Wikibooks itwikibooks https://it.wikibooks.org/wiki/Pagina_principale MediaWiki 1.39.0-wmf.22 first-letter Media Speciale Discussione Utente Discussioni utente Wikibooks Discussioni Wikibooks File Discussioni file MediaWiki Discussioni MediaWiki Template Discussioni template Aiuto Discussioni aiuto Categoria Discussioni categoria Progetto Discussioni progetto Ripiano Discussioni ripiano TimedText TimedText talk Modulo Discussioni modulo Accessorio Discussioni accessorio Definizione accessorio Discussioni definizione accessorio Disposizioni foniche di organi a canne 0 34638 431107 431099 2022-08-01T15:50:08Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3797'''. == Per il lettore == Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro. Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha. Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto. La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento. == Per il contributore == Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti. Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche. Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina. === Dei titoli === I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema: Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio Ad esempio: Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''. Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio. === Delle tabelle riassuntive === Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema: * '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera * '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione) * '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento * '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2) * '''Canne:''' numero di canne * '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi * '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.) * '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi * '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi * '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi. Esempio: * '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'') * '''Anno:''' 2019-2020 * '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento) * '''Registri:''' 36 * '''Canne:''' 3.562 * '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri) * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata Nel caso di ottave scavezze: * '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'') * '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale === Delle disposizioni foniche === * I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale'''; * il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit''; * nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto'''''); * qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto'''''); * all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>); * tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>); * le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>''; * nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota. * i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle; * non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro; * non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori; * il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione; * gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''. Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''): {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2' |- |Flauto a Camino || 8' |- |Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di Gamba || 8' |- |Flauto a Cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.1/3' |- |Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2' |- |Voce Celeste 2 File || 8' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |} |} Questa, invece, va bene: {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno acuto 3 file || 1/2' |- |Flauto a camino || 8' |- |Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5' |- |Tromba || 8' Bassi |- |Tromba || 8' Soprani |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di gamba || 8' |- |Flauto a cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.3/5' |- |Pienino 3 file || 1' |- |Voce celeste 2 file || 8' |- |Tromba armonica || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |Trombone || 16' |- |Tromba bassa || 8' |- |} |} == Libri correlati == * {{libro|Organo a canne}} == Altri progetti == {{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] [[Categoria:Musica]] [[Categoria:Dewey 786]] {{alfabetico|D}} {{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}} s17kkabvypl0ps9zjommy29m0brnwtr 431111 431107 2022-08-01T15:55:01Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3798'''. == Per il lettore == Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro. Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha. Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto. La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento. == Per il contributore == Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti. Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche. Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina. === Dei titoli === I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema: Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio Ad esempio: Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''. Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio. === Delle tabelle riassuntive === Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema: * '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera * '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione) * '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento * '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2) * '''Canne:''' numero di canne * '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi * '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.) * '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi * '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi * '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi. Esempio: * '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'') * '''Anno:''' 2019-2020 * '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento) * '''Registri:''' 36 * '''Canne:''' 3.562 * '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri) * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata Nel caso di ottave scavezze: * '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'') * '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale === Delle disposizioni foniche === * I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale'''; * il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit''; * nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto'''''); * qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto'''''); * all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>); * tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>); * le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>''; * nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota. * i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle; * non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro; * non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori; * il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione; * gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''. Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''): {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2' |- |Flauto a Camino || 8' |- |Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di Gamba || 8' |- |Flauto a Cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.1/3' |- |Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2' |- |Voce Celeste 2 File || 8' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |} |} Questa, invece, va bene: {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno acuto 3 file || 1/2' |- |Flauto a camino || 8' |- |Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5' |- |Tromba || 8' Bassi |- |Tromba || 8' Soprani |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di gamba || 8' |- |Flauto a cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.3/5' |- |Pienino 3 file || 1' |- |Voce celeste 2 file || 8' |- |Tromba armonica || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |Trombone || 16' |- |Tromba bassa || 8' |- |} |} == Libri correlati == * {{libro|Organo a canne}} == Altri progetti == {{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] [[Categoria:Musica]] [[Categoria:Dewey 786]] {{alfabetico|D}} {{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}} hsfzoa0kheu0tiuybzcenj3v07tfizi 431115 431111 2022-08-01T16:00:25Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3800'''. == Per il lettore == Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro. Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha. Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto. La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento. == Per il contributore == Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti. Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche. Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina. === Dei titoli === I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema: Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio Ad esempio: Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''. Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio. === Delle tabelle riassuntive === Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema: * '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera * '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione) * '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento * '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2) * '''Canne:''' numero di canne * '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi * '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.) * '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi * '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi * '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi. Esempio: * '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'') * '''Anno:''' 2019-2020 * '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento) * '''Registri:''' 36 * '''Canne:''' 3.562 * '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri) * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata Nel caso di ottave scavezze: * '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'') * '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale === Delle disposizioni foniche === * I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale'''; * il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit''; * nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto'''''); * qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto'''''); * all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>); * tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>); * le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>''; * nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota. * i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle; * non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro; * non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori; * il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione; * gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''. Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''): {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2' |- |Flauto a Camino || 8' |- |Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di Gamba || 8' |- |Flauto a Cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.1/3' |- |Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2' |- |Voce Celeste 2 File || 8' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |} |} Questa, invece, va bene: {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno acuto 3 file || 1/2' |- |Flauto a camino || 8' |- |Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5' |- |Tromba || 8' Bassi |- |Tromba || 8' Soprani |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di gamba || 8' |- |Flauto a cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.3/5' |- |Pienino 3 file || 1' |- |Voce celeste 2 file || 8' |- |Tromba armonica || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |Trombone || 16' |- |Tromba bassa || 8' |- |} |} == Libri correlati == * {{libro|Organo a canne}} == Altri progetti == {{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] [[Categoria:Musica]] [[Categoria:Dewey 786]] {{alfabetico|D}} {{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}} i7vknwimzi9mhtbnm90ynuuq6j5vo7u Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra 0 41189 431102 400358 2022-08-01T15:21:48Z Pufui PcPifpef 7952 /* Città di Londra */ wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche di [[w:Londra|Londra]] (contee [[w:Città di Londra|Città di Londra]] e [[w:Grande Londra|Grande Londra]]) raggruppate per [[w:Borough di Londra|borough]] ed edificio: == [[w:Città di Londra|Città di Londra]] == * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - Cathedral and Collegiate Church of St Saviour and St Mary Overie in Southwark|Cathedral and Collegiate Church of St Saviour and St Mary Overie in Southwark]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - Chapel Royal of St Peter ad Vincula|Chapel Royal of St Peter ad Vincula]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Bartholomew-the-Great|St Bartholomew-the-Great]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Paul's Cathedral|St Paul's Cathedral]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Stephen Walbrook|St Stephen Walbrook]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - Temple Church|Temple Church]] == [[w:Città di Westminster|Città di Westminster]] == * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - Metropolitan Cathedral of the Precious Blood of Our Lord Jesus Christ|Metropolitan Cathedral of the Precious Blood of Our Lord Jesus Christ]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - Collegiate Church of Saint Peter at Westminster|Collegiate Church of Saint Peter at Westminster]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Margaret's Church|St Margaret's Church]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Martin's-in-the-Fields Church|St Martin's-in-the-Fields Church]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Clement Danes Church|St Clement Danes Church]] == [[w:Hackney|Hackney]] == * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St John the Baptist, Hoxton|St. John the Baptist, Hoxton]] {{Avanzamento|0%|8 maggio 2016}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] l1q2idqxr5ihl7s8g4pjlyg6cycggtn Italiano/Avverbio 0 44754 431109 390435 2022-08-01T15:54:27Z Eumolpo 4673 ortografia wikitext text/x-wiki <noinclude>{{italiano}}</noinclude> {{obiettivi| * Comprendere la funzione dell'avverbio * Conoscere e riconoscere i diversi tipi di avverbio * Riconoscere una locuzione avverbiale}} == Funzione dell'avverbio == {{definizione|L'avverbio o modificante è la parte invariabile del discorso che si aggiunge a una parola per modificarne il significato.}} L'avverbio principalmente si usa con i verbi: : ''Cecilia corre '''velocemente'''.'' Tuttavia, gli avverbi possono modificare anche il significato di * un nome (''La '''quasi''' <span style="text-decoration: underline;">totalità</span> dei rifiuti viene riciclata''), * un aggettivo (''Il tuo quadro è '''molto''' <span style="text-decoration: underline;">bello</span>''), * un altro avverbio (''Hai corso '''troppo''' <span style="text-decoration: underline;">lentamente</span>''), * una frase ('''''Non''' hai detto la verità''). == Classificazione degli avverbi == Gli avverbi vengono distinti in qualificativi e determinativi. Questi ultimi prevedono poi ulteriori sottoclassi. === Avverbi qualificativi o di modo === Gli avverbi qualificativi, detti anche avverbi di modo, indicano il modo in cui è compiuta un'azione: : ''Cammina '''lentamente'''.'' : ''Parlava '''piano'''.'' Possono inoltre specificare come deve essere intesa una qualità espressa da un aggettivo o di un altro avverbio. : ''Era un ragazzo '''così''' educato!'' Rientrano tra gli avverbi qualificativi: * la maggior parte degli avverbi in ''-mente'': rapidamente, velocemente, lentamente, correttamente, malamente, ecc. * gli avverbi in ''-oni'': balzelloni, carponi, bocconi, penzoloni, ecc. * alcuni avverbi di origine latina: bene, male, volentieri, cioè, così, insieme, invano, ecc. * alcuni aggettivi usati con funzione avverbiale: piano, forte, giusto, ecc. === Avverbi determinativi === Gli avverbi determinativi, come suggerisce il termine, determinano il significato di una parola precisandone la situazione. A loro volta possono essere suddivisi in altre sottoclassi. Gli '''avverbi di tempo''' precisano il momento temporale in cui avviene un'azione. Rientrano in questo gruppo: mai, ora, oggi, domani, ieri, adesso, subito, allora, talora, talvolta, sempre, sovente, già, prima, dopo, recentemente, precedentemente, ecc. : ''Devi tornare '''subito''' a casa.'' Gli '''avverbi di luogo''' precisano il luogo in cui si è verificata un'azione. I più comuni sono: qui, qua, lì, là, laggiù, quassù, sopra, sotto, avanti, indietro, giù, via, altrove, accanto, lontano, dappertutto, ecc. : ''Abbiamo parcheggiato '''laggiù'''.'' Rientrano tra gli avverbi di luogo anche le particelle ''ci'', ''vi'' e ''ne'': : ''Non voglio venire in centro, '''ci''' sono andato ieri.'' : ''Me '''ne''' sono andato di mia spontanea volontà.'' Gli '''avverbi di quantità''' indicano una quantità non definita, come: poco, molto, troppo, alquanto, parecchio, assai, abbastanza, almeno, appena, affatto, talmente, minimamente, quasi, ecc. : ''Sono sfinita, ho lavorato '''troppo'''.'' Gli '''avverbi di valutazione''' esprimono un giudizio che può essere di ''affermazione'' (certo, certamente, sicuramente, appunto, davvero, ecc.), di ''negazione'' (non, neppure, neanche, mica, ecc.) o di ''dubbio'' (forse, probabilmente, magari, ecc.). : '''''Certamente''' verrò alla cena.'' (avverbio di affermazione) : ''Luca '''non''' è una persona affidabile.'' (avverbio di negazione) : '''''Forse''' avrei dovuto essere più cauto.'' (avverbio di dubbio) Gli '''avverbi interrogativi''' introducono una domanda. Tra quelli più usati ci sono: come?, dove?, quando?, quanto?, perché? : '''''Perché''' sei andato a casa di Lucia?'' == Gradi dell'avverbio == La maggior parte degli avverbi di modo, luogo e tempo (come gli [[../Aggettivo#I gradi dell'aggettivo qualificativo|aggettivi qualificativi]]) prevedono dei gradi, con i quali esprimono l'intensità del loro significato. Il '''grado positivo''' si limita a modificare il significato di una parola, senza precisarne la misura (''vicino''). Il '''grado comparativo''' esprime un confronto e può essere: * di ''maggioranza'' (''più vicino'') * di ''minoranza'' (''meno vicino'') * di ''uguaglianza'' (''vicino come'') Il '''grado superlativo''' esprime il significato nella sua massima misura. Si distinguono: * il ''superlativo assoluto'' (''vicinissimo'') * il ''superlativo relativo'' (''il più vicino possibile'') La tabella seguente riporta alcuni avverbi che presentano forme particolari. {| class="wikitable" ! Grado positivo !! Comparativo di maggioranza !! Superlativo |- | male || peggio || pessimamente / malissimo |- | bene || meglio || ottimamente / benissimo |- | molto || più || moltissimo |- | poco || meno || minimamente / pochissimo |- | grandemente || maggiormente || massimamente / sommamente |} == Locuzioni avverbiali == Talvolta possono essere utilizzati dei gruppi di parole con funzione di avverbio. In questo caso si parla di locuzioni avverbiali. Per esempio: : ''Siamo passati '''di là'''.'' : ''Ne ho trovati '''a bizzeffe'''.'' A loro volta, le locuzioni avverbiali possono essere così classificate: * ''locuzioni avverbiali di modo'' (alla svelta, di corsa, a rotta di collo, così così, in un batter d'occhi, di buon grado, a più non posso); * ''locuzioni avverbiali di luogo'' (di qui, di là, per di qua, nei dintorni, nei pressi, nei paraggi); * ''locuzioni avverbiali di tempo'' (una volta, di buon'ora, per sempre, di quando in quando, d'ora in avanti); * ''locuzioni avverbiali di quantità'' (press'a poco, a bizzeffe, all'incirca, fin troppo, né più né meno); * ''locuzioni avverbiali di affermazione'' (senza dubbio, di certo), ''negazione'' (neanche per idea) e ''dubbio'' (quasi quasi); * ''locuzioni avverbiali interrogative'' (da dove? per quanto?). [[Categoria:Italiano|Avverbio]] {{avanzamento|75%|24 novembre 2019}} 76jwl9k38pg78feubqh6hg6damsqv36 Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane 0 46504 431112 399587 2022-08-01T15:57:14Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche del comune di [[w:Lumezzane|Lumezzane]] raggruppate per edificio. * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/Gazzolo - Chiesa di Sant'Antonio di Padova|Chiesa di Sant'Antonio di Padova]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/Pieve - Chiesa di S. Giovanni Battista|Pieve - Chiesa di San Giovanni Battista]] [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Lumezzane]] 2wcrkbm06ajry6zt6qg2qk6miq57kvh 431113 431112 2022-08-01T15:57:40Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche del comune di [[w:Lumezzane|Lumezzane]] raggruppate per edificio. * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/Gazzolo - Chiesa di Sant'Antonio di Padova|Gazzolo - Chiesa di Sant'Antonio di Padova]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/Pieve - Chiesa di S. Giovanni Battista|Pieve - Chiesa di San Giovanni Battista]] [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Lumezzane]] ng62reh2c7y2ebbrvi6vbie4rjw7grk 431116 431113 2022-08-01T16:01:44Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche del comune di [[w:Lumezzane|Lumezzane]] raggruppate per edificio. * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/Gazzolo - Chiesa di Sant'Antonio di Padova|Gazzolo - Chiesa di Sant'Antonio di Padova]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/Pieve - Chiesa di S. Giovanni Battista|Pieve - Chiesa di San Giovanni Battista]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/San Sebastiano - Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano|San Sebastiano - Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano]] [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Lumezzane]] 18o6ll816yfzshitb9z57ptee7mm4mr Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Stephen Walbrook 0 47501 431103 394784 2022-08-01T15:41:52Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} [[File:St Stephen Walbrook, Walbrook, City of London EC4N 8BN - Organ - geograph.org.uk - 426540.jpg|300px|center]] * '''Costruttore:''' William Hill & Sons * '''Anno:''' 1888<ref>reimpiegando la cassa dello strumento precedente, costruito nel 1765 da George England e trasferito nel 1886 nella [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Bartholomew-the-Great|chiesa di San Bartolomeo il Grande]] a Londra.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' William Hill & Sons (1907, ampliamento), Norman e Beard Hill (1953, rifacimento), William Hill & Sons (1970, restauro), Norman e Beard Hill (1987, restauro) * '''Registri:''' 38 (35 reali) * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' elettrica * '''Consolle:''' fissa, in cantoria * '''Tastiere:''' 3 di 58 note (''Do<small>1</small>''-''La<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, al centro della cantoria in controfacciata {| border="0" cellspacing="18" cellpadding="10" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''I - ''Choir''''' ---- |- |Dulciana || 8' |- |Lieblich Gedackt || 8' |- |Flauto traverso || 4' |- |Flautino || 2' |- |Larigot || 1.1/3' |- |Orchestral Oboe || 8' |- |Tromba || 8' |- |Clarion || 4' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''II - ''Great Organ''''' ---- |- | Double Open Diapason || 16' |- | Open Diapason || 8' |- | Hohl Flute || 8' |- | Octave || 4' |- | Harmonic Flute || 4' |- | Fifteenth ||2' |- | Mixture ||III |- | Trumpet || 8' |- | Clairon||4' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''III - ''Swell''''' ---- |- | Open Diapason || 8' |- | Rohr Flute || 8' |- | Salicional || 8' |- | Vox Angelica || 8' |- | Octave || 4' |- | Suabe Flote || 4' |- | Fifteenth || 2' |- | Mixture ||III |- | Contra Trombone || 16' |- | Horn || 8' |- | Oboe || 8' |- | Clarion || 4' |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''Pedal''' ---- |- | Sub Bourdon || 32' |- | Open Diapason ||16' |- | Violone || 16' |- | Bourdon || 16' |- | Violoncello || 8' |- | Bass Flute || 8' |- | Trombone || 16' |- | Trumpet || 8' |- | Clarion || 4' |} |} == Note == <references/> == Altri progetti == {{interprogetto|preposizione=sulla|etichetta=chiesa di Santo Stefano in Walbrook a Londra}} == Collegamenti esterni == * {{cita web|url=https://www.npor.org.uk/NPORView.html?RI=A00250|titolo=Middlesex City of London, St. Stephen, 39 Walbrook [A00250]|sito=npor.org.uk|lingua=en|accesso=24 dicembre 2020}} {{Avanzamento|100%|24 dicembre 2020}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] tuei84c3zxnjwvsu4wgxuj9yz4jxu6i Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Brescia/Brescia - Chiesa di Sant'Agata 0 47634 431110 395959 2022-08-01T15:54:43Z Pufui PcPifpef 7952 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} == Organo maggiore == [[File:Chiesa di Santa Agata cantoria e organo Brescia.jpg|center|300px]] * '''Costruttore:''' Bianchetti-Frigerio * '''Anno:''' 1915 * '''Restauri/modifiche:''' sì * '''Registri:''' 25 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' pneumatica * '''Consolle:''' fissa, addossata alla parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 2 di 58 note (''Do<small>1</small>''-''La<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' dritta di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria a ridosso della parete di sinistra dell'ultima campata della navata {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Ripieno||5 file |- |XV||2' |- |XII||2.2/3' |- |Voce umana||8' |- |Tromba||8' |- |Ottava||4' |- |Principale||16' |- |Principale||8' |- |Viola gamba||8' |- |Flauto||8' |- |Salicionale||8' |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Viola gamba||8' |- |Bordone||8' |- |Flauto||4' |- |Voce celeste||8' |- |Oboe||8' |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso||16' |- |Subbasso||16' |- |Basso||8' |- |Violoncello||8' |- |} |} == Organo positivo == * '''Costruttore:''' Tamburini * '''Anno:''' 1986<ref>strumento provvisorio, installato nel XXI secolo.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 4 (3 reali) * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' sporgente dalla parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 2 di 58 note (''Do<small>1</small>''-''La<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-parallela di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>''), priva di registri propri * '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria a ridosso della parete di sinistra dell'ultima campata della navata {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Bordone || 8'<ref name=Bordone>registro in comune tra i due manuali.</ref> |- |Flauto || 2' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Positivo aperto''''' ---- |- |Bordone || 8'<ref name=Bordone/> |- |Flauto || 4' |- |} |} == Note == <references/> == Altri progetti == {{ip|preposizione=sulla|etichetta=chiesa di Sant'Agata a Brescia}} == Collegamenti esterni == * {{cita web|url=https://organibresciani.org/organo.php?ID=524|titolo=Brescia (BS) - Organo Bianchetti-Frigerio 1915-1930|sito=organibresciani.org|accesso=4 gennaio 2021}} * {{cita web|url=https://organibresciani.org/organo.php?ID=604|titolo=Brescia (BS) - Organo Tamburini 1986|sito=organibresciani.org|accesso=1° agosto 2022}} {{Avanzamento|100%|4 gennaio 2021}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] fb52ld61ooq4nn4zvvt7ckxzwm6a6u6 Il Nome di Dio nell'Ebraismo/Redenzione nel Nome 0 48912 431130 403898 2022-08-02T09:05:18Z Eumolpo 4673 ortografia wikitext text/x-wiki {{Il Nome di Dio nell'Ebraismo}} {{Immagine grande|The divine name f 58.jpg|530px|<small>Miniatura incorporata nel testo, raffigurante una foglia gigante contenente tre ''yod'' anch'esse a forma di foglia e usate come contrazione del Nome di Dio. Dall'[[w:Haggadah di Pesach|Haggadah di Pesach]] (XIV sec.)</small>}} = Redenzione nel Nome: il messianismo cabalistico di Walter Benjamin = {{q|<small>Ma il significato di "Questo è il suo nome" [Genesi 2:19], è che è il suo vero nome, secondo la sapienza Divina, basata sul Libro Superno. Poiché Adamo ricevette tutto tramite la Cabala, e il Santo Che Sia Benedetto lo informò degli ordini segreti dell'universo, dei segreti dei Suoi Carri, delle vie della causalità e delle potenze nascoste dietro tutti gli ordini; e dopo che Egli lo ebbe informato di questi, [Adamo] fu in grado di chiamare ogni cosa con il suo vero nome, in accordo con l'intento Divino.</small>|<small>Gikatilla, ''Be’ure ha-Moreh''</small><ref>Idel, 1998, 299. Idel osserva: "Così, il linguaggio non è solo un risultato della rivelazione, ma è la vera espressione dell'essenza dei fenomeni" — almeno, nel mondo materiale. Abulafia fa più volte osservazioni molto simili, molte delle quali sono raccolte da Idel, ad esempio: "Sappi che per qualsiasi cosa esistente, la sua forma corrisponde al nome che la natura le ha conferito; poiché la forma, il nome e il ricordo sono identici" (''Sefer Hayyei ha-Nefesh'', Idel, 1989, 147); "Il sostantivo è la radice che indica la (sua) sostanza ed essenza" (''Sefer Or ha-Sekhel, ibid.''). Tuttavia sono solo nomi di gruppo, non nomi propri che Abulafia sta prendendo in considerazione, almeno non nomi propri dati da altri e non da Dio: {{q|And the noun informs us as to the true substance and essence when it is the name of a species or a genus. But the [proper] noun does not inform us as to its essence, because it is not specifically designated for him and is not within him.|''Sefer Mafteach ha-Sefirot'', Idel, 1989, 148}} {{q|Know that these names, that Scripture states were given by God, contain wondrous secrets, and are not all limited to the plain meaning, but rather, they inform us as to the veracity of the hidden meaning of language and its secrets; that God gave them names not out of convention, but in accordance with their nature.|''Sefer ha-Melammed'', Idel, 1989, 149}}</ref>}} L'influenza della Cabala su [[w:Walter Benjamin|Walter Benjamin]] è stata notata, a volte, ma solo poco tempo è stato speso per indagare sulla natura di questa influenza che lo stesso Benjamin sembra aver inteso come cruciale. [[:en:w:Richard Wolin|Richard Wolin]] riporta le affermazioni di Benjamin dicendo che "solo qualcuno che abbia familiarità con la Kabbalah... sarebbe in grado di comprendere il prologo notoriamente difficile del suo studio ''Trauerspiel'' (1994, 37), e Idel (2010, 168-175) ha sostenuto l'influenza, tramite Scholem, della teoria del linguaggio di Abulafia su quella propria di Benjamin.<ref>Handelman (1991, 71-78) offre un'analisi diversa, ponendo sia Scholem che Benjamin sotto l'egida di una visione romantica tedesca del linguaggio, che discende in ultima analisi dai dibattiti del diciassettesimo secolo sulla [[:en:w:Adamic language|Lingua Adamica]]; che a quanto pare attingeva essa stessa a idee cabalistiche che erano filtrate nella cristianità durante l'Illuminismo.</ref> Dopo aver investigato a lungo la teoria linguistica della prima Cabala, vorrei ora portare avanti l'indagine di circa 700 anni per sostenere che Benjamin presenta la conclusione logica di quelle dottrine sviluppate nel tredicesimo secolo. == Nominare nell'Eden == [[File:Walter Benjamin vers 1928.jpg|200px|thumb|<small>[[w:Walter Benjamin|Walter Benjamin]] (1928)</small>]] {{q|God did not create man from the word, and he did not name him. He did wish to subject him to language, but in man God set language, which had served him as a medium of creation, free. God rested when he had left his creative power to itself in man. This creativity, relieved of its divine activity, became knowledge. Man is the knower in the same language in which God is creator. God created him in his image, he created the knower in the image of the creator.|Benjamin, 1996, 68}} Mentre i cabalisti vedevano l'ebraico come la lingua originale, naturale, quella data da Dio e in cui è codificata la natura esatta di tutte le cose, Benjamin parla piuttosto del "linguaggio puro" della natura, la lingua silenziosa in cui gli oggetti comunicano in modo fenomenico. Per Benjamin il ruolo dell'umano nell'interpretare questa autoespressione può essere trovato in {{passo biblico2|Genesi|2:19-20}}, dove Dio porta gli animali e gli uccelli che Egli aveva formato davanti ad Adamo, in modo che Adamo li nomini. In questo passo, a differenza del racconto iniziale della creazione, non è Dio ma l'umano a nominare. Adamo qui assume il ruolo di sorvegliante, imponendo titoli agli animali. Che questi nomi non siano arbitrari è implicito nel testo biblico: il verbo קרא, "chiamare/nominare", significa anche leggere ad alta voce. Pertanto, quando Adamo nomina, non sta semplicemente applicando un segno all'oggetto, ma ne sta interpretando l'essere in parole: lo "legge".<ref>L'interpretazione ebraica di questo brano si è solitamente concentrata sulla correttezza dei nomi forniti da Adamo: non sono neologismi e non sono frivolezza da parte di Adamo, ma piuttosto sono i nomi effettivi (metafisicamente corretti) degli animali in questione, e a cui Adamo ha avuto accesso in qualche modo. Ciò è supportato dalla discussione rabbinica del brano, dove in Ber.Rab.17: 4 gli angeli ''falliscono'' nel compito di dare i nomi; questa ''sugya'' successivamente riferisce che Adamo nomina non solo se stesso ma anche Dio: "È appropriato che Tu sia chiamato Adonai, poiché Tu sei il Signore su tutte le Tue creature". È interessante l'assenza qui del Tetragramma (un fatto che potrebbe indicare la diversa natura di nominazione che si verifica in questa tradizione: quella del nome non come designatore ma come descrizione). Adamo chiama Dio "YHWH" in Pes.Rab.14:9: "‘Questo è il mio nome’- con il quale il primo uomo mi ha chiamato." Anche qui gli angeli falliscono nel nominare le creature, perché "non ne conoscevano" i nomi. Jacobs (1969) fa riferimento a un'ulteriore tradizione rabbinica secondo cui Adamo gareggiava con angeli e diavolo nel dare un nome alle cose — Dio aiutò Adamo con un acrostico contenente la prima lettera del nome di ogni animale. (Sfortunatamente la fonte non è specificata e non sono stato in grado di individuare una tale tradizione).</ref> Ma il linguaggio per Benjamin non è semplicemente un sistema umano di segni, e la lettura della natura non è una ricezione e una descrizione passive. Piuttosto, il linguaggio è una componente essenziale della realtà fenomenica; è l'unione di natura e umano, oggetto e soggetto, nella comunicazione — affinché la natura possa essere letta deve parlare se stessa e parlare da sé ''agli'' esseri umani. Ricordando l'interfaccia linguistica tra gli elementi descritta da Rosenzweig, Benjamin afferma che tutta la conoscenza si presenta come linguaggio, e la misura in cui qualcosa è conoscibile è la ''sua'' lingua; la sua capacità di parlare è la sua capacità di essere conosciuta: "Il linguaggio è quindi l'essere mentale delle cose" (Benjamin, 1996, 66). Gli oggetti, quindi, interagiscono attraverso un'autoespressione della loro natura intellettuale, e questa autoespressione è strutturata come linguaggio. Pertanto, il linguaggio è coestensivo "con assolutamente tutto". Poiché tutti gli oggetti che vengono appresi dalla mente danno se stessi in una certa misura, e questa azione del dare è comunicativa: "Non c'è evento o cosa nella natura animata o inanimata che non partecipi in qualche modo al linguaggio, perché è nella natura di ciascuno comunicare i propri contenuti mentali" (''ibid.'', 1996, 62). È l'essere "parlabile" di un oggetto che esso stesso comunica — essendo il linguaggio la facoltà in cui le cose si esprimono tra loro e quindi non è semplicemente una capacità umana, ma è il prerequisito della relazione tra due o più oggetti. "Non possiamo immaginare una totale assenza di linguaggio in qualcosa. Un'esistenza completamente priva di relazione con il linguaggio è un'idea; ma questa idea non può portare frutto nemmeno all'interno di quel reame di idee la cui circonferenza definisce l'idea di Dio" (''ibid.''). A differenza dell'ebraico, la lingua naturale di Beniamino è una lingua che non contiene parole e non è di per sé completa. Piuttosto dipende dall'azione interpretativa degli esseri umani per completarla. L'umano, nel dare nomi alle cose, effettua questo completamento. Come [[w:Theodor W. Adorno|Adorno]], Benjamin rifiuta sempre l'unità di apparenza ed essere, di una realtà con la sua idea: "La visione che l'essenza mentale di una cosa consiste proprio nel suo linguaggio... è il grande abisso che dobbiamo evitare, perché l'essere mentale si comunica nel linguaggio, non tramite esso, il che significa: non è esteriormente identico all'essere linguistico" (1996, 63). Benjamin fa una chiara distinzione tra il linguaggio di una cosa (ciò che viene comunicato), l'essere mentale (ciò che è in grado di essere comunicato nel linguaggio) e la cosa stessa. Poiché l'essere mentale degli oggetti non è il loro nome, il linguaggio deve sempre essere una sorta di fraintendimento; o una traduzione. C'è sempre qualche sottile gioco di differenza tra un oggetto e il suo nome. Mentre Adam legge gli animali e poi produce i nomi corretti per ciascuno di loro, tali nomi non sono ciò che quegli esseri gli comunicano: l'umanità deve trasformare questa espressione fenomenica di base in un linguaggio verbale finale. I nomi, quindi, non sono forniti dal mondo ma dipendono dall'essere elaborati dall'umanità. Traducendo l'essere degli oggetti nei loro nomi, gli umani manifestano una trasformazione: un nome non è l'essenza, né è solo una descrizione, è ad un passo dal semplice essere delle cose in un nuovo reame. La lettura errata che è un nome può portarci più lontano, lontano dal semplice reale, e nel vero. Questo processo di traduzione dal fattuale al nominale non deve essere confuso con l'intraducibilità dei nomi in descrizioni fattuali, poiché la creazione del nome è il rifiuto della riduzione di un essere a fatti, e invece l'ammissione di un essere che trascende i fatti. Ci allontana dall'insignificante mondo naturale e dà inizio alla generazione di una metafisica — quella pratica per la quale solo la redenzione è possibile. {{q|This is the task of the coming philosophy, which is the discovery or creation of the concept of knowledge which, insofar as it relates the concept of experience ''exclusively'' to the transcendental consciousness, renders possible not only mechanical but also religious experience. Which is not to say that knowledge renders God possible, but rather that it first makes the experience and doctrine of God possible.|''Gesammelte Schriften'' 2, 164, Wolin, 1994, 35}} Questo processo di traduzione, di nominazione, fornisce sia il significato dell'essere linguistico del mondo, sia il significato della coscienza umana. Il fatto che "Adamo" sia usato come nome proprio per la prima volta solo in {{passo biblico2|Genesi|2:20}}, il punto in cui nomina altre cose, suggerisce a Benjamin che la piena individualità di Adamo è corollario de (e dipende da) l'adempimento del suo ruolo di nominatore, come colui che completa la creazione fornendo i nomi dei suoi elementi. Così "L'uomo... comunica il proprio essere mentale... ''nominando'' tutte le altre cose "(1996, 64). In effetti, il linguaggio è la totalità dell'essere mentale dell'umanità in cui questo essere mentale è quindi unicamente "comunicabile senza residui" (1996, 65), ed sta nell'essere degli umani di nominare le cose; vale a dire, di tradurre il ''loro'' essere mentale in nomi. Questa nominazione non rappresenta l'umanità che ''conosce'' semplicemente i nomi corretti delle cose; non è una comprensione passiva della natura delle cose; è piuttosto il ''dare'' nomi corretti. Benjamin scrive che la teoria mistica (cabalistica) che "la parola sia semplicemente l'essenza della cosa... è inesatta, perché la cosa in sé non ha parola" (1996, 69). La natura stessa parla in "un linguaggio senza nomi e non espresso", quindi di per sé la cosa non è nulla: è semplicemente un aggregato, un caos che richiede articolazione nell'identità da parte di un altro. Per essere una cosa, deve parlare ''ed essere udita''; ed è il ruolo peculiare dell'umanità tradurre il discorso silenzioso dell'essere di una cosa nel suo nome. L'umanità agisce quindi come finalizzatore del processo linguistico dell'essere, affermando – che non è un ripetere – i nomi del mondo. A differenza di [[Abulafia]], che vede il nome come la natura che l'umanità è in grado di leggere, anzi deve leggere per andare dietro al fenomenico e progredire verso l'unità di Dio, per Benjamin il nome è lo stadio finale dell'emergere del mondo in essere; uno stadio che si realizza nella percezione umana e che si articola nel processo di nominazione. In questo senso, la nominazione non porta gli esseri umani indietro e giù nelle radici della realtà, bensì su e avanti nel reame divino che l'attività umana proietta. Pertanto: "La creazione di Dio è completata quando le cose ricevono i loro nomi dall'uomo" (Benjamin, 1996, 65). Ma l'umanità è completata anche nel nostro dare nomi alle cose; esprimiamo la nostra natura attraverso l'attività di nominazione. Questo aspetto del completamento della creazione è parte integrante della natura umana divinamente prescritta. Questo processo di nominazione come traduzione redentrice nel reame spirituale si basa su una trasformazione della cosmologia atomistica di Abulafia. Nel suo ''[[:en:w:The Origin of German Tragic Drama|Ursprung des deutschen Trauerspiels]]'' (ingl. ''The Origin of German Tragic Drama'', 1977) Benjamin sostiene che nell'azione interpretativa della coscienza, il fenomenico deve essere scomposto nei suoi costituenti per essere riformato non come ciò che è ma come ''dovrebbe essere'': {{q|Phenomena... do not enter the realm of ideas whole, in their crude empirical state, adulterated by appearance, but rather [are] redeemed only in their elements. Broken up into parts they are deprived of their false unity in order to take part in the genuine reality of truth. In this their disintegration, phenomena are subordinated to their concepts; the latter are what bring about the dissolution of things into their elements.|1977, 33}} È attraverso la formazione di concetti che decostruiamo il fenomenico nei suoi costituenti ed è attraverso la successiva formazione di un’''idea'' che li ricostruiamo in una nuova forma: creare un'idea da quegli elementi poi li riforma in qualcosa di nuovo, e qualcosa che è sia eterno e trascendente. Benjamin sostiene che un'idea ha la stessa relazione con il fenomeno che rappresenta, come una costellazione fa con le stelle che contiene: "Le idee sono costellazioni senza tempo e in virtù degli elementi essendo visti come punti in tali costellazioni, i fenomeni sono suddivisi e allo stesso tempo redenti" (Benjamin, 1977, 34). Come spiega Wolin: {{q|It is only upon being dissolved into their constituent elements that phenomena are first rendered fit for the ultimate philosophical reordering in the redemptive embrace of the constellation, for the latter consists of nothing more than the simple rearrangement of these elements themselves.|1994, 94–95}} Questa è la ritraduzione del materiale basilare del fenomenico nell'intelligibile. La rappresentazione intelligibile, però, non incorpora l'oggetto stesso: piuttosto lo significa. Chiaramente allora ciò è qualcosa di diverso dall'idealismo, che specificherebbe l'oggetto come identico a ciò che è intellettualmente afferrabile. Questa traduzione redentrice nel reame intelligibile è un processo di ''nominazione'': "La traduzione del linguaggio delle cose nel linguaggio dell'uomo non è solo una traduzione del muto in sonoro; è anche la traduzione del senza nome in nome" (Benjamin, 1996, 70). Il nome, come ho sostenuto in precedenza, non comprende né dà accesso alla natura interiore del suo referente, ma piuttosto fornisce la semplice unità dietro la quale si cela la sua complessità. Questo quindi non costituisce l'accesso agli oggetti ma la loro liberazione, e anche la loro liberazione dalla soggettività (poiché le idee sono l'"interpretazione oggettiva" dei fenomeni).<ref>L'obiezione del Realismo Speculativo (cfr. [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo/Il Nome intenzionale|Capitolo 3]]) al correlazionismo si basa sul presupposto che la conoscenza o il pensiero siano soggettivi; l'interpretazione teologica, invece, dipende dall'affermazione che la conoscenza corretta è in effetti qualcosa che partecipa a un reame trans-soggettivo e transumano, il noumenale che è parte di, o progettato da, Dio.</ref> È solo nella traduzione in idea che un oggetto "diventa qualcosa di diverso: una totalità" (Benjamin, 1977, 46). Ed esattamente come abbiamo visto nella teoria nominale tractariana di Wittgenstein, ogni totalità contiene "un'abbreviazione indistinta del resto del mondo delle idee" (1977, 48) e "ogni idea contiene l'immagine del mondo" (''ibid.''). Il nome è uno "stato dell'essere al di là di ogni fenomenalità" che "determina il modo in cui le idee vengono date. Ma non sono date tanto in un linguaggio primordiale quanto in una forma primordiale di percezione, in cui le parole possiedono la loro nobiltà di nomi, non alterate dal significato cognitivo" (1977, 36). Wolin commenta che qui, "il nome, in virtù della sua assoluta mancanza di intenzione, prefigura così una condizione di ''essere-per-sé'' universale" (1994, 103). Questa qualità di denominazione senza intenzione è qualcosa a cui Benjamin si riferisce anche con "la forma primordiale di percezione" (''ibid.''). L'indicazione qui è che esiste una natura semantica, sebbene prelinguistica, rispetto alla realtà, alla quale la mente umana è sintonizzata – o addirittura isomorfa – per esprimere questa natura linguisticamente. Il linguaggio nominato è la manifestazione finale della realtà. E dire questo forse non significa ammettere che ci deve essere una distinzione entro una simile sottostruttura semantica in natura, o nella mente; si tratta semplicemente di affermare che la struttura profonda della ''realtà che viene percepita'' è essenzialmente semantica, è modellata secondo la logica che facilita il linguaggio; e questo neppure non vuol dire che un linguaggio sia più o meno corretto di un altro, poiché i linguaggi agiscono come mera espressione della logica semantica sottostante che è la logica del linguaggio singolare. Le settanta lingue della tradizione ebraica, quindi, sono aspetti diffratti della singola lingua, che di per sé non è ''una'' lingua ma solo ''la possibilità di'' linguaggio, codificata nell'interpretazione della realtà. E quindi è nella natura divina degli esseri umani dare nomi, divinizzare la realtà; nel nominare eleviamo il mondo in uno stato messianico. Il mondo come nominato dagli esseri umani effettua e finalizza la creazione fatta da Dio, che può anche essere la creazione di Dio stesso, il Nome di Dio come lo stato finale della realtà — il sigillo che può essere applicato solo una volta che il mondo è completo nella sua creazione, e il sigillo che infine differenzia anche Dio e il mondo una volta che ciascuno è stato nominato. I nomi che diamo parlano, partecipano e attualizzano tutti il Nome di Dio. È perché: "Solo il Messia stesso consuma tutta la storia, nel senso che lui solo redime, completa, crea la sua relazione con il Messianico" (Benjamin, 1978, 312), che possiamo concludere che il Messia deve portare il Nome di Dio, e anche ''essere'' il nome di Dio. Il Nome assume il suo ruolo di ciò che pone il corretto rapporto tra la creazione e la divinità. Il Nome è l'ultima cosa, quasi ''nessuna-cosa'', quella [[w:P-brane|brana]] unidimensionale o punto di contatto tra due cose che definisce ciascuna in accordo con l'altra. Quando Benjamin afferma che "il linguaggio delle cose può passare nel linguaggio della conoscenza e del nome solo attraverso la traduzione – tante traduzioni, tante lingue – una volta che l'uomo è caduto dallo stato paradisiaco in cui conosceva solo una lingua, dove quella lingua era perfetta conoscenza" (1996, 70-71) – un linguaggio pre-nominale diretto, uno che dobbiamo trascendere traducendo la conoscenza in nome, il nome corretto – che non è la conoscenza delle cose come sono, ma la formazione delle cose come dovrebbero essere. "Il linguaggio paradisiaco dell'uomo deve essere stato quello della conoscenza perfetta; mentre in seguito tutta la conoscenza viene di nuovo infinitamente differenziata nella molteplicità del linguaggio, effettivamente costretta a differenziarsi a un livello inferiore come creazione in nome" (Benjamin, 1996, 71). La lingua originale non ha separazione tra soggetto e oggetto, le manca il gioco della differenza — in effetti non è affatto una mediazione. Benjamin sostiene che il Conoscere è un'attività costruttiva — non solo una riflessione passiva sul mondo, ma il suo completamento epistemico. Ho parlato in precedenza del ruolo del Nome di Dio nel suggellare la creazione — ma per Benjamin è l'umano, come nominatore, che sigilla epistemicamente la realtà nell'essere, e che quindi suscita una redenzione ''materiale'' trasformando il caos grezzo della sfera materiale nei tipi, nelle forme, nelle identità e nei ''generi naturali'' ordinati. Questo processo di nominazione, di formulazione e suggellamento, è una partecipazione alla riparazione o prelazione divina — traducendo l'essere linguistico delle cose in nomi, l'umanità eleva queste cose alla sfera divina; le rendiamo metafisiche. L'essenza della metafisica è l'identità, e nel prescrivere l'identità individuale agli oggetti, essi partecipano al trascendentale, vale a dire che sono incorporati nell'identità delle identità: Dio. Nel farsi nominare, gli oggetti partecipano al Nome di Dio, ciò che conferisce a tutti la possibilità di identità e che funge da attrazione gravitazionale verso la multiforme singolarità delle identità che alla fine – [[w:Messia nell'ebraismo|messianicamente]] – parlano dell'unità di tutti nell'identità di Dio. == Cambio di nome == [[File:Walter Benjamin (1892–1940) 1929 © Charlotte Joel.jpg|200px|left|thumb|<small>[[w:Walter Benjamin|Walter Benjamin]] (1929)</small>]] {{q|For Benjamin, language, once released from the correspondence model of truth, might provide the path to another realm of possibilities, to the recognition of altogether different ‘correspondences’. Set free from the nefarious effects of instrumental reason, language was to regain some of its lost aura. Once humans recognized language’s unfathomed revolutionary potential, perhaps it might field a blow, issue a redemptive shock, undoing the numbing anaesthetic and aestheticized shock effects of modernity’s culture of dispersal.|Hanssen, 2004, 55–56}} Benjamin registra che gli furono dati due nomi "molto insoliti" oltre a quelli noti, apparentemente per facilitare la sua postulata carriera di scrittore. Beniamino li nascose "come facevano gli ebrei che vegliavano sul nome segreto dato a ciascuno dei loro figli", che veniva tenuto nascosto fino al [[w:Bar mitzvah|Bar Mitzvah]]. Questo nome è quello "che contiene in sé tutte le forze vitali, e con cui queste ultime possono essere evocate e protette contro i non-autorizzati". Benjamin racconta la propria trasformazione, quando "uscì dal vecchio nome" per cui la trasfigurazione del nome segreto "si rivelò in occasione di una nuova maturità" (Benjamin, 1999, 712). Secondo la filosofia delineata sopra, il linguaggio – e soprattutto i nomi – non sono solo descrittivi, non qui semplicemente per corrispondere col mondo. Invece, il linguaggio offre il potenziale di cambiare la realtà e migliorare il mondo. Il cambio di nome di Benjamin, in cui rivendica il suo nome vero o segreto, è correlato a, o forse addirittura causa, un cambiamento nella natura: una muta della pelle. Questo ''motif'', questa nozione del nome come qualcosa che può essere cambiato, nascosto e rivelato, a significare un cambiamento nel destino o persino nell'ontologia è comune nel pensiero ebraico: nella Bibbia Dio cambia i nomi umani — Avram e Sarai cambiano i loro nomi con l'aggiunta di una ''heh'' ({{passo biblico2|Genesi|17:5-15}}), e Giacobbe che diventa Israele dopo aver lottato con l'angelo di Dio ({{passo biblico2|Genesi|32:28,35:10}}). Questi cambiamenti nominali non rappresentano solo un cambiamento nel ''soprannome'', ma affermano il destino rinnovato e trasformato del personaggio; il loro ruolo futuro ha assunto un nuovo significato, non inevitabile ma che deve essere conferito da Dio ai Suoi eletti.<ref>Leggiamo in b.Ber.7b che "il nome [di una persona] ha un effetto [sulla sua vita]" (Cfr. ''Midr.Tanh., ha’azinu'', 7). Un motivo simile, dell'"effetto radicale del nome sul portatore" nell'opera di [[w:Shmuel Yosef Agnon|S. Y. Agnon]] è stata recentemente indagata da Hadad (2012, 5). Hadad conclude che nella narrativa ebraica di Agnon: "I nomi possono cambiare la vita, in meglio o in peggio... E quindi, i nomi possono distruggere vite, i nomi possono uccidere. Nel mondo letterario di Agnon, sono in definitiva un luogo di catastrofe" (Hadad, 2012, 241). Agnon, che egli stesso cambiò nome, scambiando quello dato con un neologismo ebraico discendente da ''aguna'' sembrerebbe essere particolarmente sensibile a quel "legame tra uomo e nome che determina il suo destino" (''ibid.'', 242) perché "i nomi si adattano o meno ai loro portatori o non riescono proprio ad adattarvisi, ma succede anche che i loro portatori li modellino e li influenzino" (''ibid.'', 243). ''Aguna'' per es. significa una moglie abbandonata, sebbene non divorziata, che è ancora legata al marito scomparso; e sta simbolicamente a significare l'abbandono della creazione da parte di Dio.</ref> Robert Hall (2011) ha offerto una lettura insolita di ''Similitudini'' che evidenzia il ruolo del nome in un aspetto simile. Nel capitolo 43 [[w:Enoch (antenato di Noè)|Enoch]] testimonia le stelle del cielo, che ascoltano Dio e che chiama per nome; queste stelle, viene informato Enoch, "sono i nomi dei santi che dimorano sulla terra e credono nel nome del Signore degli spiriti nei secoli dei secoli" (43: 4). L'obbedienza delle stelle a Dio è un corollario diretto del loro essere nominate da Lui; la loro natura è definita e prescritta. Hall sostiene che l'eredità del nome "Figlio dell'uomo" da parte di Enoch è simile alla nominazione delle stelle da parte di Dio. Pertanto: "Quando Enoch eredita il suo nome celeste, egli diventa Figlio dell'Uomo. Quando i suoi seguaci erediteranno i loro nomi celesti, diventeranno ciascuno la stella che Dio nomina per ciascuno di loro" (Hall, 2011, 324). Questa eredità nominale è legata al conformarsi alla conoscenza di Dio, in modo tale che un essere eredita il proprio nome solo quando diventa identico a ciò che Dio gli comanda. Questo conformarsi alla conoscenza o alla sapienza di Dio è, sostiene Hall, il modello di salvezza delle ''Similitudini'': {{q|[H]aving ascended to see God, conforming to his knowledge, they shall find out who they really are as they inherit their real names. By seeking God’s knowledge and conforming themselves to it, Enoch and all the righteous take their proper stations in God’s presence. Conforming to God’s mind is salvation: as they conform to God’s knowing they become what he knows them to be.|2011, 325}} La salvezza, quindi, è l'assunzione di un ruolo o di un ufficio che è stato predeterminato; diventando tutt'uno con una forma celeste archetipica, Enoch ei suoi seguaci assumono effettivamente nomi che sono nuovi ma vecchi; nomi riservati a loro mentre entravano in una nuova pelle (ricordando {{passo biblico2|Isaia|49:1}}: "Ha pronunciato il mio nome fin dal grembo di mia madre"). Come i giusti hanno ereditato i loro nomi una volta che si sono modificati per allinearsi al piano di Dio e alla conoscenza precognitiva, così Benjamin assume il suo nuovo nome, il suo nome segreto e ''nascosto'', solo "in occasione di una nuova maturità" (1999, 712). Se, come ho affermato in precedenza, il nome rappresenta la relazione in cui soggetto e oggetto stanno l'uno con l'altro, il nome ''corretto'' indica quindi la relazione giusta. Cambiare il ''proprio'' nome significa cambiare la propria relazione con se stessi; e permettere a nuove qualità di emergere nella propria relazione con il mondo. Quindi, prendere un nuovo nome non è semplice come un mero cambiamento ontologico interno, ma è principalmente un evento esterno: uno che ridefinisce il proprio posto nel mondo, alterando le relazioni in cui l'identità è legata e da cui è costruita. Wolin scrive che nella prima opera di Benjamin, "l'assoluta peccaminosità del mondo creativo descritto nelle allegorie del barocco simbolizza una condizione confusa e senza Dio in cui nome e cosa si sono separati" (Wolin, 1994, 68).<ref>Questa opinione è condivisa da Scholem, che scrive: "Il linguaggio paradisiaco originale dell'uomo aveva ancora questo carattere di sacro: il linguaggio era ancora immediato e autenticamente legato all'essenza delle cose che cercava di esprimere" (Judaica III:55, Jacobson, 2003, 146).</ref> Questa separazione di nome e oggetto ci sono familiari: è una forma di Tagliare i Germogli, di dissacrazione del rapporto tra il ''fe-nominale'' e l'essenziale. Il cabalista [https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/jacob-ben-jacob-ha-kohen Jacob ben Jacob Kohen] scrive in modo simile: {{q|But if one wants to make some precise relation with the proper names of men, one will find that they and the being (or essences) (which they denote) are one, with the result that the name cannot be separated and differentiated from the being (or essence), nor, similarly, the being (nor essence) from the name. Because the name is directly linked with the being (or essence)...|Scholem, 1973, 177}} Abulafia scrisse spesso sul cambiamento del proprio nome, e notoriamente affermò che al culmine dell'unione mistica, il veggente (che probabilmente doveva essere lo stesso Abulafia, al punto della sua identificazione messianica<ref>L'affermazione di Abulafia secondo cui una componente chiave della missione del Messia era la rivelazione del "Nome nascosto di Dio", insieme alla sua conoscenza della natura di questo nome come AHWY, indica la sua fede nella propria natura messianica; si veda Idel (1988, 140 e 95–96). Allo stesso modo, R. Abraham ibn Ezra cita R. Joshua il Karaita affermando che "c'era una tradizione in Israele dai loro padri secondo cui il redentore di Israele scopriva un nuovo nome che non veniva udito" (''Commentario alla Torah'', Esodo, 1988, 140). Sul nome nascosto si veda il [[Il Nome di Dio nell%27Ebraismo/Perdere il Nome#cite note-9|Capitolo 2, Nota 9]].</ref>), "sarà il messia di Dio, il Suo stesso messaggero, ''e sarà chiamato l'Angelo di Dio. E il suo nome sarà come il Nome del suo Signore, Shaddai, che lo chiamerà Metatron'', Principe della Presenza" (''Hayyei Olam ha-Ba'' 32a, Idel, 1989, 295).<ref>Idel scrive: {{q|However, the revelation of the divine name is only one aspect of the relationship between name and redemption. According to other writings of the ecstatic Kabbalist, the redemptive experience of the messiah is related to his becoming unified with God or the Agent Intellect, a state understood as a deep spiritual transformation, described also as the change of the name of the messiah to a theophoric one. God’s theophany at the end of time, described in terms of changes of both names and attributes, is related to the messiah’s apotheosis as part of his individual transformation. Given that the process of apotheosis is explicitly described as triggered by a technical use of the divine name, we may conceive the topic of the divine name as comprising the mode of theophany, the goal of apotheosis and the technique to reach it. Or, to express it in other terms: the revelation of the divine names, which is identical with the future reign of the attribute of mercy, is an objective event, namely a theophany, which is to be accompanied by personal redemptions and apotheoses, which consist in a transformation of individuals into spiritual beings, designated by the theophoric names, by means of reciting letters of the divine name.|2011, 83}}</ref> Questo passo suggerisce anche l'importanza del nominare nel cambiamento di natura; nulla è richiesto al veggente tranne il suo essere (ri)nominato da Dio. Il cambiamento in natura e l'atto di nominare da parte di Dio sono identici. Questa nozione che ogni cosa abbia un nome segreto o nascosto, possiamo chiamarla Nominazione Messianica — l'idea implicita è che questi nomi si realizzino solo all'avvento dell'era messianica, essendo il Messia colui che sa come nominare correttamente ogni cosa e persona — incluso Dio. Rivelando i nomi corretti, la vera identità di ogni cosa diventa evidente e possono essere ripristinate le corrette relazioni tra tutte. Questa è la forma di redenzione come appare nella filosofia di Benjamin. Quando ogni cosa prende il nome corretto, tutto è al suo posto giusto — e la realtà equivale al ''Libro della Vita'', l'elenco dei giusti che devono essere preservati dal mondo, un motivo ripetutamente citato nella letteratura apocalittica della Tarda Antichità.<ref>Sul tema del ''libro celeste'', si veda specialmente Baynes (2012).</ref> Quel momento è quando questo mondo si unisce al [[w:Escatologia ebraica#"Il Mondo a Venire"|Mondo a venire]], con la struttura superna (archetipica) — e diventando testuale, la realtà stessa ascende a una forma precedente, più astratta. Noi ''diventiamo'' i nostri nomi, non c'è distinzione (come fece Enoch: divenne come gli angeli i cui nomi definivano la loro natura, che erano senza volontà, e quindi puramente testuali). Il mondo si dissolve nella Torah, che a sua volta si dissolve nei nomi di Dio che lo compongono – così alla fine il grande dramma cosmico risolve (''[[w:Tohu e Tikun|tikkun]]'') il volto di Dio – non più differenziato, non più diffuso, semplicemente Dio e Nome saranno di nuovo uno. Qui, il nome ''è'' la descrizione. Quando non c'è distinzione e il nome è essenza, l'alterità è viziata. Tutto viene appiattito e riassorbito, poiché la Torah viene riassorbita in Dio diventando il Suo Nome. Il Suo Nome sarà uno ({{passo biblico2|Zaccaria|14:9}}), uno con Lui poiché tutto sarà uno con i loro nomi, una volta che saranno conosciuti esclusivamente con il loro vero nome (messianico).<ref>Oppure un'altra interpretazione che potremmo voler leggere nella dottrina: tutti i nomi personali saranno uno, tutti tornati nell'ambito di YHWH o AHYH, l'umanità essendo diventata Metatron/Intelletto Attivo, o tutti essendo stati riassorbiti in Dio, rispettivamente.</ref> == Il nome unico e la lingua unica == {{q|And they [the languages] will continue to be so confused until the coming of the redeemer, when the entire land will return to the only clear language, as it is written: ‘For then I will turn to all nations a pure language, that they may all call upon the Name of God and serve Him with one consent, with One Name.’ [{{passo biblico2|Sofonia|3:9}}]|[[Abulafia]], ''Sefer Shomer Mitzvah'', Idel, 1989, 26}} Abulafia e Gikatilla affermano entrambi che nell'era messianica le settanta lingue del mondo generate al crollo di Babele saranno ricollocate in ebraico in modo che rimanga solo la lingua Divina. Tuttavia, come spiega questo brano, l'aspetto cruciale di ciò è che a questo punto messianico, tutte le nazioni chiameranno Dio con lo stesso Nome.<ref>Come afferma Herman Cohen: "‘Poiché allora darò ai popoli un linguaggio puro, affinché tutti invochino il nome di Dio, per servirlo di comune accordo’.({{passo biblico2|Sofonia|3:9}}). Questo è il significato messianico originale del nome divino". (''Judische Schriften'' I, 1924, 63, Scholem, 1972, 67).</ref> Avendo discusso i molteplici nomi di Dio nella letteratura Hekhalot, manifesti come principi angelici, inizierò ora a collegare questo tema a sviluppi più recenti nella teologia nominale. Troviamo questa associazione di nomi con angeli in molti scritti cabalistici. Jacob ben Jacob Kohen, in un passo che identifica il nome di settantadue lettere formato da {{passo biblico2|Esodo|14:19-21}} con i settantadue principi della letteratura Hekhalot, descrive i nomi stessi come entità angeliche: {{q|Note that the seventy- two holy names (that is in the sovereign world of the Merkaba) serve and are united with the essence of the Merkaba itself. And they are like gleaming pillars of light and are called (in the Bible) ''bnei Elohim'', and the whole host of heaven regards them with reverence, like retainers paying homage to the king’s sons...|Scholem, 1973, 176}} Nell’''Alfabeto di Rabbi Akiva'', i nomi sono rappresentati in modo alquanto simile, in un quadro infocato; infocato i corpi degli angeli: "Dio siede su un trono di fuoco e intorno a lui stanno i nomi ineffabili,'' Shemoth meforashim'', come colonne di fuoco". (Jellinek 1855, III, 25). In un testo dedicato al Trono di Dio, Jacob ben Sheshet scrive: {{q|This is the rule – the attached entity is called by the name of the thing to which it is attached; and the thing by the name of that which is attached to it. So too the guard [is called by the name] of that which is guarded, as when the verb is called by the name of the act, and the guarded by the name of the guard. Since the Holy One, blessed be He, guards all creation, the text says, ‘Everyone that is called by My name, for I have created him for My Glory.’ [{{passo biblico2|Isaia|43:7}}].|''Response of Correct Answers: The Holy Throne and the Commandments'' Cap. 2, Dan, 1986, 134}} Questo passo sembra riferirsi alla relazione tra Metatron e Dio, il primo è l'attaccamento che è chiamato con il nome di ciò a cui è attaccato. Sheshet prosegue affermando che il "Nome [che] è grande tra le nazioni' ({{passo biblico2|Malachia|1:11}}) rappresenta in realtà il guardiano angelico (i settanta "troni" sono i settanta angeli uniti a Dio e quindi chiamati con il suo Nome) posto su di loro, a cui hanno offerto adorazione al posto di Dio: {{q|His ''Name'' is great among the nations, and they offer incense to His ''Name''. But it does not say ''I'' am great or that they offer to ''Me''; rather everything is linked to His Name, may He be blessed. Therefore I say that their intention was to the Name of God, but they followed in error after the messengers appointed over them. These messengers were their celestial leaders...|''Response of Correct Answers: The Holy Throne and the Commandments'' Cap.3, Dan, 1986, 134}} Sheshet poi collega questo all'ammonimento dato in b.Sanhedrin 38b: "non scambiare Me [Dio] per lui [l'angelo]". Ma "la somma di tutti questi troni è la Torah, che è la fede nella verità e nell'unità [di Dio]" (''ibid.''). Qui troviamo che la Torah è composta da nomi o troni che sono i principi delle settanta nazioni, e che sono legati in unità a Dio stesso — e quindi la stessa Torah è composta da nomi o angeli che mediano tra Dio e le comunità umane. Come accennato in precedenza, cabalisti come Abulafia hanno identificato la Torah come l'Intelletto Attivo, Metatron. E dice: {{q|[God] is like one who combines [letters] through the Torah, for the truth of its being is the combination of letters, whose secret numerologically equals the [seventy] languages through the combination of letters, which are called by the seventy names and written by seventy scripts. Each script is seventy, and the seventy languages are written in the ''hashmal'' [Metatron], and they are sealed in his name and in his name is his seal.|''Hayyei ha-Nefesh'' 69a, Wolfson, 2000, 198<ref>''Ḥashmal'' (fulmine) è un eufemismo cabalistico comune per Metatron.</ref>}} Parimenti, R. Asher ben David scrive: {{q|[T]hose who are called by His name and by the name of His messengers and His chariot, [are so-called] according to the attachment with which they are attached to Him and according to the mission upon which they are sent before him.|1996, 77}} Goldberg commenta che qui, quei giusti profeti o servitori che si attaccano a Dio: {{q|[A]cquire a new identity as a human person, but they also acquire what seems to be a semi- divine identity as indicated by the fact that they are now not only called by their own name or function in this world, but they are now ‘called by His name’.|2001, 52}} Ciò indica che "un risultato del processo unitivo è una trasformazione dell'identità personale di chi entra nel unione" (''ibid.'', 2001, 51). In tutto questo studio ho sostenuto che Metatron, come potenza meta-angelica che contiene la molteplicità delle potenze angeliche, incarna il Nome di Dio — dove il Nome è la presentazione fenomenale di Dio. Poiché, secondo il mito ebraico, ogni nazione ha il suo governatore angelico, il suo accesso fenomenico al divino, ma solo Israele ha il Nome corretto con cui conoscere Dio, alla fine dei tempi le nazioni devono arrivare a conoscere Dio attraverso il solo e singolo Nome. Le settanta (o settantadue) nazioni, ciascuna con la propria traduzione corrotta dell'unica lingua naturale (ebraica per Abulafia; prelinguistica per Benjamin) e dell'unico corretto Nome di Dio, alla fine dei tempi saranno riassorbite in Israele — le loro le lingue si riunificheranno e la loro designazione di Dio riunita con il Nome corretto YHWH. A questo punto, nella terminologia spesso citata di Zaccaria, il "Nome di Dio sarà Uno". I manoscritti di ''3 Enoch'' 48D:2 variano, ma in una delle due versioni troviamo che i settanta nomi dati a Metatron sono tutti incisi sul trono di gloria.<ref>Cfr. le versioni in OTP 1 (1985, 314).</ref> Come discusso nel [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo/Presenza e discorso|Capitolo 1]],<ref>Si veda anche [[Il Nome di Dio nell%27Ebraismo/Presenza e discorso#cite note-24|Capitolo 1, Nota 24]].</ref> i nomi sul trono sono quelle stesse lettere con cui il mondo è stato creato (o sigillato), e quindi questo brano suggerisce che è attraverso l'estrusione di Metatron nei settanta nomi che avviene la creazione. Questa teoria offre una ripresa della cosmologia di Gikatilla: i titoli articolati di Dio, le Sue modalità di apparizione nel mondo, discendono e sono compresi nel Tetragramma — il nome che è stato specificamente dato a Metatron. Se Metatron, come ho affermato nel [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo/I settanta volti di Dio|Capitolo 4]], in realtà ''è'' il Nome YHWH, la manifestazione della potenza nominale finale di Dio che viene ad essere solo alla conclusione della realtà – l'Era Messianica – allora il nostro Principe della Presenza funziona come il Messia il cui Nome esisteva prima della creazione, e tuttavia il cui Nome sigilla la creazione, riformando la storia in un'unica entità, e offrendo così una sorta di salvezza rendendo il reame creato non più un caos disordinato di materia grezza, anime disgiunte, lontane stelle perdute, ma una nuova costellazione di anime rette, un'idea (non un concetto) trascendente nella sua unità e onnicomprensiva nella sua portata — sicccome si dice che Metatron copra il cielo e la terra (''3En.''9:2-3) e conosca tutta la storia (''3En.''11:1–2). [[File:Walter Benjamin (1892–1940) ~1930 © Charlotte Joel (–1943).jpg|200px|thumb|right|<small>[[w:Walter Benjamin|Walter Benjamin]] (1930)</small>]] Questo potente mito cosmo-soteriologico sembrerebbe difficile da leggere filosoficamente; tuttavia, Benjamin ne assorbe alcuni aspetti nella sua cosmologia filosofica. In un breve frammento sulla logica del linguaggio, scrive che: {{q|[E]very essence contains from the outset a limited – and moreover determinate – multiplicity of essences, which do not derive from the unity in a deductive sense but are empirically assigned to it as the condition of its representation and articulation. The essential unity reigns over a multiplicity of essences in which it manifests itself, but from which it always remains distinct.|Benjamin, 1996, 273}} Qui l'apparente unità di un'essenza contiene, latenti, tutte le possibilità della propria rappresentazione. Proprio come Metatron che regna sui settanta principi delle nazioni, l'"unità essenziale" è ancora al primo posto rispetto alle sue apparenze. Inoltre: {{q|The multiplicity of languages is such a plurality of essences... [it] is not the product of decadence any more than is the multiplicity of peoples... If we interpret this doctrine in the spirit of the mystics as pointing to a revealed unity of a linguistic kind, it will mean not just that this primordial language is the one originally spoken, but that the harmony originally created by those spoken languages was of incomparably greater power than any of the individual languages could possibly possess.|Benjamin, 1996, 273}} Il linguaggio primordiale che si dispiegò nelle lingue del mondo deteneva una potenza diversa da quelle che ne discendevano; questo singolo linguaggio di pura percezione non poteva fare a meno di disperdersi nei diversi aspetti dell'interpretazione che giacevano dormienti al suo interno, ma ad un dato tempo nel processo di redenzione potremmo sperare di rivendicare questa unità e vedere di nuovo il mondo attraverso gli occhi di Adamo. Possiamo infatti reinterpretare la tradizione di Metatron e dei Principi: sembra essere l'articolazione di Metatron, il Nome di Dio, in settanta frammenti che segna l'emergere della prospettiva; la capacità di differenziarsi e di interpretare soggettivamente. Senza questa diffrazione in molteplici prospettive, l'unico Nome sarebbe riassorbito nell'unità di Dio; gli oggetti rimarrebbero solo interni, mai con un volto particolarizzato o soggettivato, vale a dire per sempre senza presenza di un altro. In un passo Gikatilla esprime la sua cosmologia nominale con una metafora visiva, scrivendo che il Nome YHWH è circondato dai numerosi ''cognomina'', che Egli indossa come un re indossa vesti. Questi ''cognomina'' sono legati ai serafini di {{passo biblico2|Ezechiele|1:23}} e {{passo biblico2|Isaia|6:2}}, ma anche ai ''kenafim'' ("ali"), che qui coprono la forma del Dio manifesto: "I Suoi Nomi e le Sue vesti Lo coprono e Lo mascherano' (1994, 177); "I ''kenafim'' nascondono e coprono [il Suo Nome]" (1994, 179); "I ''Cognomina'' sono l'essenza dei ''kenafim'' e sono l'essenza del ‘mantello’ che indossa YHVH" (''ibid.''). In questa lettura c'è una sorta di equivalenza tra le ali, i ''cognomina'' e i settanta principi/angeli, che si uniscono ai santi nomi indelebili (1994, 184). Questa immagine di entità linguistiche che circondano un nucleo di divinità trova una riflessione tipologica nel pensiero di Benjamin sulla natura della traduzione: {{q|For if words meaning the same thing in different languages are arranged about that signified as their centre, we have to inquire how they all – while often possessing not the slightest similarity to one another – are similar to the signified at their centre.|Benjamin, 1999, 721<ref>Cfr. ''Alfabeto di R. Akiva'', dove ogni parola ha settanta significati.</ref>}} Il mito della lingua unica è potente e persistente.<ref>Le radici di questo mito sono state esaminate in Handelman (1991, 71-78, vedi [[Il Nome di Dio nell%27Ebraismo/Redenzione nel Nome#cite note-2|Capitolo 7, Nota 2]]). Due testi moderni che presumono e giocano su questo motivo sono Adrienne Rich, ''The Dream of A Common Language'' (1978) e Umberto Eco, {{en}} ''The Search for the Perfect Language'' (1995).</ref> La lingua unica rappresenta il ritorno di tutte le lingue alla lingua sacra, che è l'identità dei nomi del mondo per Dio. La lingua unica, come ha sostenuto Benjamin, conosce solo l'identità, senza la differenziazione della traduzione e senza la distanza dell'alterità. Senza il divario epistemico creato dai nomi, gli oggetti come entità discrete non esistono. La singola lingua non può comunicare, non può affermare nulla. Non dice altro che identità perché è il gioco dell'indeterminazione che rende possibile la comunicazione; sono gli spazi tra le parole e le cose che rendono possibile usarli per fare riferimento, essere oggetti per procura. La lingua unica non può dire altro che il perfetto linguaggio logico che Rosenzweig descrive nella sua appropriazione del [[w:Calcolo infinitesimale|calcolo infinitesimale]] di Cohen: può affermare solo nulla specifici, A = A, A = B o B = B. Come la trascendenza radicale degli elementi noumenali di Rosenzweig è diventata impensabilmente oscura, così la radicale trasparenza del perfettamente descritto lo rende inesistente per noi. Si è tentati di pensare che questo non sia ciò che Benjamin immaginava: che il linguaggio perfetto che rende diafana la realtà, in funzione di tale scopo, distrugge anche tutta la realtà; consumare e scomporre le cose del mondo in nulla, un caos inesistente di cui solo nulla si può dire — ma è la conclusione logica a cui giungiamo qui. Benjamin avrebbe preferito una visione costruttiva, in cui, nominando il mondo, l'umanità avrebbe finalmente costruito il Nome di Dio, quel Nome che trascende e unisce tutto? Scrive che: {{q|[I]n this pure language – which no longer means or expresses anything but is, as expressionless and creative Word, that which is meant in all languages – all information, all sense, and all intention finally encounter a stratum in which they are destined to be extinguished.|Benjamin, 1969, 80}} Che la "Parola creativa" debba essere identificata come il Nome è suggerito dalla citazione di Benjamin in {{passo biblico2|Giovanni|1:1}}, nello stesso testo due pagine prima (''ibid.'', 1969, 78). Come abbiamo già riscontrato nella filosofia di Abulafia, l'unificazione è anche un processo distruttivo quando si basa sulla singolarità del linguaggio. Dato anche il pensiero di Kripke (1980) esplorato nel [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo/I settanta volti di Dio|Capitolo 4]], è logico che il singolo Nome di Dio postuli non solo un singolo oggetto, ma anche un singolo soggetto. A questo punto i popoli del mondo sono stati riuniti in un'unica comunità che conosce l'unico Dio attraverso il Suo unico Nome: "YHWH sarà re di tutta la terra, in quel giorno YHWH sarà l'unico e unico sarà il suo nome" ({{passo biblico2|Zaccaria|14:9}}). Ma un'implicazione (non dichiarata) della teoria di Kripke è che normalmente non può mai esserci un solo nome: anche se lo stesso segno è usato da ogni persona o gruppo, ogni diversa prospettiva o uso lo rende un nome diverso perché definisce una nuova relazione.<ref>Un'idea suggerita anche dal ''Des Tour de Babel'' di Derrida, in cui sostiene che il multilinguismo è essenziale; scrivendo che: "La ‘torre di Babele’ non si limita a rappresentare l'irriducibile molteplicità delle lingue; mostra un'incompletezza, l'impossibilità di finire, di totalizzare, di saturare, di completare qualcosa" (1985, 165).</ref> I segni materiali utilizzati per i nomi sono in definitiva estranei ad essi perché il nome può essere solo l'uso del segno come relazione unica tra due parti. Kripke ha sostenuto che i nomi devono fare riferimento piuttosto che descrivere. Come abbiamo scoperto, essere in grado di descrivere significa avere completo accesso a un oggetto che è aperto e apparente, senza alcun aspetto nascosto; un concetto fenomenico non ancora raffinato in un'idea.<ref>Lévinas sviluppa una teoria simile in {{en}} ''Meaning and Sense'' dove scrive: "Per Dio, capace di una percezione illimitata, non ci sarebbe alcun significato distinto dalla realtà percepita; la comprensione equivarrebbe al percepire" (1996, 35). La percezione perfetta quindi non si abbandona al divario epistemico che rende possibile il significato, e la realtà è diafana.</ref> La descrizione si riduce quindi a un piano piatto — senza la profondità che il riferimento nominale fornisce nel consentire la trascendenza, tutto è visibile. L'oggetto come un altro viene scomposto e articolato in pezzi. La sua interiorità, garantita dal nome che proietta un'essenzialità per sempre dietro la sua membrana impermeabile, si disintegra in bella vista; un'autopsia non può essere eseguita su un soggetto vivente. Descrivere perfettamente significa uccidere mediante un processo di identificazione; ridurre, nei termini di Adorno, una non-concettualità al suo concetto, o in termini benjaminiani, un’''idea'' al suo ''concetto''. Un concetto che altro non è che un aggregato, costituito da parti e niente di più. Essere un'unità significa avere un qualche tipo di interiorità, un aspetto trascendente che non è definibile e non semplicemente ciò che esiste materialmente nel mondo; nei termini di Wittgenstein, ciò che non si può dire chiaramente, in un linguaggio perfetto. Il mondo piatto di descrizione perfetta è privo di giochi di significati o interpretazioni alternative. Come sottolinea Derrida, sono necessarie più voci per parlare: la molteplicità è essenziale, anche o soprattutto per Dio, che deve essere avvicinato da prospettive multiple.<ref>"È sempre necessario essere più di uno per parlare... in modo esemplare, quando è una questione di Dio" (1995, 35).</ref> Questo non è per rendere Dio multiplo (come fa R. Abuya nell'interpretare Metatron come un secondo dio) ma per accettare la molteplicità della comprensione umana, che di per sé non può mai raggiungere l'unicità ''dietro'' i nomi. Allo stesso modo, quindi, l'ideale di un unico nome è una specie di morte, una dis-integrazione: sia dell'oggetto che del linguaggio stesso. Del linguaggio, perché tutto il discorso che intende descrivere non è traduzione ma traslitterazione, di fatto in parola; il nome unico comanda una sola comprensione immediata, senza prospettiva perché pretende di essere l'unica prospettiva. La parola e il fatto sono quindi equiparati nella descrizione: non c'è alcuna differenza tra oggetto, concetto e descrizione. Il singolo nome infatti desidera (l'impossibile, contraddittoria) comunicazione ''senza'' linguaggio, o conoscenza ''senza'' nome. Questa immediatezza è una piattezza, una conoscenza assoluta senza alcun gioco o interazione. Il desiderio di identità e la piattezza che viene con l'identicità, essendo l'oggetto identico a se stesso e quindi conoscibile nella sua interezza: senza alcun elemento trascendente, sussunto nel soggetto e dis-integrato. Senza il nome, si sa tutto e tuttavia niente; niente di ''quell''’oggetto che potrebbe essere nominato. Questo nome unico che è l'assenza di nome, conduce così inesorabilmente alla distruzione dell'alterità attraverso la conoscenza assoluta. L'innominato altro è morto e inerte, privo di superficie e quindi aperto alla vista; rotto in pezzi; mancante di integrità. Questa idolatria degli oggetti, delle parti, uccide le verità polivalenti della relazione, riducendo ogni espressione a una voce piatta di fatti: un luogo di assoluta consistenza dove tutto è apparente e nulla è nascosto. È esattamente così che Abulafia immagina l'obiettivo messianico: Dio e l'umanità si incontrano come amanti, in un abbraccio che diventa unità. Anche lo ''[[Zohar]]'', nella lettura di Lachter (2004), postula un'unità di umano e Dio attraverso l'identità delle loro essenze, una che in ultima analisi, direi, è possibile solo andando ''attraverso'' il Nome; distruggendolo, la barriera che separa ''Ein Sof'' da se stesso. L'immagine del Velo del Tempio squarciato in due, un velo tagliato dal tessuto della veste della creazione che porta il Nome di Dio. Ho postulato qui un'assenza di forma al centro degli oggetti. Il ''tohu va-vohu'' che Dio ha formato in entità discrete mediante il processo magico di denominazione rimane, la materia prima che costituisce ancora gli oggetti rimane, ma ora è nascosta nell'ordine, nascosta dietro un nome. Questa assenza di forma, infatti, è quella che garantisce l'irriducibilità: poiché c'è un elemento nascosto non sussumabile sotto nessuna descrizione, che può essere solo riferito e mai totalizzato dal linguaggio razionale, è l'assenza di forma che è al centro di ogni identità. L'essenza rifiuta la forma ed è quindi inarticolabile; il nome è sia l'articolazione o la chiamata alla particolarità, sia paradossalmente quello che fornisce la possibilità di un'essenza inesprimibile. Con l'identità, il caos è rinchiuso e nascosto dietro il nome. È confinato all'interno dell'esistenza nominata e articolato/diviso in molteplici relazioni. Il caos rimane ma è al sicuro e invisibile, poiché è diventato essenza. Allora, l'essenza interiore di Dio è anche caos, ''tohu va-vohu''? Sono spinto a concordare con Scholem che chiama Dio "l'informe ultimo" (1996, 8). Se un'essenza interna è precisamente quella senza forma, quella che ammette un unico nome perché conoscibile solo a se stessa, allora ciò che chiamiamo Dio sarebbe ciò che manca di metafisica, materia prima — ciò che si riferisce a se stesso come materia. Ciò che è, l'incondizionato.<ref>Janowitz (1989) afferma che la letteratura Hekhalot presenta una creazione alternativa in cui Dio pronuncia il Proprio Nome, al contrario della Genesi in cui pronuncia i nomi del mondo — ma qui troviamo che questi due sono in realtà la stessa cosa.</ref> Al contrario, conoscere il nome unico al centro di un oggetto è appiattire quell'oggetto, ridurlo a identità, ovvero ''diventarlo'' perché non è più ''altro''. Conoscere il nome segreto di Dio, quindi, è apoteosi: esattamente come accadde con Enoch, che divenne il piccolo Yahweh e quindi un aspetto di Dio<ref>L'angelizzazione di Enoch ''et al.'', è infatti una divinizzazione di coloro che si trovano faccia a faccia con Dio; similmente, il portamento del Nome è la divinizzazione di coloro che si avvicinano abbastanza da comprendere l'unico Nome: "la visione della Gloria comportava la trasformazione del visionario in una somiglianza angelica di quell'Immagine Divina" (Rowland and Morray- Jones, 2009, 334).</ref> e, come affermava Abramo Abulafia, è l'obiettivo finale del mistico cabalistico: diventare Metatron, condividendo il Nome di Dio. Naturalmente, tutto ciò è implicito nella rivelazione iniziale del Nome a Mosè. Quando Dio rivela che il suo nome è AHYH, "Io Sono", Mosè lo traspone furtivamente in YHWH, "Egli è". Ma "Io Sono" è il nome che tutti noi abbiamo per noi stessi. Quindi tutta l'identità è identica al suo centro; il nucleo dell'individualità è identico in ogni sé. Questo punto senza dimensioni dell'Io, un'unità senza qualità, un'interiorità spogliata di attributi perché priva di relazioni, Io = Io ''chiunque'' quell'Io sia; A = A per qualsiasi valore di A. Da notare però che questo nome è una descrizione; anche se senza qualità. È identico a quanto descritto (quindi come ciò che descrive è identico in ogni caso); è l'unico nome che postula non nominatore e nominato, bensì l'identità di nominatore, nominato, nome e nominare. Essere Io Sono significa esistere. O meglio, esistere significa avere il nome Io Sono; il sé in quanto autoesistente ''è'' aperto e apparente a se stesso, e quindi è suscettibile di descrizione. È forse attraverso questo che possiamo comprendere il fatto interessante che ''ain'', il nulla cabalistico primordiale che prende il nome di AHYH, è anche un [[w:anagramma|anagramma]] di ''ani'', Io. O come dice {{passo biblico2|Geremia|14:9}}: "Eppure Tu sei in mezzo a noi, O YHWH, e noi siamo chiamati con il Tuo Nome!" Quindi, quando l'umanità riconosce Dio nel suo nome – YHWH – e quando lo comprendiamo affermando che Lui è altro da noi, questo è il punto in cui ci dissolviamo nel Nome (Metatron), che è l'immersione in Dio, comprendendo così Dio non solo come YHWH ma nel Suo Nome interno di AHYH, superando l'alterità di Dio e riconoscendo che l'alterità è sempre anche identità — è a causa dell'alterità che l'identità è possibile. E allo stesso modo è la cosa in sé, al di fuori delle distorsioni ludiche create dalla distanza di relazione (libera dal divario epistemico tra soggetto e oggetto), che conosciamo attraverso l'unico linguaggio, che è una logica priva di contenuto informativo, in cui è descritto. Il divario epistemico infatti è quindi il nome — il nome è il velo tra soggetto e oggetto. Nel colmare il divario, entrambi diventano il nome. Si incontrano nel mezzo e diventano il nome che descrive – e quindi è – loro: AHYH. L'unità di soggetto e oggetto, nella parola "Io". Quindi, come gli oggetti sono realizzati dai loro nomi – e i nomi sono quindi l'elemento finale della loro identità, ciò che semplicemente sigilla insieme i diversi elementi in un'unità, così il Nome di Dio è l'elemento finale della Creazione – una volta che tutti gli oggetti trovano la realtà nei nomi, i nomi sono uniti nel Nome di Dio che sigilla tutta la realtà come unità. L'unità iniziale di Dio e del Suo Nome significa quindi che è solo attraverso l'articolazione della creazione che il Nome di Dio Lo lascia e diventa separato. Fino alla fine della creazione, fino all'Era Messianica il Nome è nascosto, celato ''in potentia''. La storia della realtà è quella della costruzione del Nome dai nomi degli oggetti. La storia trova un significato nel Nome, ma non perché il Nome sia venuto prima e abbia fornito la realtà, ma perché viene dopo e sigilla la realtà: funziona come la fine del mondo. Paradossalmente, è attraverso questa articolazione finale del Nome che la realtà verrà poi nascosta, proiettata dietro il Nome come un'essenza irriducibile. <ref>Abulafia scrisse: {{q|The entire Torah constitutes the names of the Holy One, blessed be He, and in this there is neither addition nor diminution and every letter is a world in itself. Our sages O.B.M. have already stated that had the Torah been given to us in its proper order, man would be able to resurrect the dead [Midr.Tehillim 3:2]. And God obscured the order (so that it not be misused by the degenerates of the generation), and revealed it to those who are worthy of being able to resurrect the dead by its means.|''Sefer Mafteach ha-Tokhachot'', Idel, 1989, 80–81}} Ciò si riferisce alla ricostruzione effettiva dell'ordine corretto, tramite la meditazione sul Nome. Tale meditazione, nel portare all'Era Messianica, dove tutto di nuovo "porta il suo nome corretto", può essere una metafora per la ripresa dell'identità, tutto ha lo stesso nome – AHYH – quindi non c'è esternalità, solo l'interiorità dell'identità.</ref> == Note == {{Vedi anche|Abulafia e i segreti della Torah |Serie maimonidea}} <div style="height: 240px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" > <references/> </div> {{Avanzamento|100%|1 aprile 2021}} [[Categoria:Il Nome di Dio nell'Ebraismo|Redenzione nel Nome]] 3o0dra26oodtbdwp0yfsnbs9h1bd814 Lombardo/Alfabeto 0 49750 431123 412010 2022-08-02T01:34:08Z Layton18000 46677 Tolto due righe vuote wikitext text/x-wiki {{Lombardo}} {| class="wikitable" !Lettera<br>maiuscola!!Lettera<br>minuscola||Nome esteso<br>della lettera<br>([[Lombardo/Ortografia e regole per la pronuncia|Nuova<br>Ortografia<br>Lombarda]])||Nome esteso<br>della lettera<br>([[Lombardo/Ortografia e regole per pronuncia|Scriver<br>Lombard]])!!Nome esteso<br>della lettera<br>([[:w:it:Ortografia milanese|Ortografia<br>milanese]])!!Pronuncia [[w:it:Alfabeto fonetico internazionale|IPA]] del nome esteso<br>della letera!!Dialetti |- |'''A'''||'''a'''||a (1)|| ||a (1)||{{Wt/lmo/IPA|/a/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''B'''||'''b'''||be (1)|| ||be (1)||{{Wt/lmo/IPA|/be/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''C'''||'''c'''||ce (1)|| ||ce (1)||{{Wt/lmo/IPA|/tʃe/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''D'''||'''d'''||de (1)|| ||de (1)||{{Wt/lmo/IPA|/de/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''E'''||'''e'''||e (1)|| ||e (1)||{{Wt/lmo/IPA|/e/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''F'''||'''f'''||efa (1)|| ||effa (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ɛffa/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''G'''||'''g'''||ge (1)|| ||ge (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ge/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''H'''||'''h'''||aca (1)|| ||acca (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'akka/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''I'''||'''i'''||i (1)|| ||i (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'i/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''J'''||'''j'''||i longa (1)|| ||i (1)||{{Wt/lmo/IPA|/i'lunga/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''L'''||'''l'''||ella (1)|| ||èlla (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ɛlla/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''M'''||'''m'''||ema (1)|| ||èmma (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ɛmma/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''N'''||'''n'''||ena (1)|| ||ènna (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ɛlla/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''O'''||'''o'''||o (1)|| ||ò (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ɔ/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''Oeu'''||'''oeu'''||oeu (1)||-||oeu (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ø/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''P'''||'''p'''||pe (1)|| ||pe (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'pe/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''Q'''||'''q'''||cu (1)|| ||co (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ky/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''R'''||'''r'''||erra (1)|| ||èrra (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ɛrra/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''S'''||'''s'''||essa (1)|| ||èssa (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ɛssa/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''T'''||'''t'''||te (1)|| ||te (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'te/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''U'''||'''u'''||u (1)|| ||u (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'y/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''V'''||'''v'''||ve (1)|| ||ve (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'ve/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |- |'''Z'''||'''z'''||zeta (1)|| ||zètta (1)||{{Wt/lmo/IPA|/'zɛta/}} (1)||(1) {{Wt/lmo/-MI}} |} [[Categoria:Lombardo|Alfabeto]] {{avanzamento|50%}} 7g68qcecizfnlobf0tnaufiw0ij961d Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi/Controllo centralizzato rotabili 0 50783 431105 423582 2022-08-01T15:48:47Z Cinianto 45507 inserimento immagine carro~~~ wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:FS-Shimmns31834669949-3.JPthumb|right| decimale 318346699493 = binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] cuk22n5du33py3p9fiy8pqcox42neuc 431108 431105 2022-08-01T15:51:27Z Cinianto 45507 /* Premessa */ inserita immagine carro wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:FS-Shimmns31834669949-3.jpg|thumb|right| decimale 318346699493 = binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] nhi5f89f3yp0xxy2tzit1j6b1ql265z 431119 431108 2022-08-01T16:37:08Z Cinianto 45507 inserimento immagine~~~ wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:File Shimmns 1834669949-3.jpg|miniatura|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] 20rs1rc2vivd3e5emquwa76i9snn1ex 431120 431119 2022-08-01T17:00:12Z Cinianto 45507 inserisco immagine~~~ wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:Shimmns 1834669949-3.jpg|miniatura|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] hnf72ykbxov33cfqksrvt3zhylt5iiv 431124 431120 2022-08-02T02:33:43Z Cinianto 45507 ccr inserimentofoto wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:Shimmns 1834669949-3.jpg|miniatura|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] [[File:001015 gauge buster.jpg|thumb|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] 1ixrw8wuzpnjos0kdf9lt7yfg6rsoj9 431125 431124 2022-08-02T02:36:37Z Cinianto 45507 ccr immagine wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:Shimmns 1834669949-3.jpg|miniatura|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] [[File:001015 gauge buster.jpg|thumb|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] omll3sdj0bq8b03w285egrxhypjorot 431126 431125 2022-08-02T02:40:44Z Cinianto 45507 immagine wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:001015 gauge buster.jpg|thumb|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:001015 gauge buster.jpg|thumb|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] 9acinsd77giruarmriqomoyuawgu4hc 431127 431126 2022-08-02T02:41:54Z Cinianto 45507 immagine wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:001015 gauge buster.jpg|thumb|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:001015 gauge buster.jpg|thumb|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] rqt457isoi1x6dhoqzhodbj6oui1x5u 431128 431127 2022-08-02T02:43:26Z Cinianto 45507 ccr immagine wikitext text/x-wiki {{Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi}} == Premessa == [[File:Carrozzaz1.jpg|thumb|left|Codice C.C.R. sulla fiancata di una carrozza UIC-Z (''B2SL'', in giallo)]] [[File:001015 gauge buster.jpg|thumb|right|decimale 318346699493 binario 100101000011110111100010010001011100101]] Nel 1965 le F.S. intrapresero la marcatura uniforme UIC dei propri carri, inserendo, accanto alla sigla letterale, quella numerica univoca decimale; seguirono modifiche negli anni 1974, 1979<ref> Paolo Recagno, La marcatura uniforme dei carri FS, ed. GEDI Gruppo Editoriale.</ref> e infine 1991. La numerazione duale ottenibile fu il presupposto per l'utilizzo dell'elaboratore nell'ambito del sistema Controllo Centralizzato Rotabili. Nell'anno 1970, in ambito F.S. fu previsto un bilancio economico del costituendo sistema C.C.R. con una spesa annua calcolata in 5 milioni, meno 7,5 milioni di economie. Nelle industrie italiane nel 1970 erano già iniziati a essere utilizzati gli elaboratori di processo.<ref> Prodi, La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana, capitolo 4: La diffusione dei calcolatori di processo, ed. Il Mulino, 1971</ref> == Prima applicazione del C.C.R. == Già nel 1973 l'occorrenza del materiale da viaggiatori era calcolata mediante elaboratore elettronico.<ref>Salvatore Ciancio, La Tecnica professionale: movimento e commerciale anno XXXVIII, n. 4, aprile 1973</ref> L'operazione fu abbastanza semplice in quanto si trattò di inserire nelle schede di input all'elaboratore i dati copiati nei libretti composizione treni. Per i carri merci, essendo la soluzione del problema molto più complessa, bisognò aspettare il maggio 1974 perché si avviasse la prima fase del sistema C.C.R., il cui compimento si ebbe nel 1979 dopo la realizzazione di ben 7 fasi, conclusasi con l'istruzione e l'addestramento di 3000 dipendenti per l'inserimento dati ai terminali mediante perforazione schede. ==Contesto operativo del C.C.R. == Mentre era in corso questa realizzazione del C.C.R. ai Compartimenti, da parte dei Servizi, furono richieste delle economie di personale, ovvero drastiche riduzioni di impiego. Già la cessazione del servizio merci piccole partite aveva soppresso i treni omnibus che servivano al collegamento dei carri fra le singole stazioni e gli scali di smistamento. Quindi i treni merci furono ulteriormente ridotti e il servizio degli smistamenti carri sia vuoti sia carichi fu affidato ai treni che collegavano gli scali merci di smistamento. Treni a lunga percorrenza, aventi origine e destinazione in Compartimenti diversi. Queste economie riguardarono ad es. la mancata abilitazione notturne di molte stazioni. Anche la presenza del Personale Viaggiante di scorta ai treni non era sempre presente. Così i carri, non essendo possibile di essere prelevati, rimanendo fermi a partenza, o pur essendo in composizione ai treni non erano consegnati alle stazioni non presenziate e proseguendo a fine corsa del treno, finivano per ingorgare i binari dello scalo di smistamento dal quale dovevano essere rimandati indietro. Il sistema C.C.R. non venne coinvolto. Non si è in grado di giudicare se la struttura organizzativa del C.C.R., hardware o software, fosse stata in grado di seguire delle direttive schizofreniche senza valutare sia singolarmente sia globalmente le conseguenze sul traffico merci.<ref>[https://www.academia.edu/22635660/Non_solo_un_traduttore_di_formule_Il_FORTRAN_e_i_suoi_60_anni_MONDO_DIGITALE_vol_52_p_1_18_ISSN_1720_898X?email_work_card=reading-history Delle risposte potrebbe darle la Prof.ssa Carla Petrocelli dell'Uniba]</ref> Infine gli Uffici Movimento compartimentali avevano collegamenti al C.C.R. rimarrebbe da valutare quanto tempo prima dovevano essere date al C.C.R. per apportare modifiche al programma con il sistema di input delle schede forate? Al di là di questo aspetto probabilmente le rimanenze dei carri da inoltrare ogni giorno, circa 2000 nel Compartimento di Firenze, erano il risultato delle diseconomie che il CCR avrebbe potuto se non risolvere, attenuare, avendone potuto gestirne il coordinamento.<ref>Salvatore Ciancio, Il sistema CCR Controllo Centralizzato dei Rotabili in corso di realizzazione sulla rete FS in La Tecnica Professionale Movimento e Commerciale anno XLI, n. 10, ottobre 1976.</ref> == Un'opportunità mancata == Quindi negli anni 1974-1979 non fu colta l'opportunità dell'utilizzo di questa innovazione per cambiare quelle disposizioni modificabili alle Condizioni e Tariffe. Per quanto riguarda la realizzazione pratica del servizio servì solo per ricercare i carri. Anche se la soluzione ai trasporti ferroviari, prese spunto dalla ricerca operativa,<ref>Ridolfi, Applicazione del Fortran, Ed. Franco Angeli, anno 1971.</ref> non raggiunse miglioramenti al trasporto ferroviario dei carri. Lo sviluppo iniziale anni '70-'80 del sistema C.C.R. non apportò alcuna innovazione al servizio anonimo, rivolto ad altrettanto utenza anonima, mentre poteva essere realizzato un trasporto personalizzato e sempre più rivolto a soddisfare le esigenze del cliente, apportando le opportune modifiche alle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose.<ref>Pubblicazione Condizioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle FS ed. F.lli Pozzo-Salvati, Torino, 1º ottobre 1961 n. 21, (p. 11 art. 21 paragrafo 5 "Richiesta di carico e fornitura di carri".</ref> Rimane da chiarire come la tecnologia avviata non conseguì le aspettative dichiarate dallo stesso ing. S. Ciancio “ gli estremi del trasporto (merce, peso della merce, destinatario, stazione destinataria ecc.) – Informazioni conosciute dal sistema -” Come dall'altra parte dal sistema era conosciuta la tara di ciascun carro e del suo peso frenato perché continuò ad essere compilato manualmente il modulo M.18 (elenco dei carri in composizione al treno con la indicazione del peso lordo e frenato di ciascun carro)? Elemento peso rimorchiato e frenato del treno riportato sul foglio foglio di corsa per il rispetto della sicurezza nella circolazione.<ref>Da informazioni acquisite da un operatore agli uffici veicoli/schedario del tempo risulta che La compilazione del quadro quinto del Foglio di corsa ai treni venne affidata ai "veicolisti" i quali in presenza dei carri con portata per asse (16,18,20) non in conformità con le stesse cifre per le tratte tratte da percorrere dal treno, non disponendo il programma CCR la possibilità del calcolo, continuarono a compilarlo manualmente, altrimenti provvedeva in automatico il CCR una volta inserito il numero del carro</ref> == Una pausa nello sviluppo del C.C.R. == Nel 1979 in un incidente ferroviario persero la vita l'ing. S. Ciancio assieme ad altri due collaboratori e quindi lo sviluppo del C.C.R. subì una forzata interruzione. L'enorme struttura del C.C.R. e l'impegno dell'ing. S. Ciancio e i sui collaboratori in un ambiente rivolto all'ammodernamento ferroviario trovano senz'altro un terreno favorevole nell'organizzazione del trasporto merci oltre gli anni '80. == Note == <references /> [[Categoria:Le Ferrovie dello Stato italiane e il trasporto delle merci dal 1970 a oggi|Controllo Centralizzato Rotabili anni 70 80]] fsnece7h39b3dn2y1d80r3hk6lewebm Wikibooks:GUS2Wiki 4 51801 431129 430921 2022-08-02T07:24:01Z Alexis Jazz 37143 Updating gadget usage statistics from [[Special:GadgetUsage]] ([[phab:T121049]]) wikitext text/x-wiki {{#ifexist:Project:GUS2Wiki/top|{{/top}}|This page provides a historical record of [[Special:GadgetUsage]] through its page history. To get the data in CSV format, see wikitext. To customize this message or add categories, create [[/top]].}} I dati che seguono sono estratti da una copia ''cache'' del database, il cui ultimo aggiornamento risale al 2022-08-01T03:39:35Z. 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Ma fino a che punto può essere così? Molte persone suggeriscono che i Dieci Comandamenti, o l'ammonimento di Gesù ad amare i propri nemici, insegnassero al mondo verità morali che prima non conosceva. Ci fidiamo di una persona o di un libro come autorità etica, tuttavia, solo ''perché'' sembra avere integrità e comprensione delle questioni morali; usiamo la moralità come criterio per ''selezionare'' i nostri testi e insegnanti autorevoli. Ciò suggerisce che apportiamo una comprensione della moralità alla decisione se fidarsi o meno di un testo sacro. Le persone non considerano sacro un libro se sembra loro malvagio. Allora qual è la risposta? Impariamo ciò che è buono dai nostri testi sacri o portiamo con noi una nozione di bontà nel pervenire a tali testi? In questo Capitolo sosterrò che facciamo entrambe le cose: che la bontà deve essere in parte indipendente dalla rivelazione, ma che guardiamo anche alla rivelazione per insegnarci la bontà. Questa duplice relazione morale con i testi sacri riflette una doppia faccia nella bontà stessa. Si considerino le nostre normali intuizioni sulla parola "buono". Non abbiamo dubbi sul fatto che aiutare una persona anziana ad attraversare la strada sia una buona cosa, e che sia bene prendersi cura dei propri figli e astenersi dalla violenza. Possiamo anche affermare con sicurezza che la libertà e la felicità sono buone e che trovare qualcuno da amare è un grande bene. Ma quando ci viene chiesto cosa distingue una vita buona, nel complesso, da una mediocre, spesso scopriamo che la nostra fiducia su cosa sia la bontà vacilla, e potremmo iniziare a chiederci se esista un qualche bene generale — essere salvati da Cristo? Vincere il proprio attaccamento a se stessi? Unirci gli uni con gli altri in una società priva di proprietà personali? — che ci manca. Ed è possibile che un tale bene generale sconvolgerebbe le nostre ordinarie intuizioni sulla bontà. Forse le nostre intuizioni sulla bontà, per esempio, dell'amore romantico o sulla libertà di culto, non sono di per sé buone? Forse sono invece dogmi che dovrebbero essere scartati, come le convinzioni morali delle società sessiste o razziste? Può essere molto difficile rispondere a sfide come questa una volta che sono iniziate, e anche se è probabile che rimarremo convinti che sia bene aiutare i nostri vicini e male manipolarli o picchiarli, potremmo improvvisamente diventare consapevoli di non essere sicuri come difendere anche queste intuizioni, quali ragioni potremmo addurre per esse che potrebbero rientrare in una spiegazione sistematica del bene. Socrate rendeva le persone nervose portandole a questo tipo di vertigini sulle loro convinzioni morali, e Platone usò tale vertigine per sostenere che il bene supremo trascende radicalmente le nostre convinzioni ordinarie sulla bontà. Il loro approccio a questo argomento è ancora attuale, inoltre e soprattutto tra i seguaci delle religioni rivelate, per i quali è di fondamentale importanza che il bene umano ultimo non si trovi nelle nostre intuizioni e ragionamenti ordinari, e vada invece ricercato in un testo o insegnamento che ha una fonte soprannaturale. Anche loro, tuttavia, di solito condividono la fiducia dei loro vicini secolari che la gentilezza e l'equità sono buone e si fidano del loro testo preferito in gran parte perché pensano che il modo di vivere che raccomanda può aiutarli a raggiungere meglio questa bontà ordinaria. Quindi il termine "buono" sembra diviso tra un senso ordinario in cui dovrebbe essere del tutto accessibile e un altro senso straordinario con il quale può attivare i propri usi ordinari e trovarli carenti. Il resoconto della bontà che offrirò in questo Capitolo rifletterà tale tensione. Cominciamo con l'aspetto della bontà che deve essere indipendente dalla rivelazione: l'aspetto secolare della bontà, come potremmo chiamarlo. Ovviamente è del tutto falso che gli esseri umani abbiano dovuto aspettare fino a quando la Torah non ha proclamato i Dieci Comandamenti prima di rendersi conto che c'era qualcosa di sbagliato nell'omicidio, nel furto o nell'adulterio. Questi e molti altri principi morali sono ampiamente condivisi, attraverso culture e religioni, e si può spiegare cosa comportano e trovare ragioni per aderirvi, indipendentemente dalla religione. Senza molti di questi principi, le società cadrebbero a pezzi. Praticamente tutti gli esseri umani se ne rendono conto e di conseguenza hanno motivo di essere moralmente buoni, siano essi religiosi o meno. In effetti, le persone religiose non sono necessariamente migliori, per quanto riguarda la moralità quotidiana, delle persone non religiose. Scandali sessuali, frodi e crudeltà si riscontrano notoriamente tra preti e predicatori così come altre persone. Le stesse tentazioni affliggono tutti noi e non vi è alcuna garanzia che l'impegno religioso ce ne protegga. Per non parlare delle corruzioni morali che lo stesso impegno religioso può generare. Le guerre di religione, l'oppressione o l'assassinio dei non-credenti: queste patologie si trovano in quasi tutte le religioni che sono durate a lungo. Inoltre, i modelli semplicistici di ricompensa e punizione con cui molte persone religiose affermano di sottoscrivere la moralità — se sei buono, andrai in paradiso; se sei cattivo, andrai all'inferno — funzionano contro un'adeguata motivazione morale, incoraggiando in noi l'interesse egoistico per il nostro destino che la moralità dovrebbe contrastare, piuttosto che un vero amore per il nostro prossimo, o la virtù per se stessa. Chi è più ammirevole, la persona che è buona per timore di Dio, o la persona che è buona perché ha a cuore il benessere degli amici e del prossimo? Persino la persona che agisce per puro amore di Dio, se non ama anche gli altri esseri umani, ha una motivazione tutt'altro che ideale. Sembra ragionevole, infatti, che un Dio veramente buono e amorevole voglia che ci amiamo gli uni gli altri e non solo Lui. Ma ciò significa che ci sono ragioni sia religiose che secolari per aspettarsi di non aver bisogno della religione per essere buoni. Inoltre, generalmente non abbiamo bisogno della religione per capire cosa ''è'' buono. In larga misura, il nostro vocabolario morale è orientato verso fini puramente umanistici: approviamo moralmente ciò che preserva la pace nelle nostre società, ciò che ci consente di rispettarci l'un l'altro e ciò che ci consente di alleviare le reciproche sofferenze. In misura corrispondentemente ampia, le nostre motivazioni per essere morali sono umanistiche: agiamo moralmente perché vogliamo vivere in pace, amicizia e rispetto reciproco con il prossimo. Non sono necessari proclami di Mosè o Gesù o Maometto per sapere cosa dobbiamo fare sotto questi aspetti, né è necessaria una dottrina del paradiso e dell'inferno per spronarci a farlo. Inoltre, è altrettanto giusto, da un punto di vista religioso, che sia così. Vogliamo alcuni criteri, indipendenti dagli insegnamenti religiosi, mediante i quali accertare quali insegnamenti possano essere divini, e un criterio importante è se sono moralmente buoni. Quando chiamiamo un testo moralmente buono, non intendiamo che sia buono ''per definizione'': che definisca la bontà e quindi sia all'altezza dei propri standard. No, stiamo presupponendo una nozione di bontà indipendente dal testo e diciamo che funziona bene secondo questo standard. Il nostro vocabolario morale ordinario e umanistico ci fornisce questa nozione indipendente di bontà. Possiamo riconoscere che un insegnamento religioso ci offre una grande comprensione morale delle normali faccende umane – il modo migliore per esprimere compassione, o risolvere una controversia – ancor prima di afferrare o accettare il resto del suo insegnamento. Questo ci assicura che quando chiamiamo "buono" il nostro insegnamento preferito, finanche una ''fonte'' suprema di bontà, non stiamo pronunciando una tautologia. Una nozione di bontà indipendente e umanistica ha anche un valore religioso in un altro modo. Abbiamo bisogno di interpretare i nostri testi religiosi – nessun testo si autointerpreta, dopo tutto, e i testi religiosi tendono ad essere più oscuri di altri – soprattutto se vogliamo trarne un modo di vivere. Notoriamente, ci sono modi più e meno umani per farlo, e un senso di bontà indipendente può guidarci verso modi più umani. Una nozione indipendente di bontà può, cioè, aiutarci a tenerci lontani dalle patologie religiose. E sicuramente un Dio tutto buono, che ama le Sue creature, vorrebbe che comprendessimo la Sua parola nel modo più umano possibile: da essa ci lasciamo guidare verso un modo generoso ed equo di trattare gli uni con gli altri. Quindi un Dio onnipotentemente buono forse vorrà che interpretiamo qualsiasi rivelazione che ci dà secondo uno standard di bontà indipendente e umanistico. Torneremo su questa idea nel [[Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 6|Capitolo 6]]. Infine, i testi sacri o rivelati tendono a chiarire che presuppongono una nozione indipendente di moralità. Quando la Genesi riporta che le persone della generazione di Noè erano "corrotte" e "violente" ({{passo biblico2|Genesi|6:11}}), presuppone che il lettore sappia già cosa significano questi termini e perché la corruzione e la violenza meritano una punizione. In seguito, Genesi dà per scontato che i suoi lettori vedranno cosa c'è di sbagliato nella disonestà di Giacobbe e nella brutalità dei fratelli di Giuseppe, e l'Esodo non ha senso a meno che il lettore non riconosca che l'oppressione degli israeliti da parte del Faraone fu ingiusta e crudele. Allo stesso modo si suppone che il lettore dei Vangeli consideri nobile il comportamento personale di Gesù e il suo monito ad amare coloro che ti odiano come un miglioramento morale rispetto alle dottrine più giudicatorie che attribuisce ai suoi predecessori. Le Upanishad presumono che i loro lettori vedano il male nell'egoismo meschino e cerchino un modo per superarlo, e il Buddha acquisì i suoi primi seguaci più che altro attraverso la "via di mezzo" della virtù da lui proclamata, che pretendeva di migliorare la pratica indù rifuggendo sia dal lusso che dall'ascesi. In tutti questi casi e in molti altri, gli insegnamenti religiosi presuppongono che i loro seguaci possano vedere in tali insegnamenti qualcosa di ammirevole, misurato da un senso morale indipendente: presuppongano una comprensione morale indipendente che ci aiuti a vederli come le parole di Dio, o di un maestro sommamente saggio. I testi religiosi stessi consentono al senso di bontà umanistico, quotidiano, condiviso da religiosi e laici, di fungere da criterio per la loro affidabilità. Implicano che, se la bontà può avere caratteristiche specificamente religiose, queste devono innestarsi su una base umanistica anteriore. Ora, alcuni potrebbero lamentarsi del fatto che finora ho fatto sembrare troppo facile il processo di fondare una morale umanistica e di esporne le sue esigenze. Ad esempio, potrebbero enfatizzare le nostre numerose controversie morali. Alcuni pensano che non ci sia niente di sbagliato nell'aborto; altri lo considerano equivalente a un omicidio. Alcuni considerano la pena capitale come un grande male; altri pensano che la moralità ''richieda'' la pena capitale per determinati crimini. Similmente, non siamo d'accordo sull'omosessualità, sugli aiuti del governo ai poveri e sulle circostanze, se del caso, in cui la guerra è giustificata. Questi disaccordi pervadono anche le società che condividono largamente lingua, storia e religione; le differenze tra le culture possono diventare ancora più nitide e taglienti. Quindi sicuramente è un errore, in ogni caso troppo semplice, supporre che la nostra ragione, i nostri sentimenti o il bisogno di condividere una società ci portino a convergere su norme morali, anche ''se'' siamo tutti d'accordo in generale sul fatto che l'omicidio, la frode e la crudeltà siano sbagliati, e che è una buona cosa essere onesti e coraggiosi. Sicuramente, in effetti, è stato il progetto dei filosofi morali cercare di elaborare principi che ci ''consentissero'' di condividere una moralità dettagliata, di colmare le differenze che abbiamo sull'aborto, la pena capitale e simili. A che servono i principi utilitaristici e kantiani se non possono aiutarci a risolvere le differenze morali? Ebbene, in effetti, l'utilitarismo e il kantismo, e gli altri sistemi promossi dai filosofi morali, non risolvono le nostre differenze morali. In parte, ciò è dovuto al fatto che non sono d'accordo tra loro e in parte è perché sono troppo generali per risolvere la maggior parte delle controversie concrete. Gli utilitaristi ci chiedono di considerare quale di due azioni o politiche porterà la più grande felicità al maggior numero di persone. Ma la felicità è difficile da misurare e le conseguenze della maggior parte delle azioni e delle politiche difficili da prevedere. Quindi le implicazioni dell'utilitarismo per le questioni controverse non sono chiare e le persone che affrontano le questioni con predilezioni diverse possono facilmente supportare la loro descrizione dei fatti in questione per ottenere il risultato che desiderano. L'imperativo categorico di Kant ci chiede se possiamo volere che tutti prendano il tipo di azione che stiamo considerando, o se quell'azione è compatibile con il rispetto per gli altri esseri umani come fini a se stessi. Ma queste domande utilizzano termini così astratti che possono essere facilmente interpretati per produrre risultati su entrambi i lati delle questioni più controverse. Di conseguenza, ci sono utilitaristi e kantiani praticamente su tutti i lati di ogni questione: utilitaristi che sostengono la pena capitale e utilitaristi che si oppongono, kantiani che sostengono la pena capitale e kantiani che si oppongono, ecc. I tentativi di sistematizzare la moralità tendono semplicemente ad aggiungere ancora un altro livello di disaccordo a quelli di tutti i giorni: su quale dovrebbe essere la corretta giustificazione anche per le posizioni su cui siamo d'accordo. Potremmo aggiungere che questi sistemi si concentrano su diversi aspetti dei nostri ideali e norme, e quindi parlano l'uno al di là dell'altro. L'utilitarismo si concentra sul fatto che tutti cerchiamo la felicità, il kantismo sul fatto che cerchiamo la libertà e la dignità. Altri filosofi morali enfatizzano il posto del sentimento nella vita morale, in contrasto con l'enfasi che sia gli utilitaristi che i kantiani attribuiscono alla ragione e alle regole, o ci esortano a prestare meno attenzione ad azioni particolari e più a tratti caratteriali generali, come il coraggio e l'autocontrollo. Ma tutti noi vogliamo la felicità e la libertà, oltre a buoni tratti caratteriali, e vediamo tutti che le buone società hanno bisogno di regole eque e di sensibilità emotiva. "Moralità" è una parola che usiamo per gli ideali e le norme che soddisfano una varietà di bisogni diversi, quindi non dovrebbe sorprendere se i tentativi di sistematizzare questi ideali e norme a volte ci spingono in direzioni diverse. Vale la pena notare che la moralità basata sulla religione non serve più a risolvere le nostre differenze morali. Non solo religioni diverse sono in conflitto tra loro almeno tanto quanto i diversi sistemi filosofici, ma ''ogni'' religione tende a dividersi su molte questioni morali. Ci sono cristiani che considerano l'omosessualità un peccato terribile e cristiani che pensano che l'amore gay dovrebbe essere riconosciuto nei matrimoni in chiesa. Ci sono cristiani, ebrei e buddhisti ''pro-life'' e ''pro-choice'', e cristiani, ebrei e buddhisti che sostengono la pena capitale, così come cristiani, ebrei e buddhisti che vi si oppongono. E mentre c'è un più alto grado di consenso morale nelle piccole comunità – tra [[w:Satmar|Satmar hassidim]], diciamo, o [[w:mennoniti|mennoniti]] – anche queste comunità notoriamente discutono tra loro su cose del tipo se denunciare i [[:en:w:sexual predator|predatori sessuali]] alle autorità secolari o come trattare i dissidenti. Platone notò 2500 anni fa che la moralità è il luogo principale del disaccordo tra le persone, e nessuno prima di lui o da allora ha escogitato una formula per superare quel disaccordo. È un fatto della vita morale che siamo in netto disaccordo su molte questioni morali; qualsiasi teoria ragionevole della moralità deve dar spazio a tale disaccordo. Ma questo fatto va di pari passo con l'altro che ho sottolineato: che le persone che comprendono la moralità in modi molto diversi, tuttavia, ''sono d’accordo'', la maggior parte delle volte, su come valutare le situazioni morali. Le persone nella vita quotidiana convergono il più delle volte su ciò che conta come un comportamento crudele o disonesto e quando, al contrario, qualcuno è coraggioso o generoso. Il grado di accordo qui può essere molto alto. Vicini con opinioni religiose e politiche estremamente diverse, tuttavia, sono d'accordo su quale di loro sia una delizia o un cretino. Le persone sono anche d'accordo in tutte le società sulle virtù generali: condannano la crudeltà, la disonestà e l'egoismo e lodano i loro opposti, anche se a volte le interpretano in modo diverso. Ciò che colpisce della moralità, quindi, è che siamo ''sia'' d'accordo ''che'' in disaccordo su di essa. Siamo d'accordo sui suoi contorni generali, e su molte delle sue richieste specifiche, ma poi siamo in disaccordo così nettamente su alcuni casi specifici, e sulla logica dell'essere morali, che ci chiediamo come sia possibile l'accordo che otteniamo. Una buona teoria della moralità deve rendere conto sia del nostro accordo che del nostro disaccordo. Tornerò su questo punto a breve. Si consideri prima un'ulteriore fonte di disaccordi morali. Ciò deriva dal secondo significato di "bene/buono" che ho menzionato prima: qualunque cosa renda buona la vita umana in generale, che può in linea di principio prevalere sulle nostre intuizioni ordinarie sulla bontà. Se pensi che una buona vita umana richieda l'accettazione di Gesù Cristo come proprio salvatore, hai una concezione della buona vita umana; se pensi che il bene umano in generale richieda di riconoscere Maometto come l'ultimo e il più grande profeta, hai una concezione diversa. In alternativa, si potrebbe pensare che il bene umano più alto consista nell'unire il proprio sé particolare con un Sé-mondiale più completo o, al contrario, che il nostro bene ci richieda di capire che ''non'' abbiamo un sé. Questi punti di vista diversi vanno con differenze familiari nella religione, ma una diversità simile può essere trovata anche tra le persone laiche. Negli ultimi due secoli, molte persone laiche hanno pensato che la vera o più alta felicità umana sarà raggiunta solo quando saremo legati insieme in un'unica comunità senza classi. Ma altri hanno pensato che la vita umana più libera o più felice si può trovare solo se abbracciamo un individualismo radicale. Ci sono anche persone che pensano che la politica sia di suprema importanza per una buona vita umana e persone che pensano che non importi affatto; persone che pensano che l'arte fornisca il reame più alto delle conquiste umane e persone che disprezzano la nozione stessa di "arte"; persone che pongono l'amore erotico al centro del bene umano e persone che considerano l'eros ampiamente sopravvalutato. Queste sono differenze profonde e durature, e sono onnipresenti, creando distinzioni nette tra persone laiche e religiose. Nella misura in cui influiscono sulla moralità, rendono difficile vedere come potremmo mai superare il disaccordo morale. Influiscono ''veramente'' sulla moralità? Beh, in un certo senso devono. Uno dei significati principali dell'aggettivo "buono" è che una cosa promuove un obiettivo importante per noi e il sostantivo "bene" spesso denota qualcosa che lo consideriamo un obiettivo. L'utilitarismo si basa interamente su questo uso mirato del "bene" e persino i sistemi morali che sottolineano il senso in cui "buono" caratterizza un modo di agire indipendentemente dai propri obiettivi ("è bene dire la verità anche se così non ottieni quello che vuoi") devono riconoscere che anche i nostri obiettivi generali nella vita sono buoni, e qualunque cosa li promuova deve avere qualcosa di buono. Se abbiamo un obiettivo finale, quindi, non può che influenzare le azioni che approviamo. Se ritengo che il bene ultimo della vita sia accettare Gesù come mio salvatore personale, ciò dovrà influenzare il mio modo di agire. In effetti, come vedremo nel [[Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 3|prossimo Capitolo]], obiettivi finali come questo tendono a organizzare gran parte della nostra attività, e uno dei motivi per cui ci preoccupiamo di identificarli è che ''così'' possiamo capire come organizzare le nostre vite. In ogni caso, cristiani e musulmani, comunisti e nazionalisti, e devoti dell'arte o dell'eros tendono ''tutti'' a organizzare la loro vita attorno ai loro obiettivi finali e ad approvare un'azione come buona in larga misura sulla base di quanto bene serva questi obiettivi. Ma allo stesso tempo abbiamo una notevole capacità di astrarci dai nostri obiettivi finali quando consideriamo se una particolare azione è o meno immorale, o se una particolare persona ha o meno tratti caratteriali decenti. Cristiani e musulmani, comunisti e nazionalisti, e persone con opinioni molto diverse sull'importanza dell'amore o dell'arte saranno d'accordo nella maggior parte dei casi su ciò che conta come una menzogna o una persona meschina, o invece come un atto di gentilezza o una persona coraggiosa — e sono d'accordo nel condannare il primo e lodare il secondo. Sono d'accordo, cioè, su atti particolari e tratti caratteriali, anche se non sono d'accordo sugli obiettivi della vita in generale. Sono in grado di mettere da parte le loro differenze su come vivere, in generale, e condividere un gran numero di ideali e norme. Propongo d'ora in poi di riservare la parola "[[w:morale|morale]]" agli ideali e norme su cui possiamo essere d'accordo nonostante le differenze circa i nostri obiettivi generali, e di usare la parola "etica" per i valori più ampi che includono, oltre alla morale, gli impegni religiosi, culturali ed estetici in base ai quali determiniamo come vivere in generale. Farò anche riferimento alla domanda su come vivere in generale come "la domanda telica" – dalla parola greca "[[w:telos (filosofia)|telos]]", che è stata tradizionalmente usata in filosofia per l'obiettivo generale o lo scopo di una cosa – e chiamerò le nostre risposte a essa, "punti di vista telici". I punti di vista telici faranno quindi parte dell'etica ma non della moralità, e i nostri giudizi sul fatto che una certa azione o modo di vivere sia ammirevole o spregevole, stimolante o deprimente, saranno spesso anche etici piuttosto che morali. Tutti i giudizi morali saranno etici – l'etica include la morale – ma non tutti i giudizi etici saranno morali. Questa terminologia ci consente di tenere traccia di ciò su cui siamo d'accordo e di ciò che non lo siamo, per quanto riguarda la bontà. Tiene traccia anche della nostra risposta intuitiva a domande come "È una brava persona?" quando ci viene chiesto di qualcuno che consideriamo onesto e gentile ma impegnato in progetti religiosi o politici che disapproviamo. È probabile che diremo, in questi casi, "Beh, se mi stai chiedendo come tratti la sua famiglia o i suoi colleghi, allora sì, è una brava persona, ma non penso che i suoi obiettivi basilari nella vita siano buoni." Ad esempio, possiamo considerarlo moralmente buono ma noioso, superficiale o spiritualmente vuoto. D'altra parte, possiamo cantare le lodi di una persona come affascinante, profonda o eccitante senza volerla chiamare moralmente buona. Un sintomo della differenza tra valutazione morale e telica è che tendiamo ad ''arrabbiarci'' con persone o azioni che consideriamo immorali, ma a sentirci semplicemente tristi o delusi con persone le cui vite ci sembrano vuote o fuorvianti. La rabbia che deriva dalla moralità riflette la sensazione che le persone che critichiamo siano già d'accordo sui motivi per cui le critichiamo; sentiamo di starli tenere in linea con le loro norme e ideali. Non così per i valori telici: lì speriamo al massimo di persuadere gli altri, un giorno, a condividere le nostre opinioni. La rabbia perché ora non le condividano è di conseguenza fuori luogo. I valori religiosi, estetici e culturali stanno quindi in qualche modo al di fuori della morale, sebbene usino parole come "buono" e "cattivo" in un senso correlato: sia i valori telici che quelli morali riguardano il modo in cui pensiamo che gli esseri umani conducano la loro vita in modo ammirevole. Qualcuno potrebbe quindi voler insistere sul fatto che ''tutto'' ciò che riguarda il modo in cui dovremmo vivere è una preoccupazione morale: coloro che hanno la religione sbagliata, o che non apprezzano l'arte, non possono essere brave persone. Ma mi sembra che questo sia un modo meno naturale di usare il nostro vocabolario valutativo rispetto a quello che propongo, e finanche qualcuno che insista su di esso è probabile che ammetta che le questioni per le quali le nostre norme e ideali non controversi sono rilevanti – omicidio e lo stupro o, d'altra parte, trattare gli altri con rispetto e aiutare i bisognosi – sono il ''nucleo'' di ciò che intendiamo per "morale". Ad ogni modo, con la nostra distinzione terminologica in mano, possiamo proporre una soluzione semplice al nostro enigma sul perché siamo sia ​​d'accordo che in disaccordo su ciò che è buono: siamo d'accordo sulla bontà morale in modo da poter continuare a dissentire sulla bontà telica. Cioè, la morale preserva la nostra capacità di vivere in una società in cui possiamo perseguire liberamente e pacificamente le nostre diverse idee su come vivere in generale. Non possiamo essere ebrei o cristiani religiosi, né discutere e perseguire ideali comunisti o libertari, né creare o apprezzare alcuna arte, se viviamo completamente soli. Né possiamo fare nessuna di queste cose se siamo oppressi o manipolati dai nostri vicini, ed è improbabile che avremo la forza psicologica per perseguire i nostri vari ideali se siamo costantemente umiliati. Quindi, per perseguire qualsiasi visione telica, abbiamo bisogno di norme che ci consentano di vivere insieme nella società, e possiamo farlo al meglio in un certo tipo di società: una società pacifica che cooperi anche contro i pericoli naturali, permetta ai suoi membri libertà individuale e incoraggi il rispetto reciproco nonostante le differenze. È il bisogno di queste cose che dà origine alla morale, e l'ampio consenso che prevale su di essa. L'importanza della morale per la nostra capacità di ''non essere d’accordo'' sull'etica è una delle ragioni per cui siamo d'accordo su di essa e ci arrabbiamo così tanto se viene violata. Riguardo alla morale, ma non all'etica in generale, possiamo ragionevolmente dire agli altri: "Hai bisogno di queste norme tanto quanto me; ''devi'' osservarle, se tu ed io vogliamo essere in grado di dissentire pacificamente su altre cose, comprese quelle che contano di più per noi." Ora, si potrebbe obiettare che la visione della morale che sto dando è orientata alle società liberali, e che prima dell'ascesa del liberalismo nei secoli XVII e XVIII, c'erano molte società che non distinguevano tra norme che mantengono la società stessa e norme che promuovono una buona vita in generale. C'è del vero in questa obiezione, ma la distinzione che sto sottolineando non è limitata alle società moderne. L'idea che la compulsione non sia il modo corretto per avvicinare qualcuno a una tradizione religiosa è stata a lungo radicata nell'ebraismo, nel cristianesimo e nell'islam tradizionali, nonostante la storia di conversione forzata a cui gli ultimi due sono stati inclini; l'antico imperatore buddhista, [[w:Ashoka|Ashoka]], includeva un principio simile nei suoi [[w:pilastri di Ashoka|editti scolpiti]]. Di conseguenza, tutte queste tradizioni e molte altre contengono elementi importanti che suggeriscono che la legge dovrebbe far rispettare i principi necessari alla società per fornire ai suoi membri pace e dignità fondamentale. Il filosofo cristiano medievale [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]], ad esempio, dichiarò che le leggi umane non possono e non devono "vietare tutti i vizi dai quali si astengono i virtuosi, ma solo i vizi più gravi dai quali è possibile che la maggioranza si astenga; e principalmente quelli che sono a danno degli altri, senza il cui divieto le società non potrebbero essere mantenute: ...omicidio, furto e simili". Certo, Tommaso d'Aquino usa la parola "virtù" per molto di ciò che esula dalla portata della legge umana, ma nel tracciare una distinzione come questa, riconosce tacitamente che quegli aspetti della morale su cui tutti sono d'accordo e che sono necessari alla società, sono di natura diversa dagli aspetti su cui si può semplicemente sperare di ottenere il consenso degli altri nel tempo. In breve, se la definizione di "morale" che sto sollecitando è particolarmente caratteristica delle società moderne e liberali, è perché le società moderne e liberali hanno ulteriormente sviluppato una caratteristica di giudizio morale già presente nei loro predecessori. Inoltre, hanno sviluppato questa caratteristica perché comprendono meglio dei loro predecessori la profondità dei nostri disaccordi su come dovrebbe essere condotta la vita in generale e la necessità, quindi, che ciascuno di noi giunga da solo alla risposta a questa domanda finale. Penso che possiamo ragionevolmente considerare la maggiore enfasi sulla libertà nel mondo moderno come una ''scoperta'' morale, cioè non un'invenzione — qualcosa che migliora le nostre società e avrebbe potuto essere riconosciuto come tale dai nostri predecessori. In ogni caso, questa enfasi sulla libertà è essenziale per il modo in cui la parola "morale" e i suoi termini "buono", "cattivo", "giusto" e "sbagliato" sono stati usati. Questa è una ragione sufficiente per mantenere la distinzione che ho proposto tra il morale e il telico, e per riservare "etica" piuttosto che "morale" a sistemi che comprendono sia la morale che una visione telica. Ma anche all'interno della morale, come ora l'ho estratta dall'etica, incontreremo accesi dibattiti morali: su cose come l'aborto e la pena capitale, o quando, se mai, è lecito mentire. Come risolvere questi dibattiti? Qui la risposta di molti filosofi morali negli ultimi due secoli è stata quella di offrire un principio che dovrebbe dirci la cosa giusta da fare in ogni circostanza. Tale, ancora una volta almeno, era la speranza di molti utilitaristi e kantiani. Oggi è ampiamente riconosciuto che questi progetti hanno fallito, che né l'utilitarismo né il kantismo danno risposte inequivocabili alla maggior parte delle controversie morali e che non esiste un modo chiaro per decidere quale sistema sia giusto quando sono in conflitto. Rimangono di costante interesse a causa della loro visione della vita come un ''tutto'' — come mirare alla felicità, da un lato, o all'espressione della nostra libertà, dall'altro. Ma questo, nei miei termini, li colloca nel reame dell'etica piuttosto che della morale: li mette sullo stesso piano delle visioni religiose, culturali ed estetiche che esacerbano piuttosto che risolvere le nostre differenze sul bene. Negli ultimi anni, c'è stata una mossa tra i filosofi morali per cercare procedure, piuttosto che principi, da cui potrebbero essere generate norme morali non controverse. Alcuni hanno proposto che la morale dovrebbe essere ''definita'' come costituita solo da quelle norme che sarebbero accettate da persone disposte a concordare qualsiasi norma. Questa è un'idea interessante, ma la mia proposta procedurale è leggermente diversa. Penso che dovremmo, includere una norma sotto la rubrica della morale in accordo con il grado in cui possiamo difenderla dalla prospettiva di ciascuno dei diversi sistemi morali che hanno validità nella nostra società. Cerchiamo di difendere le affermazioni morali che proponiamo facendo appello a intuizioni ampiamente accettate ''e'' a preoccupazioni utilitaristiche ''e'' kantiane ''e'' etico-virtuose. Questo riflette i diversi fini che vogliamo che i codici morali servano. Possiamo essere certi che un'azione particolare è morale solo quando siamo persuasi che promuove sia la felicità che la libertà, esprime o coltiva tratti caratteriali ammirevoli e per di più si adatta alle nostre tradizioni morali di lunga data. Inoltre, raramente sappiamo esattamente come soppesare queste varie preoccupazioni l'una contro l'altra e siamo consapevoli che le nostre diverse opinioni teliche ci portano a modi diversi di assegnarle priorità. Di conseguenza, preserviamo al meglio le nostre possibilità di perseguire le nostre opinioni teliche e rispettiamo al meglio il diritto delle altre persone a perseguire le proprie, sostenendo le nostre affermazioni morali sul maggior numero possibile di basi condivise. Ciò suggerisce che l'accordo che sottoscrive la morale è e dovrebbe essere un accordo per fare affidamento su forme ''eclettiche'' di argomentazione morale, per affrontare l'un l'altro in termini di quanti più tipi di motivi che ci aspettiamo condividano con noi il più possibile. Ne consegue che in una società ampia e diversificata, ci sarà poco spazio per appellarsi ad argomenti religiosi a difesa delle pretese morali, mentre potrebbe esserci più spazio per ciò in comunità piccole e relativamente omogenee. Non ha senso per me essere arrabbiato con te, considerarti immorale, per non aver seguito le norme della mia religione a meno che tu non la condivida. Di conseguenza, farò appello alla mia religione solo quando parlerò con altri membri della mia comunità religiosa e sarò consapevole, se vivo, nel complesso, in una comunità più ampia e diversificata, che ciò che chiamo "buono" per i miei correligionari non è così in senso puramente morale. Anche coloro che affermano che la loro moralità derivi dalla loro religione tendono in pratica a riconoscere che non può essere puramente basata su quella se vuole comandare la fedeltà di tutti gli esseri umani. Si consideri il modo in cui gli oppositori religiosi dell'aborto sostengono la loro posizione. Possono citare versetti scritturali, ma la maggior parte delle volte producono invece immagini progettate per suscitare orrore per gli aborti o per aiutarci a vedere il feto come umano. In alternativa, fanno appello ad analogie con la schiavitù o l'Olocausto per suggerire che ignorare l'umanità del feto è come ignorare l'umanità dei neri o degli ebrei. A volte aggiungono affermazioni sulla necessità di un divieto universale di togliere la vita o affermano che l'aborto danneggia le donne che li hanno. Fanno appello, cioè, a concezioni emotiviste, intuizioniste, kantiane e utilitaristiche della moralità: fanno appello a sistemi morali ''secolari''. E mentre possono farlo in parte perché, nelle democrazie liberali, è problematico offrire una base puramente religiosa per il diritto, usano anche questo tipo di argomenti tra di loro, come parte della loro causa per l'affermazione che l'aborto è sbagliato agli occhi di Dio. ''De facto'', quindi, riconoscono il carattere secolare del discorso morale, e vi fanno affidamento anche nella lettura delle loro fonti religiose. Di fatto, riconoscono che gli appelli religiosi, per essere considerati parte della moralità, devono essere innestati su altri tipi di ragioni morali. Un'affermazione basata su una Scrittura diventa un'affermazione morale – qualcosa che possiamo aspettarci che qualcuno osservi e incolpare chiunque per averlo respinto – quando possiamo dimostrare che promuove il benessere umano generale, protegge la libertà o la dignità individuale o migliora virtù come il coraggio e la generosità. Perché le argomentazioni religiose siano argomentazioni morali, devono essere sostenute dai filoni laici nel nostro discorso, i filoni su cui le persone sono d'accordo in tutte le religioni e nessuna in particolare. Penso che questa visione eclettica e fondamentalmente laica della moralità sia corretta sia dal punto di vista descrittivo che normativo. Tendiamo infatti a difendere le affermazioni morali da molte prospettive diverse, per lo più laiche, e anche questa è una buona cosa. È buona perché consente a persone di diverse visioni religiose e teliche di vivere insieme in pace, libertà e rispetto reciproco. È anche positiva dal punto di vista delle nostre varie opinioni teliche, perché se solo una di esse dominasse il nostro discorso morale, coloro che hanno una visione diversa si ritroverebbero disprezzati o oppressi. Inoltre, anche i seguaci del punto di vista maggioritario lo seguirebbero spesso per le ragioni sbagliate, per il desiderio di conformarsi e senza la prospettiva critica che consentirebbe loro di affrontarlo con ponderatezza e correggerlo se necessario. In passato, alcune visioni religiose dominavano il discorso morale nella maggior parte delle società, e ciò rimane vero in alcuni luoghi oggi. Ma il costo di ciò, per la libertà e la dignità dei dissidenti, è alto. Una moralità eclettica, per lo più laica, è più adatta a una società liberale e una società liberale ha grandi vantaggi morali rispetto alle società che spingono tutti a conformarsi a una particolare visione religiosa. Lo stesso vale per le società, come le ex nazioni comuniste, che spingono tutti a conformarsi alle opinioni teliche secolariste. Potremmo aggiungere che le visioni religiose e di altro genere tendono a non formare da sole sistemi morali coerenti. Piuttosto, credenti diversi nella stessa tradizione religiosa hanno punti di vista diversi su questioni morali concrete e si allineano con filosofie morali diverse. Ci sono utilitaristi cristiani e kantiani cristiani, eticisti delle virtù cristiane e convenzionalisti cristiani, persino alcuni egoisti razionali cristiani. Lo stesso vale per ogni altra tradizione religiosa. Di conseguenza, gli appelli religiosi all'argomento morale possono essere controversi anche all'interno di quella che a prima vista sembrerebbe una comunità omogenea. Molti cristiani sarebbero sconvolti se un tipo di moralità cristiana fosse considerato "la" voce morale del cristianesimo. I cristiani conservatori sarebbero inorriditi se il discorso morale fosse dominato da voci che insistono sul fatto che l'amore gay è benedetto da Cristo, e i cristiani liberali sarebbero altrettanto inorriditi se il cristianesimo conservatore dominasse il discorso morale. Meglio ancora, per tutti i cristiani (ed ebrei, musulmani e altri credenti), se le voci che entrano nel consenso morale della loro società sono sufficientemente contrastate da consentire a ciascuna di trovare un sostegno per la lettura morale che una è incline a dare della sua religione. In sintesi, riusciamo a sostenere una moralità comune nonostante i nostri disaccordi accettando un modo eclettico di arrivare a conclusioni morali che ci consenta, su molte questioni importanti, di continuare a dissentire. Accettiamo di non essere d'accordo, accettiamo un modo di gestire i nostri disaccordi che ci consenta di preservare le nostre differenze teliche pur vivendo insieme in pace, libertà e dignità. Possiamo ora tornare con maggiore fiducia alla posizione che ho espresso all'inizio di questo Capitolo: che la morale, almeno nel suo nucleo, è indipendente dalla rivelazione religiosa. Voglio tuttavia riconoscere che il confine tra ciò che ho chiamato "morale" e ciò che ho chiamato "etica" non è netto, e impegni religiosi e di altro genere possono influenzare ciò che consideriamo moralmente buono e cattivo. Si prenda in considerazione la decisione se ritirare o meno il supporto vitale da un parente per il quale i medici concordano che è improbabile che si riprenda da una lesione cerebrale (qualcosa del genere sta succedendo ora a Londra). Molte persone saranno guidate dalle loro tradizioni religiose su una questione come questa. I nostri vari sistemi morali secolari non ci dicono chiaramente cosa fare in casi di questo tipo e spesso tirano in direzioni diverse. Un utilitarista può preoccuparsi di ridurre al minimo la sofferenza del malato, ad esempio, mentre un kantiano può pensare che la sofferenza sia meno importante della capacità di compiere scelte razionali. Anche utilitaristi e kantiani non sono d'accordo tra loro su tali casi. Non riuscendo a ottenere una risposta secolare chiara o convincente al loro enigma, le persone con forti impegni religiosi spesso si rivolgono alla loro tradizione religiosa per avere una guida. Allo stesso modo, anche le persone che difendono una posizione favorevole alla scelta per quanto riguarda le restrizioni legali sull'aborto possono rivolgersi a una tradizione religiosa per una guida sull'opportunità di abortire personalmente. Anche alcune altre questioni morali – l'atteggiamento verso il consumo di carne, o il sesso prematrimoniale – tendono a essere fortemente influenzate dall'impegno religioso. Perché questi problemi particolari? Perché è più probabile che si cerchi un principio ebraico, cristiano o hindu quando si fanno scelte sulla fine della vita o sul consumo di carne o sulla sessualità piuttosto che sul mantenere le promesse o mentire sulla propria dichiarazione dei redditi? Ebbene, una caratteristica condivisa dai problemi che ho elencato è che la loro risoluzione tende a puntare su ciò che si considera più prezioso nella vita umana nel suo insieme. Questo è evidente nei problemi di inizio e fine vita. Il fatto che si consideri o meno un feto come persona con diritto alla vita dipende molto dal fatto che si pensi che il nostro diritto alla vita dipenda dalla nostra razionalità, dalla nostra capacità di sperimentare la felicità o dal nostro avere un'anima data da Dio; il punto in cui si considera la vita di una persona correttamente conclusa si basa similmente a visioni di questo tipo. Ma ciò che si pensa sull'importanza etica degli animali, e sulla legittimità, quindi, di mangiarli, gira anche su ciò che si ritiene importante per l'essere umano (l'essere umano ha un valore unico o condividiamo con altri animali ciò che ci rende preziosi?). E il posto della sessualità nella vita della maggior parte delle persone è così fondamentale per i loro altri progetti, la loro felicità e le loro relazioni con gli altri, che è difficile dir molto su come dovrebbe essere senza affrontare la questione di come dovrebbe essere la loro vita complessivamente. Ciò non è vero, o di solito non vero, nel mantenere una promessa o mentire su una dichiarazione dei redditi. Ma ovviamente la possibilità che la domanda su come vivere in generale possa entrare in gioco su ''alcune'' questioni morali suggerisce che in qualche modo essa aleggia su ''tutte'' le deliberazioni morali: che sta almeno sullo sfondo e può sempre essere innescata da casi difficili. Penso che ciò sia giusto e che dovremmo aspettarcelo. Le opinioni teliche ci danno ragioni per preoccuparci delle società che la morale tiene insieme, come anche ragioni per l'importanza della moralità indipendentemente dal suo valore per il mantenimento della società. Ci portano a vedere alcune virtù come aiutanti a raggiungere il nirvana, o esprimere il nostro amore per Cristo, o allinearci con il ''Tao'', o promuovere la causa comunista. Di conseguenza, ciò che conta dell'azione morale per un buddhista può essere diverso da ciò che conta per un cristiano, che a sua volta è probabile che differisca da ciò che un comunista considera positivo in essa. In ogni caso, ciò che le opinioni teliche aggiungono alla morale tende a non essere tanto un insieme distintivo di norme, quanto un ''ruolo'' distintivo delle norme morali nel bene umano ultimo o complessivo. Il ''contenuto'' dei Dieci Comandamenti e del Discorso della Montagna potrebbe non essere particolarmente nuovo, da un punto di vista morale, ma l'idea che le nostre leggi o atteggiamenti morali fondamentali ci siano imposti dal Dio che ci ha redenti dalla schiavitù, o che ci ama indipendentemente dai nostri peccati, getta una nuova luce su ciò che riguarda l'essere morali. Qui e altrove, i punti di vista telici influenzano più profondamente la morale riformulandola. La Torah, i Vangeli e il Corano, e le opinioni promosse da comunisti e individualisti laici, collocano tutti la moralità in un contesto telico, le danno un punto, una funzione, che va oltre il fatto che ci consente di condividere società pacifiche e libere. Tale nuovo inquadramento per la moralità, tuttavia, influenzerà il nostro modo di prendere decisioni morali e, talvolta, quindi, avrà un impatto diretto su tali decisioni. Quindi il confine tra moralità ed etica non è netto, anche se cerchiamo, e dovremmo cercare, di tenerli separati per la maggior parte del tempo. La bontà è radicalmente bilaterale, e abbiamo ragioni ''sia'' per mantenere la sua faccia socialmente orientata indipendente dalla sua faccia telica, ''sia'' per cercare, in alcune arene, di integrare queste due cose. La tensione tra loro sarà importante nel prossimo Capitolo. Voglio chiudere questo Capitolo tornando alla domanda su cosa potrebbe rendere vero un insegnamento rivelato. Nel Capitolo precedente ho suggerito di chiamare "affidabili/veritiere" alcune guide etiche e "vere" le loro parole quando le consideriamo degne di fiducia senza poter valutare i loro consigli finché non li abbiamo seguiti. Dove nel reame dell'etica, come l'abbiamo ora interpretato, potrebbe esserci un posto adatto per tale guida? Ebbene, ci rivolgiamo alle guide in molte situazioni morali. Chiedo spesso a mia moglie un consiglio morale. La maggior parte di noi ha relazioni che ci aiutano in questo modo, e la maggior parte di noi può probabilmente riconoscere la possibilità di essere aiutata da una persona saggia come Alessio. Ma in tutti questi casi, gli ideali e le norme fondamentali in base ai quali governiamo le nostre azioni sono quelli a cui pensiamo di poter arrivare da soli, e che opinioni del tutto secolari come l'utilitarismo e il kantismo possono spiegare abbastanza bene. Non c'è quindi un posto "essenziale" per fidarsi di una guida qui: ce ne sarà bisogno solo se, come il destinatario del consiglio di Alessio, siamo accecati da profondi difetti caratteriali, o da una rabbia o paura che ci impedisce di vedere le nostre circostanze nel modo giusto. La morale quotidiana, da giardino, che mantiene la società pacifica e libera, non è così difficile da capire: ''non può'' esserlo, se deve funzionare correttamente. Riporre una fede indiscussa nella parola degli altri è quindi qualcosa di cui comunemente siamo diffidenti, ed è giusto che sia così. Possiamo facilmente essere manipolati in questo modo, o diventare un seguace passivo di un culto piuttosto che una persona autonoma. Questo ci lascia con la possibilità che ci possa essere un ruolo appropriato per questo tipo di fiducia nell'etica, la sfera più ampia di cui fa parte la morale. Forse le nostre opinioni teliche – le nostre opinioni su ciò che rende la vita degna di essere vissuta in generale – richiedono una fiducia o una fede di questo tipo. A dire il vero, non tutte le opinioni teliche richiedono una cosa del genere. L'utilitarismo e il kantismo sono visioni teliche oltre che morali, e per i kantiani, in particolare, prendere le proprie decisioni secondo le proprie interpretazioni è essenziale per una vita utile. Per loro, e anche per molti utilitaristi, l'autonomia non è solo una condizione per assumersi responsabilità morali, ma qualcosa di enorme importanza in sé. E i filosofi etici moderni che hanno tentato di far rivivere l'enfasi dell'antica Grecia sulla virtù, tendono a condividere questa enfasi sull'autonomia: è fondamentale per la visione liberale che domina il mondo moderno. Data questa enfasi, è davvero difficile vedere come potremmo avere ragione, su questioni che riguardano la nostra vita in generale, nel subordinare i suggerimenti della nostra ragione o dei nostri sentimenti alle parole di un insegnante, di un testo o di una tradizione. Sì, in alcuni casi limitati, potremmo accettare sulla fiducia il consiglio di un saggio amico o insegnante su come gestire una relazione d'amore o educare i nostri figli; potremmo anche andare a cercare un "tesoro" nel villaggio sulle montagne. Ma nel complesso siamo sospettosi delle persone che ci chiedono di fidarci di loro ed evitiamo piuttosto che aderire a visioni del mondo etiche basate su tale fiducia. Ciò è particolarmente vero se "noi" siamo americani o europei con un'istruzione universitaria, cresciuti sull'ethos fortemente individualista che ha pervaso il pensiero e la letteratura occidentali negli ultimi due secoli e mezzo. Ciononostante, ci sono state molte visioni etiche organizzate intorno alla fiducia in determinati testi e insegnanti, e la possibilità che possano essere vere – affidabili – rimane oggi comprensibile. Quello che ci vorrebbe per essere vere, suggerisco, è che l'obiettivo generale della nostra vita sia inafferrabile solo basandola sui nostri sensi e sulla nostra ragione non istruiti. Forse abbiamo bisogno, sulla fiducia, di seguire una certa disciplina che trasformi il modo in cui percepiamo o comprendiamo il valore, o forse il semplice atto di riporre fiducia in una fonte esterna a noi stessi, di umiliare i nostri modi di percepire e comprendere, è una precondizione necessaria per il nostro essere in grado di cogliere il fine vero o più alto. In ogni caso, se il nostro bene supremo, ciò che dà valore alla nostra vita in generale, ci è inaccessibile a meno che ci fidiamo di un certo testo o tradizione, allora quel testo o quella tradizione è sicuramente ''degno'' di fiducia: vero. È tale possibilità che esplorerò nel resto di questo wikibook. Ma le ragioni moderne e liberali per diffidare di tale possibilità dovrebbero essere tenute presenti durante questa esplorazione. Mi sembra chiaramente ''comprensibile'' che il nostro bene supremo possa essere accessibile a noi solo se ci fidiamo di un testo sacro o di una tradizione, e sosterrò che ciò è effettivamente probabile. Ma è comunque una possibilità ''pericolosa''. E se il testo o la tradizione in cui confidiamo ci invitassero a scavalcare le nostre convinzioni morali ordinarie, o a rinunciare a tutte le gioie ordinarie che sembravano rendere la vita utile prima che cadessimo sotto il suo dominio? Potrebbe essere terribilmente distruttivo o autodistruttivo per noi fidarci di una visione telica di questo tipo. Tuttavia nessuno dovrebbe, e praticamente nessuno lo fa, riporre fiducia ''cieca'' in una tradizione religiosa. Il tipo di guida che sto prendendo in considerazione non è quella che ci invita ad abbandonare la nostra capacità di ragionamento – l'amico di Alessio aveva ''ragioni'' per fidarsi di lui – e un'ottima ragione per ''dif''fidare di una tradizione religiosa è che violi la propria comprensione di base della moralità. Le opinioni teliche dovrebbero innestarsi su quelle morali. Ciò che è buono per noi in generale dovrebbe essere moralmente buono e dovrebbe aiutarci a capire e raggiungere la morale meglio di prima. Quindi, se qualcuno ci dice che un certo insegnamento ci aiuterà a vedere e raggiungere il punto generale della vita, ma che l'insegnamento avalla crimini orribili, allora abbiamo tutte le prove di cui abbiamo bisogno per ''non'' fidarci: che non è una vera (affidabile) visione del nostro bene. Le persone che commettono terrorismo per promuovere la loro religione potrebbero non vedersi come testimoni contro la verità della loro religione, ma in realtà è ciò che ottengono. Non abbiamo motivo di fidarci di una visione del nostro bene supremo che si scontra irrimediabilmente con le nostre convinzioni sulla bontà morale quotidiana. Tenendo presente questo ''caveat'', possiamo dire che gli insegnamenti rivelati su come vivere possono essere veri se e solo se c'è spazio nell'etica per farci guidare verso una visione radicalmente sconosciuta di cosa valutare nella vita. Ed è molto probabile che sia così se il significato ultimo o generale delle nostre vite è in qualche modo misterioso, non direttamente accessibile a noi quando riflettiamo da soli. Per fare spazio alla nozione di vera rivelazione, dobbiamo quindi capire perché potremmo considerare misterioso il valore della vita e perché, in tal caso, un testo o una tradizione religiosa potrebbe essere il modo migliore per accedervi. Perché la fiducia – la fede – in un libro dovrebbe darci un accesso migliore al significato della nostra vita di quanto possiamo ottenere mediante la nostra ragione indipendente? I prossimi due Capitoli affrontano questa domanda. {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}} {{Avanzamento|100%|1 agosto 2022}} [[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 2]] 1s1dqb2jyj5lxs8axfpp7lojt7nftbr Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 3 0 51823 431104 430857 2022-08-01T15:42:19Z Monozigote 19063 testo wikitext text/x-wiki {{Rivelazione e impegno esistenziale}} [[File:The students a Midreshet Shilat.JPG|540px|thumb|center|Studentesse alla [[w:Midrashah|Midreshet]] [[:en:w:Shilat|Shilat]] (Israele, 2008)]] == IL NOSTRO BENE GENERALE == Che aspetto ha una buona vita umana, nel complesso? Forse possiamo mettere da parte questa domanda per scopi morali – forse ''dobbiamo'' metterla da parte, se vogliamo raggiungere una società pacifica e libera – ma a un certo punto dobbiamo rispondere. O no? Alcune persone, inclusi alcuni filosofi, considerano la domanda sciocca. La vita non è un gioco o uno sport competitivo, dopotutto, con un traguardo da attraversare o punti da accumulare per i nostri risultati. Facciamo solo varie cose e alla fine non ci sono premi per quanto bene le abbiamo fatte. Se "che aspetto ha la buona vita umana?" significa qualcosa come "qual è lo scopo della vita?", allora forse la risposta è "la vita non ha scopo, ed è un errore cercarlo". E "qual è il senso della vita?" o "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" potrebbe non essere migliore. Potremmo rispondere alla prima domanda che la vita non è un simbolo o una scrittura, che debba avere un significato, e alla seconda che non è un oggetto da acquisire, tale da avere un valore. Molti filosofi ci spingerebbero a superare la tentazione di porre queste domande, considerandole sintomi di un'ansia inutile piuttosto che qualcosa che potrebbe avere una buona e soddisfacente risposta. Smetti di fare le domande e troverai la tranquillità che stai cercando, dicono. Solo una persona sull'orlo del suicidio prende sul serio tali domande; le persone sane vedono solo cosa c'è di buono nella vita e non hanno bisogno d'altro per svolgere le loro attività. La nostra pratica confuta i nostri dubbi, si potrebbe dire: fintanto che abbiamo libertà, una certa sicurezza materiale e non siamo perpetratori o vittime di gravi immoralità, abbiamo tutti una vita buona e lo sappiamo mentre la viviamo. {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}} {{Avanzamento|25%|1 agosto 2022}} [[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 3]] qphivm3ayw81phb43femowubnnc0m0v 431118 431104 2022-08-01T16:25:36Z Monozigote 19063 /* IL NOSTRO BENE GENERALE */ testo wikitext text/x-wiki {{Rivelazione e impegno esistenziale}} [[File:The students a Midreshet Shilat.JPG|540px|thumb|center|Studentesse alla [[w:Midrashah|Midreshet]] [[:en:w:Shilat|Shilat]] (Israele, 2008)]] == IL NOSTRO BENE GENERALE == Che aspetto ha una buona vita umana, nel complesso? Forse possiamo mettere da parte questa domanda per scopi morali – forse ''dobbiamo'' metterla da parte, se vogliamo raggiungere una società pacifica e libera – ma a un certo punto dobbiamo rispondere. O no? Alcune persone, inclusi alcuni filosofi, considerano la domanda sciocca. La vita non è un gioco o uno sport competitivo, dopotutto, con un traguardo da attraversare o punti da accumulare per i nostri risultati. Facciamo solo varie cose e alla fine non ci sono premi per quanto bene le abbiamo fatte. Se "che aspetto ha la buona vita umana?" significa qualcosa come "qual è lo scopo della vita?", allora forse la risposta è "la vita non ha scopo, ed è un errore cercarlo". E "qual è il senso della vita?" o "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" potrebbe non essere migliore. Potremmo rispondere alla prima domanda che la vita non è un simbolo o una scrittura, che debba avere un significato, e alla seconda che non è un oggetto da acquisire, tale da avere un valore. Molti filosofi ci spingerebbero a superare la tentazione di porre queste domande, considerandole sintomi di un'ansia inutile piuttosto che qualcosa che potrebbe avere una buona e soddisfacente risposta. Smetti di fare le domande e troverai la tranquillità che stai cercando, dicono. Solo una persona sull'orlo del suicidio prende sul serio tali domande; le persone sane vedono solo cosa c'è di buono nella vita e non hanno bisogno d'altro per svolgere le loro attività. La nostra pratica confuta i nostri dubbi, si potrebbe dire: fintanto che abbiamo libertà, una certa sicurezza materiale e non siamo perpetratori o vittime di gravi immoralità, abbiamo tutti una vita buona e lo sappiamo mentre la viviamo. Ma non è vero che la domanda sulla vita umana buona è quella che può porsi solo una persona sull'orlo del suicidio. Al contrario, tutti noi ci poniamo la domanda, implicitamente o esplicitamente, quando organizziamo i nostri obiettivi e progetti. Si consideri come prendiamo decisioni sulle carriere. Dovrei cercare un lavoro ben pagato in una società di consulenza, o dovrei invece lavorare per una [[w:Organizzazione non governativa|ONG]], o provare a farcela come musicista? Posso scegliere la ONG perché penso che dovrei dedicare la mia vita ad aiutare gli altri, oppure posso perseguire l'opzione musicale perché penso che le persone si prendano cura della propria vita solo se esprimono la propria creatività. Oppure, valutando i lussi che un ampio reddito può apportare, potrei optare per il lavoro ben pagato. Ognuno di questi modi di prendere la mia decisione attingerà da ciò che penso valga la pena fare nella vita: ciò a cui, nel complesso, miro. E se dovessi cambiare idea in seguito, potrei cercare una carriera diversa. È anche probabile che attingerò da considerazioni su una vita utile nella scelta di un coniuge. Anche un appassionato attaccamento erotico non porterà a un matrimonio duraturo se noi due non vogliamo lo stesso tipo di cose dalla vita, non condividiamo impegni religiosi o politici, o apprezziamo l'arte o la vita familiare allo stesso modo. E ancora, se le mie opinioni su argomenti come questi cambiano radicalmente, posso rivalutare il mio matrimonio e terminarlo, o continuarlo solo dopo discussioni e terapia. Va da sé che considerazioni di questo tipo hanno anche un enorme impatto sul modo in cui cresciamo i nostri figli. Quanto è importante per loro prendere lezioni di musica o di ballo? Dovrebbero frequentare una scuola religiosa o è importante, al contrario, che vadano alla scuola pubblica? Poi c'è la domanda su cosa insegniamo a casa. Potremmo rifiutarci di assecondare i desideri dei nostri figli per giocattoli a non finire o vestiti stravaganti, o chiedere loro di leggere determinate cose o di fare volontariato per organizzazioni di beneficenza. Potremmo anche scoraggiarli dall'andare in giro con persone la cui vita pensiamo sia uno spreco, persone che passano tutto il giorno a guardare la TV, diciamo, anche quando consideriamo tali persone oneste e gentili. Oppure ''non'' pensiamo che sia uno spreco passare tutto il giorno davanti alla TV, perché poco importa cosa si fa della propria vita, basta essere onesti e gentili. Ma anche questo è un punto di vista sul valore o sullo scopo della vita: solo è uno per cui la vita ''non'' ha valore o scopo, o ottiene soggettivamente qualsiasi valore abbia dai nostri desideri. Nel prendere decisioni di carriera e coniugali, e nell'allevare i nostri figli, le nostre convinzioni su ciò che rende la vita utile vengono alla ribalta nelle nostre deliberazioni, ma svolgono anche un ruolo di sfondo nelle decisioni quotidiane per il tempo libero — dovrei cercare di migliorare me stesso leggendo filosofia e classici della letteratura, o va bene leggere solo romanzi gialli? — e in alcune delle nostre opinioni politiche: su cosa dovrebbe essere insegnato nelle scuole, o sui finanziamenti del governo per le arti, o se lo stato dovrebbe riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Ciò che è moralmente buono e cattivo non è sufficiente per risolvere questi problemi. Quando mi chiedo se "migliorare me stesso" studiando filosofia e letteratura, non mi chiedo se in tal modo diventerò più gentile o più onesto. E coloro che ritengono doveroso che lo stato riconosca i matrimoni tra persone dello stesso sesso, o sbagliato che lo faccia, di solito giungono a tale punto di vista in virtù della convinzione che condividere la propria vita con un partner erotico sia un elemento fondamentale di una buona vita umana, o che il rispetto dei divieti di una religione o di una tradizione sia essenziale per una buona vita. Pertanto, le domande sul fatto che la vita abbia un significato o uno scopo sono sempre in noi, non solo quando siamo gravemente depressi, anche se le nostre risposte a quella domanda aleggiano sullo sfondo delle nostre decisioni piuttosto che apparire esplicitamente. Anche coloro che affermano di non aver mai pensato a tale domanda, o che ne sono sconvolti o irritati, mostrano opinioni su di essa nelle loro azioni. Possono mostrare una visione in cui la vita ''non'' ha significato o senso e, entro i limiti della moralità, non importa quello che si fa. Ma anche questa è una visione del bene umano complessivo, una risposta alla domanda telica. {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}} {{Avanzamento|25%|1 agosto 2022}} [[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 3]] dckornx9dync0x58qocfvpggzn5phzf 431121 431118 2022-08-01T17:32:24Z Monozigote 19063 /* IL NOSTRO BENE GENERALE */ testo wikitext text/x-wiki {{Rivelazione e impegno esistenziale}} [[File:The students a Midreshet Shilat.JPG|540px|thumb|center|Studentesse alla [[w:Midrashah|Midreshet]] [[:en:w:Shilat|Shilat]] (Israele, 2008)]] == IL NOSTRO BENE GENERALE == Che aspetto ha una buona vita umana, nel complesso? Forse possiamo mettere da parte questa domanda per scopi morali – forse ''dobbiamo'' metterla da parte, se vogliamo raggiungere una società pacifica e libera – ma a un certo punto dobbiamo rispondere. O no? Alcune persone, inclusi alcuni filosofi, considerano la domanda sciocca. La vita non è un gioco o uno sport competitivo, dopotutto, con un traguardo da attraversare o punti da accumulare per i nostri risultati. Facciamo solo varie cose e alla fine non ci sono premi per quanto bene le abbiamo fatte. Se "che aspetto ha la buona vita umana?" significa qualcosa come "qual è lo scopo della vita?", allora forse la risposta è "la vita non ha scopo, ed è un errore cercarlo". E "qual è il senso della vita?" o "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" potrebbe non essere migliore. Potremmo rispondere alla prima domanda che la vita non è un simbolo o una scrittura, che debba avere un significato, e alla seconda che non è un oggetto da acquisire, tale da avere un valore. Molti filosofi ci spingerebbero a superare la tentazione di porre queste domande, considerandole sintomi di un'ansia inutile piuttosto che qualcosa che potrebbe avere una buona e soddisfacente risposta. Smetti di fare le domande e troverai la tranquillità che stai cercando, dicono. Solo una persona sull'orlo del suicidio prende sul serio tali domande; le persone sane vedono solo cosa c'è di buono nella vita e non hanno bisogno d'altro per svolgere le loro attività. La nostra pratica confuta i nostri dubbi, si potrebbe dire: fintanto che abbiamo libertà, una certa sicurezza materiale e non siamo perpetratori o vittime di gravi immoralità, abbiamo tutti una vita buona e lo sappiamo mentre la viviamo. Ma non è vero che la domanda sulla vita umana buona è quella che può porsi solo una persona sull'orlo del suicidio. Al contrario, tutti noi ci poniamo la domanda, implicitamente o esplicitamente, quando organizziamo i nostri obiettivi e progetti. Si consideri come prendiamo decisioni sulle carriere. Dovrei cercare un lavoro ben pagato in una società di consulenza, o dovrei invece lavorare per una [[w:Organizzazione non governativa|ONG]], o provare a farcela come musicista? Posso scegliere la ONG perché penso che dovrei dedicare la mia vita ad aiutare gli altri, oppure posso perseguire l'opzione musicale perché penso che le persone si prendano cura della propria vita solo se esprimono la propria creatività. Oppure, valutando i lussi che un ampio reddito può apportare, potrei optare per il lavoro ben pagato. Ognuno di questi modi di prendere la mia decisione attingerà da ciò che penso valga la pena fare nella vita: ciò a cui, nel complesso, miro. E se dovessi cambiare idea in seguito, potrei cercare una carriera diversa. È anche probabile che attingerò da considerazioni su una vita utile nella scelta di un coniuge. Anche un appassionato attaccamento erotico non porterà a un matrimonio duraturo se noi due non vogliamo lo stesso tipo di cose dalla vita, non condividiamo impegni religiosi o politici, o apprezziamo l'arte o la vita familiare allo stesso modo. E ancora, se le mie opinioni su argomenti come questi cambiano radicalmente, posso rivalutare il mio matrimonio e terminarlo, o continuarlo solo dopo discussioni e terapia. Va da sé che considerazioni di questo tipo hanno anche un enorme impatto sul modo in cui cresciamo i nostri figli. Quanto è importante per loro prendere lezioni di musica o di ballo? Dovrebbero frequentare una scuola religiosa o è importante, al contrario, che vadano alla scuola pubblica? Poi c'è la domanda su cosa insegniamo a casa. Potremmo rifiutarci di assecondare i desideri dei nostri figli per giocattoli a non finire o vestiti stravaganti, o chiedere loro di leggere determinate cose o di fare volontariato per organizzazioni di beneficenza. Potremmo anche scoraggiarli dall'andare in giro con persone la cui vita pensiamo sia uno spreco, persone che passano tutto il giorno a guardare la TV, diciamo, anche quando consideriamo tali persone oneste e gentili. Oppure ''non'' pensiamo che sia uno spreco passare tutto il giorno davanti alla TV, perché poco importa cosa si fa della propria vita, basta essere onesti e gentili. Ma anche questo è un punto di vista sul valore o sullo scopo della vita: solo è uno per cui la vita ''non'' ha valore o scopo, o ottiene soggettivamente qualsiasi valore abbia dai nostri desideri. Nel prendere decisioni di carriera e coniugali, e nell'allevare i nostri figli, le nostre convinzioni su ciò che rende la vita utile vengono alla ribalta nelle nostre deliberazioni, ma svolgono anche un ruolo di sfondo nelle decisioni quotidiane per il tempo libero — dovrei cercare di migliorare me stesso leggendo filosofia e classici della letteratura, o va bene leggere solo romanzi gialli? — e in alcune delle nostre opinioni politiche: su cosa dovrebbe essere insegnato nelle scuole, o sui finanziamenti del governo per le arti, o se lo stato dovrebbe riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Ciò che è moralmente buono e cattivo non è sufficiente per risolvere questi problemi. Quando mi chiedo se "migliorare me stesso" studiando filosofia e letteratura, non mi chiedo se in tal modo diventerò più gentile o più onesto. E coloro che ritengono doveroso che lo stato riconosca i matrimoni tra persone dello stesso sesso, o sbagliato che lo faccia, di solito giungono a tale punto di vista in virtù della convinzione che condividere la propria vita con un partner erotico sia un elemento fondamentale di una buona vita umana, o che il rispetto dei divieti di una religione o di una tradizione sia essenziale per una buona vita. Pertanto, le domande sul fatto che la vita abbia un significato o uno scopo sono sempre in noi, non solo quando siamo gravemente depressi, anche se le nostre risposte a quella domanda aleggiano sullo sfondo delle nostre decisioni piuttosto che apparire esplicitamente. Anche coloro che affermano di non aver mai pensato a tale domanda, o che ne sono sconvolti o irritati, mostrano opinioni su di essa nelle loro azioni. Possono mostrare una visione in cui la vita ''non'' ha significato o senso e, entro i limiti della moralità, non importa quello che si fa. Ma anche questa è una visione del bene umano complessivo, una risposta alla domanda telica. Le nostre risposte alla domanda telica differiscono nettamente. Le persone laiche spesso considerano coloro che dedicano la propria vita alla preghiera o ai rituali religiosi come una perdita di tempo, mentre le persone religiose hanno spesso lo stesso atteggiamento nei confronti di coloro che cercano ciò che è utile nell'arte o nella filosofia secolare. Le persone religiose differiscono anche tra loro su ''quale'' religione, o quale tipo di devozione religiosa, valga veramente la pena di seguire, e le persone laiche differiscono sul fatto che la politica o l'arte o l'amore, o una combinazione di queste cose, renda migliore una vita degna. Non siamo d'accordo su questo argomento tanto quanto lo siamo sulla moralità, anche se potremmo considerare scortese esprimere i nostri disaccordi. È improbabile che io ''dica'' a qualcuno che passa tutto il giorno a guardare la TV che sta sprecando la sua vita, ma posso benissimo pensarlo, e nel pianificare la mia vita sono costretto a prendere una posizione sul suo modo di vivere. Se penso che guardare la TV senza fine sia un modo di vivere perfetto per ''lei/lui'', perché non lo considero abbastanza buono per me? Se penso che il buddhismo sia una religione perfetta per ''te'', perché non lo pratico? Avrò bisogno di opinioni su questi e altri candidati per una buona vita umana se devo determinare quale candidato io stesso preferisco, e tali opinioni comportano inevitabilmente una disapprovazione della vita di alcuni dei miei amici e conoscenti, anche se non lo dico apertamente. Un'importante differenza tra le opinioni teliche è se sono naturalistiche o meno. Alcuni punti di vista telici seguono da vicino i desideri che abbiamo per natura, mentre altri propongono un candidato per la bella vita radicalmente in contrasto con i nostri desideri naturali. Quando i cristiani tradizionali dicono che abbiamo bisogno della salvezza dal peccato, e gli ebrei tradizionali o gli hindu chiedono un certo distacco dai nostri desideri di cibo e sesso, ci chiedono di ''interrompere'' ciò che vogliamo naturalmente. Musulmani, buddhisti e giainisti lanciano la stessa chiamata, anche se in linguaggio diverso. Le religioni rivelate presentano visioni del nostro ''telos'' che si distaccano da ciò che è probabile che escogitiamo per soddisfare i desideri che ci sembrano naturali. Ci invitano a rinunciare a molto di ciò che le nostre facoltà naturali ci portano a volere a favore di un obiettivo il cui valore vedremo, così dicono, solo quando ci impegneremo con loro — una volta che ci trasformeremo secondo il percorso che ci propongono. Possiamo, quindi, apprezzare la loro visione del nostro ''telos'' solo se prima riponiamo una certa fiducia o fede in quella visione. Niente del genere è necessario, nel complesso, per apprezzare le visioni secolari, naturalistiche, del nostro bene. {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}} {{Avanzamento|50%|1 agosto 2022}} [[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 3]] i1pqpx3aa4w8xfafsf714u4qacqjnuv 431122 431121 2022-08-01T21:15:48Z Monozigote 19063 /* IL NOSTRO BENE GENERALE */ testo wikitext text/x-wiki {{Rivelazione e impegno esistenziale}} [[File:The students a Midreshet Shilat.JPG|540px|thumb|center|Studentesse alla [[w:Midrashah|Midreshet]] [[:en:w:Shilat|Shilat]] (Israele, 2008)]] == IL NOSTRO BENE GENERALE == Che aspetto ha una buona vita umana, nel complesso? Forse possiamo mettere da parte questa domanda per scopi morali – forse ''dobbiamo'' metterla da parte, se vogliamo raggiungere una società pacifica e libera – ma a un certo punto dobbiamo rispondere. O no? Alcune persone, inclusi alcuni filosofi, considerano la domanda sciocca. La vita non è un gioco o uno sport competitivo, dopotutto, con un traguardo da attraversare o punti da accumulare per i nostri risultati. Facciamo solo varie cose e alla fine non ci sono premi per quanto bene le abbiamo fatte. Se "che aspetto ha la buona vita umana?" significa qualcosa come "qual è lo scopo della vita?", allora forse la risposta è "la vita non ha scopo, ed è un errore cercarlo". E "qual è il senso della vita?" o "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" potrebbe non essere migliore. Potremmo rispondere alla prima domanda che la vita non è un simbolo o una scrittura, che debba avere un significato, e alla seconda che non è un oggetto da acquisire, tale da avere un valore. Molti filosofi ci spingerebbero a superare la tentazione di porre queste domande, considerandole sintomi di un'ansia inutile piuttosto che qualcosa che potrebbe avere una buona e soddisfacente risposta. Smetti di fare le domande e troverai la tranquillità che stai cercando, dicono. Solo una persona sull'orlo del suicidio prende sul serio tali domande; le persone sane vedono solo cosa c'è di buono nella vita e non hanno bisogno d'altro per svolgere le loro attività. La nostra pratica confuta i nostri dubbi, si potrebbe dire: fintanto che abbiamo libertà, una certa sicurezza materiale e non siamo perpetratori o vittime di gravi immoralità, abbiamo tutti una vita buona e lo sappiamo mentre la viviamo. Ma non è vero che la domanda sulla vita umana buona è quella che può porsi solo una persona sull'orlo del suicidio. Al contrario, tutti noi ci poniamo la domanda, implicitamente o esplicitamente, quando organizziamo i nostri obiettivi e progetti. Si consideri come prendiamo decisioni sulle carriere. Dovrei cercare un lavoro ben pagato in una società di consulenza, o dovrei invece lavorare per una [[w:Organizzazione non governativa|ONG]], o provare a farcela come musicista? Posso scegliere la ONG perché penso che dovrei dedicare la mia vita ad aiutare gli altri, oppure posso perseguire l'opzione musicale perché penso che le persone si prendano cura della propria vita solo se esprimono la propria creatività. Oppure, valutando i lussi che un ampio reddito può apportare, potrei optare per il lavoro ben pagato. Ognuno di questi modi di prendere la mia decisione attingerà da ciò che penso valga la pena fare nella vita: ciò a cui, nel complesso, miro. E se dovessi cambiare idea in seguito, potrei cercare una carriera diversa. È anche probabile che attingerò da considerazioni su una vita utile nella scelta di un coniuge. Anche un appassionato attaccamento erotico non porterà a un matrimonio duraturo se noi due non vogliamo lo stesso tipo di cose dalla vita, non condividiamo impegni religiosi o politici, o apprezziamo l'arte o la vita familiare allo stesso modo. E ancora, se le mie opinioni su argomenti come questi cambiano radicalmente, posso rivalutare il mio matrimonio e terminarlo, o continuarlo solo dopo discussioni e terapia. Va da sé che considerazioni di questo tipo hanno anche un enorme impatto sul modo in cui cresciamo i nostri figli. Quanto è importante per loro prendere lezioni di musica o di ballo? Dovrebbero frequentare una scuola religiosa o è importante, al contrario, che vadano alla scuola pubblica? Poi c'è la domanda su cosa insegniamo a casa. Potremmo rifiutarci di assecondare i desideri dei nostri figli per giocattoli a non finire o vestiti stravaganti, o chiedere loro di leggere determinate cose o di fare volontariato per organizzazioni di beneficenza. Potremmo anche scoraggiarli dall'andare in giro con persone la cui vita pensiamo sia uno spreco, persone che passano tutto il giorno a guardare la TV, diciamo, anche quando consideriamo tali persone oneste e gentili. Oppure ''non'' pensiamo che sia uno spreco passare tutto il giorno davanti alla TV, perché poco importa cosa si fa della propria vita, basta essere onesti e gentili. Ma anche questo è un punto di vista sul valore o sullo scopo della vita: solo è uno per cui la vita ''non'' ha valore o scopo, o ottiene soggettivamente qualsiasi valore abbia dai nostri desideri. Nel prendere decisioni di carriera e coniugali, e nell'allevare i nostri figli, le nostre convinzioni su ciò che rende la vita utile vengono alla ribalta nelle nostre deliberazioni, ma svolgono anche un ruolo di sfondo nelle decisioni quotidiane per il tempo libero — dovrei cercare di migliorare me stesso leggendo filosofia e classici della letteratura, o va bene leggere solo romanzi gialli? — e in alcune delle nostre opinioni politiche: su cosa dovrebbe essere insegnato nelle scuole, o sui finanziamenti del governo per le arti, o se lo stato dovrebbe riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Ciò che è moralmente buono e cattivo non è sufficiente per risolvere questi problemi. Quando mi chiedo se "migliorare me stesso" studiando filosofia e letteratura, non mi chiedo se in tal modo diventerò più gentile o più onesto. E coloro che ritengono doveroso che lo stato riconosca i matrimoni tra persone dello stesso sesso, o sbagliato che lo faccia, di solito giungono a tale punto di vista in virtù della convinzione che condividere la propria vita con un partner erotico sia un elemento fondamentale di una buona vita umana, o che il rispetto dei divieti di una religione o di una tradizione sia essenziale per una buona vita. Pertanto, le domande sul fatto che la vita abbia un significato o uno scopo sono sempre in noi, non solo quando siamo gravemente depressi, anche se le nostre risposte a quella domanda aleggiano sullo sfondo delle nostre decisioni piuttosto che apparire esplicitamente. Anche coloro che affermano di non aver mai pensato a tale domanda, o che ne sono sconvolti o irritati, mostrano opinioni su di essa nelle loro azioni. Possono mostrare una visione in cui la vita ''non'' ha significato o senso e, entro i limiti della moralità, non importa quello che si fa. Ma anche questa è una visione del bene umano complessivo, una risposta alla domanda telica. Le nostre risposte alla domanda telica differiscono nettamente. Le persone laiche spesso considerano coloro che dedicano la propria vita alla preghiera o ai rituali religiosi come una perdita di tempo, mentre le persone religiose hanno spesso lo stesso atteggiamento nei confronti di coloro che cercano ciò che è utile nell'arte o nella filosofia secolare. Le persone religiose differiscono anche tra loro su ''quale'' religione, o quale tipo di devozione religiosa, valga veramente la pena di seguire, e le persone laiche differiscono sul fatto che la politica o l'arte o l'amore, o una combinazione di queste cose, renda migliore una vita degna. Non siamo d'accordo su questo argomento tanto quanto lo siamo sulla moralità, anche se potremmo considerare scortese esprimere i nostri disaccordi. È improbabile che io ''dica'' a qualcuno che passa tutto il giorno a guardare la TV che sta sprecando la sua vita, ma posso benissimo pensarlo, e nel pianificare la mia vita sono costretto a prendere una posizione sul suo modo di vivere. Se penso che guardare la TV senza fine sia un modo di vivere perfetto per ''lei/lui'', perché non lo considero abbastanza buono per me? Se penso che il buddhismo sia una religione perfetta per ''te'', perché non lo pratico? Avrò bisogno di opinioni su questi e altri candidati per una buona vita umana se devo determinare quale candidato io stesso preferisco, e tali opinioni comportano inevitabilmente una disapprovazione della vita di alcuni dei miei amici e conoscenti, anche se non lo dico apertamente. Un'importante differenza tra le opinioni teliche è se sono naturalistiche o meno. Alcuni punti di vista telici seguono da vicino i desideri che abbiamo per natura, mentre altri propongono un candidato per la bella vita radicalmente in contrasto con i nostri desideri naturali. Quando i cristiani tradizionali dicono che abbiamo bisogno della salvezza dal peccato, e gli ebrei tradizionali o gli hindu chiedono un certo distacco dai nostri desideri di cibo e sesso, ci chiedono di ''interrompere'' ciò che vogliamo naturalmente. Musulmani, buddhisti e giainisti lanciano la stessa chiamata, anche se in linguaggio diverso. Le religioni rivelate presentano visioni del nostro ''telos'' che si distaccano da ciò che è probabile che escogitiamo per soddisfare i desideri che ci sembrano naturali. Ci invitano a rinunciare a molto di ciò che le nostre facoltà naturali ci portano a volere a favore di un obiettivo il cui valore vedremo, così dicono, solo quando ci impegneremo con loro — una volta che ci trasformeremo secondo il percorso che ci propongono. Possiamo, quindi, apprezzare la loro visione del nostro ''telos'' solo se prima riponiamo una certa fiducia o fede in quella visione. Niente del genere è necessario, nel complesso, per apprezzare le visioni secolari, naturalistiche, del nostro bene. Il che ci porta a un punto cruciale: i resoconti non naturalistici del nostro bene supremo, sostenuti dalle varie religioni, fanno appello proprio a coloro che temono che la nostra vita condotta naturalmente non valga la pena di essere vissuta. La possibilità che le nostre vite siano vuote e prive di valore è una paura che gli esseri umani hanno avuto per millenni. Lo troviamo nel libro biblico dell'[[w:Qoelet|Ecclesiaste]], per esempio. La fugacità del piacere, la debolezza provocata dall'età, il fatto che gran parte della nostra vita è ripetitiva e dedicata semplicemente al mantenimento della vita stessa – ci manteniamo in vita oggi solo per poterlo rifare domani – e, naturalmente, il travolgente orrore di affrontare ciò che tutte le prove naturali suggeriscono sarà un'eternità di inesistenza: queste cose sono state chiare a persone di tutte le età, e possono facilmente far sembrare inutile tutto ciò che facciamo, e il senso di valore che sperimentiamo quando siamo pieni di gioia o di speranza sembra un'illusione. La filosofia è infatti nata in gran parte come tentativo di dissipare questa paura, di rispondere alle nostre preoccupazioni sulla morte e sulla ripetitività e sulla vacuità del piacere; molti filosofi antichi cercavano soprattutto un'attività che potesse portarci al di là di tutto ciò che è fugace e ripetitivo, sia in questa vita che in un'altra. Per Platone e Aristotele, quell'attività era la conoscenza filosofica. Per altri, è stato il raggiungimento della virtù, o l'unione dei nostri sé individuali con un sé superiore che governa, o è alla base dell'universo. Questi punti di vista hanno permesso di vedere la natura come qualcosa che possiamo amare: qualcosa in cui le nostre vite hanno un senso. Oggi, pochi filosofi trovano plausibili queste opinioni. Ma ciò mette in evidenza il grado in cui ci mancano risorse secolari, puramente naturalistiche, per una visione soddisfacente del nostro ''telos''. Detto questo, quali sono le visioni secolari e naturalistiche più promettenti del nostro ''telos''? E cosa si può dire a loro nome? Se una delle ragioni principali per passare alle affermazioni religiose su questo argomento è la convinzione che quelle non religiose falliscono, dobbiamo iniziare con quelle non religiose e vedere come se la cavano. Li ordinerò in due grandi categorie: # Nella prima categoria ci sono punti di vista su cui una ''particolare sfera'' della vita rende tutto il resto utile. Questo viene fuori quando una persona dice "siamo messi sulla terra per aiutare gli altri" o "l'amore fa girare il mondo". Possiamo anche pensare a coloro che vedono la creazione e l'apprezzamento dell'arte come la cosa più elevata che fanno gli esseri umani, o la crescita della conoscenza come ciò che dà alla nostra specie una ragione per esistere. Altre persone trovano queste concezioni del bene come bigotte o elitarie, ma anche loro possono mettere tutte le loro uova teliche in un paniere e misurare la vita delle persone in base al fatto che allevano figli sani, diciamo, o abbiano una carriera di successo. # Un approccio molto diverso alla buona vita umana è vedere ''tutte'' le sfere di attività che ho elencato come utili, e la bella vita in generale il combinarle — o perché soddisfano le capacità della nostra natura che più richiedono appagamento o perché la felicità consiste nei vari piaceri che concedono, e la felicità è in definitiva ciò che vogliamo. Una variante di questo punto di vista vuole che una vita buona consista nell'ottenere quanto più piacere possibile, da qualunque fonte, o nel soddisfare qualunque preferenza si stabilisca per se stessi. Tutti questi punti di vista collocano la bontà della vita in qualche caratteristica ''generale'' di ciò che facciamo – realizzare le nostre capacità naturali, raggiungere il piacere, soddisfare le nostre preferenze – piuttosto che in una particolare attività. Prendiamo queste categorie una per una. Non cercherò di dimostrare che le concezioni del bene che rientrano in esse sono ''sbagliate'', semplicemente che non possiamo mostrarle ''giuste'' più facilmente di quanto possiamo mostrare quelle di varie visioni religiose. Il punto è mettere in evidenza il grado in cui le opinioni secolari e religiose del bene sono alla pari, per quanto riguarda il loro fondamento: il grado in cui sia le opinioni secolari che quelle religiose, in questo ambito, dipendono da una fede non razionale. Finanche le persone laiche tendono a mantenere un obiettivo per la vita umana – lavorare per la giustizia sociale, trovare un grande amore, creare o apprezzare un'arte profonda e duratura – di fronte all'evidenza empirica che è irraggiungibile o non così meravigliosa, e tacitamente o esplicitamente ripiegare su vari quadri metafisici, non più plausibili dei quadri di una metafisica religiosa, quando le loro pretese empiriche vengono contestate. L'idea in ciò che segue è di abbozzare tali sfide e la risposta metafisica che evocano, indicando nel processo come e perché approcci secolari e naturalistici al bene, in generale, possano essere insostenibili. Sembra nobile quando qualcuno dice che siamo messi sulla terra per aiutare gli altri o per rendere il mondo un posto migliore. Ma può davvero essere abbastanza per rendere una vita degna di essere vissuta? Aiutare gli altri di solito significa assicurarsi che abbiano cibo e riparo adeguati, protezione contro la violenza e un lavoro che consenta loro il rispetto di sé, che abbiano tutte le ''condizioni'' in cui si può vivere una vita libera e piacevole. Ma una volta che si hanno tutte queste cose, ci si deve ancora preoccupare di cosa farne. Supponiamo che tutti abbiano tutte queste cose; supponiamo che l'ingiustizia, la violenza e la povertà non esistessero più e che la maggior parte di noi fosse in grado di evitare gravi malattie e disastri naturali. E poi cosa succede? La domanda sul valore della vita non sorgerebbe ancora più acutamente? In mezzo a minacce urgenti alla vita e alla libertà, possiamo mettere da parte questa domanda; una volta passata l'urgenza, essa ritorna ossessiva. Dire che siamo qui per alleviare la sofferenza degli altri non fa che respingere la domanda per un po'. In una meravigliosa striscia di ''[[w:Charlie Brown|Charlie Brown]]'', un personaggio dice a un altro che siamo stati messi sulla terra per aiutare gli altri, al che quello chiede "e gli altri cosa devono fare?" A volte il punto di vista "siamo qui per aiutare gli altri" assume una forma più politica. Siamo qui, dicono alcuni, per trasformare le nostre istituzioni sociali e politiche in modo tale che tutti possano provare le gioie della libertà, della solidarietà comunitaria e del rispetto reciproco. Una volta che tutte le gerarchie basate su classe, razza o genere saranno distrutte, ci riuniremo in un modo che cambierà la nostra stessa natura, da egoista e individualista a una che è fondamentalmente diretta al bene della nostra specie in totale. Quindi capiremo lo scopo della vita, o non ci preoccuperemo di domande del genere: la domanda stessa potrebbe essere un sintomo del mondo capitalista egocentrico in cui viviamo. Suppongo che qualcosa del genere possa essere vero, ma non ci sono prove che lo sia. I tentativi su larga scala di creare società non classiste, dall'Unione Sovietica al Vietnam e Cuba, non hanno mai portato la maggior parte dei loro membri ad amare la propria vita – o anche solo a provare molta solidarietà comunitaria – e la sensazione che le loro vite bene ordinate e materialmente sicure fossero squallide e inutili è stata una forza importante nella disgregazione di piccole comuni egualitarie come i [[w:kibbutz|kibbutz]] israeliani. Più in generale, utopie politiche di ogni tipo non sono riuscite a riscattare la promessa di trasformazione umana che le ha ispirate. Né l'India semplice e pacifica di Gandhi che vive il meglio delle sue antiche tradizioni, né il piano di Sukarno per l'Indonesia di guidare un Terzo Mondo rivitalizzato, né la comunità ebraica liberale di Herzl che poteva aiutare e ispirare l'intero Medio Oriente si sono avverati, e gli stati a cui diedero origine hanno per la maggior parte deluso amaramente i loro fondatori idealisti. Le persone appassionate del potenziale liberatorio della politica possono dire, dopo ogni simile delusione, che il programma non è stato eseguito correttamente e che in futuro ci riproveranno e avranno successo. Ma dopo un po' affermazioni di questo tipo suonano vuoto e cominciano a sembrare alla fede che le persone religiose ripongono nella venuta di un Messia. L'idea che i programmi politici possano trasformarci a tal punto che non saremo nemmeno più tentati di ricercare il nostro bene finale, smette di sembrare un'affermazione naturalistica, qualcosa che l'evidenza empirica potrebbe supportare o confutare. Diventa invece un articolo di fede, in una forma non migliore delle fedi religiose che i fautori della politica progressista tendono a respingere. Si potrebbe sostenere questo articolo di fede con argomentazioni filosofiche secondo cui gli individui fanno parte di una mente o spirito di gruppo più ampio e possono realizzare il loro potenziale solo quando si identificano con la loro società. Tuttavia, queste affermazioni assomigliano molto alla metafisica di una religione tradizionale, e non hanno un migliore supporto empirico. Non tutti i progressisti fanno tali affermazioni metafisiche, ma ritengo che la maggior parte si basi su di esse implicitamente, quando si aggrappano a una fede che l'identificazione con gli altri ''deve'' dare valore alla vita, di fronte alla forte evidenza del contrario. Allora che dire di "L'amour fait tourner le monde"? Potrebbe essere che le nostre vite ottengano un valore ultimo, o la componente più grande di tal valore, dalle nostre relazioni d'amore? Le persone che dicono cose del genere potrebbero sì parlare di tutti i tipi di amore, ma il tipo di amore che sembra più probabile e a cui miriamo soprattutto, e per compensare le altre difficoltà che subiamo, è ovviamente l'amore erotico. Soprattutto quando lo sperimentiamo per la prima volta, sembra che tutto il resto della nostra abbia valore. Sentiamo di voler condividere tutto con i nostri partner e trovare tutto ciò che facciamo con loro migliorato dall'unione sessuale. La gioia che ci prendiamo l'uno nell'altro sembra intrinsecamente utile in sé e che dia valore a tutto il resto. Ma la maggior parte di noi in seguito ripensa a quell'impressione come a un'illusione, che svanisce una volta che siamo stati con i nostri partner per un po', o ne abbiamo ''provati'' una serie. Ci sono alcune persone che insistono, dopo ogni storia d'amore fallita, che un giorno incontreranno "la perfetta" per loro; queste persone non sono dissimili da coloro che conservano una fede nell'utopia politica. E quella fede può, ancora una volta, essere rafforzata con argomentazioni metafisiche di qualche tipo: forse gli esseri umani hanno un'essenza che si realizza solo quando ci fondiamo sessualmente con un'altra persona. Ma tali argomentazioni rappresentano ancora una volta l'incapacità di trovare prove empiriche per la propria visione del ''telos'' umano. Come per le promesse di utopia politica, anche qui abbiamo qualcosa che a prima vista sembra un obiettivo che può soddisfare le nostre aspirazioni più alte, ma che normalmente vediamo, dopo ulteriori riflessioni e con ulteriori esperienze, come avente un posto molto più monotono nella vita. Ci sono anche eccellenti spiegazioni evolutive per l'illusoria aura di importanza che circonda l'amore erotico. Ha senso che dovremmo essere così presi dall'amore erotico da giovani, e in seguito considerare le potenti affermazioni che promette come un'illusione. È così che la natura ci porta prima a buttarci nella generazione di figli, poi a concentrarci invece sull'allevarli. Non è difficile immaginare ragioni simili per cui all'inizio potremmo considerare i programmi politici radicali come fossero di schiacciante importanza, ma in seguito arriviamo a considerare tale importanza come illusoria — non è difficile immaginare che abbiamo naturalmente la tendenza a favorire le cose che trasformino le nostre comunità quando sono sotto stress, ma anche la tendenza a fare marcia indietro da queste visioni trasformative una volta che le minacce sono recedute e le comunità diventate abbastanza stabili da concentrarsi, ancora una volta, sulle sfide quotidiane. Quindi una combinazione di esperienza quotidiana e spiegazione evolutiva può facilmente minare l'apparente importanza della politica e dell'amore erotico. Se portiamo questo tipo di considerazione per altre possibilità di un'attività specifica che perde valore nel corso della vita, allora anche tali possibilità rapidamente ci sembreranno vuote. Quando siamo immersi nella cura dei bambini piccoli, può sembrare un'attività di suprema importanza, ma di tutte le cose che facciamo nella vita, questa rientra sicuramente sotto il titolo di "mantieni viva la vita in modo che possiamo farla continuare". Ricadiamo subito nella critica di ''Charlie Brown'': se siamo qui sulla terra per crescere i nostri figli, cosa ci fanno qui i nostri figli? Il nostro attaccamento all'educazione dei figli è facilmente spiegabile anche su basi biologiche e dal fatto che qualsiasi società che voglia sopravvivere deve rafforzare questo impulso biologico. {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}} {{Avanzamento|50%|1 agosto 2022}} [[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 3]] i8lkijuckdbtfysjduankk5ceok9vk0 Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Bartholomew-the-Great 0 51873 431106 2022-08-01T15:49:28Z Pufui PcPifpef 7952 Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} == Organo maggiore == [[File:St Bartholomew the Great, West Smithfield, London EC1 - Pulpitum organ.jpg|300px|center]] * '''Costruttore:''' George Pike * '''Anno:''' 1765<ref>strumento costruito per la [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Stephen Walbrook|chiesa di St Stephen in Walbrook]] a Londra, traferito (ad eccezione della cassa) nell'attuale sede nel 1886.</ref> * '''Restauri/mod... wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} == Organo maggiore == [[File:St Bartholomew the Great, West Smithfield, London EC1 - Pulpitum organ.jpg|300px|center]] * '''Costruttore:''' George Pike * '''Anno:''' 1765<ref>strumento costruito per la [[Disposizioni foniche di organi a canne/Regno Unito/Inghilterra/Londra/Londra - St Stephen Walbrook|chiesa di St Stephen in Walbrook]] a Londra, traferito (ad eccezione della cassa) nell'attuale sede nel 1886.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' William Hill & Sons (1886, trasferimento e modifiche), Henry Speechly & Son (1931, rifacimento), Peter Wells (1982-1983, restauro e modifiche) * '''Registri:''' 47 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' elettropneumatica * '''Consolle:''' fissa indipendente, a pavimento nella navata centrale * '''Tastiere:''' 3 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria in controfacciata * '''Note:''' strumento in abbandono dal 2010 {| border="0" cellspacing="18" cellpadding="10" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''I - ''Choir''''' ---- |- |Lieblich Gedackt || 8' |- |Dulciana || 8' |- |Nason Flute || 4' |- |Nasard || 2.2/3' |- |Gemshorn || 2' |- |Tierce || 1.3/5' |- |Krummhorn || 8' |- |Tremulant |- |Trompette || 8' |- |Clarion || 4' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''II - ''Great Organ''''' ---- |- | Double Open Diapason || 16' |- | Open Diapason || 8' |- | Stopped Flute || 8' |- | Principal || 4' |- | Open Flute || 4' |- | Twelfth || 2.2/3' |- | Fifteenth || 2' |- | Block Flöte || 2' |- | Mixture III || 2' |- | Trompette || 8' |- | Clairon || 4' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''III - ''Swell''''' ---- |- | Lieblich Bourdon || 16' |- | Open Diapason || 8' |- | Hohl Flute || 8' |- | Echo Gamba || 8' |- | Voix Celeste || 8' |- | Principal || 4' |- | Fifteenth || 2' |- | Mixture IV || 1.1/3' |- | Oboe || 8' |- | Tremulant |- | Basson || 16' |- |Trumpet || 8' |- |Clarion || 4' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''Pedal''' ---- |- | Double Open Metal || 32' |- | Open Wood || 16' |- | Open Metal || 16' |- | Bourdon || 16' |- | Lieblich Bourdon || 16' |- | Octave Metal || 8' |- | Octave Wood || 8' |- | Bass Flute || 8' |- | Lieblich Flute || 8' |- | Choral Bass || 4' |- | Octave Flute || 4' |- | Mixture III || 2' |- | Bombarde || 16' |- | Trompette || 8' |- | Clarion || 4' |- |} |} == Organo della cappella assiale == * '''Costruttore:''' Mander * '''Anno:''' 1960 circa * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 8 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 1 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' no * '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento {| border="0" cellspacing="18" cellpadding="10" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=3 | '''Manual''' ---- |- |Bourdon || 16' |- |Open Diapason || 8' |- |Stopped Diapason || 8' |- |Principal || 4' |- |Flute || 4' |- |Nazard || 2.2/3' Treble |- |Fifteenth || 2' |- |Piccolo || 2' |- |} |} == Note == <references/> == Altri progetti == {{interprogetto|commons=Category:Organ of St Bartholomew-the-Great|commons_preposizione=sull'|commons_etichetta=organo maggiore|w=Chiesa del Priorato di San Bartolomeo il Grande|w_preposizione=sulla|etichetta=chiesa di San Bartolomeo il Grande a Londra}} == Collegamenti esterni == * {{cita web|url=https://www.greatstbarts.com/worship/music-2/the-story-of-our-organs/|titolo=The story of our organs|sito=geatstbarts.com|lingua=en|accesso=1° agosto 2022}} * {{cita web|url=https://www.npor.org.uk/NPORView.html?RI=D03193|titolo=Middlesex City of London, St. Bartholomew the Great, West Smithfield [D03193]|sito=npor.org.uk|lingua=en|accesso=1° agosto 2022}} * {{cita web|url=https://www.npor.org.uk/NPORView.html?RI=D04811|titolo=Middlesex City of London, St. Bartholomew the Great, West Smithfield [D04811]|sito=npor.org.uk|lingua=en|accesso=1° agosto 2022}} {{Avanzamento|100%|24 dicembre 2020}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] 8ppgwfl8oohtv7gsekbho460ws485q6 Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/Gazzolo - Chiesa di Sant'Antonio di Padova 0 51874 431114 2022-08-01T16:00:09Z Pufui PcPifpef 7952 Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Buerkle * '''Anno:''' seconda metà del XX secolo<ref>installato nella chiesa nel 2011-2012.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 4 * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' sporgente dalla parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 1 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-parallela di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small... wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Buerkle * '''Anno:''' seconda metà del XX secolo<ref>installato nella chiesa nel 2011-2012.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 4 * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' sporgente dalla parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 1 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-parallela di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento nella navata {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Manual''' ---- |- | Gedackt || 8' |- | Rohrflöte || 4' |- | Principal || 2' |- | Quinte || 1.1/3' |- |} |} == Note == <references/> == Collegamenti esterni == * {{cita web|url=https://organibresciani.org/organo.php?ID=605|titolo=Lumezzane (BS) - Organo Bürkle C. XX sec.|sito=organibresciani.org|accesso=1° agosto 2022}} {{Avanzamento|100%|16 ottobre 2015}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] ojvwjfj9qkdmjqrdwocz0bxw03vea65 Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Brescia/Lumezzane/San Sebastiano - Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano 0 51875 431117 2022-08-01T16:10:14Z Pufui PcPifpef 7952 Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Tamburini (''Opus 366'') * '''Anno:''' 1956 * '''Restauri/modifiche:''' Giuseppe Borghi (1992), Luca Biemmi (2010) * '''Registri:''' 43 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' elettrica * '''Consolle:''' mobile indipendente, a pavimento ai piedi del presbiterio * '''Tastiere:''' 3 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<... wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Tamburini (''Opus 366'') * '''Anno:''' 1956 * '''Restauri/modifiche:''' Giuseppe Borghi (1992), Luca Biemmi (2010) * '''Registri:''' 43 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' elettrica * '''Consolle:''' mobile indipendente, a pavimento ai piedi del presbiterio * '''Tastiere:''' 3 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in più corpi: il ''Grand'Organo'' (secondo manuale) e parte del ''Pedale'' sono divisi tra le due cantorie a ridosso delle testate del transetto; il ''Positivo espressivo'' (primo manuale), l<nowiki>'</nowiki>''Espressivo'' e la parte restante del ''Pedale'' si trovano sulla cantoria in controfacciata {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Positivo espressivo''''' ---- |- |Bordone || 16' |- |Flauto armonico || 8' |- |Salicionale || 8' |- |Flauto ottaviante || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Silvestre || 2' |- |Terza || 1.3/5' |- |Cornetto combinato |- |Voce celeste |- |<span style="color:#8b0000;">Cromorno</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Tremolo |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 16' |- |Principale || 8' |- |Flauto dolce || 8' |- |Ottava || 4' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno || 5 file |- |Diapason || 8' |- |Dolce || 8' |- |Diapason || 4' |- |Ripieno || 7 file |- |Unda maris || 8' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Trombina</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''III - ''Espressivo''''' ---- |- |Eufonio || 8' |- |Viola da gamba || 8' |- |Corno di notte || 8' |- |Fugara || 4' |- |Flauto a camino || 4' |- |Flauto in XII || 2.2/3' |- |Pieno || 5 file |- |Coro viole || 4 file |- |<span style="color:#8b0000;">Oboe</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Subbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Bordone || 8' |- |Violoncello || 8' |- |Flauto || 4' |- |Tremolo |- |Contrabbasso || 16' |- |Principale || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Clarone</span> || <span style="color:#8b0000;">4'</span> |- |} |} == Collegamenti esterni == * {{cita web|url=https://organibresciani.org/organo.php?ID=251|titolo=Lumezzane (BS) - Organo Tamburini 1959|sito=organibresciani.org|accesso=1° agosto 2022}} {{Avanzamento|100%|16 ottobre 2015}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] tm1dyj1a8mzy2a1cgvi1z6wbpnf0dco