scopritore attivo della verità; con la rivelazione, il conoscitore umano è più passivo, un destinatario della verità. Ma per Nahmanide i comandamenti razionali riguardano solo le relazioni umane, e anche lì solo in parte. Per quanto riguarda la nostra relazione con Dio, la rivelazione non solo svela ciò che è già presente, ma stabilisce la relazione. Come la creazione, istituisce una nuova realtà piuttosto che descriverne una vecchia. Così Nahmanide trae l'etimologia della parola "alleanza" (''berit'') da "creazione" (''beriyyato shel ‘olam'') [CT:intro. - I, 4 secondo Shir ha-Shirim Rabbah 1.29 rif. {{passo biblico2|Dt|4:13}}].
Questa enfasi storica non è in definitiva coerente con la dottrina cabalistica secondo cui la Torah è la rivelazione dell'essere ''primordiale'' di Dio. Perché nella dottrina cabalistica, tutti i comandamenti sono partecipazioni a quella vita divina, quindi possono essere radicalmente nuovi e nessuno riguarda essenzialmente una realtà interumana. Per quanto ne so, Nahmanide non è mai riuscito a superare l'inconsistenzaè nella sua teologia, come fece invece l'autore dello ''[[Zohar]]'', in effetti, eliminando del tutto la categoria dei comandamenti razionali. Maimonide, d'altra parte, eliminò anche la distinzione, per così dire dalla direzione opposta, vedendo tutti i comandamenti come razionali in sostanza. Cfr. I. Twersky, ''Introduction to the Code of Maimonides'' (New Haven: Yale University Press, 1980) 458-59.
'''[7.25]''' Nahmanide fa la stessa distinzione nel differenziare un [[w:Noachismo|noachide]] ordinario da un residente-alieno (''ger toshav''), uno che osserva come rivelazione divina i Sette Comandamenti come intesi dalle autorità ebraiche. Il noachide ordinario li osserva semplicemente perché sono razionali (cfr. Maimonide, ''Hilkhot Melkahim'', 8.10-11).
{{citazione|Sia ben noto che il noachide menzionato in tutto il Talmud ''è'' un residente-alieno, a parte i fatto che un noachide è colui che si comporta semplicemente in modo appropriato (''ke-hogan'') verso i suoi simili secondo questi comandamenti, mentre un residente-alieno in realtà venne in una corte ebraica e l'accettò formalmente. Questo va oltre la pratica di altri noachidi, che non l'accettarono formalmente. È più puntiglioso (''medaqdeq'') su di loro... Gli altri noachidi sono nella categoria di coloro che osservano anche se in realtà non vien loro comandato di farlo [B. ‘Avodah Zarah 2b-3a]. Ma il residente-alieno, che li ha accettati in una corte ebraica, è colui che osserva questi comandamenti come comandamenti.|''Hiddushei ha-Ramban ha-Shalem'': B. Makkot 9a, p. 61}}
'''[7.26]''' Anche la legge naturale per Nahmanide non è semplicemente naturale. Fa parte del piano di Dio per l'ordine creato:
{{citazione|È scopo di Dio comandare che sia fatta giustizia tra le Sue creature. Poiché questo è il motivo per cui le ha create: che ci debba essere giustizia ed equità tra loro... Se ti fai prendere dal panico e fai violenza, hai peccato contro il Signore e hai violato il Suo mandato.|CT: {{passo biblico2|Dt|1:17}} - II, 349}}
'''[7.27]''' ''Imitatio Dei'', inoltre, richiede un'applicazione visionaria in circostanze concrete, specifiche, dei principi generali di giustizia ed equità enunciati nella Torah:
{{citazione|Anche quando Dio non ti ha comandato in modo specifico, dovrebbe comunque essere tua intenzione fare ciò che è buono e giusto (''yashar'') ai Suoi occhi. Perché Egli ama il bene e il giusto. Questo è un principio fondamentale. Perché è impossibile per la Torah comandare tutte le azioni umane e ordinare ogni singola interazione di un essere umano con un altro, regolare ogni transazione commerciale e migliorare ogni questione sociale e politica.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:18}} - II, 376}}
In CT: {{passo biblico2|Levitico|19:2}} (II, 115) Nahmanide espose la necessità di un ordinamento delle pratiche sessuali e rituali consentite, secondo il fine più ampio della santità. Qui spiega l'ordinamento delle pratiche sociali e commerciali consentite, ai sensi del fine generale della giustizia. La legge naturale è vista come una partecipazione alla sapienza creatrice di Dio, che governa l'universo.
'''[7.28]''' Anche l'osservanza di tali "leggi naturali" implica la divina provvidenza:
{{citazione|In verità, tutto questo è un grande privilegio dei giudici d'Israele e l'assicurazione che Dio conferma la loro autorità [''maskeem ‘al yadam''] ed è con loro in materia di vero giudizio.|CT: {{passo biblico2|Dt|19:19}} - II, 434}}
L'espressione "conferma la loro autorità" riecheggia il detto talmudico secondo cui Dio, dopo il fatto, confermò la decisione di Mosè di infrangere le prime tavole dei Dieci Comandamenti ({{passo biblico2|Esodo|32:19}}). Mosè aveva agito in base alla propria valutazione dei "bisogni dell'ora", non sulla base di un decreto divino, quando vide il popolo adorare il [[w:Vitello d'oro|Vitello d'oro]] (B. Shabbat 87a). C'è molta discussione nelle fonti rabbiniche su tali giudizi personali in tempi di crisi: l'integrità giudiziaria e la discrezione devono essere considerate affidabili nei casi che la legge non può coprire in modo specifico (B. Sanhedrin 46a). Ma c'è il pericolo sempre presente di abusi di potere e una mentalità ''vigilante'' che mette a repentaglio lo stato di diritto (B. Sanhedrin 82a; Maimonide, ''Hilkhot Sanhedrin'', 24.4, 10). Per Nahmanide, a quanto pare, la migliore garanzia che i giudici useranno la loro discrezione in modo responsabile è che siano pienamente consapevoli che il loro ruolo è di ''imitatio Dei'' (KR: ''Torat ha-’Adam'' - II, 41).
'''[7.29]''' La continuità tra i beni naturali e soprannaturali si vede nel modo in cui i comandamenti servono a fini sia corporali che spirituali:
{{citazione|Ancora una volta la Torah illumina i nostri occhi sul mistero della generazione... e così è con tutte le vie della Torah. Infatti comanda tutte le cose buone per il corpo secondo l'ordine familiare del mondo, e tutte le cose buone per l'anima in relazione alla sua natura e all'osservanza dei comandamenti. Poiché è noto che questi alimenti sono buoni per la salute e per la guarigione. Altri cibi sono dannosi per l'anima a causa dei tratti che generano... I rapaci sono crudeli e il loro sangue e la loro carne generano crudeltà nell'anima. A Israele è comandato di essere compassionevoli e amarsi gli uni con gli altri. Quindi fu giusto (''ra’ui'') che questo fosse loro proibito... Perché tutte le vie della Torah forniscono un beneficio (''to‘elet) al corpo e all'anima. Questo ordinò il Medico che sa come si formano le creature.|KR: ''Torat ha-Shem Temimah'' - I, 166-67}}
Il medico, ovviamente, è Dio.
'''[7.30]''' I comandamenti della Torah tengono quindi conto non solo di considerazioni politiche, ma anche biologiche.
{{citazione|Le scritture proibivano il contatto sessuale con una mestruante... per preservare la specie... Lo dicono i medici stessi.|CT: {{passo biblico2|Levitico|18:19}} - II, 104}}
'''[7.31]''' Nahmanide accetta la logica biologica di Maimonide per i divieti dietetici della Torah, e anche la sua logica storica:
{{citazione|I cibi proibiti nella Torah fanno male anche al corpo. Maimonide ha fornito questa ragione nel ''Moreh Nevukhim'' [3.37]. È come le ragioni che diede per molti altri comandamenti, che queste pratiche proibite erano usate da maghi e stregoni a quel tempo per la stregoneria.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:23}} - II, 125}}
'''[7.32]''' Certe pratiche sono proibite perché naturalmente ripugnanti. Delucidando il raro uso peggiorativo di ''hesed'' nella proibizione dell'incesto da parte della Torah, "Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia (''hesed'')" ({{passo biblico2|Levitico|20:17}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|Secondo il parere dei commentatori, ''hesed'' significa "vergognoso" (''herpah''); perché gli uomini si vergognano naturalmente di questo atto disgustoso (''mekho‘ar'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|20:17}} - II, 131}}
'''[7.33]''' L'incesto è rifiutato, anche se alcuni tipi potrebbero sembrare consentiti dalla legge noachica. Così, nel commentare l'incesto delle figlie di Lot con il padre, Nahmanide scrive:
{{citazione|Erano timide (''tsenu‘ot'') e non volevano dire al padre di sposarle, perché un noachide potrebbe sposare sua figlia. In alternativa, era una cosa disgustosa (''mekho‘ar'') agli occhi di quelle generazioni e non doveva mai esser fatta.|CT: {{passo biblico2|Genesi|19:32}} - I, 119}}
'''[7.34]''' Anche la legge noachica, fondamentalmente, comprende i vincoli elementari che sono il ''sine qua non'' di ogni società capace di sostenere la lealtà umana. Tuttavia, non è sufficientemente specifico per fungere da contenuto di qualsiasi sistema giuridico reale. A questo proposito, il diritto civile e penale ebraico è simile alla legge noachica:
{{citazione|Ma ha imposto ai noachidi le leggi relative al furto, alla frode, allo sfruttamento e simili... Queste sono come la legge civile e penale (''ha-dinin'') data a Israele... Tali comandamenti solo limitano (''ha-meni‘ah'') l'illecito.|CT: {{passo biblico2|Genesi|34:13}} - I, 192}}
'''[7.35]''' Mentre un comandamento può avere un aspetto naturale manifesto, esso può avere contemporaneamente un aspetto mistico o soprannaturale ancora più importante. Tale è sempre il suo fondamento ultimo:
{{citazione|Sappi che il rapporto sessuale menzionato nella Torah è qualcosa da cui dovresti stare lontano; perché è disgustoso, tranne che per la conservazione della specie... Ma le unioni incestuose (''he-‘arayot'') sono statuti (''huqqim''), materie del decreto del Re. Questo è qualcosa che entra nella mente del Re, che nella Sua saggezza e sovranità conosce la necessità e lo scopo di ciò che ha comandato ma non lo spiega al popolo, se non al più saggio dei suoi consiglieri.|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:1}} - II, 101}}
'''[7.36]''' Anche le norme che soddisfano esigenze umane così evidenti come il mantenimento di buone relazioni nella società, hanno significati più profondi. Così il trattenimento dal nuocere al prossimo può essere inteso come giustificato dal naturale bisogno di ordine sociale. Ma da questo non deriva il comandamento positivo di ''amare'' il prossimo. Richiede una rivelazione speciale:
{{citazione|Il motivo per avere un comandamento speciale "ama il prossimo tuo come te stesso" è che è un obbligo insolito (''haflagah''). Perché il cuore di una persona non accetterà di dover amare il prossimo come la propria vita.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:17}} - II, 119}}
'''[7.37]''' Chiaramente Nahmanide crede che tutti i comandamenti di Dio abbiano ragioni e non siano semplicemente espressioni di autorità arbitraria. Riflettono la saggezza e la volontà di Dio. Ma solo le leggi civili e penali sono comprensibili dal canone dell'esperienza umana ordinaria. Gli altri comandamenti hanno ragioni più esoteriche:
{{citazione|Gli statuti sono i Suoi decreti (''gezerotav''), e le ordinanze sono le leggi civili e penali (''dinin''). I primi hanno bisogno di più rafforzamento perché le loro ragioni sono nascoste... Ma, inoltre, gli statuti e le ordinanze stesse sono giusti e buoni per la civiltà (''yishuv'') del popolo e della società.|CT: {{passo biblico2|Dt|4:3}} - II, 361}}
'''[7.38]''' Come Maimonide, Nahmanide si oppone vigorosamente all'idea che qualsiasi comandamento sia privo di ragioni specifiche. Se così fosse, i comandamenti di Dio sarebbero semplici espressioni di capriccio. In verità tutti esprimono la sapienza di Dio in tutta la sua specificità. La differenza tra le due categorie di comandamenti sta proprio nella facilità con cui le loro ragioni possono essere apprese dalla ragione umana senza aiuto:
{{citazione|L'intenzione non è che il decreto del Re dei re sia mai senza motivo (''ta‘am'')... ma gli statuti (''huqqim'') sono decreti di un Re emanati nel Suo regno, il cui beneficio (''to‘elatam'') non è rivelato al popolo... Parimenti gli statuti di Dio: sono Suoi misteri nella Torah che il popolo non comprende pienamente, come invece comprendono le ordinanze (''mishpatim''). Ma tutti sono ragionevoli, sani e interamente intenzionali.|CT: {{passo biblico2|Levitico|19:19}} - II, 120}}
'''[7.39]''' Alcune trasgressioni sono facilmente intese come offese alla vita umana e alla società. Altri offendono aspetti più profondi della vita divina stessa:
{{citazione|Perché il Diluvio si verificò a causa della corruzione della terra, e la Dispersione di Babele fu perché "tagliarono le piante", quindi furono puniti dal Suo grande Nome.|CT: {{passo biblico2|Genesi|11:2}} - I, 71}}
"Tagliare le piante" qui si riferisce all'eresia derivante dall'adozione di visioni private della vita divina e dei suoi misteri (B. Hagigah 14b). La metafora, per come la intende Nahmanide, guidata dall'opinione rabbinica, è che l'eretico taglia le piante in crescita dalle loro radici proprie quando si forma opinioni contrarie alla Torah, la fonte di ogni verità (cfr. per es., Ruth Rabbah 6.6).
'''[7.40]''' Nahmanide, come abbiamo visto, dedica molta attenzione ai comandamenti storici. Questi commemorano simbolicamente i miracoli pubblici operati da Dio, consentendo alle generazioni successive di ebrei, che non furono fisicamente presenti quando si verificarono i miracoli originali, di partecipare a quelle grandi esperienze:
{{citazione|Questi comandamenti sono chiamati "testimonianze" (''‘edot''), poiché sono un ricordo dei Suoi atti meravigliosi e una testimonianza (''‘edut'') di essi.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376}}
'''[7.41]''' Delle [[w:festività ebraiche|festività]] scrive:
{{citazione|L'essenza (''‘iqqar'') di questi comandamenti è che questi giorni siano ricordati e osservati come una vacanza da ogni lavoro estenuante.|[CT: {{passo biblico2|Numeri|30:1}} - II, 319}}
'''[7.42]''' I grandi miracoli pubblici sono rari perché il loro impatto sarebbe diminuito se fossero banalità ricorrenti. Ma ogni generazione di ebrei deve essere legata a loro:
{{citazione|Poiché Dio non compirà un miracolo o un portento (''mofet'') in ogni generazione davanti agli occhi di ogni malvagio e miscredente, ha comandato di preservare sempre un memoriale (''zikaron'') e un segno (''’ot'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|13:16}} - I, 346}}
E ancora:
{{citazione|I comandamenti chiamati "testimonianze" (''‘edot'') sono così chiamati perché servono come promemoria (''zekher'') delle azioni meravigliose di Dio e ne sono testimonianza (''‘edut'') — come ''[[w:matzah|matzah]], [[w:sukkah|sukkah]]'', [[w:Pesach|Pesach]], [[w:Shabbat|Shabbat]], ''[[w:tefillin|tefillin]]'' e ''[[w:mezuzah|mezuzah]]''... L'intento è di informare i nostri figli, che chiedono [il senso di ciò che facciamo], che il Signore è il Creatore, la Volontà e la Potenza, come ci è stato chiarito nell'Esodo dall'Egitto. Questa è la ragione (''ta‘am'') davanti ai nostri occhi. Perché noi siamo coloro che sanno e possono testimoniare dalla nostra esperienza dei segni e dei presagi che il Signore nostro Dio è il Dio del cielo e della terra; non c'è nessun altro... È bene anche per noi eseguire gli statuti (''ha-huqqim''). Nessuno statuto comporta nulla di male, anche se la sua ragione non è stata resa esplicita a tutti.|CT: {{passo biblico2|Dt|6:20}} - II, 376-77}}
La distinzione tra leggi commemorative (''‘edot'') e statuti (''huqqim'') è qui vivida. Gli ''‘edot'' hanno ragioni evidenti a chiunque abbia familiarità con la storia di Israele. Gli ''huqqim'' hanno ragioni che riguardano la vita interiore di Dio. Ecco perché sono più misteriosi.
'''[7.43]''' Tutti i comandamenti commemorativi intendono in definitiva l'atto della creazione, che nessuna creatura ha mai sperimentato direttamente:
{{citazione|Ci ha comandato di fare un segno (''siman'') e un memoriale perpetuo di questo, per far conoscere che Dio ha creato tutte le cose. E questo è il comandamento dello Shabat, che è memoriale della creazione.|CT: {{passo biblico2|Esodo|20:8}} - I, 395}}
'''[7.44]''' Il ricordo indiretto della creazione e il ricordo diretto dell'Esodo sono in relazione vitale nei comandamenti commemorativi:
{{citazione|Quando ci riposiamo e ci asteniamo dal lavoro il settimo giorno, non abbiamo in tal modo direttamente un ricordo (''zikaron'') dell'Esodo dall'Egitto. Chi si limita a vederci oziosi dal lavoro non lo saprà... Tuttavia, sarà un ricordo (''zekher'') della creazione che ci riposiamo nel giorno in cui il Signore si riposò e si ristorò. La verità è che l'Esodo dall'Egitto ci insegna l'eterno Dio (''Elohah qadmori''), che crea tutto ciò che desidera e che è in grado di farlo... Se nella tua mente sorge un dubbio sull'insegnamento dello Shabbat sulla creazione, volontà e sovranità di Dio, ricorda ciò che i tuoi occhi videro nell'Esodo dall'Egitto, che fu esso stesso una prova e un promemoria per voi. In effetti, lo Shabbat è un ricordo dell'Esodo dall'Egitto; e l'Esodo dall'Egitto è un ricordo dello Shabbat.|CT: {{passo biblico2|Dt|5:15}} - II, 367}}
Nahmanide qui implica che i comandamenti commemorativi non possono essere apprezzati a meno che non si sia predisposti ad apprezzare la trascendenza di Dio. L'intento proprio di osservarli accresce la fede, certo, ma presuppone anche un fondamento nella fede (CT: {{passo biblico2|Genesi|14:10}} - I, 85-85). Senza tale fede, colui che osserva questi comandamenti non sarà più consapevole del loro intento di quanto non lo sia un semplice osservatore che vede gli ebrei osservare lo Shabbat e non può dedurre da questo solo fatto che ciò che vede è un memoriale dell'Esodo — per non parlare che esso intende l'atto di creazione da parte di Dio.
'''[7.45]''' Nahmanides spiega che un convertito che si unisce al popolo di Israele, si unisce alla memoria storica di Israele attraverso l'esecuzione dei simboli d'azione di Israele:
{{citazione|Sappiamo che i forestieri (''gerim'') usciti dall'Egitto, la moltitudine mista, compiono il rito dell'agnello pasquale. Poiché anche loro furono inclusi nel miracolo. Ma coloro che si sono convertiti in seguito, nel deserto o in Terra d'Israele, rientrano nell'obbligo di compiere il rito dell'agnello pasquale, poiché né loro né i loro antenati presero parte al miracolo... Quindi fu necessario obbligarli a compiere il rito dell'agnello pasquale nelle generazioni successive (''pesah dorot''), sia nel deserto che in Terra d'Israele.|CT: {{passo biblico2|Numeri|9:14}} - II, 227}}
I comandamenti formano un legame esperienziale con i miracoli pubblici. Quindi non è necessario aver sperimentato direttamente i miracoli, o esser discendenti da antenati che li videro.
'''[7.46]''' Gli aspetti naturali dei comandamenti della Torah come ''mishpatim'' e i loro aspetti storici come ''‘edot'' possono essere intesi entrambi in termini di bisogno umano: il bisogno di far parte biologicamente dell'ordine naturale e politicamente dell'ordine sociale. Affrontano anche la necessità di riconoscere il Dio che trascende la natura nel governo della storia:
{{citazione|Riteniamo... che c'è una ragione per tutti i comandamenti... per insegnarci buone qualità di carattere... e per affinare la nostra anima... Di conseguenza, tutti sono interamente a nostro beneficio... Questa è una questione di consenso (''davar muskam'') in tutti i ''dicta'' dei nostri Rabbini... lo scopo di tutti i comandamenti è di giovare a noi, non a Lui, benedetto ed esaltato Egli sia.|CT: {{passo biblico2|Dt|22:6}} - II, 448-49}}
Tuttavia, i due tipi di comandamenti mediano il rapporto tra Dio e Israele in modo diverso: i ''mishpatim'' tramite la natura; gli ''‘edot'', tramite la storia.
'''[7.47]''' Eppure l'idea che i comandamenti soddisfino i bisogni umani raggiunge solo il primo livello di significato dei ''mishpatim'' e ''‘edot''. Se tutti i comandamenti sono in definitiva partecipazioni alla vita divina e se noi stessi siamo fatti ad immagine di Dio, allora i comandamenti devono riflettere sia una realtà divina che umana. Nessuno serve semplicemente i bisogni umani, ma tutti insieme costituiscono il nostro stesso essere:
{{citazione|Ci sono solo due cose per noi: "temere Dio" ({{passo biblico2|Ecclesiaste|12:13}}) — nel nostro cuore — "e osservare i Suoi comandamenti" — nelle nostre azioni. Così saremo amati da Dio "poiché questo è tutto l'uomo" (''ki zeh kol ha-’adam''). Il timore reverenziale è la radice della formazione di un essere umano. I suoi occhi e la sua testa e tutte le sue membra non sono niente. I comandamenti sono il suo corpo, le sue membra e la sua anima.|KR: ''Sermone su Qohelet'' - I, 203}}
Se i comandamenti fossero visti semplicemente come al servizio della natura umana, si presumerebbe che ''prima'' ci sia la realtà, la natura umana, i cui bisogni i comandamenti ''poi'' servono. La natura umana trascenderebbe i comandamenti. Così la maggior parte dei teologi razionalisti vedeva la teleologia dei comandamenti. Ma se i comandamenti stessi ''costituiscono'' la natura umana, se essa non esiste neppure senza di essi, allora i fini dei comandamenti devono trascendere la natura umana. Possono essere solo i bisogni interiori di Dio.
'''[7.48]''' Alcuni comandamenti sono visti come un'introduzione diretta nella vita interiore del divino. Questi sono gli ''huqqim''. Hanno una particolare immediatezza e importanza in quanto rispondono al bisogno divino. Nahmanide qui esprime una dottrina (se non la sta effettivamente stabilendo) che è stata molto sviluppata dai cabalisti successivi, che Dio stesso ha bisogno di rendere efficace la Sua potenza e provvidenza nella creazione e quindi ha bisogno della cooperazione umana ([[w:Meir ibn Gabbai|Meir ibn Gabbai]], ''‘Avodat ha-Qodesh'', sez. 2). Commentando il versetto: "Sapranno che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire dal paese d'Egitto, per abitare (''le-shokhni'') in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio" ({{passo biblico2|Esodo|29:46}}), Nahmanide scrive:
{{citazione|C'è in questa faccenda un grande mistero. Perché apparentemente la ''Shekhinah'' in Israele risponde a un bisogno umano (''tsorekh hedyot'') e non a un bisogno divino (''tsorekh Gavoah''). Ma il fatto è, come afferma la Scrittura, "Israele, in te sarò glorificato" ({{passo biblico2|Isaia|49:3}}).|CT: {{passo biblico2|Esodo|29:46}} - I, 486-87}}
Parlando di un "significato mistico" (''sod'') qui, Nahmanide allude al livello ultimo di intelligibilità degli atti di Dio e dei comandamenti della Torah, un livello non accessibile ai comuni studiosi della Torah, ma solo a coloro che si sono uniti alla compagnia celeste per profezia o per tradizione autentica (''kabbalah'').
'''[7.49]''' Così Nahmanide sostiene che i comandamenti dovrebbero essere interpretati in termini di bisogni divini piuttosto che umani:
{{citazione|Non farti radice... "basta che il servo sia come il padrone" [B. Berakhot 58b]. Come è mio, così è tuo... Secondo una verità più profonda, è come "che raccolgano per me (''li'') un'offerta elevata" ({{passo biblico2|Esodo|25:2}}).|CT: {{passo biblico2|Levitico|25:23}} - II, 179}}
Se i comandamenti servono essenzialmente ai bisogni umani, allora l'uomo, non Dio, è il fine ultimo e l'arbitro della rivelazione e della creazione. Ma quando Dio implica che l'uomo deve agire per conto di Dio, i bisogni di Dio diventano fondamentali.
'''[7.50]''' In armonia con questo tema, Nahmanide assegnerà ragioni per i comandamenti più misteriosi (''huqqim''), al di là delle rubriche generali che Maimonide ha esposto. Infatti egli attribuisce un valore molto più alto a questi comandamenti, poiché implicano un'intima partecipazione alla vita di Dio:
{{citazione|A mio parere, qui c'è una ragione come quella dei sacrifici compiuti fuori dal Tempio, come la capra inviata nello Yom Kippur e per mezzo della quale la terra viene epurata. Ecco perché i saggi consideravano la legge della cerimonia di spezzare il collo a una giovenca (''‘eglah ‘arufah'') come uno degli statuti.|CT: {{passo biblico2|Dt|21:4}} - II, 440}}
L'espiazione, che è lo scopo dichiarato della cerimonia, compiuta in un caso di omicidio irrisolto ({{passo biblico2|Dt|21:8}}), non è solo una questione di riconciliazione con Dio, ma anche una questione di riconciliazione divina interiore.
È [[Maimonide]], nella ''[[Mishneh Torah]]'', che elenca la legge della giovenca con il collo spezzato come uno degli ''huqqim'', la cui ragione (''ta‘am'') non è nota (''Hilkhot Me‘ilah'', 8.8), anche se non si dovrebbe presumere che nessuno di loro non serva un fine superiore (''sof ‘inyanam''). Nelle fonti rabbiniche sulla distinzione tra ''mishpatim'' e ''huqqim'', questa legge non è inclusa tra gli ''huqqim'' (''Sifra'': Aharei-Mot, cur. Weiss, 86a; B. Yoma 67b). Nel ''Moreh Nevukhim'' (3.40) Maimonide fornisce una ragione: la pubblicità coinvolta in questa cerimonia insolita può suscitare informazioni sull'autore dell'omicidio. Per Maimonide tutti i comandamenti hanno ragioni, ma tutte le ragioni rispondono ai bisogni umani. Per Nahmanide alcuni dei motivi coinvolgono bisogni divini. Maimonide, ovviamente, non ammetterebbe mai che Dio abbia alcun bisogno.
'''[7.51]''' Spesso Nahmanide attribuisce a un comandamento due ragioni diverse, una che riguarda una specifica esigenza umana, l'altra che indica una necessità divina. Quest'ultima, derivata dalla Cabala direttamente o per inferenza, è chiamata la ''vera'' ragione. Questo potrebbe suggerire che l'altra sia falsa. Ma Nahmanide è aperto a una molteplicità di intenzioni all'interno della Torah. Non cerca di imporre un'interpretazione unitaria (CT: {{passo biblico2|Esodo|20:23}} - I, 411; B. Sanhedrin 34a rif. {{passo biblico2|Geremia|23:29}}; Bemidbar Rabbah 13.15 rif. {{passo biblico2|Numeri|7:79}}). Ciò che non è "vero" come autentico insegnamento cabalistico non è comunque falso, ma spesso è solo meno vero, proprio perché è orientato verso l'uomo piuttosto che verso Dio.
I comandamenti commemorativi, al livello inferiore, sono intesi come volti a ricordare agli esseri umani – il cui quadro di riferimento ordinario è la regolarità della natura – del potere trascendente di Dio. Poiché quel potere era chiaramente manifestato nei pubblici miracoli di Dio. Ma a un livello superiore gli stessi comandamenti sono intesi come volti a rafforzare la partecipazione alla vita interiore di Dio da parte di quei santi il cui normale quadro di riferimento è questa stessa vita interiore, dove vedono la loro vera collocazione:
{{citazione|In termini di verità (''‘al derekh ha-’emet''), quando questo versetto afferma: "a causa di ciò che il Signore ha fatto per me (''li'', {{passo biblico2|Esodo|13:8}})", ha lo stesso senso di "Questi è il mio Dio (''Eli''), io lo glorificherò" ({{passo biblico2|Esodo|15:2}}). Per amore del Suo Nome e del Suo onore ha fatto queste cose per noi e ci ha fatto uscire dall'Egitto. Pertanto sarà per te un segno sul tuo braccio forte e teso. La sua ragione (''ke-ta‘am'') è espressa nel versetto "poiché Tu sei lo splendore (''tiferet'') della loro forza" ({{passo biblico2|Salmi|89:17-18}})... Il suo scopo è indicare la completa unificazione [''she-ha-kol ba-kol''] — cioè la presenza dei quattro brani della Torah che riguardano Dio e Israele sono posti in uno scompartimento nel [[w:tefillin|tefillin]] portato sul braccio... Ora ti dirò una ragione (''ta‘am'') per molti comandamenti... Molte persone negano la radice stessa della fede (''kofrim be-‘iqqar'') e dicono che il mondo è eterno... Quindi, quando Dio sceglie una comunità o un individuo, mostra loro (''mofet'') il suo potere soprannaturale cambiando l'ordine familiare della natura del mondo, affinché tutte queste opinioni errate possano essere annullate... Ma poiché Dio non compie un segno (''’ot'') o una dimostrazione in ogni generazione... ci ha comandato di mantenere un continuo ricordo (''tamid zikaron'') di ciò che i nostri occhi hanno visto.|CT: {{passo biblico2|Esodo|3:16}} - I, 345-46}}
Altrove (CT: {{passo biblico2|Dt|13:2}} - II, 404), Nahmanide distingue un "segno" (''’ot'') da una "dimostrazione" (''mofet''). Il primo è un evento previsto; quest'ultimo, un evento miracoloso radicalmente nuovo (''davar mehudash''), compiuto attraverso un profeta senza predizione (cfr. Rashi ''ad loc.''). La condizione storica della fede è necessaria alla gente comune, che di solito è separata da Dio, a differenza dei santi che non hanno bisogno di tale condizione. Nahmanide osserva "che la fede è ora memoria" (''ha-zekhirah ‘attah'' — ''Note a Sefer ha-Mitsvot di Maimonide'', neg. n. 1, p. 261). Cioè, per la maggior parte delle persone, credere è ricordare attivamente. Quindi la rievocazione simbolica dei miracoli pubblici attraverso i comandamenti commemorativi è il cuore stesso della fede.
'''[7.52]''' Nahmanide è una fonte importante per la dottrina cabalistica di una connessione sostanziale che unisce — non solo in relazione — Dio e Israele. Riguardo al versetto: "E lo chiamò Dio (''’El'') Dio d'Israele" ({{passo biblico2|Genesi|33:20}}), scrive:
{{citazione|La verità qui è secondo l'interpretazione rabbinica [B. Megillah 18a]: "Come facciamo a sapere che Dio chiamò Giacobbe Dio (''El'')?" – Perché qui è scritto: "Egli lo chiamò ‘Dio’". C'è un grande segreto (''sod gadol'') in questo, come dicevano i Rabbini altrove [Bereshit Rabbah 79,8], "Egli [Giacobbe] gli disse [a Dio], "tu sei Dio tra gli esseri celesti e io sono Dio tra gli esseri terreni". Qui abbiamo un accenno di ciò che i saggi dicevano costantemente, che l'immagine (''eikonin'') di Giacobbe è incisa sul trono divino [Bereshit Rabbah 78.3].|CT:{{passo biblico2|Genesi|33:20}} - I, 189}}
Lo stesso [[w:Midrash|Midrash]] critica il fatto che Giacobbe si autodefinisca Dio tra gli esseri terreni. Prende lo stupro di sua figlia Dinah, menzionato subito dopo, come punizione di questa arroganza. Ma Nahmanide legge il passaggio come implicante che Dio stesso chiamò Giacobbe divino. Basandosi sull'apparente ambiguità del riferimento pronominale, segue un'interpretazione trovata nel [[w:Bavli|Talmud babilonese]], che tratta Dio, non Giacobbe, che chiama Giacobbe Dio [B. Megillah 18a]. Lo ''[[Zohar]]'' (Toldot, 1:138a), seguendo indubbiamente Nahmanide, tenta di fare in modo che il Midrash segua il Talmud più agevolmente rielaborando il testo midrashico per fargli dire che Dio si designò come divino in alto e Giacobbe come divino in basso (cfr. B. Berakhot 10a). Tutto ciò pone le basi per l'interpretazione cabalistica radicale di tutto ciò che nella Torah sembra servire i bisogni umani in verità serve i bisogni divini.
'''[7.53]''' Questa idea divenne una pietra angolare della teologia cabalistica. Implica che Israele è un partecipante indispensabile nella vita divina. Nahmanide mette in evidenza questo coinvolgimento nel discutere la prospettiva talmudica secondo cui la visione profetica di Mosè era molto più chiara e diretta di quella di qualsiasi altro profeta. Così Mosè poteva vedere la connessione tra Israele e Dio più chiaramente di qualsiasi altro essere umano:
{{citazione|A mio modesto parere, quando la Scrittura dice: [Poiché tu, o Signore sei in mezzo a questo popolo] visibile agli occhi sei Tu, o Signore..." ({{passo biblico2|Numeri|14:14}}), il termine "occhio" (''‘ayin'') si riferisce a una visione (''mar’eh''), ciò che si vede. Quindi l'interpretazione di questo versetto è che Mosè, nostro signore, la pace sia su di lui, disse a Dio: "Non è il Tuo grande Nome in mezzo a questo popolo? Perché la visione dentro la visione è il Tuo grande Nome, possa esso essere esaltato e benedetto. In effetti, sei attaccato all'assemblea di Israele (''knesset yisrael''), quindi è impossibile cancellarla, come dice la Scrittura: ‘poiché il mio Nome è in loro (''be-qirbo'')’" ({{passo biblico2|Esodo|23:21}}).|''Hiddushei ha-Ramban'': B. Yevamot 49b, p. 236}}
La visione di Israele, nel suo vero carattere, è una visione di Dio, anche se mai adeguata alla piena realtà di Dio. "Vedere" Dio all'interno di Israele, quindi, è vedere Israele come indispensabile alla vita divina. L'essere di Dio in mezzo a Israele significa che Israele non può essere concepito senza la sua intima connessione con Dio. Ma Dio (per quanto possa essere concepito) non può essere concepito separato da Israele. Nel suo ''Commentario alla Torah'' a questo versetto, Nahmanide ritorna su tale interpretazione e la chiama la vera dottrina cabalistica (CT: {{passo biblico2|Numeri|14:4}} - II, 248). In un altro commento sottolinea che la presenza di Dio in Israele è connessa a ciò che è in alto (''mehubar le-ma‘alah''), cioè ai livelli superiori della vita divina (CT: {{passo biblico2|Esodo|23:21}} - I, 443).
[7.54] La distinzione di Nahmanide tra il significato interiore ed esteriore dei comandamenti acquista un significato più ricco nella sua spiegazione della differenza essenziale tra un giuramento (''shevu‘ah'') e un voto (''neder''):
{{citazione|Con un voto si giura sulla vita del Re; con un giuramento si giura sul Re stesso|CT: {{passo biblico2|Numeri|30:3}} - II, 323}}
La distinzione ha una fonte rabbinica (''Sifre'': Bemidbar, n. 153). Nahmanide la usa nella sua teologia per significare la nostra relazione con Dio stesso, al di là della nostra relazione con Dio come Creatore di effetti nel mondo, quella che potrebbe essere chiamata la "vita esteriore" di Dio. Come insegnavano le Scritture e i Rabbini, la Torah fu accettata dal popolo d'Israele, nel Sinai e nelle pianure di Moab, mediante un giuramento. Per Nahmanide, questo significa che l'osservanza dei comandamenti porta il popolo ebraico nell'essere interiore di Dio. Quindi, la Torah è più della volontà di Dio:
{{citazione|E là inoltre Dio disse a Israele: "Quando ti ho ''venduto'' la mia Torah, per così dire, sono stato venduto con essa".|CT: {{passo biblico2|Esodo|25:3}} - I, 454}}
La fonte rabbinica di questo commento è Shemot Rabbah 33.1.
'''[7.56]''' In questo senso, Nahmanide sottolineò, punto notevolmente sviluppato dai cabalisti successivi, che la Torah è composta dai nomi propri di Dio (vedi CT: Intro. - I, 6). In altre parole, nella Torah Dio in definitiva parla di Se Stesso e dei propri bisogni. La Torah è diretta non solo alla situazione umana dei suoi destinatari. In verità è la loro opportunità di partecipare alla vita divina. Ogni aspetto apparentemente mondano della sua osservanza è simbolico della realtà superiore di Dio, che comprende tutte le cose. Il punto di vista che Nahmanide scopre costantemente in accenni di questo tipo è quello che chiameremmo panenteistico: il mondo è contenuto in Dio, ma Dio lo trascende anche (Bereshit Rabbah 68.9 rif. {{passo biblico2|Genesi|28:11}}):
{{citazione|I Rabbini chiamano il linguaggio della Torah "il linguaggio del santo" (''lashon ha-qodesh''). Perché le parole della Torah e le profezie e tutte le parole di santità, tutte sono state pronunciate in quella lingua... in essa sono chiamati i Suoi santi nomi... e attraverso di essa Egli ha creato il Suo mondo.|CT: {{passo biblico2|Esodo|30:13}} - I, 502}}
'''[7.57]''' Il Santuario (''mishkan'') è il simbolo visivo del mondo creato attraverso i nomi divini. La sua costruzione è parallela a quella della creazione stessa:
{{citazione|Il mistero del Santuario è che... Bezalel ha saputo combinare le lettere con cui sono stati creati il cielo e la terra.|CT: {{passo biblico2|Esodo|31:2}} - I, 502}}
'''[7.58]''' Inoltre, il Santuario e lo Shabbat sono facce opposte della stessa medaglia, il Santuario indica il lato positivo della creatività divina e lo Shabbat il suo lato negativo, poiché la maggior parte delle leggi dello Shabbat sono proibizioni. Le due istituzioni sono paradigmatiche di tutti i comandamenti. Commentando la giustapposizione del Santuario e dello Shabbat in {{passo biblico2|Levitico|26:1-2}}, Nahmanide scrive:
{{citazione|I rabbini accennarono al fatto che tutti i comandamenti sono inclusi nello Shabbat e nel Santuario.|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:1}} - II, 182}}
Il collegamento essenziale tra i due si realizza quando i Rabbini identificano le 39 categorie di lavoro proibito di sabato con le 39 categorie di lavoro richieste nella costruzione del Santuario (B. Shabbat 97a; Mekhilta: Va-yak’hel, ''ad init.'' 345, rif. {{passo biblico2|Esodo|35:1}}).
'''[7.59]''' Nahmanide si oppone al trattamento da parte di Maimonide della ''Shekhinah'' come entità creata (''Moreh'', 1.27). Prende questa presenza come parte della Divinità. E poiché il Santuario è chiamato la dimora della ''Shekhinah'', considera l'intero rituale del Tempio come una partecipazione alla vita divina. Questo punto è diventato un ''leitmotiv'' nella [[w:Cabala ebraica|Cabala]].
{{citazione|Maimonide disse che [[w:Onkelos|Onqelos]] [il traduttore aramaico della Torah noto per evitare gli antropomorfismi] affermò che il movimento [attribuito nella Torah a Dio] e la manifestazione della gloria divina (''kavod'') — si riferiscono tutti a qualcosa di creato (''nivra'').. Dio non voglia che qualsiasi cosa chiamata ''Shekhinah'' o gloria divina sia un'entità creata, esterna a Dio stesso, benedetto Egli sia, come supponeva Maimonide riguardo a questo passo e molti altri nel suo libro [''Moreh Nevukhim'']. Poiché Onqelos ha tradotto il passo scritturale, "Se la Tua faccia (''panekha'') non va [con noi] ({{passo biblico2|Esodo|33:15}}) come "se la Tua ''Shekhinah'' non va con noi". Mosè non voleva che nessuna gloria creata andasse con lui, ma solo il Dio glorioso stesso. Poiché Dio gli aveva già detto: "Ecco, il mio angelo camminerà davanti a te" ({{passo biblico2|Esodo|33:14}}). Ma Mosè non voleva questo, voleva Dio stesso nella Sua propria gloria camminasse con lui ({{passo biblico2|Esodo|33:15}})|CT: {{passo biblico2|Genesi|46:1}} - I, 250}}
{{Vedi anche|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie delle interpretazioni}}
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[[Categoria:Nahmanide teologo|Capitolo 7]]
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Nahmanide teologo/Capitolo 8
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{{Nahmanide teologo}}
[[File:Раввин неизвестного автора, 19 век.jpg|thumb|520px|center|''Rabbino in preghiera'' (XIX sec.)]]
== Escatologia ==
'''[8.1]''' Per Nahmanide, l'obiettivo finale della Torah e dei comandamenti è riportare il mondo alla sua condizione primordiale, sotto il diretto governo di Dio. Il processo per raggiungere questo obiettivo è iniziato con la redenzione di Israele dall'Egitto e culminerà nel [[w:Escatologia ebraica|Mondo a venire]]:
{{citazione|In passato Io e la mia corte di giustizia (''u-vet dim'') andammo avanti a loro... ma nell'età futura (''le-‘atid la-vo'') sarà solo Me Stesso... Il significato mistico (''sod'') di questo midrash [Shemot Rabbah 19:7] è, come ho affermato, che nella prima redenzione Dio era con loro di giorno; la Sua corte di giustizia, di notte. Ma nell'età futura, la Sua corte di giustizia sarà inclusa nella Sua misericordia... che è il Nome unico di Dio... tutto sarà unito nell'attributo unico di misericordia di Dio (''middat rahamim'').|CT: {{passo biblico2|Esodo|14:21}} - I, 348}}
I [[w:Rabbinismo|Rabbini]] spesso glossavano il nome ''Elohim'' come designante l'attributo di giustizia di Dio; e il tetragramma (YHWH), l'attributo della misericordia di Dio (cfr. A. Marmorstein, ''The Old Rabbinic Doctrine of God'' [New York: Ktav, 1968], 43ss.). Viene spesso sottolineato anche il tema che la giustizia rigorosa sarà superata dalla misericordia (per es., B. Berakhot 7a), ma di solito in un contesto umano. I Rabbini tipicamente applicano gli attributi della giustizia e della misericordia al compito di spiegare la relazione di Dio con le Sue creature. Per i cabalisti, invece, diventano stati interiori dell'essere di Dio, attributi ipostatizzati, con le proprie interrelazioni dinamiche, in cui sono incorporati gli eventi umani (cfr. Scholem, ''On the Kabbalah and its Symbolism'', 94). Così la redenzione finale è anzitutto un riordino dell'intima natura di Dio, il compimento della Sua stessa storia. Solo successivamente è un riordino delle realtà umane.
'''[8.2]''' L'espressione "mondo a venire", per Nahmanide, significa un'era futura, non ancora vissuta nel passato, sebbene preannunciata dai suoi eventi salvifici. La sua realtà è temporale, a differenza del mondo a venire di Maimonide, che è un regno eterno e trascendente, un "mondo al di là", che esiste senza tempo insieme a questo mondo (''ha-‘olam ha-zeh'' - ''Hilkhot Teshuvah'', 8.8). Per Maimonide, la persona giusta viene nell'aldilà. Per Nahmanide, tuttavia, il mondo futuro viene a sostituire questo mondo. La temporalità del compimento cosmico per Nahmanide esprime la sua grande enfasi sulla storia:
{{citazione|Ecco, il Giardino dell'Eden e il mondo a venire sono qui indicati per coloro che comprendono queste cose. Questi luoghi sono dove si consumano tutte le benedizioni. Questa consumazione non avverrà finché tutto Israele non farà la volontà del Padre suo e la costruzione del cielo e della terra non sarà completata da Dio e da noi. Sappi che Israele non ha mai pienamente ottenuto queste benedizioni, collettivamente o individualmente. Il merito di nessuno è salito a questo livello... Ecco perché scoprirai che i Rabbini vedono in questi versetti un'allusione all'età futura... Ciò non è stato ancora raggiunto, ma lo sarà, nel tempo del compimento (''ba-zman ha-shlemut'').|CT: {{passo biblico2|Levitico|26:12}} - II, 186}}
'''[8.3]''' Sebbene il mondo a venire sia eterno (''qayyam''), è creato, non eterno (KR: ''Torat ha-’Adam'': Sha‘ar ha-Gemul - II, 303), una successione storica piuttosto che un reame sempre presente.
'''[8.4]''' Il mondo a venire è il culmine e il compimento della storia:
{{citazione|È stato chiarito che il mondo a venire non è un mondo di anime disincarnate (''‘olam ha-neshamot''), ma un mondo che viene creato e poi dura. I risuscitati là esisteranno nel corpo e nell'anima... La sussistenza di coloro che meritano lo splendore di Dio sarà come quella dell'anima nel corpo in questo mondo... Ma quest'anima sarà come quella degli angeli nella sua unione (''be-hityahdah'') con la conoscenza superiore... La subordinazione del corpo all'anima annullerà i poteri del corpo... così che il corpo sussisterà come l'anima, senza più mangiare né bere, proprio come Mosè visse per quaranta giorni sul monte Sinai.|KR: ''Torat ha-’Adam'': Sha‘ar ha-Gemul - II, 303-04}}
'''[8.5]''' Per Maimonide, la risurrezione dei morti è un dogma in cui un ebreo deve credere, anche se non ci sono prove razionali a sostegno. È una possibilità aperta alla trascendenza creativa della natura da parte di Dio, ma non è necessario che si realizzi mai (cfr. ''Ma’amar Tehiyyat ha-Metim'', cap. 8; ''Moreh Nevukhim'', 2.25). Né è lo scopo ultimo di tutti gli sforzi umani. Quella fine è il mondo a venire disincarnato, la cui esistenza Maimonide ritiene razionalmente evidente (''Hilkhot Teshuvah'', cap. 8). È piuttosto critico nei confronti di coloro che pensano che la beatitudine ultima accennata nella Scrittura e discussa dai Rabbini sia la risurrezione corporea piuttosto che l'immortalità spirituale nel mondo a venire (''Ma’amar Tehiyyat ha-Metim'', cap. 2). Ma per Nahmanide, non c'è differenza tra i due reami:
{{citazione|Qualsiasi comandamento nella Torah, la cui ricompensa è menzionata insieme ad esso, comporta la risurrezione dei morti [Hullin 142a]... Ciò significa che i corpi non tornano in polvere per sempre... [si potrebbe pensare che una volta morto] il corpo non abbia più alcuna funzione (''po‘el raiq''), ma Dio non fa nulla invano (''po‘el battel''). La risposta a tutto questo è che lo scopo per cui il corpo fu creato era la sua funzione al momento della risurrezione, come accennato in precedenza. Perché Dio non vuole che sia distrutto dopo la morte fisica. Inoltre, la forma corporea ha molti misteri al riguardo, poiché la sua formazione non è stata inutile (''hefqer'') o senza motivo.|KR: ''Torat ha-’Adam'': Sha‘ar ha-Gemul - II, 305}}
{{Vedi anche|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie delle interpretazioni}}
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[[Categoria:Nahmanide teologo|Capitolo 8]]
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Applicazioni pratiche di deep learning/Profilazione delle persone
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Nuova pagina: {{Applicazioni pratiche di deep learning}} ==Scenario 1: Identificazione degli oppositori politici == Supponiamo di trovarci in un regime totalitario fascista e di volere identificare gli oppositori politici, si può procedere in tal modo : ===Prima modalità=== * 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli ut...
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{{Applicazioni pratiche di deep learning}}
==Scenario 1: Identificazione degli oppositori politici ==
Supponiamo di trovarci in un regime totalitario fascista e di volere identificare gli oppositori politici, si può procedere in tal modo :
===Prima modalità===
* 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli utenti ma anche i loro commenti, post, tweets ecc.
* 2) Ottenuti questi dati in formato csv o foglio di calcolo , procedere con la '''classificazione dei testi''' del deep learning, cercando in caso di dittatura fascista argomenti quali comunismo, marxismo ecc. Un esempio di classificazione di testi si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Classificazione dei tweets | Classificazione dei tweets]] .
* 3) Dopo avere identificato i testi in cui si parla di comunismo, marxismo ecc. procedere col '''sentyment analysis''', cioè valutare se la polarità dei testi è positiva o negativa. Un esempio di sentiment analysis si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Riconoscimento recensioni positive Amazon|Riconoscimento recensioni positive Amazon]] . Se la polarità di un testo con argomento comunismo ha polarità positiva, l'utente che l'ha scritto potrebbe essere un oppositore politico dell'attuale regime fascista, quindi potrebbe essere utile evidenziare i dati sensibili che l'utente ha fornito nel proprio profilo social tra cui la foto, la città dove vive, il lavoro che svolge. Lo scraping non può ottenere l'indirizzo IP dell'utente, per cui soltanto i proprietari dei social possono avere accesso all'indirizzo di casa degli utenti.
* 4) Per quanto riguarda le immagini postate dagli utenti e ottenute tramite scraping si può applicare ad esse la segmentazione delle immagini di cui un esempio si trova qui : [[Applicazioni pratiche di deep learning/Segmentazione delle immagini|Segmentazione delle immagini]] cercando nelle immagini oggetti simboli del comunismo . Se si trovano, l'utente potrebbe essere un oppositore del regime.
===Seconda modalità===
Si possono scattare fotografie durante le manifestazioni di protesta e tramite la '''segmentazione e la classificazione delle immagini''' con relativo '''riconoscimento facciale''' si può risalire ai profili delle persone nei social, ma questa modalità in questo momento è alla portata soltanto dei proprietari dei social e delle forze dell'ordine.
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[[Categoria:Applicazioni pratiche di deep learning|Profilazione delle persone]]
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{{Applicazioni pratiche di deep learning}}
==Scenario 1: Identificazione degli oppositori politici ==
Supponiamo di trovarci in un regime totalitario fascista e di volere identificare gli oppositori politici, si può procedere in tal modo :
===Prima modalità===
* 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli utenti ma anche i loro commenti, post, tweets ecc.
* 2) Ottenuti questi dati in formato csv o foglio di calcolo , procedere con la '''classificazione dei testi''' del deep learning, cercando in caso di dittatura fascista argomenti quali comunismo, marxismo ecc. Un esempio di classificazione di testi si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Classificazione dei tweets |classificazione dei tweets]] .
* 3) Dopo avere identificato i testi in cui si parla di comunismo, marxismo ecc. procedere col '''sentiment analysis''', cioè valutare se la polarità dei testi è positiva o negativa. Un esempio di sentiment analysis si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Riconoscimento recensioni positive Amazon|riconoscimento recensioni positive Amazon]] . Se la polarità di un testo con argomento comunismo è positiva, l'utente che l'ha scritto potrebbe essere un oppositore politico dell'attuale regime fascista, quindi potrebbe essere utile evidenziare i dati sensibili che l'utente ha fornito nel proprio profilo social tra cui la foto, la città dove vive, il lavoro che svolge. Analogamente se l'argomento ricercato è fascismo e la polarità è negativa. Lo scraping non può ottenere l'indirizzo IP dell'utente, per cui soltanto i proprietari dei social possono avere accesso all'indirizzo di casa degli utenti.
* 4) Per quanto riguarda le immagini postate dagli utenti e ottenute tramite scraping si può applicare ad esse la segmentazione delle immagini di cui un esempio si trova qui : [[Applicazioni pratiche di deep learning/Segmentazione delle immagini|segmentazione delle immagini]] cercando nelle immagini oggetti simboli del comunismo . Se si trovano, l'utente potrebbe essere un oppositore del regime.
===Seconda modalità===
Si possono scattare fotografie durante le manifestazioni di protesta e tramite la '''segmentazione delle immagini''' si possono identificare i volti nelle immagini, mentre con la '''classificazione delle immagini''' che nel caso specifico si chiama '''riconoscimento facciale''' si può risalire ai profili delle persone nei social. Questa modalità in questo momento è alla portata soltanto dei proprietari dei social e delle forze dell'ordine.
==Scenario 2: Trovare nuovi clienti sui social==
Un pasticcere siciliano desidera identificare nuovi clienti sui social. Può procedere in tal modo :
* 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli utenti ma anche i loro commenti, post, tweets ecc.
* 2) Ottenuti questi dati in formato csv o foglio di calcolo , procedere con la '''classificazione dei testi''' del deep learning, cercando argomenti quali pasticceria, dolci, Sicilia ecc.
* 3) Dopo avere identificato i testi in cui si parla di pasticceria, dolci, Sicilia ecc. procedere col '''sentiment analysis''', cioè valutare se la polarità dei testi è positiva o negativa. Se la polarità di un testo con argomenti pasticceria, Sicilia è positiva, l'utente che l'ha scritto potrebbe essere un potenziale cliente, quindi potrebbe essere utile evidenziare i dati sensibili che l'utente ha fornito nel proprio profilo social tra cui la foto, la città dove vive, il lavoro che svolge. Lo scraping non può ottenere l'indirizzo IP dell'utente, per cui soltanto i proprietari dei social possono avere accesso all'indirizzo di casa degli utenti.
* 4) Per quanto riguarda le immagini postate dagli utenti e ottenute tramite scraping si può applicare ad esse la segmentazione delle immagini cercando nelle immagini foto di pasticceria siciliana . Se si trovano, l'utente potrebbe essere un potenziale cliente.
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[[Categoria:Applicazioni pratiche di deep learning|Profilazione delle persone]]
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/* Scenario 1: Identificazione degli oppositori politici */
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{{Applicazioni pratiche di deep learning}}
==Scenario 1: Identificazione degli oppositori politici ==
Supponiamo di trovarci in un regime totalitario fascista e di volere identificare gli oppositori politici, si può procedere in tal modo :
===Prima modalità===
* 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli utenti ma anche i loro commenti, post, tweets ecc. Bisogna tenere conto però che in Italia lo scraping è illegale se i dati ottenuti vengono pubblicati o rivenduti senza il consenso degli interessati.
* 2) Ottenuti questi dati in formato csv o foglio di calcolo , procedere con la '''classificazione dei testi''' del deep learning, cercando in caso di dittatura fascista argomenti quali comunismo, marxismo ecc. Un esempio di classificazione di testi si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Classificazione dei tweets |classificazione dei tweets]] .
* 3) Dopo avere identificato i testi in cui si parla di comunismo, marxismo ecc. procedere col '''sentiment analysis''', cioè valutare se la polarità dei testi è positiva o negativa. Un esempio di sentiment analysis si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Riconoscimento recensioni positive Amazon|riconoscimento recensioni positive Amazon]] . Se la polarità di un testo con argomento comunismo è positiva, l'utente che l'ha scritto potrebbe essere un oppositore politico dell'attuale regime fascista, quindi potrebbe essere utile evidenziare i dati sensibili che l'utente ha fornito nel proprio profilo social tra cui la foto, la città dove vive, il lavoro che svolge. Analogamente se l'argomento ricercato è fascismo e la polarità è negativa. Lo scraping non può ottenere l'indirizzo IP dell'utente, per cui soltanto i proprietari dei social possono avere accesso all'indirizzo di casa degli utenti.
* 4) Per quanto riguarda le immagini postate dagli utenti e ottenute tramite scraping si può applicare ad esse la segmentazione delle immagini di cui un esempio si trova qui : [[Applicazioni pratiche di deep learning/Segmentazione delle immagini|segmentazione delle immagini]] cercando nelle immagini oggetti simboli del comunismo . Se si trovano, l'utente potrebbe essere un oppositore del regime.
===Seconda modalità===
Si possono scattare fotografie durante le manifestazioni di protesta e tramite la '''segmentazione delle immagini''' si possono identificare i volti nelle immagini, mentre con la '''classificazione delle immagini''' che nel caso specifico si chiama '''riconoscimento facciale''' si può risalire ai profili delle persone nei social. Questa modalità in questo momento è alla portata soltanto dei proprietari dei social e delle forze dell'ordine.
==Scenario 2: Trovare nuovi clienti sui social==
Un pasticcere siciliano desidera identificare nuovi clienti sui social. Può procedere in tal modo :
* 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli utenti ma anche i loro commenti, post, tweets ecc.
* 2) Ottenuti questi dati in formato csv o foglio di calcolo , procedere con la '''classificazione dei testi''' del deep learning, cercando argomenti quali pasticceria, dolci, Sicilia ecc.
* 3) Dopo avere identificato i testi in cui si parla di pasticceria, dolci, Sicilia ecc. procedere col '''sentiment analysis''', cioè valutare se la polarità dei testi è positiva o negativa. Se la polarità di un testo con argomenti pasticceria, Sicilia è positiva, l'utente che l'ha scritto potrebbe essere un potenziale cliente, quindi potrebbe essere utile evidenziare i dati sensibili che l'utente ha fornito nel proprio profilo social tra cui la foto, la città dove vive, il lavoro che svolge. Lo scraping non può ottenere l'indirizzo IP dell'utente, per cui soltanto i proprietari dei social possono avere accesso all'indirizzo di casa degli utenti.
* 4) Per quanto riguarda le immagini postate dagli utenti e ottenute tramite scraping si può applicare ad esse la segmentazione delle immagini cercando nelle immagini foto di pasticceria siciliana . Se si trovano, l'utente potrebbe essere un potenziale cliente.
{{avanzamento|75%|30 luglio 2022}}
[[Categoria:Applicazioni pratiche di deep learning|Profilazione delle persone]]
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/* Scenario 2: Trovare nuovi clienti sui social */
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{{Applicazioni pratiche di deep learning}}
==Scenario 1: Identificazione degli oppositori politici ==
Supponiamo di trovarci in un regime totalitario fascista e di volere identificare gli oppositori politici, si può procedere in tal modo :
===Prima modalità===
* 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli utenti ma anche i loro commenti, post, tweets ecc. Bisogna tenere conto però che in Italia lo scraping è illegale se i dati ottenuti vengono pubblicati o rivenduti senza il consenso degli interessati.
* 2) Ottenuti questi dati in formato csv o foglio di calcolo , procedere con la '''classificazione dei testi''' del deep learning, cercando in caso di dittatura fascista argomenti quali comunismo, marxismo ecc. Un esempio di classificazione di testi si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Classificazione dei tweets |classificazione dei tweets]] .
* 3) Dopo avere identificato i testi in cui si parla di comunismo, marxismo ecc. procedere col '''sentiment analysis''', cioè valutare se la polarità dei testi è positiva o negativa. Un esempio di sentiment analysis si trova nella pagina [[Applicazioni pratiche di deep learning/Riconoscimento recensioni positive Amazon|riconoscimento recensioni positive Amazon]] . Se la polarità di un testo con argomento comunismo è positiva, l'utente che l'ha scritto potrebbe essere un oppositore politico dell'attuale regime fascista, quindi potrebbe essere utile evidenziare i dati sensibili che l'utente ha fornito nel proprio profilo social tra cui la foto, la città dove vive, il lavoro che svolge. Analogamente se l'argomento ricercato è fascismo e la polarità è negativa. Lo scraping non può ottenere l'indirizzo IP dell'utente, per cui soltanto i proprietari dei social possono avere accesso all'indirizzo di casa degli utenti.
* 4) Per quanto riguarda le immagini postate dagli utenti e ottenute tramite scraping si può applicare ad esse la segmentazione delle immagini di cui un esempio si trova qui : [[Applicazioni pratiche di deep learning/Segmentazione delle immagini|segmentazione delle immagini]] cercando nelle immagini oggetti simboli del comunismo . Se si trovano, l'utente potrebbe essere un oppositore del regime.
===Seconda modalità===
Si possono scattare fotografie durante le manifestazioni di protesta e tramite la '''segmentazione delle immagini''' si possono identificare i volti nelle immagini, mentre con la '''classificazione delle immagini''' che nel caso specifico si chiama '''riconoscimento facciale''' si può risalire ai profili delle persone nei social. Questa modalità in questo momento è alla portata soltanto dei proprietari dei social e delle forze dell'ordine.
==Scenario 2: Trovare nuovi clienti sui social==
Un pasticcere siciliano desidera identificare nuovi clienti sui social. Può procedere in tal modo :
* 1) Fare lo '''scraping''' o raschiamento dei social quali Facebook, Instagram, Twitter ecc. utilizzando uno dei numerosi pacchetti che si trovano in rete , prelevando non solo informazioni sensibili fornite dagli utenti ma anche i loro commenti, post, tweets ecc. Bisogna tenere conto però che in Italia lo scraping è illegale se i dati ottenuti vengono pubblicati o rivenduti senza il consenso degli interessati.
* 2) Ottenuti questi dati in formato csv o foglio di calcolo , procedere con la '''classificazione dei testi''' del deep learning, cercando argomenti quali pasticceria, dolci, Sicilia ecc.
* 3) Dopo avere identificato i testi in cui si parla di pasticceria, dolci, Sicilia ecc. procedere col '''sentiment analysis''', cioè valutare se la polarità dei testi è positiva o negativa. Se la polarità di un testo con argomenti pasticceria, Sicilia è positiva, l'utente che l'ha scritto potrebbe essere un potenziale cliente, quindi potrebbe essere utile evidenziare i dati sensibili che l'utente ha fornito nel proprio profilo social tra cui la foto, la città dove vive, il lavoro che svolge. Lo scraping non può ottenere l'indirizzo IP dell'utente, per cui soltanto i proprietari dei social possono avere accesso all'indirizzo di casa degli utenti.
* 4) Per quanto riguarda le immagini postate dagli utenti e ottenute tramite scraping si può applicare ad esse la segmentazione delle immagini cercando nelle immagini foto di pasticceria siciliana . Se si trovano, l'utente potrebbe essere un potenziale cliente.
{{avanzamento|75%|30 luglio 2022}}
[[Categoria:Applicazioni pratiche di deep learning|Profilazione delle persone]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Sant'Angelo di Piove di Sacco/Celeseo - Chiesa della Presentazione della B.V.M.
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Angelo Agostini * '''Anno:''' 1850 * '''Restauri/modifiche:''' Piccinelli (1983-1984, restauro), Paccagnella (2011, pulitura) * '''Registri:''' 18 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' a leggio di 17 note c...
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Angelo Agostini
* '''Anno:''' 1850
* '''Restauri/modifiche:''' Piccinelli (1983-1984, restauro), Paccagnella (2011, pulitura)
* '''Registri:''' 18
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio di 17 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>'') + pedale del ''Rollante''
* '''Collocazione:''' in corpo unico in presbiterio, in posizione rialzata dietro all'altare maggiore
* '''Accessori:''' ''Tiratutti del ripieno, combinazione libera alla lombarda, terza mano
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| colspan=2 | '''Colonna di sinistra - ''Concerto'''''
----
|-
|Voce umana [s.] || [8']
|-
|Flauto in VIII bassi || [4']
|-
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|-
|Ottavino [s.]|| [2']
|-
|Viola bassi || [4']
|-
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|-
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|-
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|-
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| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Ripieno'''''
----
|-
|Principale bassi ||[8']
|-
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|-
|Ottava soprani ||[4']
|-
|Ottava bassi ||[4']
|-
|Decimaquinta ||[2']
|-
|Decimanona ||[1'1/3]
|-
|Vigesimaseconda ||[1']
|-
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|-
|Vigesimanona || ['1/2]
|-
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[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Angelo Agostini
* '''Anno:''' 1850
* '''Restauri/modifiche:''' Piccinelli (1983-1984, restauro), Paccagnella (2011, pulitura)
* '''Registri:''' 18
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio di 17 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>'') + pedale del ''Rollante''
* '''Collocazione:''' in corpo unico in presbiterio, in posizione rialzata dietro all'altare maggiore
* '''Accessori:''' ''Tiratutti del ripieno, combinazione libera alla lombarda, terza mano
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di sinistra - ''Concerto'''''
----
|-
|Voce umana || 8' Soprani
|-
|Flauto in VIII || 4' Bassi
|-
|Flauto in VIII || 4' Soprani
|-
|Ottavino || 2' Soprani
|-
|Viola || 4' Bassi
|-
|Fagotto || 8' Bassi
|-
|Tromba dolce || 8' Soprani
|-
|Trombone || 8' <small>(al Pedale)></small>
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Ripieno'''''
----
|-
|Principale || 8' Bassi
|-
|Principale || 8' Soprani
|-
|Ottava || 4' Soprani
|-
|Ottava || 4' Bassi
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|Decimanona || 1.1/3'
|-
|Vigesimaseconda || 1'
|-
|Vigesimasesta || 2/3'
|-
|Vigesimanona || 1/2'
|-
|Contrabbasso || 16'+8'<small>(al Pedale)</small>
|}
|}
{{Avanzamento|100%|29 luglio 2022}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Vallelonga
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche del comune di [[w:Vallelonga|Vallelonga]] raggruppate per edificio. == Capoluogo == * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Vallelonga/Vallelonga - Santuario della Madonna di Monserrato|Santuario della Madonna di Monserrato]] {{Avanzamento|25%|23 aprile 2019}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche del comune di [[w:Vallelonga|Vallelonga]] raggruppate per edificio.
== Capoluogo ==
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Calabria/Provincia di Vibo Valentia/Vallelonga/Vallelonga - Santuario della Madonna di Monserrato|Santuario della Madonna di Monserrato]]
{{Avanzamento|25%|23 aprile 2019}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Rignano sull'Arno
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche del comune di [[w:Rignano sull'Arno|Rignano sull'Arno]] raggruppate per edificio. == Capoluogo == * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Rignano sull'Arno/Rignano sull'Arno - Chiesa di Santa Maria Immacolata|Chiesa di Santa Maria Immacolata]] {{Avanzamento|25%|9 ottobre 2016}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche del comune di [[w:Rignano sull'Arno|Rignano sull'Arno]] raggruppate per edificio.
== Capoluogo ==
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Rignano sull'Arno/Rignano sull'Arno - Chiesa di Santa Maria Immacolata|Chiesa di Santa Maria Immacolata]]
{{Avanzamento|25%|9 ottobre 2016}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Città metropolitana di Firenze/Rignano sull'Arno/Rignano sull'Arno - Chiesa di Santa Maria Immacolata
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Mascioni (''Opus 1067'')<ref>su progetto di Luigi Sessa.</ref> * '''Anno:''' 1984 * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 20 * '''Canne:''' 1.455 * '''Trasmissione:''' elettrica * '''Consolle:''' mobile indipendente, a pavimento nel transetto * '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</...
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Mascioni (''Opus 1067'')<ref>su progetto di Luigi Sessa.</ref>
* '''Anno:''' 1984
* '''Restauri/modifiche:''' no
* '''Registri:''' 20
* '''Canne:''' 1.455
* '''Trasmissione:''' elettrica
* '''Consolle:''' mobile indipendente, a pavimento nel transetto
* '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento al centro dell'abside
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Flauto || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Duodecima || 2.2/3'
|-
|Quintadecima || 2'
|-
|Decimanona || 1.1/3'
|-
|Ripieno 5 file || 1'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Principale || 4'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Cornetto 2 file || 2.2/3'
|-
|Corno camoscio || 2'
|-
|Ripieno 4 file || 1.1/3'
|-
|Voce celeste 2 file || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Chiarina</span> || <span style="color:#8b0000;">4'</span>
|-
|}
|}
== Note ==
<references/>
== Altri progetti ==
{{ip|w=Chiesa di Santa Maria Immacolata (Rignano sull'Arno)|preposizione=sulla|w_etichetta=chiesa di Santa Maria Immacolata a Rignano sull'Arno}}
{{Avanzamento|100%|4 ottobre 2015}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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