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Disposizioni foniche di organi a canne
0
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431314
2022-08-07T12:33:56Z
Pufui PcPifpef
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wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3818'''.
== Per il lettore ==
Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro.
Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha.
Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto.
La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento.
== Per il contributore ==
Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti.
Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche.
Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina.
=== Dei titoli ===
I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema:
Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio
Ad esempio:
Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente
Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''.
Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio.
=== Delle tabelle riassuntive ===
Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema:
* '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera
* '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione)
* '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento
* '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2)
* '''Canne:''' numero di canne
* '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi
* '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.)
* '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi
* '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi
* '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi.
Esempio:
* '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'')
* '''Anno:''' 2019-2020
* '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento)
* '''Registri:''' 36
* '''Canne:''' 3.562
* '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri)
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata
Nel caso di ottave scavezze:
* '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale
=== Delle disposizioni foniche ===
* I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale''';
* il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit'';
* nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto''''');
* qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto''''');
* all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>);
* tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>);
* le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>'';
* nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota.
* i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle;
* non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro;
* non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori;
* il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione;
* gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''.
Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''):
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2'
|-
|Flauto a Camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di Gamba || 8'
|-
|Flauto a Cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.1/3'
|-
|Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2'
|-
|Voce Celeste 2 File || 8'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|}
|}
Questa, invece, va bene:
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno acuto 3 file || 1/2'
|-
|Flauto a camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|Tromba || 8' Bassi
|-
|Tromba || 8' Soprani
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di gamba || 8'
|-
|Flauto a cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.3/5'
|-
|Pienino 3 file || 1'
|-
|Voce celeste 2 file || 8'
|-
|Tromba armonica || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Trombone || 16'
|-
|Tromba bassa || 8'
|-
|}
|}
== Libri correlati ==
* {{libro|Organo a canne}}
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
[[Categoria:Musica]]
[[Categoria:Dewey 786]]
{{alfabetico|D}}
{{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}}
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431322
2022-08-07T20:48:49Z
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wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3819'''.
== Per il lettore ==
Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro.
Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha.
Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto.
La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento.
== Per il contributore ==
Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti.
Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche.
Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina.
=== Dei titoli ===
I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema:
Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio
Ad esempio:
Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente
Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''.
Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio.
=== Delle tabelle riassuntive ===
Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema:
* '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera
* '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione)
* '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento
* '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2)
* '''Canne:''' numero di canne
* '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi
* '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.)
* '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi
* '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi
* '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi.
Esempio:
* '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'')
* '''Anno:''' 2019-2020
* '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento)
* '''Registri:''' 36
* '''Canne:''' 3.562
* '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri)
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata
Nel caso di ottave scavezze:
* '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale
=== Delle disposizioni foniche ===
* I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale''';
* il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit'';
* nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto''''');
* qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto''''');
* all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>);
* tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>);
* le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>'';
* nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota.
* i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle;
* non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro;
* non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori;
* il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione;
* gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''.
Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''):
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| colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2'
|-
|Flauto a Camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
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----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di Gamba || 8'
|-
|Flauto a Cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.1/3'
|-
|Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2'
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|Voce Celeste 2 File || 8'
|-
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|Tremolo
|-
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|-
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|-
|Bordone || 16'
|-
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|-
|Ottava || 4'
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|<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span>
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Questa, invece, va bene:
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|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno acuto 3 file || 1/2'
|-
|Flauto a camino || 8'
|-
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|Tromba || 8' Bassi
|-
|Tromba || 8' Soprani
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|Tremolo
|-
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|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di gamba || 8'
|-
|Flauto a cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.3/5'
|-
|Pienino 3 file || 1'
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|-
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|-
|Tremolo
|-
|}
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----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Trombone || 16'
|-
|Tromba bassa || 8'
|-
|}
|}
== Libri correlati ==
* {{libro|Organo a canne}}
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
[[Categoria:Musica]]
[[Categoria:Dewey 786]]
{{alfabetico|D}}
{{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}}
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2022-08-08T11:45:46Z
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3821'''.
== Per il lettore ==
Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro.
Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha.
Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto.
La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento.
== Per il contributore ==
Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti.
Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche.
Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina.
=== Dei titoli ===
I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema:
Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio
Ad esempio:
Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente
Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''.
Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio.
=== Delle tabelle riassuntive ===
Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema:
* '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera
* '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione)
* '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento
* '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2)
* '''Canne:''' numero di canne
* '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi
* '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.)
* '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi
* '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi
* '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi.
Esempio:
* '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'')
* '''Anno:''' 2019-2020
* '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento)
* '''Registri:''' 36
* '''Canne:''' 3.562
* '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri)
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata
Nel caso di ottave scavezze:
* '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale
=== Delle disposizioni foniche ===
* I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale''';
* il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit'';
* nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto''''');
* qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto''''');
* all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>);
* tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>);
* le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>'';
* nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota.
* i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle;
* non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro;
* non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori;
* il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione;
* gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''.
Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''):
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2'
|-
|Flauto a Camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di Gamba || 8'
|-
|Flauto a Cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.1/3'
|-
|Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2'
|-
|Voce Celeste 2 File || 8'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|}
|}
Questa, invece, va bene:
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno acuto 3 file || 1/2'
|-
|Flauto a camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|Tromba || 8' Bassi
|-
|Tromba || 8' Soprani
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di gamba || 8'
|-
|Flauto a cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.3/5'
|-
|Pienino 3 file || 1'
|-
|Voce celeste 2 file || 8'
|-
|Tromba armonica || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Trombone || 16'
|-
|Tromba bassa || 8'
|-
|}
|}
== Libri correlati ==
* {{libro|Organo a canne}}
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
[[Categoria:Musica]]
[[Categoria:Dewey 786]]
{{alfabetico|D}}
{{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}}
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo
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2022-08-07T20:36:47Z
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wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche della provincia di Arezzo raggruppate per comune:
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo|Arezzo]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Anghiari|Anghiari]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Bibbiena|Bibbiena]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Capalona|Capalona]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Chiusi della Verna|Chiusi della Verna]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Civitella in Val di Chiana|Civitella in Val di Chiana]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Cortona|Cortona]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Foiano della Chiana|Foiano della Chiana]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Laterina Pergine Valdarno|Laterina Pergine Valdarno]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Lucignano|Lucignano]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Monte San Savino|Monte San Savino]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Montevarchi|Montevarchi]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Pratovecchio|Pratovecchio]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/San Giovanni Valdarno|San Giovanni Valdarno]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Sanspolcro|Sansepolcro]]
{{Avanzamento|0%|28 gennaio 2015}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France
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2022-08-07T20:54:49Z
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche dell'[[w:Île-de-France|Île-de-France]] raggruppate per dipartimento:
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Parigi|Parigi]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Hauts-de-Seine|Hauts-de-Seine]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Seine-et-Marne|Seine-et-Marne]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise|Val-d'Oise]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Yvelines|Yvelines]]
{{Avanzamento|0%|4 aprile 2015}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Île-de-France]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo
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/* Capoluogo */
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche del comune di [[w:Arezzo|Arezzo]] raggruppate per edificio.
== Capoluogo ==
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Cattedrale dei Santi Pietro e Donato|Cattedrale dei Santi Pietro e Donato]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Basilica di San Domenico|Basilica di San Domenico]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Basilica di San Francesco|Basilica di San Francesco]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Badia delle Sante Flora e Lucilla|Badia delle Sante Flora e Lucilla]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Chiesa del Sacro Cuore e di Santa Teresa Margherita Redi|Chiesa del Sacro Cuore e di Santa Teresa Margherita Redi]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Chiesa della Santissima Annunziata|Chiesa della Santissima Annunziata]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Chiesa della Santissima Trinità|Chiesa della Santissima Trinità]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Chiesa di San Francesco Stigmatizzato in Saione|Chiesa di San Francesco Stigmatizzato in Saione]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Arezzo - Chiesa di Santa Maria della Pieve|Chiesa di Santa Maria della Pieve]]
== Frazioni ==
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Rigutino - Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta|Rigutino - Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta]]
{{Avanzamento|25%|31 marzo 2016}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Abano Terme/Abano Terme - Duomo di San Lorenzo
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431323
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2022-08-07T14:57:36Z
79.54.246.3
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Tamburini
* '''Anno:''' 1967
* '''Restauri/modifiche:''' Tamburini (1975, ampliamento), Bonato (1999, restauro e ampliamento), 2022 (aggiornamento tecnico centralino trasmissivo in consolle e in organo)
* '''Registri:''' 67
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' elettronica
* '''Consolle:''' mobile indipendente
* '''Tastiere:''' 3 di 61 note ciascuna (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in abside
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan="2" | '''I - ''Positivo aperto'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Flauto a camino || 8'
|-
|Flauto a cupside || 4'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|Settima || 1.1/7'
|-
|Piccolo || 1'
|-
|Cimbalo 2 file || 2/3'
|-
|Tromba armonica || 8'
|-
|Cromorno || 8'
|-
|Chamade || 4'-16'
|-
|Voce umana || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan="2" |'''II - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 16'
|-
|Principale || 8'
|-
|Corno di camoscio || 8'
|-
|Flauto traverso || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Terza || 3.1/5'
|-
|Duodecima || 2.2/3'
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|Mixtur 4 file || 2'
|-
|Ripieno 2 file || 1.1/3'
|-
|Ripieno 4 file || 2/3'
|-
|Flauto di concerto || 8' <ref>Trasmesso dal III, espressivo</ref>
|-
|Cornetto 5 file || 8' <ref>da Sol<small>2</small></ref>
|-
|Fagotto || 16'
|-
|Tromba || 8'
|-
|Musette || 16'
|-
|Chamade || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan="2" |'''III - ''Espressivo'''''
----
|-
|Campane
|-
|Viola || 8'
|-
|Voce celeste || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Flauto di concerto || 8' <ref>in propria cassa espressiva</ref>
|-
|Flauto del colle || 4'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Flautino || 2'
|-
|Terza || 1.3/5'
|-
|Larigot || 1.1/3'
|-
|Ripieno 5 file || 1.1/3'
|-
|Espressioni divise <ref>annulla casse espressive dei registri contrassegnati del III</ref>
|-
|Bombarda || 16' <ref>in propria cassa espressiva</ref>
|-
|Tromba || 8' <ref>in propria cassa espressiva</ref>
|-
|Oboe || 8'
|-
|Vox humaine || 8'
|-
|Clarone || 4' <ref>in propria cassa espressiva</ref>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan="2" | '''Pedale'''
----
|-
|Principale || 32' <ref>Acustico nella prima ottava</ref>
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Gran quinta || 10.2/3'
|-
|Basso || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Tiorba 2 file || 3.1/5'-2.2/7'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Flauto || 2'
|-
|Bombarda || 16'
|-
|Tromba || 8'
|-
|Fagotto || 16'
|-
|Baryton || 8'
|-
|Corno di bassetto || 4'
|-
|}
|}
== Note ==
<references/>
== Collegamenti esterni ==
https://sites.google.com/site/ivanfurlanis/home/organi-padovani/abanoterme-duomo
{{Avanzamento|100%|3 maggio 2015}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Monozigote
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/* WIKIBOOKS COMPLETATI E IN CANTIERE */ aggiorn.
wikitext
text/x-wiki
<div class="usermessage" style="background-color:aqua; height: 120px; text-align:center; font-size: large; line-height: 35px;"><font size=6>'''SCRIVO LIBRI CHE MI AIUTANO A PENSARE'''</font><br/>
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</div>
== WIKIBOOKS COMPLETATI E IN CANTIERE ==
<small><div style="color:#990000;">''('''Wikibooks completed and in progress''')''</div></small>
{| class="wikitable"
|-
! Numero d'ordine !![[File:Wikibooks-logo.svg|20px]] '''MIEI WIKIBOOKS''' [[File:Wikibooks-logo.svg|20px]]!! Stage
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| 1 || [[Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo]]
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| 2 || [[Guida maimonidea]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2014|breve}}
|-
| 3<br/><small>''(supplemento al nr. 2)''</small> || [[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2019|breve}}
|-
| 4 || [[Antologia ebraica]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2021|breve}}
|-
| 5 || [[Biografie cristologiche]] ''(Nr. 1 della [[Serie cristologica]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}}
|-
| 6 || [[L'invenzione della scienza|L'invenzione della scienza (ovvero "La laguna aristotelica")]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}}
|-
| 7 || [[Torah per sempre]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2019|breve}}
|-
| 8 || [[Noli me tangere]] ''(Nr. 2 della [[Serie cristologica]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}}
|-
| 9 || [[Non c'è alcun altro]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}}
|-
| 10 || [[Leonardo da Vinci|Leonardo da Vinci - L'espressione del genio]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}}
|-
| 11 || [[Un fico secco|Un fico secco - La maledizione e il giudizio]] ''(Nr. 3 della [[Serie cristologica]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}}
|-
| 12 || [[Infinità e generi|Infinità e generi - L'esistenza dei generi letterari]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}}
|-
| 13 || [[Virtù e legge naturale|Virtù e legge naturale - Connessioni morali ed epistemologiche nell'ebraismo]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}}
|-
| 14 || [[Noia e attività solitarie]] — ''(Nr.4 della [[Serie dei sentimenti]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}}
|-
| 15 || [[Valore della storia|Il valore della Storia - Formati storici e modelli alternativi]]
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| 16 || [[Iconografia intellettuale|Iconografia intellettuale - Filosofi antichi e moderni nelle immagini]]
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| 17 || [[Filosofia dell'amore]] — ''(Nr.1 della [[Serie dei sentimenti]])''
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|-
| 18 || [[Essenza trascendente della santità|Santità - L'essenza trascendente della santità]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}}
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| 19 || [[Pensare Maimonide]] — Raccolta di saggi ''(Nr. 8 della [[Serie maimonidea]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}}
|-
| 20 || [[Ecco l'uomo]] — Gesù da una prospettiva ebraica ''(Nr. 4 della [[Serie cristologica]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2019|breve}}
|-
| 21 || [[Ragionamento sull'assurdo]] — L'assurdità della vita e il Mito di Sisifo ''(Nr.5 della [[Serie dei sentimenti]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2019|breve}}
|-
| 22 || [[Emozioni e percezioni]] — Consapevolezza, memoria, sentimenti e flussi di coscienza ''(Nr.2 della [[Serie dei sentimenti]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}}
|-
| 23 || [[Bellezza naturale]] — La semplice verità: la bellezza della natura migliora la vita ''(Nr.3 della [[Serie dei sentimenti]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}}
|-
| 24 || [[Filosofia dell'amicizia]] — ''(Nr.6 della [[Serie dei sentimenti]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}}
|-
| 25 || [[Thomas Bernhard]] — Monografia poliedrica sullo scrittore austriaco
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2020|breve}}
|-
| 26 || [[Ebrei e Gentili]] — Ebrei e non ebrei secondo Maimonide
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2020|breve}}
|-
| 27 || [[Interpretazione e scrittura dell'Olocausto]] — Narrazioni drammatiche e storiche di una catastrofe
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2020|breve}}
|-
| 28<br/><small>''(supplemento al nr. 25)''</small> || [[La prosa ultima di Thomas Bernhard]] — Comunicazione e speranza di felicità
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}}
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| 29 || [[Eli Eli Lama Sabachthani]]? — Ester e Gesù invocano Dio con lo stesso Salmo ''(Nr. 5 della [[Serie cristologica]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}}
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| 30 || [[Franz Kafka e la metamorfosi ebraica]] — Kafka e crisi d'identità: ''Metamorfosi'' come reazione all'antisemitismo europeo di fine secolo
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}}
|-
| 31 || [[Le strutture basilari del pensiero ebraico]] — Maimonide, Nieto, Luzzatto e i cinque criteri del ricostruzionismo sociale
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}}
|-
| 32 || [[L'Impressionismo di Ernest Hemingway]] — Impressionismo come indicatore critico nella valutazione dello stile letterario hemingueiano
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}}
|-
| 33 || [[Embricazione del trauma in Hemingway]] — Studio della progressione narrativa di Ernest Hemingway in ''Across the River and into the Trees'': testimonianza di un trauma post-bellico
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}}
|-
| 34 || [[Chaim Potok e lo scontro culturale]] — Figli d'Israele: la figura di Giacobbe come tema nei romanzi di Chaim Potok
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}}
|-
| 35 || [[Leonard Cohen e la Cabala ebraica]] — Canzoni e poemi di Leonard Cohen in chiave cabalistica
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}}
|-
| 36 || [[Ebraicità del Cristo incarnato]] — Incarnazione divina nell'antichità ebraica: punti di contatto col cristianesimo
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2020|breve}}
|-
| 37 || [[Boris Pasternak e gli scrittori israeliani]] — ''Il dottor Živago'', la letteratura russo-ebraica e gli intellettuali israeliani (1958-1960)
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2020|breve}}
|-
| 38 || [[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo]] — Possibili immagini del Gesù ebraico: rivelazioni, riflessioni, reazioni
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2020|breve}}
|-
| 39 || [[Cambiamento e transizione nell'Impero Romano]] — Trasformazione nella società romana del III secolo e.v.
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2021|breve}}
|-
| 40 || [[Interpretare Gesù in contesto]] — Ebraismo rabbinico e Nuovo Testamento
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2020|breve}}
|-
| 41 || [[Missione a Israele]] — La chiamata di Gesù e l'annuncio del regno
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}}
|-
| 42 || [[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]] — Divinità contendenti: religione e globalizzazione
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}}
|-
| 43 || [[Messianismo Chabad e la redenzione del mondo]] — Il messaggio messianico di un movimento ebraico moderno
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}}
|-
| 44 || [[Introduzione allo Zohar]] — Gli aspetti profondi del misticismo ebraico nel ''Libro dello Splendore''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2021|breve}}
|-
| 45 || [[Isaac Luria e la preghiera]] — Innovazioni lurianiche nella preghiera ''Shema Yisrael''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2021|breve}}
|-
| 46 || [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo]] — Il Nome santo nelle tradizioni mistiche ebraiche
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2021|breve}}
|-
| 47 || [[Rivelazione e Cabala]] — Crisi della tradizione mistica nella Cabala
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}}
|-
| 48 || [[Storia intellettuale degli ebrei italiani]] — Ebraismo italiano nella prima età moderna
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2021|breve}}
|-
| 49 || [[Abulafia e i segreti della Torah]] — Esoterismo, Cabalismo e Profezia in Abramo Abulafia
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2022|breve}}
|-
| 50 || [[Immagini interpretative del Gesù storico]] — Un ebreo carismatico in Galilea ''(Nr. 10 della [[Serie cristologica]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}}
|-
| 51 || [[La Filigrana Zen di Henry Miller]] — Il lungo percorso interiore di uno scrittore inquieto
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2021|breve}}
|-
| 52 || [[Shoah e identità ebraica]] — L'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2021|breve}}
|-
| 53 || [[Gesù e il problema di una vita]] — ''E voi, chi dite che io sia?'' (Nr. 11 della ''[[Serie cristologica]]'')
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2021|breve}}
|-
| 54 || [[Indagine Post Mortem]] — Accertamento sulla Risurrezione di Gesù (Nr. 12 della ''[[Serie cristologica]]'')
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2021|breve}}
|-
| 55 || [[La Conoscenza del Che]] — Alfred Adler e la psicobiografia di Ernesto "Che" Guevara
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2021|breve}}
|-
| 56 || [[Taumaturgia messianica]] — I Miracoli di Gesù e la Redenzione (Nr. 13 della ''[[Serie cristologica]]'')
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2021|breve}}
|-
| 57 || [[Yeshua e i Goyim]] — Gesù e il futuro escatologico dei Gentili (Nr. 14 della ''[[Serie cristologica]]'')
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2022|breve}}
|-
| 58 || L'[[Interpretazione della realtà]] — Percezioni e consapevolezza individuale
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}}
|-
| 59 || [[Il significato della vita]] — Eudaimonia e lo stato mentale della felicità
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}}
|-
| 60 || [[Esistenzialismo shakespeariano]] — William Shakespeare e la filosofia esistenziale
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}}
|-
| 61 || [[Emozione e immaginazione]] — La forza dell'immaginazione nell'intelletto moderno
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2022|breve}}
|-
| 62 || [[Ascoltare l'anima]] — Emozione oltre la ragione: l'espressione emotiva nelle arti
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2022|breve}}
|-
| 63 || [[Sorpresa]]! — Israele e la Guerra dello Yom Kippur
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2022|breve}}
|-
| 64 || [[Israele – La scelta di un popolo]] — Elezione e Consacrazione nell'Ebraismo
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2022|breve}}
|-
| 65 || [[Storia e memoria]] — Il ruolo del passato nella costruzione dell'identità ebraica
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2022|breve}}
|-
| 66 || [[Nahmanide teologo]] — La teologia di Moshe ben Nachman, il Ramban
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2022|breve}}
|-
| 67 || [[Rivelazione e impegno esistenziale]] — Il testo sacro come guida di vita
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2022|breve}}
|-
| 68 || [[Saeculum Mirabilis]] — Albert Einstein e l'internazionalismo liberale del XX secolo
| style="text-align: center;" | {{Stage|25%|agosto 2022|breve}}
|}
== SERIE & COLLANE ==
* '''''[[Serie cristologica]]'''''
* '''''[[Serie letteratura moderna]]'''''
* '''''[[Serie dei sentimenti]]'''''
* '''''[[Serie misticismo ebraico]]'''''
* '''''[[Serie maimonidea]]'''''
* '''''[[Serie delle interpretazioni]]'''''
<small>''(nella serie su Maimonide in Wikibooks)''</small>
[[File:Maimonides teaching.jpeg|right|160px|Traduzione in ebraico della "Guida dei perplessi" (scritta originalmente in arabo), datata ca. 1347: Miniatura di Maimonide che insegna "la misura dell'uomo"]]
{|class="itwiki_template_babel" style="background:#f2f2ff;border-color:#99B3FF; align:right"
|class="sigla" style="background:transparent;"|[[File:Maimonides stamp 1953.jpg|70px]]
|'''[[Utente:Monozigote/sandbox4|Libri nella Serie maimonidea]]''':<small><br/>1. ''[[Guida maimonidea]]''<br/>2. ''[[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah]]''<br/>3. ''[[Antologia ebraica]]''<br/>4. ''[[Torah per sempre]]''<br/>5. ''[[Non c'è alcun altro]]''<br/>6. ''[[Virtù e legge naturale]]''<br/>7. ''[[Essenza trascendente della santità]]''<br/>8. ''[[Pensare Maimonide]]''<br/>9. ''[[Ebrei e Gentili]]''<br/>10. ''[[Le strutture basilari del pensiero ebraico]]''<br/>11. ''[[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]]''</small>
|}
{{-}}
{{Serie maimonidea}}
{{Serie dei sentimenti}}
{{Serie misticismo ebraico}}
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Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Germania Democratica
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2022-08-07T16:15:26Z
Eumolpo
4673
ortografia
wikitext
text/x-wiki
{{Interpretazione e scrittura dell'Olocausto}}
[[File:Concentration Camp 1, by Berta Rosenbaum Golahny, oil on canvas, 30" x 24".jpg|520px|center|"Concentration Camp 1", di Berta Rosenbaum Golahny]]
<br/>
= La Repubblica Democratica =
Come indicò il direttore della première di ''Bruder Eichmann'' nella Germania dell'Est:
{{q|Dietro il Muro di Berlino vivevamo sotto l'ideologia dell'antifascismo; i fascisti esistevano solo al di fuori dei nostri confini, dall'altra parte: come poteva quel fuorilegge essere mio fratello?<ref>Stillmark, "Brother Eichman: the Story of an Awkward Relationship", p. 1.</ref>}}
Al Deutsches Theater nel 1984 la produzione di [[:de:w:Alexander Stillmark|Alexander Stillmark]] cercò di spezzare la distanza temporale e ideologica tra la Germania nazista e quella orientale contemporanea dalla prima apparizione di Eichmann sul palco. Il dramma era ambientato in un museo immaginario di Eichmann e dell'Olocausto. Su una sedia giaceva la sceneggiatura di Kipphardt. Un giovane turista, l'attore trentenne [[:en:w:Thomas Neumann (actor)|Thomas Neumann]],rimaneva indietro rispetto al resto del gruppo e sfogliando la sceneggiatura abbandonata iniziava ad assumere il ruolo di Eichmann. Stillmark collegava così il passato al presente, la Germania nazista alla Repubblica Democratica. Contraddiceva la narrazione "ufficiale" della resistenza comunista popolare durante la guerra e l'intensa denazificazione successiva. Stillmark presentò ai cittadini della Germania orientale contemporanea un possibile continuum di un passato alienato. Tuttavia, il sottoprodotto di una tale strategia teatrale fu che, come in ''[[:en:w:Patterns of Childhood|Kindheitsmuster]]'', lo spettacolo venne interpretato quale critica della vita sotto il regime socialista contemporaneo:
{{q|Con questa "autoinfezione col linguaggio di Eichmann", con questo autoesame, abbiamo cercato risposte storiche che abbiamo trovato formulate anche nella nostra situazione di stato autoritario... il linguaggio di Eichmann nella bocca di un giovane del presente socialista presentò una figura scomoda, artificiale, e creò una vicinanza spaventosa, fin troppo vicina, creando disagio.<ref>''Ibid.'', p. 2.</ref>}}
Eichmann era davvero diventato fratello del pubblico. Per un pubblico della Germania dell'Est anni ’80, il dramma divenne un esame di vita sotto un regime socialista: indottrinamento, paura di denunce, mancanza di personalità individuale e obbedienza indiscussa allo stato. Kipphardt aveva lasciato la Germania dell'Est nel 1959, disilluso dallo stato socialista. Nel suo diario del 1967 notò:
{{q|Cos'è il male? Il male come categoria storica. La schiavitù – la base delle antiche culture – è ancora oggi sicuramente considerata un male; lavoro acquistato da salari – la base della cultura borghese – presumibilmente apparirà come un male alle generazioni future.<ref>Kipphardt, ''Bruder Eichmann'', p. 168. Dal diario di Kipphardt (26 aprile 1967): "Was ist das Böse? Das Böse als historische Kategorie. Die Sklavenhaltung - Grundlage alter Kulturen - wird heute sicher als böse verworfen, der Kauf von Arbeit gegen Lohn - Grundlage der bürgerlichen Kultur - wird einer späteren Gesellschaft böse erscheinen vermutlich."</ref>}}
Un tale commento suggerisce che il punto di partenza di Kipphardt era vagamente marxista e spiega la tendenza dell'opera teatrale a relativizzare l'atrocità del ventesimo secolo. Indica anche il motivo per cui questa produzione si rivolse in modo così forte al pubblico della Germania orientale al quale era stata originariamente destinata.<ref>Innes, ''Modern German Drama'', p. 73. Kipphardt aveva lasciato la Germania dell'Est nel 1959 dopo il suo licenziamento dal Deutsches Theater per aver rifiutato di dirigere un dramma pro-socilista di [[w:Gustav von Wangenheim|Gustav von Wangenheim]] che egli consederava "inetto".</ref>
Altre produzioni della Germania dell'Est che toccarono il tema del Terzo Reich inclusero lo spettacolo per sola donna di [[:de:w:Manfred Karge|Manfred Karge]], ''Mann an Mann (Uomo a uomo)''<ref>Manfred Karge, ''Man to Man'', trad. {{en}} Tinch Minter e Anthony Vivis, in ''Plays International'' (dicembre 1987), pp. 78-81. Karge, come Kipphardt, aveva lavorato al Berliner Ensemble.</ref> che, nel 1987, fu messo in scena in Europa, tra cui Londra ed Edimburgo. Il dramma si apre negli anni ’30 e racconta la storia di una donna tedesca, Ella, il cui marito, un operatore di gru, muore di cancro. Minacciata dalla miseria, Ella assume l'identità di suo marito, Max, e riesce a ingannare tutti sulla sua vera identità. Karge era stato in parte ispirato da ''[https://books.google.co.uk/books?id=w3oeBQAAQBAJ&pg=PA156&lpg=PA156&dq=The+Job,+In+the+Sweat+of+Thy+Brow+Shalt+Thou+Fail+to+Earn+Thy+Bread&source=bl&ots=VB6kJtLrA6&sig=ACfU3U1w_i6gBdMpRMPrjk3R6kJXQOYj8w&hl=en&sa=X&ved=2ahUKEwic3vr_kvfnAhWOgVwKHXNAAQwQ6AEwBnoECAkQAQ#v=onepage&q=The%20Job%2C%20In%20the%20Sweat%20of%20Thy%20Brow%20Shalt%20Thou%20Fail%20to%20Earn%20Thy%20Bread&f=false Il lavoro]'' e da ''[[w:Un uomo è un uomo|Mann ist Mann (Un uomo è un uomo)]]'', entrambi di Brecht. Si basava anche su una storia apparentemente vera di una donna tedesca che riuscì a impersonare suo marito per almeno sette anni.<ref>Anthony Vivis, "What Karge Is After", in ''Plays International'' (dicembre 1987), p. 77.</ref>
Come indicò [[:en:w:Stephen Unwin|Stephen Unwin]], il regista della produzione della Royal Court di Londra nel 1988, il dramma in realtà riguarda la sopravvivenza — la sopravvivenza tramite il trasferimento di identità, la sopravvivenza mediante l'acquiescenza.<ref>W. Stephen Gilbert, recensione di ''Man to Man'', in ''Plays International'' (febbraio 1988), pp. 26-7.</ref> Ella/Max riesce a guadagnarsi da vivere, ma è alienata dalla sua vera identità. Personificazione della Germania orientale, Ella riflette i cambiamenti e le permutazioni che il paese ha subito sin dalla Repubblica di Weimar. Sopravvive accettando i nazionalsocialisti e i comunisti. Ma sotto ciascun regime, deve comunque nascondere la sua identità e la sua voce.
È importante sottolineare che, al pari di Eichmann, Ella viene presentata come una vittima ed è mediante l'utilizzo dell'identità di Ella quale donna che Karge evidenzia la sua vittimizzazione. La vera Germania è femmina, i nazisti maschi. Ella desidera di nuovo segretamente l'innocenza, il suo soprannome "Biancaneve" risalente ai suoi primi giorni di matrimonio, diventa il filo conduttore del dramma. Quando è costretta ad arruolarsi in un'organizzazione militare, sceglie le SA, perché è l'unico gruppo che non insiste su un controllo medico. Il suo ruolo nel nazionalsocialismo fu quindi involontario. Era una vittima dei tempi.<ref>Karge non fu l'unico scrittore tedesco a usare il [[w:genere (linguistica)|genere]] per decostruire la storia tedesca. Dall'altra parte del confine, ''[[w:Germania pallida madre|Germania pallida madre]]'', film di [[:de:w:Helma Sanders-Brahms|Helma Sanders-Brahms]] del 1980, dipinge l'immagine di una Germania ''femminile'' violentata dai nazisti ''maschili''. Fu una variazione del tedesco ''Väterliteratur'' – uno studio delle figure parentali durante la guerra, al di fuori dell'Olocausto. L'utilizzo del genere fu il mezzo cognitivo più semplice per enfatizzare le vittime della Germania.</ref> Delle altre vittime del nazionalsocialismo, si dice poco.
Karge dà vita con successo a ciò che non era mai stato visto prima sul palcoscenico tedesco – il ''Lumpenproletariat'' – l'elemento beone, incolto, apolitico e irrazionale della società tedesca. La straordinaria caratteristica del ''Lumpenproletariat'' di Karge è la sua riconoscibilità contemporanea: i [[w:neonazismo|neonazisti]]. Fondamentalmente, Karge e Kipphardt scrissero del presente usando l'analogia storica. Sia la produzione Stillmark di ''Bruder Eichmann'' che ''Mann an Mann'' di Karge indagano l'identità tedesca orientale e non necessariamente la storia della Germania orientale prima del 1945. Un altro scrittore della Germania orientale che esplorò gli stessi temi fu [[w:Franz Fühmann|Franz Fühmann]]. Fühmann era stato un convinto nazionalsocialista fino alle sue esperienze sul fronte russo. La sua carriera letteraria iniziò con poesie contro la guerra.<ref>Demetz, ''After the Fires'', p. 111.</ref> Si immerse poi nell'etica comunista ma per la fine degli anni ’60 si era già disilluso. Il suo saggio, ''Der Sturz des Engels (La caduta dell'angelo)'' è un'esposizione sulla sua vita che egli considerava un fallimento. Fu adattato per il palcoscenico da Manfred Weber e prodotto per la prima volta a Vienna nel 1988.<ref>Franz Fühmann, ''The Fallen Angel'', adattato da Manfred Weber, trad. {{en}} Anthony Vivis, Rosica Cohn Ltd., 1990. Ediz. Folio del Bush Theatre di Londra.</ref> Come ''Mann an Mann'', la rappresentazione teatrale traccia il percorso del narratore dal Terzo Reich al comunismo e fino ai giorni nostri. Ancora una volta, si tratta effettivamente delle permutazioni dell'identità della Germania orientale. Karge e Fühmann scrissero della guerra a causa della necessità di comprendere la situazione contemporanea e dipanare l'intrico della propria identità. Espressero la perdita di speranza, di scelta e di opportunità dei tedeschi orientali. In quanto tali, erano rappresentazioni teatrali sul lutto tedesco e non includevano la narrazione ebraica.
== Note ==
<div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4">
<references/></div>
{{Avanzamento|100%|29 febbraio 2020}}
[[Categoria:Interpretazione e scrittura dell'Olocausto|Germania Democratica]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Arzergrande/Arzergrande - Chiesa dell'Annunciazione della Beata Vergine Maria
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2022-08-07T16:02:25Z
Matteovar02org
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wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
*'''Costruttore:''' Michelotto
*'''Anno:''' 1995<ref>reimpiegando il materiale fonico del precedente organo La Fonica del 1955</ref>
*'''Restauri/modifiche:''' No
*'''Registri:''' 34
*'''Canne:''' 1828
*'''Trasmissione:''' elettrica
*'''Consolle:''' indipendente, a fianco all'altare maggiore
*'''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
*'''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
*'''Collocazione:''' in due corpi separati: dietro l'altare maggiore e sopra la bussola d'ingresso
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Principale dolce || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Decima quinta || 2'
|-
|Ripieno 5 file ||
|-
|Flauto || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Sesquialtera || <ref>due file</ref>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Voce umana || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Principale || 8' <ref>fuori cassa espressiva</ref>
|-
|Gamba || 8'
|-
|Salicionale || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Concerto viole || <ref>due file</ref>
|-
|Gran concerto viole || <ref>comb. di Gamba, Salicionale, Concerto Viole</ref>
|-
|Flauto || 4'
|-
|Nazardo || 2'2/3
|-
|Flautino || 2'
|-
|Terza || 1.3/5'
|-
|Ripieno 3 file ||
|-
|<span style="color:#8b0000;">Cromorno</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Campane ||
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Principale || 16' <ref>nel corpo sopra la bussola d'ingresso, fuori cassa espressiva</ref>
|-
|Basso || 8' <ref>nel corpo sopra la bussola d'ingresso, fuori cassa espressiva, prol. del precedente</ref>
|-
|Ottava || 4' <ref>nel corpo sopra la bussola d'ingresso, fuori cassa espressiva, prol. del precedente</ref>
|-
|Violoncello || 8' <ref>nel corpo sopra la bussola d'ingresso, fuori cassa espressiva</ref>
|-
|Subbasso || 16' <ref>nel corpo dietro all'altare maggiore</ref>
|-
|Bordone || 8' <ref>nel corpo dietro all'altare maggiore, prol. del precedente</ref>
|-
|Flauto || 4' <ref>nel corpo dietro all'altare maggiore, prol. del precedente</ref>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> <ref>trasm. dal I°man.</ref>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Clarone</span> || <span style="color:#8b0000;">4'</span> <ref>deriv. dal I°man.</ref>
|-
|Campane || <ref>trasm. dal II°man.</ref>
|-
|}
|}
{{Avanzamento|90%|15 novembre 2021}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Serie delle interpretazioni
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2022-08-07T21:29:43Z
Monozigote
19063
/* WIKIBOOKS DELLA SERIE DELLE INTERPRETAZIONI */ aggiorn.
wikitext
text/x-wiki
[[File:4U 0142+61 paint.jpg|center|845px|Artist’s concept of a fallback disk around pulsar 4U 0142+61]]
== WIKIBOOKS DELLA SERIE DELLE INTERPRETAZIONI==
{| class="wikitable"
|-
! Numero d'ordine !![[File:Wikibooks-logo.svg|30px]] '''SERIE DELLE INTERPRETAZIONI''' [[File:Wikibooks-logo.svg|30px]]!! Stage
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| 1 || '''''[[L'invenzione della scienza|L'invenzione della scienza (ovvero "La laguna aristotelica")]]'''''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}}
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| 2 || '''''[[Leonardo da Vinci|Leonardo da Vinci – L'espressione del genio]]'''''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}}
|-
| 3 || '''''[[Valore della storia|Il valore della Storia – Formati storici e modelli alternativi]]'''''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}}
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| 4 || '''''[[Iconografia intellettuale|Iconografia intellettuale – Filosofi antichi e moderni interpretati dalle immagini]]'''''
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| 5 || '''''[[Interpretazione e scrittura dell'Olocausto ]]''''' – Narrazioni drammatiche e storiche di una catastrofe
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|-
| 6 || '''''[[Interpretare Gesù in contesto ]]''''' – Ebraismo rabbinico e Nuovo Testamento
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2020|breve}}
|-
| 7 || '''''[[Immagini interpretative del Gesù storico]]''''' – Un ebreo carismatico in Galilea
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| 8 || '''''[[Cambiamento e transizione nell'Impero Romano]]''''' – Trasformazione nella società romana del III secolo
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| 9 || '''''[[Interpretazione della realtà]]''''' – Percezioni e consapevolezza individuale
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|-
| 10 || '''''[[Il significato della vita]]''''' – Eudaimonia e lo stato mentale della felicità
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| 11 || '''''[[Esistenzialismo shakespeariano]]''''' – William Shakespeare e la filosofia esistenziale
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| 12 || '''''[[Sorpresa]]!''''' – Israele e la Guerra dello Yom Kippur
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| 13 || '''''[[Storia e memoria]]''''' – Il ruolo del passato nella costruzione dell'identità ebraica
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| 14 || '''''[[Rivelazione e impegno esistenziale]]''''' – Il testo sacro come guida di vita
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|-
| 15 || '''''[[Saeculum Mirabilis]]''''' – Albert Einstein e l'internazionalismo liberale del XX secolo
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[[Categoria:Serie delle interpretazioni]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Arzergrande/Vallonga - Chiesa di San Pietro Apostolo
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2022-08-07T15:48:58Z
Matteovar02org
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wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
*'''Costruttore:''' Michelotto<ref>reimpiegando il materiale fonico del precedente organo Malvestio del 1909</ref>
*'''Anno:''' 2000
*'''Restauri/modifiche:''' No
*'''Registri:''' 27
*'''Canne:''' ?
*'''Trasmissione:''' elettrica
*'''Consolle:''' indipendente, in navata
*'''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
*'''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
*'''Collocazione:''' sopra la bussola d'ingresso in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Decima quinta || 2'
|-
|Ripieno 4 file ||
|-
|Flauto || 8'
|-
|Bordone || 8' <ref> registro trasmesso dal II°man.</ref>
|-
|Flauto || 4'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> <ref>registro trasmesso dal II°man.</ref>
|-
|Voce umana || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Gamba || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Principale || 4'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Nazardo || 2'2/3
|-
|Flautino || 2'
|-
|Terza || 1.3/5'
|-
|Ripieno cembalo ||
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Voce celeste || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Bordone || 8' <ref>registro prolungato dal Subbasso</ref>
|-
|Flauto || 4' <ref>registro prolungato dal precedente</ref>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Controfagotto</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span> <ref>registro prolungato dal II°man.</ref>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> <ref>registro trasmesso dal II°man.</ref>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Chiarina</span> || <span style="color:#8b0000;">4'</span> <ref>registro derivato dal II°man.</ref>
|-
|}
|}
{{Avanzamento|80%|07 agosto 2022}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Candiana/Candiana - Duomo di San Michele Arcangelo
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Matteovar02org
46255
correzione nomenclature registri
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Malvestio
* '''Anno:''' 1936 <ref>reimpiegando il materiale fonico di un precedente organo di scuola veneta settecentesca, già modificato dagli stessi Malvestio nel 1886.</ref>
* '''Restauri/modifiche:''' Giovanni Pugina (1930), Pizzo e Brasson (2004)
* '''Registri:''' 12
* '''Canne:''' 687
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' a finestra
* '''Tastiere:''' 1 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' Parallela di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' a pavimento dietro l'altare maggiore
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Manuale'''
----
|-
|Principale || 16'
|-
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Decima quinta || 2'
|-
|Ripieno I° 2 file ||
|-
|Ripieno II° 2 file ||
|-
|Dulciana|| 8'
|-
|Voce umana || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Tromba || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Bordone || 16'
|-
|Violoncello || 8'
|-
|}
|}
{{Avanzamento|100%|14 aprile 2021}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Rivelazione e impegno esistenziale
0
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2022-08-07T21:28:42Z
Monozigote
19063
libro completato
wikitext
text/x-wiki
<div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.7em;">'''RIVELAZIONE E IMPEGNO ESISTENZIALE'''</span>
<span style="font-size: 1.3em;">''IL TESTO SACRO COME GUIDA DI VITA''</span>
<br/>
''[[Serie delle interpretazioni|Nr. 14 della Serie delle interpretazioni]]''
<br/>
<span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2022'''</span>
<br/>
[[File:BaisMedrashInterior.jpg|550px|center|Scuola rabbinica: Aula Bais Medrash della Yeshiva Ner Yisroel di Baltimora, USA]]
</div>
==Indice==
[[File:V08p532001 Mezuzah.jpg|left|110px|Mezuzah: "Li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte" (Deut.6:9)]]
[[File:A DUTCH CONVERT TO JUDAISM WITH HIS GRANDCHILD IN HIS LAP, STUDYING THE BIBLE ON HIS FARM IN "NAHALAT YITZHAK" TEL AVIV. הולנדי שהתגייר קורא יחד עם נכD836-063.jpg|230px|right|Studio della Torah di generazione in generazione (Fattoria Nahalat Yitzhak, Tel Aviv)]]
'''{{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Copertina|Copertina}}'''
: ● — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Introduzione|Introduzione}}
: 1. — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 1|Verità}}
: 2. — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 2|Etica}}
: 3. — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 3|Il nostro bene}}
: 4. — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 4|Rivelazione}}
: 5. — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 5|Fede e metafisica}}
: 6. — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 6|Testi rivelati}}
: 7. — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 7|Diversità e rispetto}}
: ● — {{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Conclusione|Conclusione}}
'''{{Modulo|Rivelazione e impegno esistenziale/Bibliografia|Bibliografia}}'''
<br/>
[[File:Isaiah Scroll 2.jpg|840px|center|Uno dei [[w:Manoscritti del Mar Morto|Rotoli del Mar Morto]]: il ''Rotolo di Isaia'']]
== PREMESSA ==
Questo libro illustra cosa può significare guidare le proprie decisioni mediante un testo rivelato. Vengono quindi sollevati problemi morali e teologici, insieme alla domanda centrale del perché una persona moderna dovrebbe fidarsi di un libro antico come la [[Torah]] — tutte questioni che il testo affronterà. L'introduzione presenta una sintesi dei capitoli del libro, che si muovono da un'indagine sulla verità e sull'etica, attraverso una distinzione tra il bene morale e il nostro bene generale, a un resoconto del ruolo della Rivelazione nel darci accesso a quest'ultimo.
<div class="usermessage" style="background-color:yellow; height:65px; text-align:center; font-size: 0.9em; color:brown; line-height: 20px;">
'''N.B.:''' Citazioni estese da fonti secondarie in {{Lingue|el|en|fr|la}} sono lasciate nell'originale.<br/>
[[Image:PD-icon.svg|25px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in '''[[w:dominio pubblico|dominio pubblico]]''' tutti i suoi scritti su [[w:Wikibooks|Wikibooks]] [[File:Wikibooks-logo-it.svg|35px|Wikibooks]]
</div>
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie misticismo ebraico}}
[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale| ]]
[[Categoria:Serie delle interpretazioni]]
[[Categoria:Filosofia]]
[[Categoria:Psicologia]]
[[Categoria:Sociologia]]
[[Categoria:Dewey 120]]
[[Categoria:Dewey 150]]
[[Categoria:Dewey 184]]
[[Categoria:Dewey 188]]
{{alfabetico|R}}
{{Avanzamento|100%|7 agosto 2022}}
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Rivelazione e impegno esistenziale/Capitolo 7
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2022-08-07T14:58:48Z
Monozigote
19063
/* DIVERSITÀ E RISPETTO */ testo
wikitext
text/x-wiki
{{Rivelazione e impegno esistenziale}}
[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70?; che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}}
{{Avanzamento|75%|7 agosto 2022}}
[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 7]]
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/* DIVERSITÀ E RISPETTO */ testo
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{{Rivelazione e impegno esistenziale}}
[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70?; che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}}
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[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 7]]
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[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70?; che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
C'è un accenno ancora più forte di tale idea nel [[w:Libro di Giona|libro biblico di Giona]] (letto durante [[w:Yom Kippur|Yom Kippur]], il nostro giorno più santo), dove gli assiri servono come modello di pentimento per gli ebrei. Qualcosa di simile vale per il [[w:Libro di Rut|Libro di Ruth]] (letto anche in una festa religiosa centrale), dove un membro del tanto disprezzato popolo [[w:Moabiti|moabita]] è addotto come un modello di decenza, generosità e lealtà. E il Talmud contiene il bellissimo monito: "Non disprezzare nessuno e nessuna cosa, perché ogni persona ha la sua ora e ogni cosa ha il suo posto" (Avot 4:3), che ho sentito citare da ebrei estremamente devoti per giustificare il rispetto per gli atei. Gli atei hanno la loro "ora" nel compiere opere di amorevolezza, poiché la loro stessa mancanza di fede in Dio può portarli a concentrarsi più intensamente di quanto non facciano i credenti sui bisogni dei loro simili.
Tutti i miei esempi finora, chiaramente, riguardano casi in cui gli ebrei imparano qualcosa di valore ''morale'' da persone al di fuori della loro tradizione. In qualsiasi tradizione religiosa, è più probabile che si guardi al di fuori di quella tradizione per un'intuizione morale che per una visione telica. Sono le intuizioni teliche di una tradizione religiosa che la contraddistinguono, in fondo, e a cui è diretta la fede a cui essa chiama. La moralità è qualcosa che condividiamo per la maggior parte con tutti gli esseri umani. Di conseguenza, possiamo aspettarci di saperne di più da persone di qualsiasi tradizione religiosa. Ma non ci aspettiamo lo stesso per quanto riguarda le nostre convinzioni specificamente religiose.
Tuttavia, altre tradizioni a volte ci insegnano modi di interpretare la nostra visione telica che altrimenti non avremmo incontrato. Ho imparato molto sulla preghiera dalle commoventi benedizioni spontanee che ho sentito offrire da amici cristiani. A livello comunitario, ebrei e cristiani impararono dalla fusione di Aristotele e con la religione rivelata, attuata per la prima volta dai musulmani; in un secondo momento Kant plasmò profondamente il modo in cui gli ebrei arrivarono a comprendere la loro tradizione; recentemente, elementi della pratica hindu e buddhista hanno avuto un impatto su molte comunità religiose americane. Questi prestiti sono possibili perché arriviamo alle nostre varie visioni teliche per lo stesso tipo di ragioni — il desiderio di ordinare i nostri obiettivi, la paura del vuoto e della morte, la convinzione che le vite dedicate al solo piacere saranno vuote — e facciamo uso di strutture metafisiche e morali simili per interpretare quelle visioni. Quindi, anche se ognuno di noi trova una di queste visioni più stimolante, commovente, ecc. rispetto alle altre, e/o la vede più adatta alla sua particolare esperienza di ciò che rende la vita significativa o vuota, condividiamo l'idea che queste sono le ''ragioni giuste'' per fondare un impegno religioso. Possiamo quindi illuminare la comprensione reciproca di queste ragioni. Anche se non condivido la comprensione cristiana della Passione di Gesù, posso essere in grado di vedere qualcosa di prezioso nell'idea della sofferenza vicaria e usare quell'idea per interpretare elementi della mia stessa tradizione. Anche se non condivido la visione buddhista del valore della meditazione, posso imparare qualcosa dall'idea di liberare la mente dai pensieri che distraggono, o di soffermarmi nel momento presente, e quindi incorporare una versione della meditazione nella mia pratica religiosa.
Le religioni possono così imparare l'una dall'altra pur conservando la loro integrità: possono sostenere le loro visioni come la migliore concezione complessiva della buona vita umana pur rispettandosi reciprocamente. Anche nella misura in cui ''non sono d’accordo'', inoltre, possono vedersi come validi correttivi per se stessi. Ogni tradizione religiosa dovrebbe riconoscere che le altre tradizioni servono come un eccellente controllo su come sta rispettando le sue norme di azione e interpretazione. Le critiche alla pratica ebraica avanzate a lungo da cristiani e musulmani, sebbene spesso incomprensibili e distruttive, hanno anche spronato gli ebrei a interpretazioni più ponderate o umane della loro tradizione. Noi ebrei, ad esempio, ci offendiamo quando i non-ebrei ci accusano di essere parrocchiali, ma l'accusa in qualche modo colpisce nel segno e abbiamo sviluppato pratiche più universalistiche in risposta a queste critiche. Le critiche che ebrei e cristiani oggi fanno alle forme violente o illiberali dell'islam, sebbene spesso anche incomprensibili e distruttive, possono avere un effetto simile. E per centinaia di anni, i dibattiti tra hindu e buddhisti nell'Asia meridionale, e confuciani e buddhisti in Cina, hanno plasmato l'autocomprensione di ciascuna di queste tradizioni. Nelle nostre vite individuali, siamo profondamente consapevoli che la paura di sembrare sciocchi, egoisti o crudeli di fronte a un estraneo può portarci a fare sforzi extra per apparire – ed ''essere'' – intelligenti, altruisti e umani. La presenza di estranei alle nostre tradizioni può, e nel migliore dei casi, avere un impatto simile su ogni comunità religiosa. La competizione spirituale può essere utile a tutti i partecipanti a quella competizione: purché la competizione rimanga spirituale e non degeneri in insulto e umiliazione o violenza.
E se la competizione spirituale è preziosa in questo modo, allora ha senso per coloro che pensano che l'universo sia governato da una forza o essere buono, capire la pluralità delle religioni come un flusso dalla volontà di quella forza o essere e che anche le religioni non teistiche considerino i loro ''sparring partner'' come aiutanti a perfezionare e promuovere la loro visione dell'umanità. Ha senso, cioè, che i membri di ciascuna tradizione religiosa considerino buona l'esistenza di altre tradizioni simili e considerino buona ogni altra tradizione purché anch'essa accolga questa diversità. Non abbiamo motivo di rispettare le comunità religiose che uccidono coloro che non sono d'accordo con loro, o cercano di spaventare o manipolare le persone affinché si uniscano alla loro fede. Queste non sono comunità da cui possiamo imparare in un dibattito libero e aperto; sono, invece, distruttivi del dibattito. (Sono anche abbastanza immorali da darci motivo di dubitare che abbiano una visione adeguata del bene per tutta l'umanità.) Ma abbiamo tutte le ragioni per rispettare le comunità che rispettano esse stesse i parametri del dibattito libero e aperto: tutte le ragioni per supporre che potremmo imparare qualcosa da loro. A ''ciascuna'' di queste comunità può essere adattato l'adagio rabbinico che ho citato sopra: "Non disprezzare nessuna comunità, perché ognuna ha la sua ora".
Alcuni potrebbero prendere questi punti per suggerire che alla fine tutte le religioni convergeranno in una. Ma ciò non deve necessariamente essrr vero: le tradizioni religiose possono rimanere distinte per sempre, pur imparando l'una dall'altra. Altri possono accettare questi punti pur credendo che alla fine tutti accetteranno la loro particolare tradizione. Ma anche se alla fine ci uniamo tutti a una tradizione religiosa, quella tradizione potrebbe essere alterata dalla sua interazione con altre tradizioni. Un certo grado di rispetto per le altre religioni può quindi essere apprezzato anche dai monisti. Un cristiano o musulmano che pensa che alla fine tutti dovrebbero diventare cristiani o musulmani può ancora sperare che il cristianesimo e l'islam migliorino da ciò che impara da altre tradizioni. Alla fine, ciò di cui abbiamo più bisogno dai credenti religiosi è il rispetto delle altre religioni, se vogliamo che i loro impegni siano compatibili con i valori morali liberali. E possiamo raggiungerlo anche senza pluralismo.
Il rispetto per le altre religioni può fornire ai credenti un modello su come considerare i non-religiosi. I credenti religiosi possono rispettare le persone secolari sia nel senso che possono vedere queste ultime come dotate di virtù morali, sia nel senso che possono sperare di imparare da pratiche e atteggiamenti secolari, comprese le stesse critiche alla religione che i laicisti fanno. Questo non vuol dire che i credenti religiosi possano considerare i modi di vita secolari buoni quanto i propri. Non si può aggirare il fatto che un credente religioso, a forza dei suoi impegni religiosi, rifiuta implicitamente le opinioni teliche dei laici. Dire che non possiamo trovare adeguatamente un significato o uno scopo nelle nostre vite attraverso le sole nostre facoltà naturali significa dire che le persone laiche, se oneste con se stesse, dovrebbero vedere la vita come priva di significato. Non è esattamente lo stesso che dire che la vita delle persone laiche ''è'' priva di significato. Una persona può sbagliarsi nel modo in cui vede il fine umano pur raggiungendolo. E alcune visioni religiose consentono tuttavia una vita che non è esplicitamente religiosa, per realizzare la volontà di Dio, essere allineati con il ''Tao'', ecc. Una persona che dedica la sua vita al sostegno dei poveri o degli oppressi sta implicitamente imitando Cristo, si potrebbe dire, o partecipando alla santità. Oppure si potrebbero vedere tali fini religiosi realizzati in una vita dedicata all'arte o alla filosofia o alla cura della famiglia. Tuttavia, le persone religiose sono impegnate nell'idea che solo le loro visioni religiose spieghino correttamente ''perché'' queste attività valgono la pena. Non si può rinunciare a questa idea senza rinunciare alla propria religione.
L'idea è, tuttavia, offensiva per molte persone laiche. Sono irritati dal suggerimento che le persone religiose abbiano una comprensione di ciò che rende la vita degna di essere vissuta che a loro manca. La loro offesa è comprensibile, ma la risposta adeguata è un gentile ricordar loro del fatto che le persone laiche sono altrettanto impegnate a rifiutare le opinioni teliche sostenute dalle persone religiose. Non sarebbero laici a meno che non rifiutassero le credenze in Dio, nell'aldilà e simili. Anche se sono abbastanza educati da non esprimere le loro opinioni su questi argomenti alle persone religiose, alla fine devono considerare queste ultime come errate. Spesso, naturalmente, i laici non sono così educati: le persone che dichiarano che la fede in Dio è superstiziosa e infantile non sono certo poche. Ma altri pensano di mostrare rispetto per i credenti religiosi dicendo che capiscono e vogliono sostenere il nostro desiderio di vivere religiosamente — che le nostre pratiche, perché sono importanti per noi, sono altrettanto preziose della loro stessa preoccupazione per l'arte o il calcio o altro. Apprezzano le nostre pratiche religiose come danno valore agli altri stili di vita e credono che tutte le persone dovrebbero essere in grado di perseguire lo stile di vita a cui tengono, purché non feriscano gli altri. Ma si sbagliano se pensano che questo sia davvero rispetto dell'impegno religioso. Poiché quelli di noi che sono religiosi non si vedono come se stessero perseguendo un dato "stile di vita" tra tanti altri, e non lo perseguono solo perché coinvolge i nostri desideri, come altri potrebbero perseguire l'arte o il calcio. Lo perseguiamo perché pensiamo che rappresenti il bene più alto per tutta l'umanità. In effetti, può e spesso prevale su ciò che ci capita di desiderare e ci invita a rinunciare o modificare ciò che ci piacerebbe di più fare. I laicisti del tipo che ho descritto – che cercano di aprirsi alla religione vedendola come uno stile di vita – dovrebbero rendersi conto che stanno implicitamente avallando una visione alternativa del massimo bene umano, che consiste nel perseguire qualsiasi modo di vivere moralmente dignitoso che gli esseri umani decidono di scegliere. In fin dei conti, questa è una visione in conflitto con le concezioni religiose del sommo bene, e i laicisti la approvano proprio nella misura in cui riconducono il valore della vita alla scelta umana e rifiutano l'idea che quel valore potrebbe invece dover essere rivelato da una fonte soprannaturale.
In breve, le persone religiose e laiche devono accettare che le differenze tra loro equivalgono a un disaccordo sulla natura del bene supremo; il rispetto reciproco tra di loro non può dipendere dal risolvere o dissolvere quel disaccordo. Ciò non dovrebbe essere problematico, fintanto che entrambi i gruppi possono trovare ragioni, nonostante il loro disaccordo, per valutare qualcosa di come vive l'altro e per offrire la possibilità che possano imparare l'uno dall'altro. Ed entrambi i gruppi possono, credo, farlo, esattamente come le persone impegnate in una religione possono trovare motivo di rispettare le persone di altre religioni.
In primo luogo, le persone religiose e secolari di integrità e decenza possono avallare le virtù morali reciproche. La moralità, ancora una volta, si basa in gran parte su modalità di intuizione e argomentazione indipendenti dalla religione (deve farlo, se vuole tenere insieme società composte da persone con diversi impegni religiosi), quindi fornisce norme e ideali che religiosi e persone non religiose possono condividere. Ciò che la religione aggiunge alla moralità è una cornice che pone le norme morali e gli ideali sotto una nuova luce, non, tranne in casi marginali, un nuovo contenuto per quelle norme e ideali. Una religione che proclama che l'omicidio, la tortura o lo stupro sono buoni, o che aiuta coloro che soffrono ad essere cattivi, praticamente si impedisce di essere una religione: di non avere realmente una visione del massimo bene umano. Naturalmente, a volte c'è interazione tra le nostre opinioni religiose e morali. Specialmente quando le questioni morali si rivolgono in misura significativa a quelle teliche — quando, ad esempio, stiamo cercando di determinare il vero inizio o la vera fine della vita umana, cosa difficile da fare senza una concezione di ciò che dà valore alla vita umana — persone altrettanto premurose e dignitose possono essere in forte disaccordo sulla loro risoluzione. E le tradizioni religiose attingono pesantemente dalle proprie visioni teliche per le norme che propongono per risolvere tali dibattiti. Ma ci sarà poca differenza tra l'approccio di una persona religiosa e di una persona laica alla maggior parte delle questioni morali.
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[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 7]]
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[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70?; che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
C'è un accenno ancora più forte di tale idea nel [[w:Libro di Giona|libro biblico di Giona]] (letto durante [[w:Yom Kippur|Yom Kippur]], il nostro giorno più santo), dove gli assiri servono come modello di pentimento per gli ebrei. Qualcosa di simile vale per il [[w:Libro di Rut|Libro di Ruth]] (letto anche in una festa religiosa centrale), dove un membro del tanto disprezzato popolo [[w:Moabiti|moabita]] è addotto come un modello di decenza, generosità e lealtà. E il Talmud contiene il bellissimo monito: "Non disprezzare nessuno e nessuna cosa, perché ogni persona ha la sua ora e ogni cosa ha il suo posto" (Avot 4:3), che ho sentito citare da ebrei estremamente devoti per giustificare il rispetto per gli atei. Gli atei hanno la loro "ora" nel compiere opere di amorevolezza, poiché la loro stessa mancanza di fede in Dio può portarli a concentrarsi più intensamente di quanto non facciano i credenti sui bisogni dei loro simili.
Tutti i miei esempi finora, chiaramente, riguardano casi in cui gli ebrei imparano qualcosa di valore ''morale'' da persone al di fuori della loro tradizione. In qualsiasi tradizione religiosa, è più probabile che si guardi al di fuori di quella tradizione per un'intuizione morale che per una visione telica. Sono le intuizioni teliche di una tradizione religiosa che la contraddistinguono, in fondo, e a cui è diretta la fede a cui essa chiama. La moralità è qualcosa che condividiamo per la maggior parte con tutti gli esseri umani. Di conseguenza, possiamo aspettarci di saperne di più da persone di qualsiasi tradizione religiosa. Ma non ci aspettiamo lo stesso per quanto riguarda le nostre convinzioni specificamente religiose.
Tuttavia, altre tradizioni a volte ci insegnano modi di interpretare la nostra visione telica che altrimenti non avremmo incontrato. Ho imparato molto sulla preghiera dalle commoventi benedizioni spontanee che ho sentito offrire da amici cristiani. A livello comunitario, ebrei e cristiani impararono dalla fusione di Aristotele e con la religione rivelata, attuata per la prima volta dai musulmani; in un secondo momento Kant plasmò profondamente il modo in cui gli ebrei arrivarono a comprendere la loro tradizione; recentemente, elementi della pratica hindu e buddhista hanno avuto un impatto su molte comunità religiose americane. Questi prestiti sono possibili perché arriviamo alle nostre varie visioni teliche per lo stesso tipo di ragioni — il desiderio di ordinare i nostri obiettivi, la paura del vuoto e della morte, la convinzione che le vite dedicate al solo piacere saranno vuote — e facciamo uso di strutture metafisiche e morali simili per interpretare quelle visioni. Quindi, anche se ognuno di noi trova una di queste visioni più stimolante, commovente, ecc. rispetto alle altre, e/o la vede più adatta alla sua particolare esperienza di ciò che rende la vita significativa o vuota, condividiamo l'idea che queste sono le ''ragioni giuste'' per fondare un impegno religioso. Possiamo quindi illuminare la comprensione reciproca di queste ragioni. Anche se non condivido la comprensione cristiana della Passione di Gesù, posso essere in grado di vedere qualcosa di prezioso nell'idea della sofferenza vicaria e usare quell'idea per interpretare elementi della mia stessa tradizione. Anche se non condivido la visione buddhista del valore della meditazione, posso imparare qualcosa dall'idea di liberare la mente dai pensieri che distraggono, o di soffermarmi nel momento presente, e quindi incorporare una versione della meditazione nella mia pratica religiosa.
Le religioni possono così imparare l'una dall'altra pur conservando la loro integrità: possono sostenere le loro visioni come la migliore concezione complessiva della buona vita umana pur rispettandosi reciprocamente. Anche nella misura in cui ''non sono d’accordo'', inoltre, possono vedersi come validi correttivi per se stessi. Ogni tradizione religiosa dovrebbe riconoscere che le altre tradizioni servono come un eccellente controllo su come sta rispettando le sue norme di azione e interpretazione. Le critiche alla pratica ebraica avanzate a lungo da cristiani e musulmani, sebbene spesso incomprensibili e distruttive, hanno anche spronato gli ebrei a interpretazioni più ponderate o umane della loro tradizione. Noi ebrei, ad esempio, ci offendiamo quando i non-ebrei ci accusano di essere parrocchiali, ma l'accusa in qualche modo colpisce nel segno e abbiamo sviluppato pratiche più universalistiche in risposta a queste critiche. Le critiche che ebrei e cristiani oggi fanno alle forme violente o illiberali dell'islam, sebbene spesso anche incomprensibili e distruttive, possono avere un effetto simile. E per centinaia di anni, i dibattiti tra hindu e buddhisti nell'Asia meridionale, e confuciani e buddhisti in Cina, hanno plasmato l'autocomprensione di ciascuna di queste tradizioni. Nelle nostre vite individuali, siamo profondamente consapevoli che la paura di sembrare sciocchi, egoisti o crudeli di fronte a un estraneo può portarci a fare sforzi extra per apparire – ed ''essere'' – intelligenti, altruisti e umani. La presenza di estranei alle nostre tradizioni può, e nel migliore dei casi, avere un impatto simile su ogni comunità religiosa. La competizione spirituale può essere utile a tutti i partecipanti a quella competizione: purché la competizione rimanga spirituale e non degeneri in insulto e umiliazione o violenza.
E se la competizione spirituale è preziosa in questo modo, allora ha senso per coloro che pensano che l'universo sia governato da una forza o essere buono, capire la pluralità delle religioni come un flusso dalla volontà di quella forza o essere e che anche le religioni non teistiche considerino i loro ''sparring partner'' come aiutanti a perfezionare e promuovere la loro visione dell'umanità. Ha senso, cioè, che i membri di ciascuna tradizione religiosa considerino buona l'esistenza di altre tradizioni simili e considerino buona ogni altra tradizione purché anch'essa accolga questa diversità. Non abbiamo motivo di rispettare le comunità religiose che uccidono coloro che non sono d'accordo con loro, o cercano di spaventare o manipolare le persone affinché si uniscano alla loro fede. Queste non sono comunità da cui possiamo imparare in un dibattito libero e aperto; sono, invece, distruttivi del dibattito. (Sono anche abbastanza immorali da darci motivo di dubitare che abbiano una visione adeguata del bene per tutta l'umanità.) Ma abbiamo tutte le ragioni per rispettare le comunità che rispettano esse stesse i parametri del dibattito libero e aperto: tutte le ragioni per supporre che potremmo imparare qualcosa da loro. A ''ciascuna'' di queste comunità può essere adattato l'adagio rabbinico che ho citato sopra: "Non disprezzare nessuna comunità, perché ognuna ha la sua ora".
Alcuni potrebbero prendere questi punti per suggerire che alla fine tutte le religioni convergeranno in una. Ma ciò non deve necessariamente essrr vero: le tradizioni religiose possono rimanere distinte per sempre, pur imparando l'una dall'altra. Altri possono accettare questi punti pur credendo che alla fine tutti accetteranno la loro particolare tradizione. Ma anche se alla fine ci uniamo tutti a una tradizione religiosa, quella tradizione potrebbe essere alterata dalla sua interazione con altre tradizioni. Un certo grado di rispetto per le altre religioni può quindi essere apprezzato anche dai monisti. Un cristiano o musulmano che pensa che alla fine tutti dovrebbero diventare cristiani o musulmani può ancora sperare che il cristianesimo e l'islam migliorino da ciò che impara da altre tradizioni. Alla fine, ciò di cui abbiamo più bisogno dai credenti religiosi è il rispetto delle altre religioni, se vogliamo che i loro impegni siano compatibili con i valori morali liberali. E possiamo raggiungerlo anche senza pluralismo.
Il rispetto per le altre religioni può fornire ai credenti un modello su come considerare i non-religiosi. I credenti religiosi possono rispettare le persone secolari sia nel senso che possono vedere queste ultime come dotate di virtù morali, sia nel senso che possono sperare di imparare da pratiche e atteggiamenti secolari, comprese le stesse critiche alla religione che i laicisti fanno. Questo non vuol dire che i credenti religiosi possano considerare i modi di vita secolari buoni quanto i propri. Non si può aggirare il fatto che un credente religioso, a forza dei suoi impegni religiosi, rifiuta implicitamente le opinioni teliche dei laici. Dire che non possiamo trovare adeguatamente un significato o uno scopo nelle nostre vite attraverso le sole nostre facoltà naturali significa dire che le persone laiche, se oneste con se stesse, dovrebbero vedere la vita come priva di significato. Non è esattamente lo stesso che dire che la vita delle persone laiche ''è'' priva di significato. Una persona può sbagliarsi nel modo in cui vede il fine umano pur raggiungendolo. E alcune visioni religiose consentono tuttavia una vita che non è esplicitamente religiosa, per realizzare la volontà di Dio, essere allineati con il ''Tao'', ecc. Una persona che dedica la sua vita al sostegno dei poveri o degli oppressi sta implicitamente imitando Cristo, si potrebbe dire, o partecipando alla santità. Oppure si potrebbero vedere tali fini religiosi realizzati in una vita dedicata all'arte o alla filosofia o alla cura della famiglia. Tuttavia, le persone religiose sono impegnate nell'idea che solo le loro visioni religiose spieghino correttamente ''perché'' queste attività valgono la pena. Non si può rinunciare a questa idea senza rinunciare alla propria religione.
L'idea è, tuttavia, offensiva per molte persone laiche. Sono irritati dal suggerimento che le persone religiose abbiano una comprensione di ciò che rende la vita degna di essere vissuta che a loro manca. La loro offesa è comprensibile, ma la risposta adeguata è un gentile ricordar loro del fatto che le persone laiche sono altrettanto impegnate a rifiutare le opinioni teliche sostenute dalle persone religiose. Non sarebbero laici a meno che non rifiutassero le credenze in Dio, nell'aldilà e simili. Anche se sono abbastanza educati da non esprimere le loro opinioni su questi argomenti alle persone religiose, alla fine devono considerare queste ultime come errate. Spesso, naturalmente, i laici non sono così educati: le persone che dichiarano che la fede in Dio è superstiziosa e infantile non sono certo poche. Ma altri pensano di mostrare rispetto per i credenti religiosi dicendo che capiscono e vogliono sostenere il nostro desiderio di vivere religiosamente — che le nostre pratiche, perché sono importanti per noi, sono altrettanto preziose della loro stessa preoccupazione per l'arte o il calcio o altro. Apprezzano le nostre pratiche religiose come danno valore agli altri stili di vita e credono che tutte le persone dovrebbero essere in grado di perseguire lo stile di vita a cui tengono, purché non feriscano gli altri. Ma si sbagliano se pensano che questo sia davvero rispetto dell'impegno religioso. Poiché quelli di noi che sono religiosi non si vedono come se stessero perseguendo un dato "stile di vita" tra tanti altri, e non lo perseguono solo perché coinvolge i nostri desideri, come altri potrebbero perseguire l'arte o il calcio. Lo perseguiamo perché pensiamo che rappresenti il bene più alto per tutta l'umanità. In effetti, può e spesso prevale su ciò che ci capita di desiderare e ci invita a rinunciare o modificare ciò che ci piacerebbe di più fare. I laicisti del tipo che ho descritto – che cercano di aprirsi alla religione vedendola come uno stile di vita – dovrebbero rendersi conto che stanno implicitamente avallando una visione alternativa del massimo bene umano, che consiste nel perseguire qualsiasi modo di vivere moralmente dignitoso che gli esseri umani decidono di scegliere. In fin dei conti, questa è una visione in conflitto con le concezioni religiose del sommo bene, e i laicisti la approvano proprio nella misura in cui riconducono il valore della vita alla scelta umana e rifiutano l'idea che quel valore potrebbe invece dover essere rivelato da una fonte soprannaturale.
In breve, le persone religiose e laiche devono accettare che le differenze tra loro equivalgono a un disaccordo sulla natura del bene supremo; il rispetto reciproco tra di loro non può dipendere dal risolvere o dissolvere quel disaccordo. Ciò non dovrebbe essere problematico, fintanto che entrambi i gruppi possono trovare ragioni, nonostante il loro disaccordo, per valutare qualcosa di come vive l'altro e per offrire la possibilità che possano imparare l'uno dall'altro. Ed entrambi i gruppi possono, credo, farlo, esattamente come le persone impegnate in una religione possono trovare motivo di rispettare le persone di altre religioni.
In primo luogo, le persone religiose e secolari di integrità e decenza possono avallare le virtù morali reciproche. La moralità, ancora una volta, si basa in gran parte su modalità di intuizione e argomentazione indipendenti dalla religione (deve farlo, se vuole tenere insieme società composte da persone con diversi impegni religiosi), quindi fornisce norme e ideali che religiosi e persone non religiose possono condividere. Ciò che la religione aggiunge alla moralità è una ''cornice'' che pone le norme morali e gli ideali sotto una nuova luce, non, tranne in casi marginali, un nuovo contenuto per quelle norme e ideali. Una religione che proclama che l'omicidio, la tortura o lo stupro sono buoni, o che aiuta coloro che soffrono ad essere cattivi, praticamente si impedisce di essere una religione: di non avere realmente una visione del massimo bene umano. Naturalmente, a volte c'è interazione tra le nostre opinioni religiose e morali. Specialmente quando le questioni morali si rivolgono in misura significativa a quelle teliche — quando, ad esempio, stiamo cercando di determinare il vero inizio o la vera fine della vita umana, cosa difficile da fare senza una concezione di ciò che dà valore alla vita umana — persone altrettanto premurose e dignitose possono essere in forte disaccordo sulla loro risoluzione. E le tradizioni religiose attingono pesantemente dalle proprie visioni teliche per le norme che propongono per risolvere tali dibattiti. Ma ci sarà poca differenza tra l'approccio di una persona religiosa e di una persona laica alla maggior parte delle questioni morali.
Così le persone religiose e quelle laiche possono lavorare insieme su molti progetti morali. È solo che la persona religiosa avrà ragioni un po' diverse per i suoi impegni morali rispetto a una persona secolare. Un cristiano o un ebreo religioso che partecipa a una lotta per i diritti degli immigrati può lavorare al fianco di persone laiche impegnate per la stessa causa, può fare esattamente quello che fanno loro e può fornire molte delle stesse ragioni per le sue azioni: che le persone che sta cercando di aiutare meritano libertà e dignità, che la loro sofferenza giustifica compassione, o che opprimere o ignorare queste persone ci disumanizza. Ma potrebbe aggiungere che il suo scopo ultimo non è vedere i suoi simili solo politicamente liberi e materialmente felici. Spera invece che saranno in grado di utilizzare la loro migliore condizione politica e materiale come mezzo per raggiungere il bene umano ultimo. Oppure vede la lotta per i diritti umani come parte del proprio percorso religioso. Forse considera l'uscita di altri esseri umani dalla sofferenza e dall'oppressione come un mezzo per l'illuminazione buddista, sia per l'oppressore che per la vittima. Oppure può vedere la fine della sofferenza e dell'oppressione come un'espressione del suo amore per Dio e per l'immagine di Dio negli altri. In uno di questi e in molti altri modi la persona religiosa può avere motivo di assumersi i doveri morali come se fossero doveri religiosi, e di rispettare i laici che svolgono quegli stessi doveri. Il religioso e il laico credono entrambi, dopo tutto, nell'importanza della libertà, del benessere e della dignità umana. Hanno semplicemente concezioni diverse di come quei beni si inseriscono nel bene umano generale.
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[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 7]]
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[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70?; che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
C'è un accenno ancora più forte di tale idea nel [[w:Libro di Giona|libro biblico di Giona]] (letto durante [[w:Yom Kippur|Yom Kippur]], il nostro giorno più santo), dove gli assiri servono come modello di pentimento per gli ebrei. Qualcosa di simile vale per il [[w:Libro di Rut|Libro di Ruth]] (letto anche in una festa religiosa centrale), dove un membro del tanto disprezzato popolo [[w:Moabiti|moabita]] è addotto come un modello di decenza, generosità e lealtà. E il Talmud contiene il bellissimo monito: "Non disprezzare nessuno e nessuna cosa, perché ogni persona ha la sua ora e ogni cosa ha il suo posto" (Avot 4:3), che ho sentito citare da ebrei estremamente devoti per giustificare il rispetto per gli atei. Gli atei hanno la loro "ora" nel compiere opere di amorevolezza, poiché la loro stessa mancanza di fede in Dio può portarli a concentrarsi più intensamente di quanto non facciano i credenti sui bisogni dei loro simili.
Tutti i miei esempi finora, chiaramente, riguardano casi in cui gli ebrei imparano qualcosa di valore ''morale'' da persone al di fuori della loro tradizione. In qualsiasi tradizione religiosa, è più probabile che si guardi al di fuori di quella tradizione per un'intuizione morale che per una visione telica. Sono le intuizioni teliche di una tradizione religiosa che la contraddistinguono, in fondo, e a cui è diretta la fede a cui essa chiama. La moralità è qualcosa che condividiamo per la maggior parte con tutti gli esseri umani. Di conseguenza, possiamo aspettarci di saperne di più da persone di qualsiasi tradizione religiosa. Ma non ci aspettiamo lo stesso per quanto riguarda le nostre convinzioni specificamente religiose.
Tuttavia, altre tradizioni a volte ci insegnano modi di interpretare la nostra visione telica che altrimenti non avremmo incontrato. Ho imparato molto sulla preghiera dalle commoventi benedizioni spontanee che ho sentito offrire da amici cristiani. A livello comunitario, ebrei e cristiani impararono dalla fusione di Aristotele e con la religione rivelata, attuata per la prima volta dai musulmani; in un secondo momento Kant plasmò profondamente il modo in cui gli ebrei arrivarono a comprendere la loro tradizione; recentemente, elementi della pratica hindu e buddhista hanno avuto un impatto su molte comunità religiose americane. Questi prestiti sono possibili perché arriviamo alle nostre varie visioni teliche per lo stesso tipo di ragioni — il desiderio di ordinare i nostri obiettivi, la paura del vuoto e della morte, la convinzione che le vite dedicate al solo piacere saranno vuote — e facciamo uso di strutture metafisiche e morali simili per interpretare quelle visioni. Quindi, anche se ognuno di noi trova una di queste visioni più stimolante, commovente, ecc. rispetto alle altre, e/o la vede più adatta alla sua particolare esperienza di ciò che rende la vita significativa o vuota, condividiamo l'idea che queste sono le ''ragioni giuste'' per fondare un impegno religioso. Possiamo quindi illuminare la comprensione reciproca di queste ragioni. Anche se non condivido la comprensione cristiana della Passione di Gesù, posso essere in grado di vedere qualcosa di prezioso nell'idea della sofferenza vicaria e usare quell'idea per interpretare elementi della mia stessa tradizione. Anche se non condivido la visione buddhista del valore della meditazione, posso imparare qualcosa dall'idea di liberare la mente dai pensieri che distraggono, o di soffermarmi nel momento presente, e quindi incorporare una versione della meditazione nella mia pratica religiosa.
Le religioni possono così imparare l'una dall'altra pur conservando la loro integrità: possono sostenere le loro visioni come la migliore concezione complessiva della buona vita umana pur rispettandosi reciprocamente. Anche nella misura in cui ''non sono d’accordo'', inoltre, possono vedersi come validi correttivi per se stessi. Ogni tradizione religiosa dovrebbe riconoscere che le altre tradizioni servono come un eccellente controllo su come sta rispettando le sue norme di azione e interpretazione. Le critiche alla pratica ebraica avanzate a lungo da cristiani e musulmani, sebbene spesso incomprensibili e distruttive, hanno anche spronato gli ebrei a interpretazioni più ponderate o umane della loro tradizione. Noi ebrei, ad esempio, ci offendiamo quando i non-ebrei ci accusano di essere parrocchiali, ma l'accusa in qualche modo colpisce nel segno e abbiamo sviluppato pratiche più universalistiche in risposta a queste critiche. Le critiche che ebrei e cristiani oggi fanno alle forme violente o illiberali dell'islam, sebbene spesso anche incomprensibili e distruttive, possono avere un effetto simile. E per centinaia di anni, i dibattiti tra hindu e buddhisti nell'Asia meridionale, e confuciani e buddhisti in Cina, hanno plasmato l'autocomprensione di ciascuna di queste tradizioni. Nelle nostre vite individuali, siamo profondamente consapevoli che la paura di sembrare sciocchi, egoisti o crudeli di fronte a un estraneo può portarci a fare sforzi extra per apparire – ed ''essere'' – intelligenti, altruisti e umani. La presenza di estranei alle nostre tradizioni può, e nel migliore dei casi, avere un impatto simile su ogni comunità religiosa. La competizione spirituale può essere utile a tutti i partecipanti a quella competizione: purché la competizione rimanga spirituale e non degeneri in insulto e umiliazione o violenza.
E se la competizione spirituale è preziosa in questo modo, allora ha senso per coloro che pensano che l'universo sia governato da una forza o essere buono, capire la pluralità delle religioni come un flusso dalla volontà di quella forza o essere e che anche le religioni non teistiche considerino i loro ''sparring partner'' come aiutanti a perfezionare e promuovere la loro visione dell'umanità. Ha senso, cioè, che i membri di ciascuna tradizione religiosa considerino buona l'esistenza di altre tradizioni simili e considerino buona ogni altra tradizione purché anch'essa accolga questa diversità. Non abbiamo motivo di rispettare le comunità religiose che uccidono coloro che non sono d'accordo con loro, o cercano di spaventare o manipolare le persone affinché si uniscano alla loro fede. Queste non sono comunità da cui possiamo imparare in un dibattito libero e aperto; sono, invece, distruttivi del dibattito. (Sono anche abbastanza immorali da darci motivo di dubitare che abbiano una visione adeguata del bene per tutta l'umanità.) Ma abbiamo tutte le ragioni per rispettare le comunità che rispettano esse stesse i parametri del dibattito libero e aperto: tutte le ragioni per supporre che potremmo imparare qualcosa da loro. A ''ciascuna'' di queste comunità può essere adattato l'adagio rabbinico che ho citato sopra: "Non disprezzare nessuna comunità, perché ognuna ha la sua ora".
Alcuni potrebbero prendere questi punti per suggerire che alla fine tutte le religioni convergeranno in una. Ma ciò non deve necessariamente essrr vero: le tradizioni religiose possono rimanere distinte per sempre, pur imparando l'una dall'altra. Altri possono accettare questi punti pur credendo che alla fine tutti accetteranno la loro particolare tradizione. Ma anche se alla fine ci uniamo tutti a una tradizione religiosa, quella tradizione potrebbe essere alterata dalla sua interazione con altre tradizioni. Un certo grado di rispetto per le altre religioni può quindi essere apprezzato anche dai monisti. Un cristiano o musulmano che pensa che alla fine tutti dovrebbero diventare cristiani o musulmani può ancora sperare che il cristianesimo e l'islam migliorino da ciò che impara da altre tradizioni. Alla fine, ciò di cui abbiamo più bisogno dai credenti religiosi è il rispetto delle altre religioni, se vogliamo che i loro impegni siano compatibili con i valori morali liberali. E possiamo raggiungerlo anche senza pluralismo.
Il rispetto per le altre religioni può fornire ai credenti un modello su come considerare i non-religiosi. I credenti religiosi possono rispettare le persone secolari sia nel senso che possono vedere queste ultime come dotate di virtù morali, sia nel senso che possono sperare di imparare da pratiche e atteggiamenti secolari, comprese le stesse critiche alla religione che i laicisti fanno. Questo non vuol dire che i credenti religiosi possano considerare i modi di vita secolari buoni quanto i propri. Non si può aggirare il fatto che un credente religioso, a forza dei suoi impegni religiosi, rifiuta implicitamente le opinioni teliche dei laici. Dire che non possiamo trovare adeguatamente un significato o uno scopo nelle nostre vite attraverso le sole nostre facoltà naturali significa dire che le persone laiche, se oneste con se stesse, dovrebbero vedere la vita come priva di significato. Non è esattamente lo stesso che dire che la vita delle persone laiche ''è'' priva di significato. Una persona può sbagliarsi nel modo in cui vede il fine umano pur raggiungendolo. E alcune visioni religiose consentono tuttavia una vita che non è esplicitamente religiosa, per realizzare la volontà di Dio, essere allineati con il ''Tao'', ecc. Una persona che dedica la sua vita al sostegno dei poveri o degli oppressi sta implicitamente imitando Cristo, si potrebbe dire, o partecipando alla santità. Oppure si potrebbero vedere tali fini religiosi realizzati in una vita dedicata all'arte o alla filosofia o alla cura della famiglia. Tuttavia, le persone religiose sono impegnate nell'idea che solo le loro visioni religiose spieghino correttamente ''perché'' queste attività valgono la pena. Non si può rinunciare a questa idea senza rinunciare alla propria religione.
L'idea è, tuttavia, offensiva per molte persone laiche. Sono irritati dal suggerimento che le persone religiose abbiano una comprensione di ciò che rende la vita degna di essere vissuta che a loro manca. La loro offesa è comprensibile, ma la risposta adeguata è un gentile ricordar loro del fatto che le persone laiche sono altrettanto impegnate a rifiutare le opinioni teliche sostenute dalle persone religiose. Non sarebbero laici a meno che non rifiutassero le credenze in Dio, nell'aldilà e simili. Anche se sono abbastanza educati da non esprimere le loro opinioni su questi argomenti alle persone religiose, alla fine devono considerare queste ultime come errate. Spesso, naturalmente, i laici non sono così educati: le persone che dichiarano che la fede in Dio è superstiziosa e infantile non sono certo poche. Ma altri pensano di mostrare rispetto per i credenti religiosi dicendo che capiscono e vogliono sostenere il nostro desiderio di vivere religiosamente — che le nostre pratiche, perché sono importanti per noi, sono altrettanto preziose della loro stessa preoccupazione per l'arte o il calcio o altro. Apprezzano le nostre pratiche religiose come danno valore agli altri stili di vita e credono che tutte le persone dovrebbero essere in grado di perseguire lo stile di vita a cui tengono, purché non feriscano gli altri. Ma si sbagliano se pensano che questo sia davvero rispetto dell'impegno religioso. Poiché quelli di noi che sono religiosi non si vedono come se stessero perseguendo un dato "stile di vita" tra tanti altri, e non lo perseguono solo perché coinvolge i nostri desideri, come altri potrebbero perseguire l'arte o il calcio. Lo perseguiamo perché pensiamo che rappresenti il bene più alto per tutta l'umanità. In effetti, può e spesso prevale su ciò che ci capita di desiderare e ci invita a rinunciare o modificare ciò che ci piacerebbe di più fare. I laicisti del tipo che ho descritto – che cercano di aprirsi alla religione vedendola come uno stile di vita – dovrebbero rendersi conto che stanno implicitamente avallando una visione alternativa del massimo bene umano, che consiste nel perseguire qualsiasi modo di vivere moralmente dignitoso che gli esseri umani decidono di scegliere. In fin dei conti, questa è una visione in conflitto con le concezioni religiose del sommo bene, e i laicisti la approvano proprio nella misura in cui riconducono il valore della vita alla scelta umana e rifiutano l'idea che quel valore potrebbe invece dover essere rivelato da una fonte soprannaturale.
In breve, le persone religiose e laiche devono accettare che le differenze tra loro equivalgono a un disaccordo sulla natura del bene supremo; il rispetto reciproco tra di loro non può dipendere dal risolvere o dissolvere quel disaccordo. Ciò non dovrebbe essere problematico, fintanto che entrambi i gruppi possono trovare ragioni, nonostante il loro disaccordo, per valutare qualcosa di come vive l'altro e per offrire la possibilità che possano imparare l'uno dall'altro. Ed entrambi i gruppi possono, credo, farlo, esattamente come le persone impegnate in una religione possono trovare motivo di rispettare le persone di altre religioni.
In primo luogo, le persone religiose e secolari di integrità e decenza possono avallare le virtù morali reciproche. La moralità, ancora una volta, si basa in gran parte su modalità di intuizione e argomentazione indipendenti dalla religione (deve farlo, se vuole tenere insieme società composte da persone con diversi impegni religiosi), quindi fornisce norme e ideali che religiosi e persone non religiose possono condividere. Ciò che la religione aggiunge alla moralità è una ''cornice'' che pone le norme morali e gli ideali sotto una nuova luce, non, tranne in casi marginali, un nuovo contenuto per quelle norme e ideali. Una religione che proclama che l'omicidio, la tortura o lo stupro sono buoni, o che aiuta coloro che soffrono ad essere cattivi, praticamente si impedisce di essere una religione: di non avere realmente una visione del massimo bene umano. Naturalmente, a volte c'è interazione tra le nostre opinioni religiose e morali. Specialmente quando le questioni morali si rivolgono in misura significativa a quelle teliche — quando, ad esempio, stiamo cercando di determinare il vero inizio o la vera fine della vita umana, cosa difficile da fare senza una concezione di ciò che dà valore alla vita umana — persone altrettanto premurose e dignitose possono essere in forte disaccordo sulla loro risoluzione. E le tradizioni religiose attingono pesantemente dalle proprie visioni teliche per le norme che propongono per risolvere tali dibattiti. Ma ci sarà poca differenza tra l'approccio di una persona religiosa e di una persona laica alla maggior parte delle questioni morali.
Così le persone religiose e quelle laiche possono lavorare insieme su molti progetti morali. È solo che la persona religiosa avrà ragioni un po' diverse per i suoi impegni morali rispetto a una persona secolare. Un cristiano o un ebreo religioso che partecipa a una lotta per i diritti degli immigrati può lavorare al fianco di persone laiche impegnate per la stessa causa, può fare esattamente quello che fanno loro e può fornire molte delle stesse ragioni per le sue azioni: che le persone che sta cercando di aiutare meritano libertà e dignità, che la loro sofferenza giustifica compassione, o che opprimere o ignorare queste persone ci disumanizza. Ma potrebbe aggiungere che il suo scopo ultimo non è vedere i suoi simili solo politicamente liberi e materialmente felici. Spera invece che saranno in grado di utilizzare la loro migliore condizione politica e materiale come mezzo per raggiungere il bene umano ultimo. Oppure vede la lotta per i diritti umani come parte del proprio percorso religioso. Forse considera l'uscita di altri esseri umani dalla sofferenza e dall'oppressione come un mezzo per l'illuminazione buddhista, sia per l'oppressore che per la vittima. Oppure può vedere la fine della sofferenza e dell'oppressione come un'espressione del suo amore per Dio e per l'immagine di Dio negli altri. In uno di questi e in molti altri modi la persona religiosa può avere motivo di assumersi i doveri morali come se fossero doveri religiosi, e di rispettare i laici che svolgono quegli stessi doveri. Il religioso e il laico credono entrambi, dopo tutto, nell'importanza della libertà, del benessere e della dignità umana. Hanno semplicemente concezioni diverse di come quei beni si inseriscono nel bene umano generale.
Ma anche nel reame telico, c'è molto che una persona religiosa e una laica condivideranno. Dopotutto, gli esseri umani giungono a qualunque opinione ritengano del bene supremo per l'umanità dalle stesse domande e intuizioni. Condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano globale e condividiamo molte intuizioni su quali tipi di attività dovrebbero figurare in un resoconto plausibile di quel bene. Ciò fornisce un modo diretto e indiretto per le persone secolari e religiose di imparare gli uni dagli altri.
Il fatto che condividiamo le intuizioni teliche implica direttamente che possiamo imparare gli uni dagli altri. L'aristotelico, il marxista e il devoto cristiano saranno tutti d'accordo sul fatto che crescere i figli sia un grande bene umano, anche se l'aristotelico vede questo bene come opportunamente orientato all'educazione della prossima generazione alla virtù, il marxista lo vede come propriamente orientato alla costruzione di un società senza classi, e il cristiano pensa che idealmente dovrebbe condurre i propri figli a Gesù. Questi sono forti disaccordi, ma sorgono da un punto di partenza concorde, e anche quando non vengono risolti, l'aristotelico, il marxista e il cristiano possono insegnarsi a vicenda aspetti della buona educazione dei figli. Molti di noi che non sono marxisti hanno comunque imparato da loro l'importanza delle procedure egualitarie all'interno della famiglia, e molti che non sono cristiani hanno comunque imparato dal culto cristiano della famiglia il valore della condivisione dei propri ideali con i propri figli. Questo non vuol dire negare che a volte vediamo le opinioni teliche degli altri come un ostacolo al loro apprezzamento di beni più limitati: i marxisti che approvano solo l'arte che promuove la lotta di classe e le persone religiose che considerano le immagini sentimentali dei loro santi come alta arte, raramente attirano gli altri alle loro opinioni su questo argomento. Ma possiamo anche imparare di più su beni particolari attraverso ampie differenze rispetto al bene ultimo o generale.
Il fatto che condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano ultimo o complessivo crea un tipo più indiretto di apprendimento attraverso le differenze teliche. Tutti temiamo la morte e la noia; ci chiediamo tutti come dare priorità ai nostri interessi e impegni; tutti cerchiamo il piacere, ma possiamo essere portati a dubitare del suo valore; e tutti troviamo un valore apparente nell'arte, nell'amore erotico e nelle conquiste intellettuali, ma possiamo essere portati a chiederci se queste cose siano sufficienti a rendere la nostra vita degna d'esser vissuta. Alcune persone concludono che i nostri piaceri o l'esperienza dell'arte, dell'eros, dell'attività intellettuale ecc. sono sufficienti a rendere la nostra vita degna di essere vissuta, o che la domanda sul valore della vita è irrisolvibile o incoerente e dovremmo metterla da parte e gettarci invece nel piacere. Queste sono persone che danno una risposta secolare alla ricerca di un fine umano più alto, e si potrebbe pensare che il loro rifiuto di tale ricerca, o la soddisfazione per una risposta naturalistica ad essa, chiuderà la conversazione sull'argomento tra loro e le persone religiose. Ma anche le persone che respingono la questione del valore della vita, di solito a un certo punto ne hanno apprezzato la forza, e per questo motivo è probabile che l'affermazione di una persona religiosa di aver saputo trovare valore nella sua vita solo attraverso una visione religiosa potrebbe interessarli o, se non altro, irritarli. Questo punto funziona anche nella direzione opposta. Molte persone religiose si sono chieste se vivere per piacere, o per realizzare le loro capacità naturali, possa essere sufficiente per rendere la loro vita degna di valore — si sono chiesti se le loro convinzioni religiose non siano sciocche e una distrazione dal vivere per gli unici beni di cui gli esseri umani sono capaci di raggiungere. Tali persone, a loro volta, trovano normalmente qualcosa di avvincente, quindi, in un approccio laico alla questione telica: o ne sono, perlomeno, irritati.
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[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70?; che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
C'è un accenno ancora più forte di tale idea nel [[w:Libro di Giona|libro biblico di Giona]] (letto durante [[w:Yom Kippur|Yom Kippur]], il nostro giorno più santo), dove gli assiri servono come modello di pentimento per gli ebrei. Qualcosa di simile vale per il [[w:Libro di Rut|Libro di Ruth]] (letto anche in una festa religiosa centrale), dove un membro del tanto disprezzato popolo [[w:Moabiti|moabita]] è addotto come un modello di decenza, generosità e lealtà. E il Talmud contiene il bellissimo monito: "Non disprezzare nessuno e nessuna cosa, perché ogni persona ha la sua ora e ogni cosa ha il suo posto" (Avot 4:3), che ho sentito citare da ebrei estremamente devoti per giustificare il rispetto per gli atei. Gli atei hanno la loro "ora" nel compiere opere di amorevolezza, poiché la loro stessa mancanza di fede in Dio può portarli a concentrarsi più intensamente di quanto non facciano i credenti sui bisogni dei loro simili.
Tutti i miei esempi finora, chiaramente, riguardano casi in cui gli ebrei imparano qualcosa di valore ''morale'' da persone al di fuori della loro tradizione. In qualsiasi tradizione religiosa, è più probabile che si guardi al di fuori di quella tradizione per un'intuizione morale che per una visione telica. Sono le intuizioni teliche di una tradizione religiosa che la contraddistinguono, in fondo, e a cui è diretta la fede a cui essa chiama. La moralità è qualcosa che condividiamo per la maggior parte con tutti gli esseri umani. Di conseguenza, possiamo aspettarci di saperne di più da persone di qualsiasi tradizione religiosa. Ma non ci aspettiamo lo stesso per quanto riguarda le nostre convinzioni specificamente religiose.
Tuttavia, altre tradizioni a volte ci insegnano modi di interpretare la nostra visione telica che altrimenti non avremmo incontrato. Ho imparato molto sulla preghiera dalle commoventi benedizioni spontanee che ho sentito offrire da amici cristiani. A livello comunitario, ebrei e cristiani impararono dalla fusione di Aristotele e con la religione rivelata, attuata per la prima volta dai musulmani; in un secondo momento Kant plasmò profondamente il modo in cui gli ebrei arrivarono a comprendere la loro tradizione; recentemente, elementi della pratica hindu e buddhista hanno avuto un impatto su molte comunità religiose americane. Questi prestiti sono possibili perché arriviamo alle nostre varie visioni teliche per lo stesso tipo di ragioni — il desiderio di ordinare i nostri obiettivi, la paura del vuoto e della morte, la convinzione che le vite dedicate al solo piacere saranno vuote — e facciamo uso di strutture metafisiche e morali simili per interpretare quelle visioni. Quindi, anche se ognuno di noi trova una di queste visioni più stimolante, commovente, ecc. rispetto alle altre, e/o la vede più adatta alla sua particolare esperienza di ciò che rende la vita significativa o vuota, condividiamo l'idea che queste sono le ''ragioni giuste'' per fondare un impegno religioso. Possiamo quindi illuminare la comprensione reciproca di queste ragioni. Anche se non condivido la comprensione cristiana della Passione di Gesù, posso essere in grado di vedere qualcosa di prezioso nell'idea della sofferenza vicaria e usare quell'idea per interpretare elementi della mia stessa tradizione. Anche se non condivido la visione buddhista del valore della meditazione, posso imparare qualcosa dall'idea di liberare la mente dai pensieri che distraggono, o di soffermarmi nel momento presente, e quindi incorporare una versione della meditazione nella mia pratica religiosa.
Le religioni possono così imparare l'una dall'altra pur conservando la loro integrità: possono sostenere le loro visioni come la migliore concezione complessiva della buona vita umana pur rispettandosi reciprocamente. Anche nella misura in cui ''non sono d’accordo'', inoltre, possono vedersi come validi correttivi per se stessi. Ogni tradizione religiosa dovrebbe riconoscere che le altre tradizioni servono come un eccellente controllo su come sta rispettando le sue norme di azione e interpretazione. Le critiche alla pratica ebraica avanzate a lungo da cristiani e musulmani, sebbene spesso incomprensibili e distruttive, hanno anche spronato gli ebrei a interpretazioni più ponderate o umane della loro tradizione. Noi ebrei, ad esempio, ci offendiamo quando i non-ebrei ci accusano di essere parrocchiali, ma l'accusa in qualche modo colpisce nel segno e abbiamo sviluppato pratiche più universalistiche in risposta a queste critiche. Le critiche che ebrei e cristiani oggi fanno alle forme violente o illiberali dell'islam, sebbene spesso anche incomprensibili e distruttive, possono avere un effetto simile. E per centinaia di anni, i dibattiti tra hindu e buddhisti nell'Asia meridionale, e confuciani e buddhisti in Cina, hanno plasmato l'autocomprensione di ciascuna di queste tradizioni. Nelle nostre vite individuali, siamo profondamente consapevoli che la paura di sembrare sciocchi, egoisti o crudeli di fronte a un estraneo può portarci a fare sforzi extra per apparire – ed ''essere'' – intelligenti, altruisti e umani. La presenza di estranei alle nostre tradizioni può, e nel migliore dei casi, avere un impatto simile su ogni comunità religiosa. La competizione spirituale può essere utile a tutti i partecipanti a quella competizione: purché la competizione rimanga spirituale e non degeneri in insulto e umiliazione o violenza.
E se la competizione spirituale è preziosa in questo modo, allora ha senso per coloro che pensano che l'universo sia governato da una forza o essere buono, capire la pluralità delle religioni come un flusso dalla volontà di quella forza o essere e che anche le religioni non teistiche considerino i loro ''sparring partner'' come aiutanti a perfezionare e promuovere la loro visione dell'umanità. Ha senso, cioè, che i membri di ciascuna tradizione religiosa considerino buona l'esistenza di altre tradizioni simili e considerino buona ogni altra tradizione purché anch'essa accolga questa diversità. Non abbiamo motivo di rispettare le comunità religiose che uccidono coloro che non sono d'accordo con loro, o cercano di spaventare o manipolare le persone affinché si uniscano alla loro fede. Queste non sono comunità da cui possiamo imparare in un dibattito libero e aperto; sono, invece, distruttivi del dibattito. (Sono anche abbastanza immorali da darci motivo di dubitare che abbiano una visione adeguata del bene per tutta l'umanità.) Ma abbiamo tutte le ragioni per rispettare le comunità che rispettano esse stesse i parametri del dibattito libero e aperto: tutte le ragioni per supporre che potremmo imparare qualcosa da loro. A ''ciascuna'' di queste comunità può essere adattato l'adagio rabbinico che ho citato sopra: "Non disprezzare nessuna comunità, perché ognuna ha la sua ora".
Alcuni potrebbero prendere questi punti per suggerire che alla fine tutte le religioni convergeranno in una. Ma ciò non deve necessariamente essrr vero: le tradizioni religiose possono rimanere distinte per sempre, pur imparando l'una dall'altra. Altri possono accettare questi punti pur credendo che alla fine tutti accetteranno la loro particolare tradizione. Ma anche se alla fine ci uniamo tutti a una tradizione religiosa, quella tradizione potrebbe essere alterata dalla sua interazione con altre tradizioni. Un certo grado di rispetto per le altre religioni può quindi essere apprezzato anche dai monisti. Un cristiano o musulmano che pensa che alla fine tutti dovrebbero diventare cristiani o musulmani può ancora sperare che il cristianesimo e l'islam migliorino da ciò che impara da altre tradizioni. Alla fine, ciò di cui abbiamo più bisogno dai credenti religiosi è il rispetto delle altre religioni, se vogliamo che i loro impegni siano compatibili con i valori morali liberali. E possiamo raggiungerlo anche senza pluralismo.
Il rispetto per le altre religioni può fornire ai credenti un modello su come considerare i non-religiosi. I credenti religiosi possono rispettare le persone secolari sia nel senso che possono vedere queste ultime come dotate di virtù morali, sia nel senso che possono sperare di imparare da pratiche e atteggiamenti secolari, comprese le stesse critiche alla religione che i laicisti fanno. Questo non vuol dire che i credenti religiosi possano considerare i modi di vita secolari buoni quanto i propri. Non si può aggirare il fatto che un credente religioso, a forza dei suoi impegni religiosi, rifiuta implicitamente le opinioni teliche dei laici. Dire che non possiamo trovare adeguatamente un significato o uno scopo nelle nostre vite attraverso le sole nostre facoltà naturali significa dire che le persone laiche, se oneste con se stesse, dovrebbero vedere la vita come priva di significato. Non è esattamente lo stesso che dire che la vita delle persone laiche ''è'' priva di significato. Una persona può sbagliarsi nel modo in cui vede il fine umano pur raggiungendolo. E alcune visioni religiose consentono tuttavia una vita che non è esplicitamente religiosa, per realizzare la volontà di Dio, essere allineati con il ''Tao'', ecc. Una persona che dedica la sua vita al sostegno dei poveri o degli oppressi sta implicitamente imitando Cristo, si potrebbe dire, o partecipando alla santità. Oppure si potrebbero vedere tali fini religiosi realizzati in una vita dedicata all'arte o alla filosofia o alla cura della famiglia. Tuttavia, le persone religiose sono impegnate nell'idea che solo le loro visioni religiose spieghino correttamente ''perché'' queste attività valgono la pena. Non si può rinunciare a questa idea senza rinunciare alla propria religione.
L'idea è, tuttavia, offensiva per molte persone laiche. Sono irritati dal suggerimento che le persone religiose abbiano una comprensione di ciò che rende la vita degna di essere vissuta che a loro manca. La loro offesa è comprensibile, ma la risposta adeguata è un gentile ricordar loro del fatto che le persone laiche sono altrettanto impegnate a rifiutare le opinioni teliche sostenute dalle persone religiose. Non sarebbero laici a meno che non rifiutassero le credenze in Dio, nell'aldilà e simili. Anche se sono abbastanza educati da non esprimere le loro opinioni su questi argomenti alle persone religiose, alla fine devono considerare queste ultime come errate. Spesso, naturalmente, i laici non sono così educati: le persone che dichiarano che la fede in Dio è superstiziosa e infantile non sono certo poche. Ma altri pensano di mostrare rispetto per i credenti religiosi dicendo che capiscono e vogliono sostenere il nostro desiderio di vivere religiosamente — che le nostre pratiche, perché sono importanti per noi, sono altrettanto preziose della loro stessa preoccupazione per l'arte o il calcio o altro. Apprezzano le nostre pratiche religiose come danno valore agli altri stili di vita e credono che tutte le persone dovrebbero essere in grado di perseguire lo stile di vita a cui tengono, purché non feriscano gli altri. Ma si sbagliano se pensano che questo sia davvero rispetto dell'impegno religioso. Poiché quelli di noi che sono religiosi non si vedono come se stessero perseguendo un dato "stile di vita" tra tanti altri, e non lo perseguono solo perché coinvolge i nostri desideri, come altri potrebbero perseguire l'arte o il calcio. Lo perseguiamo perché pensiamo che rappresenti il bene più alto per tutta l'umanità. In effetti, può e spesso prevale su ciò che ci capita di desiderare e ci invita a rinunciare o modificare ciò che ci piacerebbe di più fare. I laicisti del tipo che ho descritto – che cercano di aprirsi alla religione vedendola come uno stile di vita – dovrebbero rendersi conto che stanno implicitamente avallando una visione alternativa del massimo bene umano, che consiste nel perseguire qualsiasi modo di vivere moralmente dignitoso che gli esseri umani decidono di scegliere. In fin dei conti, questa è una visione in conflitto con le concezioni religiose del sommo bene, e i laicisti la approvano proprio nella misura in cui riconducono il valore della vita alla scelta umana e rifiutano l'idea che quel valore potrebbe invece dover essere rivelato da una fonte soprannaturale.
In breve, le persone religiose e laiche devono accettare che le differenze tra loro equivalgono a un disaccordo sulla natura del bene supremo; il rispetto reciproco tra di loro non può dipendere dal risolvere o dissolvere quel disaccordo. Ciò non dovrebbe essere problematico, fintanto che entrambi i gruppi possono trovare ragioni, nonostante il loro disaccordo, per valutare qualcosa di come vive l'altro e per offrire la possibilità che possano imparare l'uno dall'altro. Ed entrambi i gruppi possono, credo, farlo, esattamente come le persone impegnate in una religione possono trovare motivo di rispettare le persone di altre religioni.
In primo luogo, le persone religiose e secolari di integrità e decenza possono avallare le virtù morali reciproche. La moralità, ancora una volta, si basa in gran parte su modalità di intuizione e argomentazione indipendenti dalla religione (deve farlo, se vuole tenere insieme società composte da persone con diversi impegni religiosi), quindi fornisce norme e ideali che religiosi e persone non religiose possono condividere. Ciò che la religione aggiunge alla moralità è una ''cornice'' che pone le norme morali e gli ideali sotto una nuova luce, non, tranne in casi marginali, un nuovo contenuto per quelle norme e ideali. Una religione che proclama che l'omicidio, la tortura o lo stupro sono buoni, o che aiuta coloro che soffrono ad essere cattivi, praticamente si impedisce di essere una religione: di non avere realmente una visione del massimo bene umano. Naturalmente, a volte c'è interazione tra le nostre opinioni religiose e morali. Specialmente quando le questioni morali si rivolgono in misura significativa a quelle teliche — quando, ad esempio, stiamo cercando di determinare il vero inizio o la vera fine della vita umana, cosa difficile da fare senza una concezione di ciò che dà valore alla vita umana — persone altrettanto premurose e dignitose possono essere in forte disaccordo sulla loro risoluzione. E le tradizioni religiose attingono pesantemente dalle proprie visioni teliche per le norme che propongono per risolvere tali dibattiti. Ma ci sarà poca differenza tra l'approccio di una persona religiosa e di una persona laica alla maggior parte delle questioni morali.
Così le persone religiose e quelle laiche possono lavorare insieme su molti progetti morali. È solo che la persona religiosa avrà ragioni un po' diverse per i suoi impegni morali rispetto a una persona secolare. Un cristiano o un ebreo religioso che partecipa a una lotta per i diritti degli immigrati può lavorare al fianco di persone laiche impegnate per la stessa causa, può fare esattamente quello che fanno loro e può fornire molte delle stesse ragioni per le sue azioni: che le persone che sta cercando di aiutare meritano libertà e dignità, che la loro sofferenza giustifica compassione, o che opprimere o ignorare queste persone ci disumanizza. Ma potrebbe aggiungere che il suo scopo ultimo non è vedere i suoi simili solo politicamente liberi e materialmente felici. Spera invece che saranno in grado di utilizzare la loro migliore condizione politica e materiale come mezzo per raggiungere il bene umano ultimo. Oppure vede la lotta per i diritti umani come parte del proprio percorso religioso. Forse considera l'uscita di altri esseri umani dalla sofferenza e dall'oppressione come un mezzo per l'illuminazione buddhista, sia per l'oppressore che per la vittima. Oppure può vedere la fine della sofferenza e dell'oppressione come un'espressione del suo amore per Dio e per l'immagine di Dio negli altri. In uno di questi e in molti altri modi la persona religiosa può avere motivo di assumersi i doveri morali come se fossero doveri religiosi, e di rispettare i laici che svolgono quegli stessi doveri. Il religioso e il laico credono entrambi, dopo tutto, nell'importanza della libertà, del benessere e della dignità umana. Hanno semplicemente concezioni diverse di come quei beni si inseriscono nel bene umano generale.
Ma anche nel reame telico, c'è molto che una persona religiosa e una laica condivideranno. Dopotutto, gli esseri umani giungono a qualunque opinione ritengano del bene supremo per l'umanità dalle stesse domande e intuizioni. Condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano globale e condividiamo molte intuizioni su quali tipi di attività dovrebbero figurare in un resoconto plausibile di quel bene. Ciò fornisce un modo diretto e indiretto per le persone secolari e religiose di imparare gli uni dagli altri.
Il fatto che condividiamo le intuizioni teliche implica direttamente che possiamo imparare gli uni dagli altri. L'aristotelico, il marxista e il devoto cristiano saranno tutti d'accordo sul fatto che crescere i figli sia un grande bene umano, anche se l'aristotelico vede questo bene come opportunamente orientato all'educazione della prossima generazione alla virtù, il marxista lo vede come propriamente orientato alla costruzione di un società senza classi, e il cristiano pensa che idealmente dovrebbe condurre i propri figli a Gesù. Questi sono forti disaccordi, ma sorgono da un punto di partenza concorde, e anche quando non vengono risolti, l'aristotelico, il marxista e il cristiano possono insegnarsi a vicenda aspetti della buona educazione dei figli. Molti di noi che non sono marxisti hanno comunque imparato da loro l'importanza delle procedure egualitarie all'interno della famiglia, e molti che non sono cristiani hanno comunque imparato dal culto cristiano della famiglia il valore della condivisione dei propri ideali con i propri figli. Questo non vuol dire negare che a volte vediamo le opinioni teliche degli altri come un ostacolo al loro apprezzamento di beni più limitati: i marxisti che approvano solo l'arte che promuove la lotta di classe e le persone religiose che considerano le immagini sentimentali dei loro santi come alta arte, raramente attirano gli altri alle loro opinioni su questo argomento. Ma possiamo anche imparare di più su beni particolari attraverso ampie differenze rispetto al bene ultimo o generale.
Il fatto che condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano ultimo o complessivo crea un tipo più indiretto di apprendimento attraverso le differenze teliche. Tutti temiamo la morte e la noia; ci chiediamo tutti come dare priorità ai nostri interessi e impegni; tutti cerchiamo il piacere, ma possiamo essere portati a dubitare del suo valore; e tutti troviamo un valore apparente nell'arte, nell'amore erotico e nelle conquiste intellettuali, ma possiamo essere portati a chiederci se queste cose siano sufficienti a rendere la nostra vita degna d'esser vissuta. Alcune persone concludono che i nostri piaceri o l'esperienza dell'arte, dell'eros, dell'attività intellettuale ecc. ''sono'' sufficienti a rendere la nostra vita degna di essere vissuta, o che la domanda sul valore della vita è irrisolvibile o incoerente e dovremmo metterla da parte e gettarci invece nel piacere. Queste sono persone che danno una risposta secolare alla ricerca di un fine umano più alto, e si potrebbe pensare che il loro rifiuto di tale ricerca, o la soddisfazione per una risposta naturalistica ad essa, chiuderà la conversazione sull'argomento tra loro e le persone religiose. Ma anche le persone che respingono la questione del valore della vita, di solito a un certo punto ne hanno apprezzato la forza, e per questo motivo è probabile che l'affermazione di una persona religiosa di aver saputo trovare valore nella sua vita solo attraverso una visione religiosa potrebbe interessarli o, se non altro, irritarli. Questo punto funziona anche nella direzione opposta. Molte persone religiose si sono chieste se vivere per piacere, o per realizzare le loro capacità naturali, possa essere sufficiente per rendere la loro vita degna di valore — si sono chiesti se le loro convinzioni religiose non siano sciocche e una distrazione dal vivere per gli unici beni di cui gli esseri umani sono capaci di raggiungere. Tali persone, a loro volta, trovano normalmente qualcosa di avvincente, quindi, in un approccio laico alla questione telica: o ne sono, perlomeno, irritati.
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[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70? Che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
C'è un accenno ancora più forte di tale idea nel [[w:Libro di Giona|libro biblico di Giona]] (letto durante [[w:Yom Kippur|Yom Kippur]], il nostro giorno più santo), dove gli assiri servono come modello di pentimento per gli ebrei. Qualcosa di simile vale per il [[w:Libro di Rut|Libro di Ruth]] (letto anche in una festa religiosa centrale), dove un membro del tanto disprezzato popolo [[w:Moabiti|moabita]] è addotto come un modello di decenza, generosità e lealtà. E il Talmud contiene il bellissimo monito: "Non disprezzare nessuno e nessuna cosa, perché ogni persona ha la sua ora e ogni cosa ha il suo posto" (Avot 4:3), che ho sentito citare da ebrei estremamente devoti per giustificare il rispetto per gli atei. Gli atei hanno la loro "ora" nel compiere opere di amorevolezza, poiché la loro stessa mancanza di fede in Dio può portarli a concentrarsi più intensamente di quanto non facciano i credenti sui bisogni dei loro simili.
Tutti i miei esempi finora, chiaramente, riguardano casi in cui gli ebrei imparano qualcosa di valore ''morale'' da persone al di fuori della loro tradizione. In qualsiasi tradizione religiosa, è più probabile che si guardi al di fuori di quella tradizione per un'intuizione morale che per una visione telica. Sono le intuizioni teliche di una tradizione religiosa che la contraddistinguono, in fondo, e a cui è diretta la fede a cui essa chiama. La moralità è qualcosa che condividiamo per la maggior parte con tutti gli esseri umani. Di conseguenza, possiamo aspettarci di saperne di più da persone di qualsiasi tradizione religiosa. Ma non ci aspettiamo lo stesso per quanto riguarda le nostre convinzioni specificamente religiose.
Tuttavia, altre tradizioni a volte ci insegnano modi di interpretare la nostra visione telica che altrimenti non avremmo incontrato. Ho imparato molto sulla preghiera dalle commoventi benedizioni spontanee che ho sentito offrire da amici cristiani. A livello comunitario, ebrei e cristiani impararono dalla fusione di Aristotele e con la religione rivelata, attuata per la prima volta dai musulmani; in un secondo momento Kant plasmò profondamente il modo in cui gli ebrei arrivarono a comprendere la loro tradizione; recentemente, elementi della pratica hindu e buddhista hanno avuto un impatto su molte comunità religiose americane. Questi prestiti sono possibili perché arriviamo alle nostre varie visioni teliche per lo stesso tipo di ragioni — il desiderio di ordinare i nostri obiettivi, la paura del vuoto e della morte, la convinzione che le vite dedicate al solo piacere saranno vuote — e facciamo uso di strutture metafisiche e morali simili per interpretare quelle visioni. Quindi, anche se ognuno di noi trova una di queste visioni più stimolante, commovente, ecc. rispetto alle altre, e/o la vede più adatta alla sua particolare esperienza di ciò che rende la vita significativa o vuota, condividiamo l'idea che queste sono le ''ragioni giuste'' per fondare un impegno religioso. Possiamo quindi illuminare la comprensione reciproca di queste ragioni. Anche se non condivido la comprensione cristiana della Passione di Gesù, posso essere in grado di vedere qualcosa di prezioso nell'idea della sofferenza vicaria e usare quell'idea per interpretare elementi della mia stessa tradizione. Anche se non condivido la visione buddhista del valore della meditazione, posso imparare qualcosa dall'idea di liberare la mente dai pensieri che distraggono, o di soffermarmi nel momento presente, e quindi incorporare una versione della meditazione nella mia pratica religiosa.
Le religioni possono così imparare l'una dall'altra pur conservando la loro integrità: possono sostenere le loro visioni come la migliore concezione complessiva della buona vita umana pur rispettandosi reciprocamente. Anche nella misura in cui ''non sono d’accordo'', inoltre, possono vedersi come validi correttivi per se stessi. Ogni tradizione religiosa dovrebbe riconoscere che le altre tradizioni servono come un eccellente controllo su come sta rispettando le sue norme di azione e interpretazione. Le critiche alla pratica ebraica avanzate a lungo da cristiani e musulmani, sebbene spesso incomprensibili e distruttive, hanno anche spronato gli ebrei a interpretazioni più ponderate o umane della loro tradizione. Noi ebrei, ad esempio, ci offendiamo quando i non-ebrei ci accusano di essere parrocchiali, ma l'accusa in qualche modo colpisce nel segno e abbiamo sviluppato pratiche più universalistiche in risposta a queste critiche. Le critiche che ebrei e cristiani oggi fanno alle forme violente o illiberali dell'islam, sebbene spesso anche incomprensibili e distruttive, possono avere un effetto simile. E per centinaia di anni, i dibattiti tra hindu e buddhisti nell'Asia meridionale, e confuciani e buddhisti in Cina, hanno plasmato l'autocomprensione di ciascuna di queste tradizioni. Nelle nostre vite individuali, siamo profondamente consapevoli che la paura di sembrare sciocchi, egoisti o crudeli di fronte a un estraneo può portarci a fare sforzi extra per apparire – ed ''essere'' – intelligenti, altruisti e umani. La presenza di estranei alle nostre tradizioni può, e nel migliore dei casi, avere un impatto simile su ogni comunità religiosa. La competizione spirituale può essere utile a tutti i partecipanti a quella competizione: purché la competizione rimanga spirituale e non degeneri in insulto e umiliazione o violenza.
E se la competizione spirituale è preziosa in questo modo, allora ha senso per coloro che pensano che l'universo sia governato da una forza o essere buono, capire la pluralità delle religioni come un flusso dalla volontà di quella forza o essere e che anche le religioni non teistiche considerino i loro ''sparring partner'' come aiutanti a perfezionare e promuovere la loro visione dell'umanità. Ha senso, cioè, che i membri di ciascuna tradizione religiosa considerino buona l'esistenza di altre tradizioni simili e considerino buona ogni altra tradizione purché anch'essa accolga questa diversità. Non abbiamo motivo di rispettare le comunità religiose che uccidono coloro che non sono d'accordo con loro, o cercano di spaventare o manipolare le persone affinché si uniscano alla loro fede. Queste non sono comunità da cui possiamo imparare in un dibattito libero e aperto; sono, invece, distruttivi del dibattito. (Sono anche abbastanza immorali da darci motivo di dubitare che abbiano una visione adeguata del bene per tutta l'umanità.) Ma abbiamo tutte le ragioni per rispettare le comunità che rispettano esse stesse i parametri del dibattito libero e aperto: tutte le ragioni per supporre che potremmo imparare qualcosa da loro. A ''ciascuna'' di queste comunità può essere adattato l'adagio rabbinico che ho citato sopra: "Non disprezzare nessuna comunità, perché ognuna ha la sua ora".
Alcuni potrebbero prendere questi punti per suggerire che alla fine tutte le religioni convergeranno in una. Ma ciò non deve necessariamente essrr vero: le tradizioni religiose possono rimanere distinte per sempre, pur imparando l'una dall'altra. Altri possono accettare questi punti pur credendo che alla fine tutti accetteranno la loro particolare tradizione. Ma anche se alla fine ci uniamo tutti a una tradizione religiosa, quella tradizione potrebbe essere alterata dalla sua interazione con altre tradizioni. Un certo grado di rispetto per le altre religioni può quindi essere apprezzato anche dai monisti. Un cristiano o musulmano che pensa che alla fine tutti dovrebbero diventare cristiani o musulmani può ancora sperare che il cristianesimo e l'islam migliorino da ciò che impara da altre tradizioni. Alla fine, ciò di cui abbiamo più bisogno dai credenti religiosi è il rispetto delle altre religioni, se vogliamo che i loro impegni siano compatibili con i valori morali liberali. E possiamo raggiungerlo anche senza pluralismo.
Il rispetto per le altre religioni può fornire ai credenti un modello su come considerare i non-religiosi. I credenti religiosi possono rispettare le persone secolari sia nel senso che possono vedere queste ultime come dotate di virtù morali, sia nel senso che possono sperare di imparare da pratiche e atteggiamenti secolari, comprese le stesse critiche alla religione che i laicisti fanno. Questo non vuol dire che i credenti religiosi possano considerare i modi di vita secolari buoni quanto i propri. Non si può aggirare il fatto che un credente religioso, a forza dei suoi impegni religiosi, rifiuta implicitamente le opinioni teliche dei laici. Dire che non possiamo trovare adeguatamente un significato o uno scopo nelle nostre vite attraverso le sole nostre facoltà naturali significa dire che le persone laiche, se oneste con se stesse, dovrebbero vedere la vita come priva di significato. Non è esattamente lo stesso che dire che la vita delle persone laiche ''è'' priva di significato. Una persona può sbagliarsi nel modo in cui vede il fine umano pur raggiungendolo. E alcune visioni religiose consentono tuttavia una vita che non è esplicitamente religiosa, per realizzare la volontà di Dio, essere allineati con il ''Tao'', ecc. Una persona che dedica la sua vita al sostegno dei poveri o degli oppressi sta implicitamente imitando Cristo, si potrebbe dire, o partecipando alla santità. Oppure si potrebbero vedere tali fini religiosi realizzati in una vita dedicata all'arte o alla filosofia o alla cura della famiglia. Tuttavia, le persone religiose sono impegnate nell'idea che solo le loro visioni religiose spieghino correttamente ''perché'' queste attività valgono la pena. Non si può rinunciare a questa idea senza rinunciare alla propria religione.
L'idea è, tuttavia, offensiva per molte persone laiche. Sono irritati dal suggerimento che le persone religiose abbiano una comprensione di ciò che rende la vita degna di essere vissuta che a loro manca. La loro offesa è comprensibile, ma la risposta adeguata è un gentile ricordar loro del fatto che le persone laiche sono altrettanto impegnate a rifiutare le opinioni teliche sostenute dalle persone religiose. Non sarebbero laici a meno che non rifiutassero le credenze in Dio, nell'aldilà e simili. Anche se sono abbastanza educati da non esprimere le loro opinioni su questi argomenti alle persone religiose, alla fine devono considerare queste ultime come errate. Spesso, naturalmente, i laici non sono così educati: le persone che dichiarano che la fede in Dio è superstiziosa e infantile non sono certo poche. Ma altri pensano di mostrare rispetto per i credenti religiosi dicendo che capiscono e vogliono sostenere il nostro desiderio di vivere religiosamente — che le nostre pratiche, perché sono importanti per noi, sono altrettanto preziose della loro stessa preoccupazione per l'arte o il calcio o altro. Apprezzano le nostre pratiche religiose come danno valore agli altri stili di vita e credono che tutte le persone dovrebbero essere in grado di perseguire lo stile di vita a cui tengono, purché non feriscano gli altri. Ma si sbagliano se pensano che questo sia davvero rispetto dell'impegno religioso. Poiché quelli di noi che sono religiosi non si vedono come se stessero perseguendo un dato "stile di vita" tra tanti altri, e non lo perseguono solo perché coinvolge i nostri desideri, come altri potrebbero perseguire l'arte o il calcio. Lo perseguiamo perché pensiamo che rappresenti il bene più alto per tutta l'umanità. In effetti, può e spesso prevale su ciò che ci capita di desiderare e ci invita a rinunciare o modificare ciò che ci piacerebbe di più fare. I laicisti del tipo che ho descritto – che cercano di aprirsi alla religione vedendola come uno stile di vita – dovrebbero rendersi conto che stanno implicitamente avallando una visione alternativa del massimo bene umano, che consiste nel perseguire qualsiasi modo di vivere moralmente dignitoso che gli esseri umani decidono di scegliere. In fin dei conti, questa è una visione in conflitto con le concezioni religiose del sommo bene, e i laicisti la approvano proprio nella misura in cui riconducono il valore della vita alla scelta umana e rifiutano l'idea che quel valore potrebbe invece dover essere rivelato da una fonte soprannaturale.
In breve, le persone religiose e laiche devono accettare che le differenze tra loro equivalgono a un disaccordo sulla natura del bene supremo; il rispetto reciproco tra di loro non può dipendere dal risolvere o dissolvere quel disaccordo. Ciò non dovrebbe essere problematico, fintanto che entrambi i gruppi possono trovare ragioni, nonostante il loro disaccordo, per valutare qualcosa di come vive l'altro e per offrire la possibilità che possano imparare l'uno dall'altro. Ed entrambi i gruppi possono, credo, farlo, esattamente come le persone impegnate in una religione possono trovare motivo di rispettare le persone di altre religioni.
In primo luogo, le persone religiose e secolari di integrità e decenza possono avallare le virtù morali reciproche. La moralità, ancora una volta, si basa in gran parte su modalità di intuizione e argomentazione indipendenti dalla religione (deve farlo, se vuole tenere insieme società composte da persone con diversi impegni religiosi), quindi fornisce norme e ideali che religiosi e persone non religiose possono condividere. Ciò che la religione aggiunge alla moralità è una ''cornice'' che pone le norme morali e gli ideali sotto una nuova luce, non, tranne in casi marginali, un nuovo contenuto per quelle norme e ideali. Una religione che proclama che l'omicidio, la tortura o lo stupro sono buoni, o che aiuta coloro che soffrono ad essere cattivi, praticamente si impedisce di essere una religione: di non avere realmente una visione del massimo bene umano. Naturalmente, a volte c'è interazione tra le nostre opinioni religiose e morali. Specialmente quando le questioni morali si rivolgono in misura significativa a quelle teliche — quando, ad esempio, stiamo cercando di determinare il vero inizio o la vera fine della vita umana, cosa difficile da fare senza una concezione di ciò che dà valore alla vita umana — persone altrettanto premurose e dignitose possono essere in forte disaccordo sulla loro risoluzione. E le tradizioni religiose attingono pesantemente dalle proprie visioni teliche per le norme che propongono per risolvere tali dibattiti. Ma ci sarà poca differenza tra l'approccio di una persona religiosa e di una persona laica alla maggior parte delle questioni morali.
Così le persone religiose e quelle laiche possono lavorare insieme su molti progetti morali. È solo che la persona religiosa avrà ragioni un po' diverse per i suoi impegni morali rispetto a una persona secolare. Un cristiano o un ebreo religioso che partecipa a una lotta per i diritti degli immigrati può lavorare al fianco di persone laiche impegnate per la stessa causa, può fare esattamente quello che fanno loro e può fornire molte delle stesse ragioni per le sue azioni: che le persone che sta cercando di aiutare meritano libertà e dignità, che la loro sofferenza giustifica compassione, o che opprimere o ignorare queste persone ci disumanizza. Ma potrebbe aggiungere che il suo scopo ultimo non è vedere i suoi simili solo politicamente liberi e materialmente felici. Spera invece che saranno in grado di utilizzare la loro migliore condizione politica e materiale come mezzo per raggiungere il bene umano ultimo. Oppure vede la lotta per i diritti umani come parte del proprio percorso religioso. Forse considera l'uscita di altri esseri umani dalla sofferenza e dall'oppressione come un mezzo per l'illuminazione buddhista, sia per l'oppressore che per la vittima. Oppure può vedere la fine della sofferenza e dell'oppressione come un'espressione del suo amore per Dio e per l'immagine di Dio negli altri. In uno di questi e in molti altri modi la persona religiosa può avere motivo di assumersi i doveri morali come se fossero doveri religiosi, e di rispettare i laici che svolgono quegli stessi doveri. Il religioso e il laico credono entrambi, dopo tutto, nell'importanza della libertà, del benessere e della dignità umana. Hanno semplicemente concezioni diverse di come quei beni si inseriscono nel bene umano generale.
Ma anche nel reame telico, c'è molto che una persona religiosa e una laica condivideranno. Dopotutto, gli esseri umani giungono a qualunque opinione ritengano del bene supremo per l'umanità dalle stesse domande e intuizioni. Condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano globale e condividiamo molte intuizioni su quali tipi di attività dovrebbero figurare in un resoconto plausibile di quel bene. Ciò fornisce un modo diretto e indiretto per le persone secolari e religiose di imparare gli uni dagli altri.
Il fatto che condividiamo le intuizioni teliche implica direttamente che possiamo imparare gli uni dagli altri. L'aristotelico, il marxista e il devoto cristiano saranno tutti d'accordo sul fatto che crescere i figli sia un grande bene umano, anche se l'aristotelico vede questo bene come opportunamente orientato all'educazione della prossima generazione alla virtù, il marxista lo vede come propriamente orientato alla costruzione di un società senza classi, e il cristiano pensa che idealmente dovrebbe condurre i propri figli a Gesù. Questi sono forti disaccordi, ma sorgono da un punto di partenza concorde, e anche quando non vengono risolti, l'aristotelico, il marxista e il cristiano possono insegnarsi a vicenda aspetti della buona educazione dei figli. Molti di noi che non sono marxisti hanno comunque imparato da loro l'importanza delle procedure egualitarie all'interno della famiglia, e molti che non sono cristiani hanno comunque imparato dal culto cristiano della famiglia il valore della condivisione dei propri ideali con i propri figli. Questo non vuol dire negare che a volte vediamo le opinioni teliche degli altri come un ostacolo al loro apprezzamento di beni più limitati: i marxisti che approvano solo l'arte che promuove la lotta di classe e le persone religiose che considerano le immagini sentimentali dei loro santi come alta arte, raramente attirano gli altri alle loro opinioni su questo argomento. Ma possiamo anche imparare di più su beni particolari attraverso ampie differenze rispetto al bene ultimo o generale.
Il fatto che condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano ultimo o complessivo crea un tipo più indiretto di apprendimento attraverso le differenze teliche. Tutti temiamo la morte e la noia; ci chiediamo tutti come dare priorità ai nostri interessi e impegni; tutti cerchiamo il piacere, ma possiamo essere portati a dubitare del suo valore; e tutti troviamo un valore apparente nell'arte, nell'amore erotico e nelle conquiste intellettuali, ma possiamo essere portati a chiederci se queste cose siano sufficienti a rendere la nostra vita degna d'esser vissuta. Alcune persone concludono che i nostri piaceri o l'esperienza dell'arte, dell'eros, dell'attività intellettuale ecc. ''sono'' sufficienti a rendere la nostra vita degna di essere vissuta, o che la domanda sul valore della vita è irrisolvibile o incoerente e dovremmo metterla da parte e gettarci invece nel piacere. Queste sono persone che danno una risposta secolare alla ricerca di un fine umano più alto, e si potrebbe pensare che il loro rifiuto di tale ricerca, o la soddisfazione per una risposta naturalistica ad essa, chiuderà la conversazione sull'argomento tra loro e le persone religiose. Ma anche le persone che respingono la questione del valore della vita, di solito a un certo punto ne hanno apprezzato la forza, e per questo motivo è probabile che l'affermazione di una persona religiosa di aver saputo trovare valore nella sua vita solo attraverso una visione religiosa potrebbe interessarli o, se non altro, irritarli. Questo punto funziona anche nella direzione opposta. Molte persone religiose si sono chieste se vivere per piacere, o per realizzare le loro capacità naturali, possa essere sufficiente per rendere la loro vita degna di valore — si sono chiesti se le loro convinzioni religiose non siano sciocche e una distrazione dal vivere per gli unici beni di cui gli esseri umani sono capaci di raggiungere. Tali persone, a loro volta, trovano normalmente qualcosa di avvincente, quindi, in un approccio laico alla questione telica: o ne sono, perlomeno, irritati.
E questa considerazione, o finanche irritazione, è comunque un'apertura alla conversazione. Le persone laiche trovano spesso potente la critica delle opinioni teliche naturalistiche. L'idea che vivere per piacere, o per arte ed eros, ecc. sia vanità, idolatria o un percorso verso una sofferenza senza fine, sembra plausibile a molte persone laiche, anche se alla fine non la accettano. D'altra parte, le persone religiose generalmente pensano di dover mostrare come il loro percorso possa accogliere la bontà del piacere, dell'arte, dell'eros, delle conquiste intellettuali e simili. Le persone laiche e quelle religiose, quindi, possono affinare le loro risposte a quelle domande parlando tra loro. Naturalmente, differiscono profondamente sul fatto che sia ragionevole supporre che il nostro bene ultimo sia essenzialmente oscuro, fidarsi di un testo che pretende di rivelarci tale bene oscuro, o riporre fede nei presupposti metafisici che questa fiducia porta con sé. E non possono superare queste differenze se una parte non rinuncia alla sua laicità o l'altra alla sua religiosità. Ma resta comunque molto che possono imparare gli uni dagli altri sui beni particolari e su come dovrebbe essere un resoconto del bene umano complessivo. Questo è sufficiente per il rispetto reciproco.
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[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70? Che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
C'è un accenno ancora più forte di tale idea nel [[w:Libro di Giona|libro biblico di Giona]] (letto durante [[w:Yom Kippur|Yom Kippur]], il nostro giorno più santo), dove gli assiri servono come modello di pentimento per gli ebrei. Qualcosa di simile vale per il [[w:Libro di Rut|Libro di Ruth]] (letto anche in una festa religiosa centrale), dove un membro del tanto disprezzato popolo [[w:Moabiti|moabita]] è addotto come un modello di decenza, generosità e lealtà. E il Talmud contiene il bellissimo monito: "Non disprezzare nessuno e nessuna cosa, perché ogni persona ha la sua ora e ogni cosa ha il suo posto" (Avot 4:3), che ho sentito citare da ebrei estremamente devoti per giustificare il rispetto per gli atei. Gli atei hanno la loro "ora" nel compiere opere di amorevolezza, poiché la loro stessa mancanza di fede in Dio può portarli a concentrarsi più intensamente di quanto non facciano i credenti sui bisogni dei loro simili.
Tutti i miei esempi finora, chiaramente, riguardano casi in cui gli ebrei imparano qualcosa di valore ''morale'' da persone al di fuori della loro tradizione. In qualsiasi tradizione religiosa, è più probabile che si guardi al di fuori di quella tradizione per un'intuizione morale che per una visione telica. Sono le intuizioni teliche di una tradizione religiosa che la contraddistinguono, in fondo, e a cui è diretta la fede a cui essa chiama. La moralità è qualcosa che condividiamo per la maggior parte con tutti gli esseri umani. Di conseguenza, possiamo aspettarci di saperne di più da persone di qualsiasi tradizione religiosa. Ma non ci aspettiamo lo stesso per quanto riguarda le nostre convinzioni specificamente religiose.
Tuttavia, altre tradizioni a volte ci insegnano modi di interpretare la nostra visione telica che altrimenti non avremmo incontrato. Ho imparato molto sulla preghiera dalle commoventi benedizioni spontanee che ho sentito offrire da amici cristiani. A livello comunitario, ebrei e cristiani impararono dalla fusione di Aristotele e con la religione rivelata, attuata per la prima volta dai musulmani; in un secondo momento Kant plasmò profondamente il modo in cui gli ebrei arrivarono a comprendere la loro tradizione; recentemente, elementi della pratica hindu e buddhista hanno avuto un impatto su molte comunità religiose americane. Questi prestiti sono possibili perché arriviamo alle nostre varie visioni teliche per lo stesso tipo di ragioni — il desiderio di ordinare i nostri obiettivi, la paura del vuoto e della morte, la convinzione che le vite dedicate al solo piacere saranno vuote — e facciamo uso di strutture metafisiche e morali simili per interpretare quelle visioni. Quindi, anche se ognuno di noi trova una di queste visioni più stimolante, commovente, ecc. rispetto alle altre, e/o la vede più adatta alla sua particolare esperienza di ciò che rende la vita significativa o vuota, condividiamo l'idea che queste sono le ''ragioni giuste'' per fondare un impegno religioso. Possiamo quindi illuminare la comprensione reciproca di queste ragioni. Anche se non condivido la comprensione cristiana della Passione di Gesù, posso essere in grado di vedere qualcosa di prezioso nell'idea della sofferenza vicaria e usare quell'idea per interpretare elementi della mia stessa tradizione. Anche se non condivido la visione buddhista del valore della meditazione, posso imparare qualcosa dall'idea di liberare la mente dai pensieri che distraggono, o di soffermarmi nel momento presente, e quindi incorporare una versione della meditazione nella mia pratica religiosa.
Le religioni possono così imparare l'una dall'altra pur conservando la loro integrità: possono sostenere le loro visioni come la migliore concezione complessiva della buona vita umana pur rispettandosi reciprocamente. Anche nella misura in cui ''non sono d’accordo'', inoltre, possono vedersi come validi correttivi per se stessi. Ogni tradizione religiosa dovrebbe riconoscere che le altre tradizioni servono come un eccellente controllo su come sta rispettando le sue norme di azione e interpretazione. Le critiche alla pratica ebraica avanzate a lungo da cristiani e musulmani, sebbene spesso incomprensibili e distruttive, hanno anche spronato gli ebrei a interpretazioni più ponderate o umane della loro tradizione. Noi ebrei, ad esempio, ci offendiamo quando i non-ebrei ci accusano di essere parrocchiali, ma l'accusa in qualche modo colpisce nel segno e abbiamo sviluppato pratiche più universalistiche in risposta a queste critiche. Le critiche che ebrei e cristiani oggi fanno alle forme violente o illiberali dell'islam, sebbene spesso anche incomprensibili e distruttive, possono avere un effetto simile. E per centinaia di anni, i dibattiti tra hindu e buddhisti nell'Asia meridionale, e confuciani e buddhisti in Cina, hanno plasmato l'autocomprensione di ciascuna di queste tradizioni. Nelle nostre vite individuali, siamo profondamente consapevoli che la paura di sembrare sciocchi, egoisti o crudeli di fronte a un estraneo può portarci a fare sforzi extra per apparire – ed ''essere'' – intelligenti, altruisti e umani. La presenza di estranei alle nostre tradizioni può, e nel migliore dei casi, avere un impatto simile su ogni comunità religiosa. La competizione spirituale può essere utile a tutti i partecipanti a quella competizione: purché la competizione rimanga spirituale e non degeneri in insulto e umiliazione o violenza.
E se la competizione spirituale è preziosa in questo modo, allora ha senso per coloro che pensano che l'universo sia governato da una forza o essere buono, capire la pluralità delle religioni come un flusso dalla volontà di quella forza o essere e che anche le religioni non teistiche considerino i loro ''sparring partner'' come aiutanti a perfezionare e promuovere la loro visione dell'umanità. Ha senso, cioè, che i membri di ciascuna tradizione religiosa considerino buona l'esistenza di altre tradizioni simili e considerino buona ogni altra tradizione purché anch'essa accolga questa diversità. Non abbiamo motivo di rispettare le comunità religiose che uccidono coloro che non sono d'accordo con loro, o cercano di spaventare o manipolare le persone affinché si uniscano alla loro fede. Queste non sono comunità da cui possiamo imparare in un dibattito libero e aperto; sono, invece, distruttivi del dibattito. (Sono anche abbastanza immorali da darci motivo di dubitare che abbiano una visione adeguata del bene per tutta l'umanità.) Ma abbiamo tutte le ragioni per rispettare le comunità che rispettano esse stesse i parametri del dibattito libero e aperto: tutte le ragioni per supporre che potremmo imparare qualcosa da loro. A ''ciascuna'' di queste comunità può essere adattato l'adagio rabbinico che ho citato sopra: "Non disprezzare nessuna comunità, perché ognuna ha la sua ora".
Alcuni potrebbero prendere questi punti per suggerire che alla fine tutte le religioni convergeranno in una. Ma ciò non deve necessariamente essrr vero: le tradizioni religiose possono rimanere distinte per sempre, pur imparando l'una dall'altra. Altri possono accettare questi punti pur credendo che alla fine tutti accetteranno la loro particolare tradizione. Ma anche se alla fine ci uniamo tutti a una tradizione religiosa, quella tradizione potrebbe essere alterata dalla sua interazione con altre tradizioni. Un certo grado di rispetto per le altre religioni può quindi essere apprezzato anche dai monisti. Un cristiano o musulmano che pensa che alla fine tutti dovrebbero diventare cristiani o musulmani può ancora sperare che il cristianesimo e l'islam migliorino da ciò che impara da altre tradizioni. Alla fine, ciò di cui abbiamo più bisogno dai credenti religiosi è il rispetto delle altre religioni, se vogliamo che i loro impegni siano compatibili con i valori morali liberali. E possiamo raggiungerlo anche senza pluralismo.
Il rispetto per le altre religioni può fornire ai credenti un modello su come considerare i non-religiosi. I credenti religiosi possono rispettare le persone secolari sia nel senso che possono vedere queste ultime come dotate di virtù morali, sia nel senso che possono sperare di imparare da pratiche e atteggiamenti secolari, comprese le stesse critiche alla religione che i laicisti fanno. Questo non vuol dire che i credenti religiosi possano considerare i modi di vita secolari buoni quanto i propri. Non si può aggirare il fatto che un credente religioso, a forza dei suoi impegni religiosi, rifiuta implicitamente le opinioni teliche dei laici. Dire che non possiamo trovare adeguatamente un significato o uno scopo nelle nostre vite attraverso le sole nostre facoltà naturali significa dire che le persone laiche, se oneste con se stesse, dovrebbero vedere la vita come priva di significato. Non è esattamente lo stesso che dire che la vita delle persone laiche ''è'' priva di significato. Una persona può sbagliarsi nel modo in cui vede il fine umano pur raggiungendolo. E alcune visioni religiose consentono tuttavia una vita che non è esplicitamente religiosa, per realizzare la volontà di Dio, essere allineati con il ''Tao'', ecc. Una persona che dedica la sua vita al sostegno dei poveri o degli oppressi sta implicitamente imitando Cristo, si potrebbe dire, o partecipando alla santità. Oppure si potrebbero vedere tali fini religiosi realizzati in una vita dedicata all'arte o alla filosofia o alla cura della famiglia. Tuttavia, le persone religiose sono impegnate nell'idea che solo le loro visioni religiose spieghino correttamente ''perché'' queste attività valgono la pena. Non si può rinunciare a questa idea senza rinunciare alla propria religione.
L'idea è, tuttavia, offensiva per molte persone laiche. Sono irritati dal suggerimento che le persone religiose abbiano una comprensione di ciò che rende la vita degna di essere vissuta che a loro manca. La loro offesa è comprensibile, ma la risposta adeguata è un gentile ricordar loro del fatto che le persone laiche sono altrettanto impegnate a rifiutare le opinioni teliche sostenute dalle persone religiose. Non sarebbero laici a meno che non rifiutassero le credenze in Dio, nell'aldilà e simili. Anche se sono abbastanza educati da non esprimere le loro opinioni su questi argomenti alle persone religiose, alla fine devono considerare queste ultime come errate. Spesso, naturalmente, i laici non sono così educati: le persone che dichiarano che la fede in Dio è superstiziosa e infantile non sono certo poche. Ma altri pensano di mostrare rispetto per i credenti religiosi dicendo che capiscono e vogliono sostenere il nostro desiderio di vivere religiosamente — che le nostre pratiche, perché sono importanti per noi, sono altrettanto preziose della loro stessa preoccupazione per l'arte o il calcio o altro. Apprezzano le nostre pratiche religiose come danno valore agli altri stili di vita e credono che tutte le persone dovrebbero essere in grado di perseguire lo stile di vita a cui tengono, purché non feriscano gli altri. Ma si sbagliano se pensano che questo sia davvero rispetto dell'impegno religioso. Poiché quelli di noi che sono religiosi non si vedono come se stessero perseguendo un dato "stile di vita" tra tanti altri, e non lo perseguono solo perché coinvolge i nostri desideri, come altri potrebbero perseguire l'arte o il calcio. Lo perseguiamo perché pensiamo che rappresenti il bene più alto per tutta l'umanità. In effetti, può e spesso prevale su ciò che ci capita di desiderare e ci invita a rinunciare o modificare ciò che ci piacerebbe di più fare. I laicisti del tipo che ho descritto – che cercano di aprirsi alla religione vedendola come uno stile di vita – dovrebbero rendersi conto che stanno implicitamente avallando una visione alternativa del massimo bene umano, che consiste nel perseguire qualsiasi modo di vivere moralmente dignitoso che gli esseri umani decidono di scegliere. In fin dei conti, questa è una visione in conflitto con le concezioni religiose del sommo bene, e i laicisti la approvano proprio nella misura in cui riconducono il valore della vita alla scelta umana e rifiutano l'idea che quel valore potrebbe invece dover essere rivelato da una fonte soprannaturale.
In breve, le persone religiose e laiche devono accettare che le differenze tra loro equivalgono a un disaccordo sulla natura del bene supremo; il rispetto reciproco tra di loro non può dipendere dal risolvere o dissolvere quel disaccordo. Ciò non dovrebbe essere problematico, fintanto che entrambi i gruppi possono trovare ragioni, nonostante il loro disaccordo, per valutare qualcosa di come vive l'altro e per offrire la possibilità che possano imparare l'uno dall'altro. Ed entrambi i gruppi possono, credo, farlo, esattamente come le persone impegnate in una religione possono trovare motivo di rispettare le persone di altre religioni.
In primo luogo, le persone religiose e secolari di integrità e decenza possono avallare le virtù morali reciproche. La moralità, ancora una volta, si basa in gran parte su modalità di intuizione e argomentazione indipendenti dalla religione (deve farlo, se vuole tenere insieme società composte da persone con diversi impegni religiosi), quindi fornisce norme e ideali che religiosi e persone non religiose possono condividere. Ciò che la religione aggiunge alla moralità è una ''cornice'' che pone le norme morali e gli ideali sotto una nuova luce, non, tranne in casi marginali, un nuovo contenuto per quelle norme e ideali. Una religione che proclama che l'omicidio, la tortura o lo stupro sono buoni, o che aiuta coloro che soffrono ad essere cattivi, praticamente si impedisce di essere una religione: di non avere realmente una visione del massimo bene umano. Naturalmente, a volte c'è interazione tra le nostre opinioni religiose e morali. Specialmente quando le questioni morali si rivolgono in misura significativa a quelle teliche — quando, ad esempio, stiamo cercando di determinare il vero inizio o la vera fine della vita umana, cosa difficile da fare senza una concezione di ciò che dà valore alla vita umana — persone altrettanto premurose e dignitose possono essere in forte disaccordo sulla loro risoluzione. E le tradizioni religiose attingono pesantemente dalle proprie visioni teliche per le norme che propongono per risolvere tali dibattiti. Ma ci sarà poca differenza tra l'approccio di una persona religiosa e di una persona laica alla maggior parte delle questioni morali.
Così le persone religiose e quelle laiche possono lavorare insieme su molti progetti morali. È solo che la persona religiosa avrà ragioni un po' diverse per i suoi impegni morali rispetto a una persona secolare. Un cristiano o un ebreo religioso che partecipa a una lotta per i diritti degli immigrati può lavorare al fianco di persone laiche impegnate per la stessa causa, può fare esattamente quello che fanno loro e può fornire molte delle stesse ragioni per le sue azioni: che le persone che sta cercando di aiutare meritano libertà e dignità, che la loro sofferenza giustifica compassione, o che opprimere o ignorare queste persone ci disumanizza. Ma potrebbe aggiungere che il suo scopo ultimo non è vedere i suoi simili solo politicamente liberi e materialmente felici. Spera invece che saranno in grado di utilizzare la loro migliore condizione politica e materiale come mezzo per raggiungere il bene umano ultimo. Oppure vede la lotta per i diritti umani come parte del proprio percorso religioso. Forse considera l'uscita di altri esseri umani dalla sofferenza e dall'oppressione come un mezzo per l'illuminazione buddhista, sia per l'oppressore che per la vittima. Oppure può vedere la fine della sofferenza e dell'oppressione come un'espressione del suo amore per Dio e per l'immagine di Dio negli altri. In uno di questi e in molti altri modi la persona religiosa può avere motivo di assumersi i doveri morali come se fossero doveri religiosi, e di rispettare i laici che svolgono quegli stessi doveri. Il religioso e il laico credono entrambi, dopo tutto, nell'importanza della libertà, del benessere e della dignità umana. Hanno semplicemente concezioni diverse di come quei beni si inseriscono nel bene umano generale.
Ma anche nel reame telico, c'è molto che una persona religiosa e una laica condivideranno. Dopotutto, gli esseri umani giungono a qualunque opinione ritengano del bene supremo per l'umanità dalle stesse domande e intuizioni. Condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano globale e condividiamo molte intuizioni su quali tipi di attività dovrebbero figurare in un resoconto plausibile di quel bene. Ciò fornisce un modo diretto e indiretto per le persone secolari e religiose di imparare gli uni dagli altri.
Il fatto che condividiamo le intuizioni teliche implica direttamente che possiamo imparare gli uni dagli altri. L'aristotelico, il marxista e il devoto cristiano saranno tutti d'accordo sul fatto che crescere i figli sia un grande bene umano, anche se l'aristotelico vede questo bene come opportunamente orientato all'educazione della prossima generazione alla virtù, il marxista lo vede come propriamente orientato alla costruzione di un società senza classi, e il cristiano pensa che idealmente dovrebbe condurre i propri figli a Gesù. Questi sono forti disaccordi, ma sorgono da un punto di partenza concorde, e anche quando non vengono risolti, l'aristotelico, il marxista e il cristiano possono insegnarsi a vicenda aspetti della buona educazione dei figli. Molti di noi che non sono marxisti hanno comunque imparato da loro l'importanza delle procedure egualitarie all'interno della famiglia, e molti che non sono cristiani hanno comunque imparato dal culto cristiano della famiglia il valore della condivisione dei propri ideali con i propri figli. Questo non vuol dire negare che a volte vediamo le opinioni teliche degli altri come un ostacolo al loro apprezzamento di beni più limitati: i marxisti che approvano solo l'arte che promuove la lotta di classe e le persone religiose che considerano le immagini sentimentali dei loro santi come alta arte, raramente attirano gli altri alle loro opinioni su questo argomento. Ma possiamo anche imparare di più su beni particolari attraverso ampie differenze rispetto al bene ultimo o generale.
Il fatto che condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano ultimo o complessivo crea un tipo più indiretto di apprendimento attraverso le differenze teliche. Tutti temiamo la morte e la noia; ci chiediamo tutti come dare priorità ai nostri interessi e impegni; tutti cerchiamo il piacere, ma possiamo essere portati a dubitare del suo valore; e tutti troviamo un valore apparente nell'arte, nell'amore erotico e nelle conquiste intellettuali, ma possiamo essere portati a chiederci se queste cose siano sufficienti a rendere la nostra vita degna d'esser vissuta. Alcune persone concludono che i nostri piaceri o l'esperienza dell'arte, dell'eros, dell'attività intellettuale ecc. ''sono'' sufficienti a rendere la nostra vita degna di essere vissuta, o che la domanda sul valore della vita è irrisolvibile o incoerente e dovremmo metterla da parte e gettarci invece nel piacere. Queste sono persone che danno una risposta secolare alla ricerca di un fine umano più alto, e si potrebbe pensare che il loro rifiuto di tale ricerca, o la soddisfazione per una risposta naturalistica ad essa, chiuderà la conversazione sull'argomento tra loro e le persone religiose. Ma anche le persone che respingono la questione del valore della vita, di solito a un certo punto ne hanno apprezzato la forza, e per questo motivo è probabile che l'affermazione di una persona religiosa di aver saputo trovare valore nella sua vita solo attraverso una visione religiosa potrebbe interessarli o, se non altro, irritarli. Questo punto funziona anche nella direzione opposta. Molte persone religiose si sono chieste se vivere per piacere, o per realizzare le loro capacità naturali, possa essere sufficiente per rendere la loro vita degna di valore — si sono chiesti se le loro convinzioni religiose non siano sciocche e una distrazione dal vivere per gli unici beni di cui gli esseri umani sono capaci di raggiungere. Tali persone, a loro volta, trovano normalmente qualcosa di avvincente, quindi, in un approccio laico alla questione telica: o ne sono, perlomeno, irritati.
E questa considerazione, o finanche irritazione, è comunque un'apertura alla conversazione. Le persone laiche trovano spesso potente la critica delle opinioni teliche naturalistiche. L'idea che vivere per piacere, o per arte ed eros, ecc. sia vanità, idolatria o un percorso verso una sofferenza senza fine, sembra plausibile a molte persone laiche, anche se alla fine non la accettano. D'altra parte, le persone religiose generalmente pensano di dover mostrare come il loro percorso possa accogliere la bontà del piacere, dell'arte, dell'eros, delle conquiste intellettuali e simili. Le persone laiche e quelle religiose, quindi, possono affinare le loro risposte a quelle domande parlando tra loro. Naturalmente, differiscono profondamente sul fatto che sia ragionevole supporre che il nostro bene ultimo sia essenzialmente oscuro, fidarsi di un testo che pretende di rivelarci tale bene oscuro, o riporre fede nei presupposti metafisici che questa fiducia porta con sé. E non possono superare queste differenze se una parte non rinuncia alla sua laicità o l'altra alla sua religiosità. Ma resta comunque molto che possono imparare gli uni dagli altri sui beni particolari e su come dovrebbe essere un resoconto del bene umano complessivo. Questo è sufficiente per il rispetto reciproco.
Le persone secolari e religiose, quindi, non si parlano semplicemente tra loro di questioni teliche, e possono affinare le loro risposte a quelle domande parlando tra loro. Naturalmente, differiscono profondamente sul fatto che sia ragionevole supporre che il nostro bene ultimo sia essenzialmente oscuro, fidarsi di un testo che pretende di rivelarci quell'oscuro bene, o riporre fede nei presupposti metafisici che questa fiducia porta con sé. E non possono superare queste differenze se una parte non rinuncia alla sua laicità o l'altra alla sua religiosità. Ma resta molto che possono imparare gli uni dagli altri sui beni particolari e su come dovrebbe essere un resoconto del bene umano complessivo. Questo è sufficiente per il rispetto reciproco.
Infine, le persone di tutte le religioni e di nessuna dovrebbero rendersi conto che traggono vantaggio da una sfera pubblica che incoraggia il perseguimento di un'ampia varietà di opinioni teliche e non è dominata da nessuna. Altrove l'ho definita una sfera pubblica illuminata, ed è vicina a quella che [[w:John Rawls|John Rawls]] chiama una società governata dalla ragione pubblica, e [[w:Jürgen Habermas|Jürgen Habermas]] descrive come un reame pubblico che si avvicina alla situazione [[w:svolta linguistica|linguistica ideale]]. Dal punto di vista di ciascuna religione, le altre appaiono nel migliore dei casi come versioni parziali o offuscate del vero o ideale sentiero umano. Dal punto di vista telico secolare, altri punti di vista telici secolari e tutte le religioni, appaiono nella migliore delle ipotesi come versioni parziali o offuscate del vero o ideale sentiero umano. Solo una sfera pubblica che sia neutrale tra queste alternative, e permetta a quante più di esse di esprimersi, può darci l'opportunità di cambiare idea su di esse: convertirci da una religione all'altra, o abbandonare la religione, o passare da una vita laica a quella religiosa. Tenere aperte queste possibilità ci permette anche di essere fiduciosi, quando manteniamo il punto di vista che già abbiamo, che lo stiamo facendo liberamente, piuttosto che per pressione sociale o politica. Avere accesso a una piazza pubblica piena di modi di vita alternativi e un dibattito aperto su di essi, consente anche a ciascuno di noi di chiarire a noi stessi i motivi per cui abbiamo un dato punto di vista. E ci offre uno spazio in cui possiamo esprimere le critiche ai nostri leader religiosi — per corruzione o oppressione, per essere troppo rigidi, o per non essere abbastanza severi o devoti — o per staccarci dal gruppo a cui apparteniamo e unirci a un sottogruppo dissenziente.
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[[File:Yemenite Jewish elders at study, 1906–1918, in Israel.jpg|540px|thumb|center|Anziani ebrei yemeniti studiano la Torah ([[w:Siria ottomana|Palestina Ottomana]], 1918)]]
== DIVERSITÀ E RISPETTO ==
Se esistono una varietà di ricezioni, per ogni rivelazione, potrebbe esserci anche una varietà di rivelazioni? O c'è solo una vera rivelazione? E se c'è una vera rivelazione – una visione corretta del bene supremo per tutta l'umanità – cosa dovremmo dire degli esseri umani che non accettano quella visione? Sono dannati, o condannati a sofferenze infinite, o comunque meno che esseri umani pienamente buoni? O potrebbero essere salvati loro malgrado, o capaci di una vita pienamente buona, anche se non capiscono che aspetto ha una vita pienamente buona? Queste sono le questioni della diversità religiosa, e vorrei chiudere questo mio libro con alcune riflessioni su di esse.
Le persone dedite a una religione rivelata possono avere molti atteggiamenti diversi nei confronti dei seguaci di altre religioni e nei confronti dei non-religiosi. Possono credere che non ci sia modo di raggiungere il massimo bene umano al di fuori della propria religione; possono vedere elementi di quella che considerano la vera via verso la santità o l'illuminazione in molte tradizioni, ma considerano le proprie come le migliori; oppure possono considerare molte altre tradizioni altrettanto vere (degne di fiducia) come le proprie. Alcune persone affermano di assumere una posizione ancora più radicalmente pluralista, sulla quale ''tutte'' le religioni sono ugualmente buone o vere. La maggior parte dei filosofi e dei teologi pensa che questa posizione sia incoerente, tuttavia, e io sono propenso a concordare. Se ci si propone di considerare tutte le religioni ugualmente buone o vere, dopo tutto, cosa si dice di una tradizione che insiste sul fatto che la sua via è l'unica giusta? Si dovrà sicuramente rifiutare almeno quell'aspetto di tale tradizione e considerare le tradizioni che a loro volta dichiarano un maggiore pluralismo come migliori per farlo. Questo già vizia il progetto di vedere tutte le tradizioni ''ugualmente'' buone o vere. Inoltre, si dovrà decidere cosa conta come tradizione religiosa (dovremmo contare il culto violento di [[w:James Warren Jones|Jim Jones]] degli anni '70? Che dire poi degli [[w:Scientology|scientologisti]], che non si considerano una religione, o dei seguaci di [[w:Lyndon LaRouche|Lyndon LaRouche]]?) e così facendo, inevitabilmente si intrometteranno giudizi su ciò che le religioni dovrebbero realizzare.
In pratica, poche persone rispettano tutte le religioni allo stesso modo. Anche coloro che strombazzano il loro pluralismo radicale tendono a condannare il culto di Jim Jones e altri gruppi oppressivi e violenti. La maggior parte delle persone che gravitano verso l'estremità pluralistica dello spettro sono invece preoccupate di affermare l'uguale decenza o ragionevolezza delle principali religioni di lunga data del mondo – ebraismo, cristianesimo, taoismo, ecc. – insieme forse alle pratiche dei popoli aborigeni. La maggior parte dei pluralisti sono pluralisti ''limitati'', potremmo dire, che cercano una base su cui valutare quante più comunità religiose possibile, limitando tale insieme a gruppi che si attengono a determinati standard morali.
Vi sono inoltre almeno due modi del tutto diversi di attuare il pluralismo: la tolleranza e il rispetto. Tolleriamo le persone che consideriamo sconsiderate e superficiali, ma non le rispettiamo. Il rispetto implica più della tolleranza. Abbiamo rispetto per qualcosa solo se pensiamo che abbia delle caratteristiche che ammiriamo e da cui possiamo imparare. Di conseguenza, mentre tollerare le religioni che si considerano spregevoli è un risultato politico non insignificante – molte parti del mondo sarebbero più libere e più pacifiche se tutti mantenessero tale atteggiamento – i pluralisti in piena regola di solito sollecitano il ''rispetto'' per una varietà di tradizioni religiose, non la semplice tolleranza. Nel resto di questo Capitolo, riserverò la parola "pluralismo" a punti di vista su cui abbiamo motivo di rispettare altre tradizioni. Le opinioni che sollecitano la mera tolleranza sono compatibili con la convinzione che la propria tradizione sia l'unica giusta, con una visione monistica piuttosto che pluralistica della verità religiosa.
Ma come può una persona religiosa giustificare la tolleranza o il rispetto per le altre religioni? Ebbene, anche se si considera la propria religione l'unica corretta, si può credere che ognuno debba giungere alla verità su Dio, o sul senso della vita umana, da solo. E qualcuno che crede questo può sforzarsi seriamente di persuadere gli altri della visione che egli ha accettato, o di presentarla sotto una luce attraente, mentre si oppone all'uso della coercizione per portare le persone nella sua fede. Questa è una via comune alla tolleranza.
Per il rispetto, abbiamo bisogno di più. Si può rispettare un'altra tradizione religiosa per umiltà cognitiva. Si potrebbe pensare: "Anche se la mia religione mi sembra la migliore o l'unica giusta, dovrei tener conto della mia possibilità di sbagliare". Oppure si può credere che un Dio sommamente buono e amorevole non avrebbe potuto permettere a un gran numero di persone di giungere a convinzioni totalmente false o malvagie su di Lui, quindi il nucleo delle proprie convinzioni religiose deve manifestarsi anche in altre tradizioni. Più radicalmente, si può credere che un Dio sommamente buono deve aver fatto sì che in ogni tradizione religiosa (moralmente dignitosa) si riveli qualche aspetto unico del bene per l'umanità: che la propria tradizione può e deve, quindi, imparare dalle visioni del mondo di tutti gli altri.
Il resoconto della religione rivelata sviluppato in questo mio libro può supportare visioni sia monistiche che pluralistiche. Se le visioni presentate dalle nostre rivelazioni sono oscure, e se un criterio della loro plausibilità è che ci portano ad amare la nostra vita, abbiamo qualche ragione per favorire il pluralismo. Considerare oscuro il mio insegnamento religioso mi dà motivo di umiltà cognitiva. E considerare il mio impegno religioso come dipendente centralmente dall'amore per la mia vita che induce in me, mi dà motivo di aspettarmi che altre persone siano ispirate all'impegno religioso da visioni diverse: le persone amano in modi molto diversi, dopo tutto. Inoltre, l'idea che un Dio oscuro possa rivelare diversi aspetti della Sua volontà o natura a persone diverse ha senso. È infatti plausibile che un Dio oscuro e amorevole si aspetti che tutti noi impariamo dalle tradizioni degli altri e quindi a rispettarci a vicenda. Pertanto, tutte e tre le modalità di rispetto che ho elencato, tutte e tre le ragioni del pluralismo religioso, possono ottenere supporto dal mio resoconto della religione rivelata.
Ma se la visione del bene sommo svelato da un testo rivelato è oscura, ciò può anche significare che all'interno del suo insegnamento si nascondono ragioni per cui si può raggiungere quel bene solo impegnandosi con ''questo'' testo particolare, e la tradizione ad esso associata. Forse la propria fede alla fine consentirà di vedere che le altre tradizioni sono, per necessità, confuse o distorte. Inoltre, il fatto che la visione in ciascuno di questi testi dovrebbe essere del massimo bene per tutta l'umanità ci dà qualche ragione per supporre che alla fine possa esserci un solo testo giusto. Quando si è attratti da una religione rivelata, secondo quanto ho esposto, presumiamo che ci sia una risposta obiettiva alla domanda: "cosa rende la vita degna di essere vissuta?" Ma ciò implica che la risposta alla domanda deve essere una risposta per gli esseri umani in generale, non solo per noi stessi. Ovviamente ci dovrà essere spazio in qualsiasi risposta del genere per persone diverse che conducono tipi di vita diversi – la società crollerebbe se tutti dovessero essere artisti, filosofi o politici – ma potremmo aver bisogno di consultare un unico ''telos'' per tutta l'umanità anche per capire come differenziare le nostre vite. Di conseguenza, l'idea che tutti dovrebbero, per esempio, avere fede in Cristo o comprendere l'insegnamento del Buddha sull'altruismo non è plausibile. Le tradizioni religiose non hanno bisogno di fare tali affermazioni monistiche, ma nulla nel mio resoconto della religione le esclude.
Penso che le persone siano generalmente attratte da una particolare rivelazione religiosa, in parte perché sono ''già'' monisti o pluralisti, e vedono questo testo o insegnamento come favorevole al loro punto di vista. È anche probabile che interpretino la loro tradizione, laddove è ambigua, secondo il loro monismo o pluralismo. Personalmente, vedo la tradizione ebraica come piuttosto pluralistica – sostenere la Torah come la migliore espressione di ciò che Dio vuole per tutta l'umanità, ma consentire che anche altre religioni possano fornire ai loro seguaci un sentiero divino – e mi ci impegno in parte per quella ragione. Qualcuno che pensa che la religione dovrebbe tracciare l'unica retta via per tutti potrebbe essere invece attratto dal cristianesimo o dal buddhismo, dal momento che quelle tradizioni si sono generalmente considerate l'unica religione corretta per tutti. Le nostre predilezioni monistiche o pluralistiche sono uno dei tanti fattori che contribuiscono al giudizio olistico che esprimiamo sull'affidabilità di una particolare tradizione religiosa. A volte anche la tradizione in cui ci impegniamo ci ''porta'' a una visione più monistica o pluralistica. C'è un circolo qui, anche se non vizioso, tra i giudizi che ci portano all'impegno religioso e il modo in cui quell'impegno modella i nostri giudizi. Ma il resoconto filosofico della religione che ho delineato contribuisce poco a questi giudizi: non può risolvere la questione se dobbiamo essere pluralisti o monisti. Se ci siano molte buone tradizioni religiose o solo una appartiene alle domande sul bene umano che vengono risolte da ciascuna tradizione rivelata in modo diverso, non secondo il quadro che spiega ciò che queste tradizioni cercano di realizzare in generale.
Tuttavia, è facile vedere come il quadro che ho sviluppato possa essere utilizzato per rafforzare una visione pluralistica della religione. L'enfasi in quel quadro sulla necessità di visioni teliche per ispirare amore e timore reverenziale in noi fa sembrare il pluralismo più adatto ad esso rispetto al monismo. Potremmo aspettarci che la ''ragione'' ci porti a una sola visione religiosa, ma se le nostre opinioni religiose dipendono dall’''amore'', è probabile che varino. Inoltre, un'importante motivazione per il mio quadro è mostrare come l'accettazione della religione rivelata possa essere combinata con un impegno per la moralità liberale, e una forte dose di pluralismo – di rispetto per i diversi modi in cui le persone scelgono di vivere – generalmente va d'accordo con una moralità liberale. Di conseguenza, non dovrebbe sorprendere se le persone che accettano il mio quadro generalmente lo usassero per sostenere una lettura pluralistica della loro tradizione. Io stesso sono incline in quella direzione, e sebbene io debba andare oltre le considerazioni filosofiche per difendere tale inclinazione, e attingere anche alle mie convinzioni religiose personali, permettetemi di dedicare qualche momento ad abbozzare come anche un credente che avalla una religione tradizionale rivelata possa essere pluralista.
La Torah ammonisce ripetutamente gli ebrei a "insegnare ai loro figli" vari aspetti centrali della nostra religione ({{passo biblico2|Genesi|18:19}}; {{passo biblico2|Esodo|12:26,13:8,14}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|6:7,20-25,11:19}}). Il che ha buon senso. Il nostro primo legame d'amore è normalmente con i nostri genitori, sono le prime persone che si prendono cura di noi e Dio dovrebbe essere la fonte ultima dell'amore e della provvidenza: Dio ci raggiunge nella rivelazione attraverso l'amore e ci guida, attraverso la rivelazione, ad amare la nostra vita. Quindi ha senso che Dio ci esorti a trasmettere gli insegnamenti della rivelazione attraverso il legame genitore-figlio. Se lo facciamo, arriviamo a una visione del fine che Dio ha per noi, e il percorso verso quel fine, attraverso un impegno affettivo. Una delle visioni religiose del mondo ci avvince: cioè suscita in noi amore, offre soddisfazione ai nostri aneliti telici. Ma i desideri che abbiamo, e l'amore che li soddisfa, dipenderanno dalle circostanze in cui siamo stati educati e in cui si sono formate le nostre disposizioni affettive: compreso, in primo piano, il nostro rapporto con i nostri genitori. Non sorprende quindi che la visione che generalmente ci parla più profondamente sia una visione presentata nell'ambito delle nostre famiglie; l'amore che proviamo per essa è, inizialmente, un'estensione del nostro amore per i nostri genitori.
Né dovrebbe sorprendere che i nostri impegni religiosi tendano anche a essere plasmati dalla cultura più ampia a cui appartiene la nostra famiglia. È nel contesto di quella cultura, dopotutto, che normalmente viviamo e interpretiamo le esperienze sulla base delle quali aneliamo a una visione che renda la nostra vita degna di essere vissuta. La risposta alle domande teliche che ci poniamo avrà più senso per noi se espressa nel vocabolario della cultura in cui abbiamo posto quelle domande; e il nostro amore per quella risposta, la base su cui la accettiamo, sarà in parte un'estensione del nostro amore per la nostra comunità.
E ancora, non dovrebbe sorprendere che un Dio amorevole possa permetterci di sviluppare i nostri impegni religiosi in questo modo. Se Dio deve parlare in un linguaggio umano per esprimerci la Sua volontà, allora perché Dio non dovrebbe anche lavorare attraverso gli schemi dell'amore umano per esprimere il Suo amore per noi? In effetti, queste sono solo versioni intellettuali ed emotive della stessa cosa. Possiamo cogliere il fine ultimo che Dio ci offre intellettualmente solo attraverso parabole e prescrizioni espresse nel linguaggio umano ordinario, e possiamo cogliere quel fine emotivamente solo attraverso i modi di affetto con cui ci impegniamo nei rapporti umani ordinari. Dio deve parlare tramite le formazioni emotive umane, tramite i modelli di amore e di impegno che sviluppiamo nelle nostre famiglie e culture, così come deve parlare attraverso le formazioni linguistiche umane. Non sono, infatti, nettamente separabili. E il Dio in cui credo personalmente – il Dio che pone l'onore dei genitori nella prima tavoletta dei Dieci Comandamenti, che sottolinea ripetutamente la necessità che i genitori insegnino la Torah ai propri figli e che rende essenziale per l'impegno religioso il ricordo della storia del proprio popolo – sembra riconoscere espressamente, e voler farci riconoscere, che la fede non è anzitutto esercizio della ragione o del sentimento individuale, ma una risposta e uno sviluppo delle modalità dell'amore insegnate in una famiglia e in una cultura. Ne conseguirebbe, come ha sostenuto la maggior parte della tradizione ebraica, che questo stesso Dio si metterà in relazione con persone di culture diverse attraverso insegnamenti diversi dalla Torah, che la visione di Dio per loro è diversa dalla visione di Dio per gli ebrei.
Ma finora ho giustificato solo la tolleranza. Ciò che ho detto mi permette di vedere le altre religioni allo stesso livello della mia, ma non di pensare che abbiano qualcosa da offrirmi, qualcosa da cui posso imparare. C'è qualcosa nella tradizione ebraica per incoraggiare il ''rispetto'' per altre tradizioni?
Ebbene, una caratteristica strana della rivelazione al Sinai è il fatto che avviene subito dopo che Mosè riceve consiglio dal suo suocero non-israelita [[w:Ietro|Jethro]], un sacerdote di [[w:Madian|Madian]], di condividere la sua autorità con gli altri. (In effetti, la sezione della Torah in cui avviene la rivelazione al Sinai è conosciuta come "Jethro" nella tradizione ebraica). È troppo inverosimile dire che solo questo decentramento dell'autorità renda possibile la rivelazione a tutto il popolo? e che ci voglia un estraneo per capirlo? Jethro è un meraviglioso modello di non-ebreo da cui gli ebrei possono imparare, religiosamente: uno spettatore comprensivo, che può vedere ciò che noi, immersi nei nostri modi prefissati, non possiamo vedere e aiutarci a raggiungere meglio i nostri obiettivi. Quindi possiamo trarre un accenno da un momento centrale della nostra Torah che c'è molto sulle relazioni umane che possiamo imparare – che ''dobbiamo'' imparare – da persone al di fuori della nostra tradizione.
C'è un accenno ancora più forte di tale idea nel [[w:Libro di Giona|libro biblico di Giona]] (letto durante [[w:Yom Kippur|Yom Kippur]], il nostro giorno più santo), dove gli assiri servono come modello di pentimento per gli ebrei. Qualcosa di simile vale per il [[w:Libro di Rut|Libro di Ruth]] (letto anche in una festa religiosa centrale), dove un membro del tanto disprezzato popolo [[w:Moabiti|moabita]] è addotto come un modello di decenza, generosità e lealtà. E il Talmud contiene il bellissimo monito: "Non disprezzare nessuno e nessuna cosa, perché ogni persona ha la sua ora e ogni cosa ha il suo posto" (Avot 4:3), che ho sentito citare da ebrei estremamente devoti per giustificare il rispetto per gli atei. Gli atei hanno la loro "ora" nel compiere opere di amorevolezza, poiché la loro stessa mancanza di fede in Dio può portarli a concentrarsi più intensamente di quanto non facciano i credenti sui bisogni dei loro simili.
Tutti i miei esempi finora, chiaramente, riguardano casi in cui gli ebrei imparano qualcosa di valore ''morale'' da persone al di fuori della loro tradizione. In qualsiasi tradizione religiosa, è più probabile che si guardi al di fuori di quella tradizione per un'intuizione morale che per una visione telica. Sono le intuizioni teliche di una tradizione religiosa che la contraddistinguono, in fondo, e a cui è diretta la fede a cui essa chiama. La moralità è qualcosa che condividiamo per la maggior parte con tutti gli esseri umani. Di conseguenza, possiamo aspettarci di saperne di più da persone di qualsiasi tradizione religiosa. Ma non ci aspettiamo lo stesso per quanto riguarda le nostre convinzioni specificamente religiose.
Tuttavia, altre tradizioni a volte ci insegnano modi di interpretare la nostra visione telica che altrimenti non avremmo incontrato. Ho imparato molto sulla preghiera dalle commoventi benedizioni spontanee che ho sentito offrire da amici cristiani. A livello comunitario, ebrei e cristiani impararono dalla fusione di Aristotele e con la religione rivelata, attuata per la prima volta dai musulmani; in un secondo momento Kant plasmò profondamente il modo in cui gli ebrei arrivarono a comprendere la loro tradizione; recentemente, elementi della pratica hindu e buddhista hanno avuto un impatto su molte comunità religiose americane. Questi prestiti sono possibili perché arriviamo alle nostre varie visioni teliche per lo stesso tipo di ragioni — il desiderio di ordinare i nostri obiettivi, la paura del vuoto e della morte, la convinzione che le vite dedicate al solo piacere saranno vuote — e facciamo uso di strutture metafisiche e morali simili per interpretare quelle visioni. Quindi, anche se ognuno di noi trova una di queste visioni più stimolante, commovente, ecc. rispetto alle altre, e/o la vede più adatta alla sua particolare esperienza di ciò che rende la vita significativa o vuota, condividiamo l'idea che queste sono le ''ragioni giuste'' per fondare un impegno religioso. Possiamo quindi illuminare la comprensione reciproca di queste ragioni. Anche se non condivido la comprensione cristiana della Passione di Gesù, posso essere in grado di vedere qualcosa di prezioso nell'idea della sofferenza vicaria e usare quell'idea per interpretare elementi della mia stessa tradizione. Anche se non condivido la visione buddhista del valore della meditazione, posso imparare qualcosa dall'idea di liberare la mente dai pensieri che distraggono, o di soffermarmi nel momento presente, e quindi incorporare una versione della meditazione nella mia pratica religiosa.
Le religioni possono così imparare l'una dall'altra pur conservando la loro integrità: possono sostenere le loro visioni come la migliore concezione complessiva della buona vita umana pur rispettandosi reciprocamente. Anche nella misura in cui ''non sono d’accordo'', inoltre, possono vedersi come validi correttivi per se stessi. Ogni tradizione religiosa dovrebbe riconoscere che le altre tradizioni servono come un eccellente controllo su come sta rispettando le sue norme di azione e interpretazione. Le critiche alla pratica ebraica avanzate a lungo da cristiani e musulmani, sebbene spesso incomprensibili e distruttive, hanno anche spronato gli ebrei a interpretazioni più ponderate o umane della loro tradizione. Noi ebrei, ad esempio, ci offendiamo quando i non-ebrei ci accusano di essere parrocchiali, ma l'accusa in qualche modo colpisce nel segno e abbiamo sviluppato pratiche più universalistiche in risposta a queste critiche. Le critiche che ebrei e cristiani oggi fanno alle forme violente o illiberali dell'islam, sebbene spesso anche incomprensibili e distruttive, possono avere un effetto simile. E per centinaia di anni, i dibattiti tra hindu e buddhisti nell'Asia meridionale, e confuciani e buddhisti in Cina, hanno plasmato l'autocomprensione di ciascuna di queste tradizioni. Nelle nostre vite individuali, siamo profondamente consapevoli che la paura di sembrare sciocchi, egoisti o crudeli di fronte a un estraneo può portarci a fare sforzi extra per apparire – ed ''essere'' – intelligenti, altruisti e umani. La presenza di estranei alle nostre tradizioni può, e nel migliore dei casi, avere un impatto simile su ogni comunità religiosa. La competizione spirituale può essere utile a tutti i partecipanti a quella competizione: purché la competizione rimanga spirituale e non degeneri in insulto e umiliazione o violenza.
E se la competizione spirituale è preziosa in questo modo, allora ha senso per coloro che pensano che l'universo sia governato da una forza o essere buono, capire la pluralità delle religioni come un flusso dalla volontà di quella forza o essere e che anche le religioni non teistiche considerino i loro ''sparring partner'' come aiutanti a perfezionare e promuovere la loro visione dell'umanità. Ha senso, cioè, che i membri di ciascuna tradizione religiosa considerino buona l'esistenza di altre tradizioni simili e considerino buona ogni altra tradizione purché anch'essa accolga questa diversità. Non abbiamo motivo di rispettare le comunità religiose che uccidono coloro che non sono d'accordo con loro, o cercano di spaventare o manipolare le persone affinché si uniscano alla loro fede. Queste non sono comunità da cui possiamo imparare in un dibattito libero e aperto; sono, invece, distruttivi del dibattito. (Sono anche abbastanza immorali da darci motivo di dubitare che abbiano una visione adeguata del bene per tutta l'umanità.) Ma abbiamo tutte le ragioni per rispettare le comunità che rispettano esse stesse i parametri del dibattito libero e aperto: tutte le ragioni per supporre che potremmo imparare qualcosa da loro. A ''ciascuna'' di queste comunità può essere adattato l'adagio rabbinico che ho citato sopra: "Non disprezzare nessuna comunità, perché ognuna ha la sua ora".
Alcuni potrebbero prendere questi punti per suggerire che alla fine tutte le religioni convergeranno in una. Ma ciò non deve necessariamente essrr vero: le tradizioni religiose possono rimanere distinte per sempre, pur imparando l'una dall'altra. Altri possono accettare questi punti pur credendo che alla fine tutti accetteranno la loro particolare tradizione. Ma anche se alla fine ci uniamo tutti a una tradizione religiosa, quella tradizione potrebbe essere alterata dalla sua interazione con altre tradizioni. Un certo grado di rispetto per le altre religioni può quindi essere apprezzato anche dai monisti. Un cristiano o musulmano che pensa che alla fine tutti dovrebbero diventare cristiani o musulmani può ancora sperare che il cristianesimo e l'islam migliorino da ciò che impara da altre tradizioni. Alla fine, ciò di cui abbiamo più bisogno dai credenti religiosi è il rispetto delle altre religioni, se vogliamo che i loro impegni siano compatibili con i valori morali liberali. E possiamo raggiungerlo anche senza pluralismo.
Il rispetto per le altre religioni può fornire ai credenti un modello su come considerare i non-religiosi. I credenti religiosi possono rispettare le persone secolari sia nel senso che possono vedere queste ultime come dotate di virtù morali, sia nel senso che possono sperare di imparare da pratiche e atteggiamenti secolari, comprese le stesse critiche alla religione che i laicisti fanno. Questo non vuol dire che i credenti religiosi possano considerare i modi di vita secolari buoni quanto i propri. Non si può aggirare il fatto che un credente religioso, a forza dei suoi impegni religiosi, rifiuta implicitamente le opinioni teliche dei laici. Dire che non possiamo trovare adeguatamente un significato o uno scopo nelle nostre vite attraverso le sole nostre facoltà naturali significa dire che le persone laiche, se oneste con se stesse, dovrebbero vedere la vita come priva di significato. Non è esattamente lo stesso che dire che la vita delle persone laiche ''è'' priva di significato. Una persona può sbagliarsi nel modo in cui vede il fine umano pur raggiungendolo. E alcune visioni religiose consentono tuttavia una vita che non è esplicitamente religiosa, per realizzare la volontà di Dio, essere allineati con il ''Tao'', ecc. Una persona che dedica la sua vita al sostegno dei poveri o degli oppressi sta implicitamente imitando Cristo, si potrebbe dire, o partecipando alla santità. Oppure si potrebbero vedere tali fini religiosi realizzati in una vita dedicata all'arte o alla filosofia o alla cura della famiglia. Tuttavia, le persone religiose sono impegnate nell'idea che solo le loro visioni religiose spieghino correttamente ''perché'' queste attività valgono la pena. Non si può rinunciare a questa idea senza rinunciare alla propria religione.
L'idea è, tuttavia, offensiva per molte persone laiche. Sono irritati dal suggerimento che le persone religiose abbiano una comprensione di ciò che rende la vita degna di essere vissuta che a loro manca. La loro offesa è comprensibile, ma la risposta adeguata è un gentile ricordar loro del fatto che le persone laiche sono altrettanto impegnate a rifiutare le opinioni teliche sostenute dalle persone religiose. Non sarebbero laici a meno che non rifiutassero le credenze in Dio, nell'aldilà e simili. Anche se sono abbastanza educati da non esprimere le loro opinioni su questi argomenti alle persone religiose, alla fine devono considerare queste ultime come errate. Spesso, naturalmente, i laici non sono così educati: le persone che dichiarano che la fede in Dio è superstiziosa e infantile non sono certo poche. Ma altri pensano di mostrare rispetto per i credenti religiosi dicendo che capiscono e vogliono sostenere il nostro desiderio di vivere religiosamente — che le nostre pratiche, perché sono importanti per noi, sono altrettanto preziose della loro stessa preoccupazione per l'arte o il calcio o altro. Apprezzano le nostre pratiche religiose come danno valore agli altri stili di vita e credono che tutte le persone dovrebbero essere in grado di perseguire lo stile di vita a cui tengono, purché non feriscano gli altri. Ma si sbagliano se pensano che questo sia davvero rispetto dell'impegno religioso. Poiché quelli di noi che sono religiosi non si vedono come se stessero perseguendo un dato "stile di vita" tra tanti altri, e non lo perseguono solo perché coinvolge i nostri desideri, come altri potrebbero perseguire l'arte o il calcio. Lo perseguiamo perché pensiamo che rappresenti il bene più alto per tutta l'umanità. In effetti, può e spesso prevale su ciò che ci capita di desiderare e ci invita a rinunciare o modificare ciò che ci piacerebbe di più fare. I laicisti del tipo che ho descritto – che cercano di aprirsi alla religione vedendola come uno stile di vita – dovrebbero rendersi conto che stanno implicitamente avallando una visione alternativa del massimo bene umano, che consiste nel perseguire qualsiasi modo di vivere moralmente dignitoso che gli esseri umani decidono di scegliere. In fin dei conti, questa è una visione in conflitto con le concezioni religiose del sommo bene, e i laicisti la approvano proprio nella misura in cui riconducono il valore della vita alla scelta umana e rifiutano l'idea che quel valore potrebbe invece dover essere rivelato da una fonte soprannaturale.
In breve, le persone religiose e laiche devono accettare che le differenze tra loro equivalgono a un disaccordo sulla natura del bene supremo; il rispetto reciproco tra di loro non può dipendere dal risolvere o dissolvere quel disaccordo. Ciò non dovrebbe essere problematico, fintanto che entrambi i gruppi possono trovare ragioni, nonostante il loro disaccordo, per valutare qualcosa di come vive l'altro e per offrire la possibilità che possano imparare l'uno dall'altro. Ed entrambi i gruppi possono, credo, farlo, esattamente come le persone impegnate in una religione possono trovare motivo di rispettare le persone di altre religioni.
In primo luogo, le persone religiose e secolari di integrità e decenza possono avallare le virtù morali reciproche. La moralità, ancora una volta, si basa in gran parte su modalità di intuizione e argomentazione indipendenti dalla religione (deve farlo, se vuole tenere insieme società composte da persone con diversi impegni religiosi), quindi fornisce norme e ideali che religiosi e persone non religiose possono condividere. Ciò che la religione aggiunge alla moralità è una ''cornice'' che pone le norme morali e gli ideali sotto una nuova luce, non, tranne in casi marginali, un nuovo contenuto per quelle norme e ideali. Una religione che proclama che l'omicidio, la tortura o lo stupro sono buoni, o che aiuta coloro che soffrono ad essere cattivi, praticamente si impedisce di essere una religione: di non avere realmente una visione del massimo bene umano. Naturalmente, a volte c'è interazione tra le nostre opinioni religiose e morali. Specialmente quando le questioni morali si rivolgono in misura significativa a quelle teliche — quando, ad esempio, stiamo cercando di determinare il vero inizio o la vera fine della vita umana, cosa difficile da fare senza una concezione di ciò che dà valore alla vita umana — persone altrettanto premurose e dignitose possono essere in forte disaccordo sulla loro risoluzione. E le tradizioni religiose attingono pesantemente dalle proprie visioni teliche per le norme che propongono per risolvere tali dibattiti. Ma ci sarà poca differenza tra l'approccio di una persona religiosa e di una persona laica alla maggior parte delle questioni morali.
Così le persone religiose e quelle laiche possono lavorare insieme su molti progetti morali. È solo che la persona religiosa avrà ragioni un po' diverse per i suoi impegni morali rispetto a una persona secolare. Un cristiano o un ebreo religioso che partecipa a una lotta per i diritti degli immigrati può lavorare al fianco di persone laiche impegnate per la stessa causa, può fare esattamente quello che fanno loro e può fornire molte delle stesse ragioni per le sue azioni: che le persone che sta cercando di aiutare meritano libertà e dignità, che la loro sofferenza giustifica compassione, o che opprimere o ignorare queste persone ci disumanizza. Ma potrebbe aggiungere che il suo scopo ultimo non è vedere i suoi simili solo politicamente liberi e materialmente felici. Spera invece che saranno in grado di utilizzare la loro migliore condizione politica e materiale come mezzo per raggiungere il bene umano ultimo. Oppure vede la lotta per i diritti umani come parte del proprio percorso religioso. Forse considera l'uscita di altri esseri umani dalla sofferenza e dall'oppressione come un mezzo per l'illuminazione buddhista, sia per l'oppressore che per la vittima. Oppure può vedere la fine della sofferenza e dell'oppressione come un'espressione del suo amore per Dio e per l'immagine di Dio negli altri. In uno di questi e in molti altri modi la persona religiosa può avere motivo di assumersi i doveri morali come se fossero doveri religiosi, e di rispettare i laici che svolgono quegli stessi doveri. Il religioso e il laico credono entrambi, dopo tutto, nell'importanza della libertà, del benessere e della dignità umana. Hanno semplicemente concezioni diverse di come quei beni si inseriscono nel bene umano generale.
Ma anche nel reame telico, c'è molto che una persona religiosa e una laica condivideranno. Dopotutto, gli esseri umani giungono a qualunque opinione ritengano del bene supremo per l'umanità dalle stesse domande e intuizioni. Condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano globale e condividiamo molte intuizioni su quali tipi di attività dovrebbero figurare in un resoconto plausibile di quel bene. Ciò fornisce un modo diretto e indiretto per le persone secolari e religiose di imparare gli uni dagli altri.
Il fatto che condividiamo le intuizioni teliche implica direttamente che possiamo imparare gli uni dagli altri. L'aristotelico, il marxista e il devoto cristiano saranno tutti d'accordo sul fatto che crescere i figli sia un grande bene umano, anche se l'aristotelico vede questo bene come opportunamente orientato all'educazione della prossima generazione alla virtù, il marxista lo vede come propriamente orientato alla costruzione di un società senza classi, e il cristiano pensa che idealmente dovrebbe condurre i propri figli a Gesù. Questi sono forti disaccordi, ma sorgono da un punto di partenza concorde, e anche quando non vengono risolti, l'aristotelico, il marxista e il cristiano possono insegnarsi a vicenda aspetti della buona educazione dei figli. Molti di noi che non sono marxisti hanno comunque imparato da loro l'importanza delle procedure egualitarie all'interno della famiglia, e molti che non sono cristiani hanno comunque imparato dal culto cristiano della famiglia il valore della condivisione dei propri ideali con i propri figli. Questo non vuol dire negare che a volte vediamo le opinioni teliche degli altri come un ostacolo al loro apprezzamento di beni più limitati: i marxisti che approvano solo l'arte che promuove la lotta di classe e le persone religiose che considerano le immagini sentimentali dei loro santi come alta arte, raramente attirano gli altri alle loro opinioni su questo argomento. Ma possiamo anche imparare di più su beni particolari attraverso ampie differenze rispetto al bene ultimo o generale.
Il fatto che condividiamo le domande che ci portano a cercare un bene umano ultimo o complessivo crea un tipo più indiretto di apprendimento attraverso le differenze teliche. Tutti temiamo la morte e la noia; ci chiediamo tutti come dare priorità ai nostri interessi e impegni; tutti cerchiamo il piacere, ma possiamo essere portati a dubitare del suo valore; e tutti troviamo un valore apparente nell'arte, nell'amore erotico e nelle conquiste intellettuali, ma possiamo essere portati a chiederci se queste cose siano sufficienti a rendere la nostra vita degna d'esser vissuta. Alcune persone concludono che i nostri piaceri o l'esperienza dell'arte, dell'eros, dell'attività intellettuale ecc. ''sono'' sufficienti a rendere la nostra vita degna di essere vissuta, o che la domanda sul valore della vita è irrisolvibile o incoerente e dovremmo metterla da parte e gettarci invece nel piacere. Queste sono persone che danno una risposta secolare alla ricerca di un fine umano più alto, e si potrebbe pensare che il loro rifiuto di tale ricerca, o la soddisfazione per una risposta naturalistica ad essa, chiuderà la conversazione sull'argomento tra loro e le persone religiose. Ma anche le persone che respingono la questione del valore della vita, di solito a un certo punto ne hanno apprezzato la forza, e per questo motivo è probabile che l'affermazione di una persona religiosa di aver saputo trovare valore nella sua vita solo attraverso una visione religiosa potrebbe interessarli o, se non altro, irritarli. Questo punto funziona anche nella direzione opposta. Molte persone religiose si sono chieste se vivere per piacere, o per realizzare le loro capacità naturali, possa essere sufficiente per rendere la loro vita degna di valore — si sono chiesti se le loro convinzioni religiose non siano sciocche e una distrazione dal vivere per gli unici beni di cui gli esseri umani sono capaci di raggiungere. Tali persone, a loro volta, trovano normalmente qualcosa di avvincente, quindi, in un approccio laico alla questione telica: o ne sono, perlomeno, irritati.
E questa considerazione, o finanche irritazione, è comunque un'apertura alla conversazione. Le persone laiche trovano spesso potente la critica delle opinioni teliche naturalistiche. L'idea che vivere per piacere, o per arte ed eros, ecc. sia vanità, idolatria o un percorso verso una sofferenza senza fine, sembra plausibile a molte persone laiche, anche se alla fine non la accettano. D'altra parte, le persone religiose generalmente pensano di dover mostrare come il loro percorso possa accogliere la bontà del piacere, dell'arte, dell'eros, delle conquiste intellettuali e simili. Le persone laiche e quelle religiose, quindi, possono affinare le loro risposte a quelle domande parlando tra loro. Naturalmente, differiscono profondamente sul fatto che sia ragionevole supporre che il nostro bene ultimo sia essenzialmente oscuro, fidarsi di un testo che pretende di rivelarci tale bene oscuro, o riporre fede nei presupposti metafisici che questa fiducia porta con sé. E non possono superare queste differenze se una parte non rinuncia alla sua laicità o l'altra alla sua religiosità. Ma resta comunque molto che possono imparare gli uni dagli altri sui beni particolari e su come dovrebbe essere un resoconto del bene umano complessivo. Questo è sufficiente per il rispetto reciproco.
Le persone secolari e religiose, quindi, non si parlano semplicemente tra loro di questioni teliche, e possono affinare le loro risposte a quelle domande parlando tra loro. Naturalmente, differiscono profondamente sul fatto che sia ragionevole supporre che il nostro bene ultimo sia essenzialmente oscuro, fidarsi di un testo che pretende di rivelarci quell'oscuro bene, o riporre fede nei presupposti metafisici che questa fiducia porta con sé. E non possono superare queste differenze se una parte non rinuncia alla sua laicità o l'altra alla sua religiosità. Ma resta molto che possono imparare gli uni dagli altri sui beni particolari e su come dovrebbe essere un resoconto del bene umano complessivo. Questo è sufficiente per il rispetto reciproco.
Infine, le persone di tutte le religioni e di nessuna dovrebbero rendersi conto che traggono vantaggio da una sfera pubblica che incoraggia il perseguimento di un'ampia varietà di opinioni teliche e non è dominata da nessuna. Altrove l'ho definita una sfera pubblica illuminata, ed è vicina a quella che [[w:John Rawls|John Rawls]] chiama una società governata dalla ragione pubblica, e [[w:Jürgen Habermas|Jürgen Habermas]] descrive come un reame pubblico che si avvicina alla situazione [[w:svolta linguistica|linguistica ideale]]. Dal punto di vista di ciascuna religione, le altre appaiono nel migliore dei casi come versioni parziali o offuscate del vero o ideale sentiero umano. Dal punto di vista telico secolare, altri punti di vista telici secolari e tutte le religioni, appaiono nella migliore delle ipotesi come versioni parziali o offuscate del vero o ideale sentiero umano. Solo una sfera pubblica che sia neutrale tra queste alternative, e permetta a quante più di esse di esprimersi, può darci l'opportunità di cambiare idea su di esse: convertirci da una religione all'altra, o abbandonare la religione, o passare da una vita laica a quella religiosa. Tenere aperte queste possibilità ci permette anche di essere fiduciosi, quando manteniamo il punto di vista che già abbiamo, che lo stiamo facendo liberamente, piuttosto che per pressione sociale o politica. Avere accesso a una piazza pubblica piena di modi di vita alternativi e un dibattito aperto su di essi, consente anche a ciascuno di noi di chiarire a noi stessi i motivi per cui abbiamo un dato punto di vista. E ci offre uno spazio in cui possiamo esprimere le critiche ai nostri leader religiosi — per corruzione o oppressione, per essere troppo rigidi, o per non essere abbastanza severi o devoti — o per staccarci dal gruppo a cui apparteniamo e unirci a un sottogruppo dissenziente.
Ciò non sarebbe possibile se il nostro stesso gruppo dominasse la sfera pubblica. Naturalmente, anche una sfera pubblica dominata da fautori di un'altra religione, o da fautori di una visione laica del bene umano, sarebbe per noi opprimente. Solo uno spazio pubblico aperto, pieno di rappresentanti di molte visioni teliche, laiche e religiose, fornisce a tutti noi una zona neutra attraverso la quale possiamo muoverci ogni volta che sentiamo il bisogno di valutare le visioni che abbiamo perseguito: uno spazio di respiro, per così dire, liberi dalle pressioni che proviamo in mezzo alle nostre comunità teliche. Questo spazio di respiro porterà alcune persone ad abbandonare i propri impegni o a modificarli, mentre altri considereranno solo di farlo e torneranno alla loro comunità con rinnovato fervore. Ma il fatto che possiamo abbandonare i nostri impegni o modificarli dovrebbe rassicurarci che gli impegni che abbiamo, anche quando li manteniamo intatti, sono scelti liberamente.
Uno spazio pubblico aperto, pieno di una diversità di voci religiose e laiche, garantisce così la libertà delle nostre convinzioni religiose: consente loro di essere veramente ''nostre'', piuttosto che un prodotto della paura o dell'ignoranza. E il valore di questa libertà permette a tutti noi, laici e religiosi allo stesso modo, di vedere un vero vantaggio nel fatto che gli altri sono lì per sostenere visioni alternative del mondo. Finché ogni gruppo lo vede e rimane impegnato in un dibattito libero e aperto su tali punti di vista, possiamo ottenere un rispetto profondo e solido l'uno per l'altro.
Pertanto, la fede nella religione rivelata del tipo che ho sollecitato può accompagnarsi a un forte impegno al rispetto reciproco tra le religioni e tra religiosi e laici. Il fatto che la rivelazione, per conto mio, non operi per sola ragione è importante a questo riguardo. L'oscurità delle nostre opinioni, e la loro dipendenza dalle condizioni affettive così come dalle argomentazioni, dovrebbero impedire ai credenti di vedere la loro visione come chiaramente corretta. Sarebbe utile se anche le persone laiche riconoscessero che le domande sul nostro bene supremo sono estremamente difficili e le risposte ad esse potrebbero essere essenzialmente oscure, o almeno non riuscire a persuadere ogni persona ragionevole. Accettare così l'atteggiamento del religioso verso la vita incoraggerebbe da parte dei laicisti una gradita umiltà che spesso oggi manca. Ad ogni modo, un laico che voglia onestamente rispettare le persone religiose, e non semplicemente tollerarle, farebbe bene a tenersi aperto alla possibilità che una visione criptica del bene, radicata in una metafisica non naturalistica, potrebbe semplicemente essere corretta. Dopotutto, la scienza e la moralità non escludono una tale possibilità. E solo se restiamo tutti aperti ad essa possiamo aspettarci fruttuose discussioni teliche tra religiosi e laici. Solo allora religiosi e laici potranno aspettarsi di imparare molto gli uni dagli altri in materia telica; solo allora potranno procedere insieme nella ricerca di un bene umano ultimo o complessivo.
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}}
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[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Capitolo 7]]
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Rivelazione e impegno esistenziale/Conclusione
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2022-08-07T20:19:04Z
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{{Rivelazione e impegno esistenziale}}
[[File:Studying at the Wall.jpg|540px|thumb|center|Studiando la Torah presso il [[w:Muro Occidentale|Muro Occidentale]] (Gerusalemme, 2011)]]
== CONCLUSIONE ==
Ho descritto un modo in cui le persone possono seguire una religione rivelata – consapevoli delle fonti non razionali dei loro impegni e di conseguenza aperte, flessibili e rispettose delle altre religioni e delle persone laiche – non il modo in cui la maggior parte delle persone segue tali religioni. Leggiamo ogni giorno di persone religiose che si uccidono a vicenda, che privano gli altri dei diritti e perpetrano ogni sorta di altri omicidi e disordini. Leggiamo anche di persone religiose che si sono opposte alla scienza moderna, su tutto, dall'evoluzione alle implicazioni sanitarie dell'aborto. E quando leggiamo di persone religiose con ammirevoli virtù morali, o un approccio ponderato alla scienza, tali persone tendono ad avere una concezione razionalista della religione, solo vagamente legata a un testo rivelato e a una tradizione di ricezione di quel testo.
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}}
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[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Conclusione]]
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{{Rivelazione e impegno esistenziale}}
[[File:Studying at the Wall.jpg|540px|thumb|center|Studiando la Torah presso il [[w:Muro Occidentale|Muro Occidentale]] (Gerusalemme, 2011)]]
== CONCLUSIONE ==
Ho descritto un modo in cui le persone possono seguire una religione rivelata – consapevoli delle fonti non razionali dei loro impegni e di conseguenza aperte, flessibili e rispettose delle altre religioni e delle persone laiche – non il modo in cui la maggior parte delle persone segue tali religioni. Leggiamo ogni giorno di persone religiose che si uccidono a vicenda, che privano gli altri dei diritti e perpetrano ogni sorta di altri omicidi e terrorismo. Leggiamo anche di persone religiose che si sono opposte alla scienza moderna, su tutto, dall'evoluzione alle implicazioni sanitarie dell'aborto. E quando leggiamo di persone religiose con ammirevoli virtù morali, o un approccio ponderato alla scienza, tali persone tendono ad avere una concezione razionalista della religione, solo vagamente legata a un testo rivelato e a una tradizione di ricezione di quel testo.
Ma impegni religiosi più tradizionali, radicati nell'idea che certi testi e insegnamenti vengono da Dio, possono accompagnarsi anche alle virtù liberali e all'affermazione della scienza moderna. Se un testo o un insegnamento tradizionale ha qualcosa da offrire a ogni epoca, come dovrebbe se il suo autore è Dio, allora dovrebbe adattarsi al mondo moderno così come a quello antico o medievale. Inoltre, quelli di noi che credono in Dio dovrebbero vedere la mano di Dio dietro le conquiste morali e cognitive della modernità. Pervenire alla rivelazione dopo aver prima affermato la verità di una scienza naturalistica e la decenza di una moralità naturalistica ci permette anche di vedere, più chiaramente, il carattere tipicamente ''non''naturalistico di questo mezzo di guida telica. Comprendiamo più profondamente quanto stiamo abbandonando il nostro modo ordinario e naturalistico di affrontare il mondo optando invece per una religione rivelata – facendo un "atto di fede" – se prima apprezziamo le cose buone che quella mondanità naturalistica, ordinaria, può realizzare.
Pertanto, la rivelazione non ha bisogno di sostituire la ragione secolarizzata. Può e deve innestarsi, invece, nei nostri modi di pensare e di agire ordinari e secolari. Abramo è spesso citato come esempio di qualcuno che sospende tutte le normali preoccupazioni morali e pragmatiche quando offre il suo amato figlio a un Dio soprannaturale. Ma quello stesso Abramo è raffigurato, in precedenza, nella Bibbia, che sfida Dio stesso ad attenersi a uno standard indipendente di giustizia: "Il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?" ({{passo biblico2|Genesi|18:25}}). Quello stesso Abramo inoltre interrompe una conversazione con Dio per prendersi cura di quelli che pensa siano tre ospiti umani ({{passo biblico2|Genesi|18:1-2}}). Questi aspetti di Abramo forniscono un modello migliore per l'impegno religioso rispetto all'aspetto con cui offre indiscutibilmente suo figlio. Costruiamo prima una comunità giusta e dignitosa con i nostri simili, indipendentemente dalla rivelazione e dal credo religioso. Solo allora Dio ci appare.
Ciò non significa che i nostri modi di pensare secolari siano di per sé adeguati. Ma ciò che manca in loro, ciò che non possono realizzare, diventa chiaro solo quando diamo loro libero sfogo per dimostrare ciò che possono realizzare. La Parola di Dio è inquietante, sublime, radicalmente diversa da ciò che normalmente pensiamo e diciamo, e mostra la sua sublimità solo quando le permettiamo di porsi contro il nostro modo ordinario di essere.
In ogni caso, una vita religiosa ponderata e dignitosa consiste nel coniugare modi secolari di ricerca della verità e della bontà morale con l'impegno per un testo e una via rivelati. Potremmo chiamare santo mondano qualcuno che esemplifica questa combinazione. L'amorevole Rabbi Hillel, che combina devozione incrollabile con un senso dell'umorismo secco; Tommaso d'Aquino, che integra la dottrina cristiana con la migliore scienza del suo tempo; l'attuale [[w:Dalai Lama|Dalai Lama]], che rappresenta politicamente la sua comunità in tempi difficili, mentre esemplifica il meglio del pensiero e della pratica buddhista: tutti questi sono esempi del santo mondano. Ma è più semplice restare con Abramo. Perché Abramo è sia il devoto etereo che è disposto a dare tutto a Dio, sia il compagno di mondo che viaggia in una terra straniera, costruisce un grande clan, interagisce con re e mercanti a condizioni indipendenti dai suoi impegni religiosi e — ad eccezione dell'unico momento scioccante in cui offre suo figlio — si prende cura degli altri esseri umani, a volte ancor prima di prendersi cura di Dio. In effetti, [[w:Søren Kierkegaard|Kierkegaard]], che si concentra su quel momento scioccante, ci offre anche un ritratto astuto e spiritoso del credente più complesso che generalmente Abramo rappresenta:
{{citazione|Here [is the knight of faith]... The moment I set eyes on him I instantly push him from me, I myself leap backwards, I clasp my hands and say half aloud, “Good Lord, is this the man? Is it really he? Why, he looks like a tax-collector!” However, it is the man after all. I draw closer to him, watching his least movements to see whether there might not be visible a little heterogeneous fractional telegraphic message from the infinite, a glance, a look, a gesture, a note of sadness, a smile, which betrayed the infinite in its heterogeneity with the finite. No! I examine his figure from tip to toe to see if there might not be a cranny through which the infinite was peeping. No! He is solid through and through. His tread? It is vigorous, belonging entirely to finiteness; no smartly dressed townsman who walks out to Fresberg on a Sunday afternoon treads the ground more firmly, he belongs entirely to the world, no Philistine more so... [W]henever one sees him taking part in a particular pleasure, he does it with the persistence which is the mark of the earthly man whose soul is absorbed in such things... He takes delight in everything he sees, in the human swarm, in the new omnibuses, in the water of the sound... Toward evening he walks home, his gait is as indefatigable as that of the postman. On his way he reflects that his wife has surely a special little warm dish prepared for him, e.g., a calf’s head roasted, garnished with vegetables. If he were to meet a man like-minded, he could continue as far as East Gate to discourse with him about that dish, with a passion befitting a hotel chef. As it happens, he hasn’t four pence to his name, and yet he fully and firmly believes that his wife has that dainty dish for him. If she had it, it would then be an invidious sight for superior people and an inspiring one for the plain man to see him eat; for his appetite is greater than Esau’s. His wife hasn’t it— strangely enough, it is quite the same to him. On the way he comes past a building site and runs across another man. They talk together for a moment. In the twinkling of an eye he erects a new building, he has at his disposition all the powers necessary for it. The stranger leaves him with the thought that he certainly was a capitalist, while my admired knight thinks, “Yes, if the money were needed, I dare say I could get it.”... He lives as carefree as a ne’er-do-well, and yet he buys up the acceptable time at the dearest price, for he does not do the least thing except by virtue of the absurd... [T]his man has made and every instant is making the movements of infinity. With infinite resignation he has drained the cup of life’s profound sadness, he knows the bliss of the infinite, he senses the pain of renouncing everything, the dearest things he possesses in the world, and yet finiteness tastes to him just as good as to one who never knew anything higher... [T]he whole earthly form he exhibits is a new creation by virtue of the absurd. He resigned everything infinitely, and then he grasped everything again by virtue of the absurd. He constantly makes the movements of infinity, but he does this with such correctness and assurance that he gets the finite out of it.}}
In questa immagine, un santo mondano è una persona che si rende conto di quanto sia folle, quanto assolutamente improbabile, che ci sia un Dio alla radice del nostro mondo meschino e arbitrario, in cui viviamo di delusione in delusione per la maggior parte del tempo, eppure crede comunque in quel Dio e, pieno di gioia, vede costantemente la Sua presenza nei limiti stessi che frustrano la maggior parte di noi. Ma fare questo significa tenere insieme il nostro modo ordinario di vivere nel mondo, con le sue modalità di indagine scettiche, la sua dipendenza dalla ruota dei bisogni biologici che guidano la maggior parte di ciò che facciamo e la sua dura richiesta morale di rispettare tutti i nostri compagni di ricerca e di soddisfazione dei bisogni non così piacevoli, con la speranza o la convinzione che siamo alla presenza di un Essere idealmente buono, trasformante, che dà a tutta questa fatica un significato gioioso. Questa fede si mostra in modo più completo in una persona che abbraccia il nostro mondo come il più sano delle persone e allo stesso tempo sta al di là di esso: nell'Abramo che costruisce un clan e negozia i diritti sull'acqua anche mentre adora un Dio trascendente, che parla con Dio ma sospende la conversazione per ottenere pane e carne per alcuni viaggiatori. Per ragioni religiose e secolari, dobbiamo rendere a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Dobbiamo dare alla via del mondo umano ordinario il suo giusto rispetto, pur riconoscendo che ha bisogno di rivelazione e acquista il suo vero significato dando una dimora alla rivelazione. Il cavaliere della fede gode della sua carne e dei suoi nuovi edifici, ma fa parte della sua fede capire che la fede stessa non fa carne né edifici; lo fa la comunità umana, religiosa o secolare.
Con il dovuto rispetto per Kierkegaard stesso, questo significa che un santo mondano non può rinunciare ai suoi impegni morali nel modo in cui può rinunciare alle sue speranze. I suoi impegni morali appartengono alla comunità umana, non a lui: non sono suoi da rinunciare. Quindi, no, non può uccidere il suo amato figlio. La volontà di Abramo di sacrificare Isacco è sempre stato un mistero terrificante per i credenti. E resta così; ne siamo e dobbiamo essere disturbati, non assumerlo come modello di fede, come fa Kierkegaard. Detto questo, nel brano che ho citato, Kierkegaard ci offre una meravigliosa descrizione del santo mondano, di come l'impegno religioso e le modalità secolari di vivere nel mondo possano intrecciarsi. Il santo mondano sembra prima di tutto, e il più delle volte, indistinguibile da una persona tutta laica. Ma la sua unione con questo nostro mondo finito avviene, come non avviene per quello del laico, solo perché fa costantemente i movimenti dell'infinità: la sua razionalità si realizza solo in virtù dell'assurdo.
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[[Categoria:Rivelazione e impegno esistenziale|Conclusione]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Marche/Provincia di Macerata/Morrovalle/Morrovalle - Chiesa di San Bartolomeo Apostolo
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
{{Doppia immagine|center|Morrovalle - S.Bartolomeo - organo Callido.jpg|300|Morrovalle - S.Bartolomeo-consolle organo Callido.jpg|300|}}
* '''Costruttore:''' Callido (''Opus 408'')
* '''Anno:''' 1804
* '''Restauri/modifiche:''' Michel Formentelli (2011, restauro conservativo)
* '''Registri:''' 20
* '''Canne:''' 642
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 1 di 47 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Re<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' scavezza a leggio di 17 pedali (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>'') costantemente unita al manuale + pedale del ''Tamburo''<ref>4 canne, derivato.</ref>
* '''Collocazione:''' in corpo unico, al centro della cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Ripieno'''''
----
|-
|Principale || 8' Bassi
|-
|Principale || 8' Soprani
|-
|Ottava || 4'
|-
|Quinta decima || 2'
|-
|Decima nona || 1.1/3'
|-
|Vigesima seconda || 1'
|-
|Vigesima sesta || 2/3'
|-
|Vigesima nona || 1/2'
|-
|Trigesima terza || 1/3'<ref>dal ''Do<small>1</small>'' al ''Fa<small>2</small>''.</ref>
|-
|Trigesima sesta || 1/4'<ref>dal ''Do<small>1</small>'' al ''Do<small>2</small>''.</ref>
|-
|Contrabassi || 16' <small>(al Pedale)</small>
|-
|Ottava di contrabassi || 8' <small>(al Pedale)</small><ref>inserisce anche il registro precedente.</ref>
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''esterna'''''
----
|-
|Voce umana || 8' Soprani
|-
|Flauto in VIII || 4' Bassi<ref>dal ''Do<small>1</small>'' al ''Si<small>1</small>'' registro trasmesso dall<nowiki>'</nowiki>''Ottava 4<nowiki>'</nowiki>'' della ''I tastiera'', reale dal ''Do<small>2</small>''.</ref>
|-
|Flauto in VIII || 4' Soprani
|-
|Flauto in XII || 2.2/3'
|-
|Cornetta || 1.3/5' Soprani
|-
|Tromboncini || 8' Bassi
|-
|Tromboncini || 8' Soprani
|-
|Tromboni || 8' <small>(al Pedale)</small>
|-
|}
|}
== Note ==
<references/>
{{Avanzamento|100%|3 agosto 2022}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Morrovalle - Chiesa di San Bartolomeo ap.]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Cortona/Cortona - Basilica di Santa Margherita
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{{disposizioni foniche di organi a canne}}
{{Doppia immagine|center|Cortona-S.Margherita organo Mascioni.jpg|400|Cortona-S.Margherita-consolle organo Mascioni.jpg|224|}}
* '''Costruttore:''' Mascioni (''Opus 941'')
* '''Anno:''' 1972<ref>strumento costruito per la chiesa di San Romolo a Figline Valdarno, successivamente trasferito nell'attuale collocazione.</ref>
* '''Restauri/modifiche:''' sì
* '''Registri:''' 28
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' elettrica
* '''Consolle:''' mobile indipendente, sotto l'ultima arcata di sinistra tra le navate
* '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, su cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="22" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Dulciana || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|Ripieno || 4 file
|-
|Voce umana || 8'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Salicionale || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Flautino || 2'
|-
|Decimino || 1.3/5'
|-
|Cembalo || 3 file
|-
|Voce celeste || 8'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Cromorno</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Bordone || 16'
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Dolce || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Bombarda</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Cromorno</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Chiarina</span> || <span style="color:#8b0000;">4'</span>
|}
|}
== Note ==
<references/>
== Altri progetti ==
{{ip|w=Basilica di Santa Margherita|w_preposizione=sulla|w_etichetta= Basilica di Santa Margherita}}
{{Avanzamento|100%|6 agosto 2022}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Arezzo/Rigutino - Chiesa dei Santi Quirico e Giulitta
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Paolo Ciabatti * '''Anno:''' 2019 * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 10 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' sporgente dalla parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' dritta di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento al c...
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Paolo Ciabatti
* '''Anno:''' 2019
* '''Restauri/modifiche:''' no
* '''Registri:''' 10
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' sporgente dalla parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' dritta di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento al centro dell'abside
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Ripieno 3 file || 2'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Positivo aperto'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Clarino</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
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| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|}
|}
{{Avanzamento|100%|2 maggio 2018}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Paolo Ciabatti
* '''Anno:''' 2019
* '''Restauri/modifiche:''' no
* '''Registri:''' 10
* '''Canne:''' 820
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' sporgente dalla parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' dritta di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento al centro dell'abside
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Ripieno 3 file || 2'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Positivo aperto'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Clarino</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
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----
|-
|Subbasso || 16'
|-
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[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Ponte San Nicolò
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche del comune di [[w:Piove di Sacco|Piove di Sacco]] raggruppate per edificio. == Capoluogo == * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Ponte San Nicolò/Ponte San Nicolò - Chiesa di San Nicola|Ponte San Nicolò - Chiesa di San Nicola]] == Frazioni == * Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Ponte San Nicolò/Roncaglia - Chiesa di San Basilio...
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche del comune di [[w:Piove di Sacco|Piove di Sacco]] raggruppate per edificio.
== Capoluogo ==
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Ponte San Nicolò/Ponte San Nicolò - Chiesa di San Nicola|Ponte San Nicolò - Chiesa di San Nicola]]
== Frazioni ==
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Ponte San Nicolò/Roncaglia - Chiesa di San Basilio Magno|Roncaglia - Chiesa di San Basilio Magno]]
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Piove di Sacco/Roncaiette - Chiesa di San Fidenzio|Roncaiette - Chiesa di San Fidenzio]]
{{Avanzamento|100%|07 agosto 2022}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Ponte San Nicolò/Roncaglia - Chiesa di San Basilio Magno
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Pizzo e Brasson * '''Anno:''' 1996<ref>reimpiegando il materiale fonico del precedente organo Malvestio del 1920 e dell'organo Beniamino Zanin del 1902 della parrocchiale di Moniego (Treviso), acquistato d'occasione.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' sì (Pizzo e Brasson) * '''Registri:''' 34 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' meccanica per tastiere e pedaliera, elettrica per i registri * '''Consolle:''' stac...
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Pizzo e Brasson
* '''Anno:''' 1996<ref>reimpiegando il materiale fonico del precedente organo Malvestio del 1920 e dell'organo Beniamino Zanin del 1902 della parrocchiale di Moniego (Treviso), acquistato d'occasione.</ref>
* '''Restauri/modifiche:''' sì (Pizzo e Brasson)
* '''Registri:''' 34
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica per tastiere e pedaliera, elettrica per i registri
* '''Consolle:''' staccata, al lato sinistro del presbiterio
* '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in presbiterio, a fondo dell'abside
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale||16'
|-
|Principale||8'
|-
|Ottava||4'
|-
|Decimaquinta ||2'
|-
|Decimanona ||1.1/3'
|-
|Vigesimaseconda ||1'
|-
|Mixtur 5 file||
|-
|Flauto a camino||8'
|-
|Flauto||4'
|-
|Sesquialtera 2 file||
|-
|Tromba||8'
|-
|Voce umana||8'
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Principale||8'
|-
|Ottava||4'
|-
|Decimaquinta ||2'
|-
|Decimanona||1.1/3'
|-
|Vigesimaseconda ||1'
|-
|Mixtur 3 file ||
|-
|Bordone||8'
|-
|Flauto||4'
|-
|Flauto in XII||2.2/3'
|-
|Ottavino ||2'
|-
|Cornetta||1.3/5'
|-
|Viola ||8'
|-
|Voce celeste||8'
|-
|Corno||8'
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso||16'
|-
|Basso||8'
|-
|Ottava||4'
|-
|Subbasso||16'
|-
|Bordone||8'
|-
|Bombarda||16'
|-
|Tromba||8'
|-
|Tromba||4'
|-
|}
|}
{{Avanzamento|100%|07 agosto 2022}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Padova/Sant'Angelo di Piove di Sacco /Sant'Angelo di Piove di Sacco - Chiesa di San Michele Arcangelo
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} *'''Costruttore:''' Michelotto<ref>reimpiegando in parte il materiale fonico del precedente organo Pugina del 1890</ref> *'''Anno:''' 1977 *'''Restauri/modifiche:''' Michelotto (1999, pulitura) *'''Registri:''' 24 *'''Canne:''' ? *'''Trasmissione:''' elettrica *'''Consolle:''' indipendente, in navata *'''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') *'''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>...
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
*'''Costruttore:''' Michelotto<ref>reimpiegando in parte il materiale fonico del precedente organo Pugina del 1890</ref>
*'''Anno:''' 1977
*'''Restauri/modifiche:''' Michelotto (1999, pulitura)
*'''Registri:''' 24
*'''Canne:''' ?
*'''Trasmissione:''' elettrica
*'''Consolle:''' indipendente, in navata
*'''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
*'''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
*'''Collocazione:''' in cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Salicionale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Duodecima || 2.2/3'
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|Ripieno 4 file ||
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Voce umana || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Viola da Gamba || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Principalino || 4'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Nazardo || 2'2/3
|-
|Flautino || 2'
|-
|Terza || 1.3/5'
|-
|Ripieno cimbalo 3 file || 1'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Oboe</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Voce celeste || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|}
|}
{{Avanzamento|80%|07 agosto 2022}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Laterina Pergine Valdarno
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche del comune di [[w:Laterina Pergine Valdarno|Laterina Pergine Valdarno]] raggruppate per edificio. * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Laterina Pergine Valdarno/Pieve a Presciano - Chiesa di San Pietro Apostolo|Pieve a Presciano - Chiesa di San Pietro Apostolo]] {{Avanzamento|25%|7 novembre 2019}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche del comune di [[w:Laterina Pergine Valdarno|Laterina Pergine Valdarno]] raggruppate per edificio.
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Laterina Pergine Valdarno/Pieve a Presciano - Chiesa di San Pietro Apostolo|Pieve a Presciano - Chiesa di San Pietro Apostolo]]
{{Avanzamento|25%|7 novembre 2019}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Arezzo/Laterina Pergine Valdarno/Pieve a Presciano - Chiesa di San Pietro Apostolo
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2022-08-07T20:47:11Z
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Raffaello Paoli * '''Anno:''' 1869<ref>trasferito nella chiesa in un secondo momento.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' Paolo Ciabatti (2011, restauro) * '''Registri:''' 19 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' meccanica sospesa * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parte anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 1 di 52 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'') * '''P...
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
* '''Costruttore:''' Raffaello Paoli
* '''Anno:''' 1869<ref>trasferito nella chiesa in un secondo momento.</ref>
* '''Restauri/modifiche:''' Paolo Ciabatti (2011, restauro)
* '''Registri:''' 19
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica sospesa
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parte anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 1 di 52 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' scavezza a leggio di 8 note (''Do<small>1</small>''-''Si<small>2</small>''), costantemente unita al manuale
* '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento alla destra del presbiterio
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Concerto'''''
----
|-
|Campanelli
|-
|Trombone || 8' <small>(al Pedale)</small>
|-
|Clarone || 4' Bassi
|-
|Corno inglese || 16' Soprani
|-
|Nazardo || 2.2/3' Soprani
|-
|Ottavino || 2' Soprani
|-
|Sesquialtera || 1.3/5' Soprani
|-
|Flauto in VIII || 4' Bassi
|-
|Flauto in VIII || 4' Soprani
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di sinistra - ''Ripieno'''''
----
|-
|Principale || 8' Bassi
|-
|Principale || 8' Soprani
|-
|Ottava || 4' Bassi
|-
|Ottava || 4' Soprani
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|Decimanona || 1.1/3'
|-
|Vigesimaseconda || 1'
|-
|Vigesimasesta || 2/3'
|-
|Vigesimanona || 1/2'
|-
|Voce angelica || 8' Soprani
|-
|}
|}
== Note ==
<references>
== Altri progetti ==
{{ip|w=Chiesa di San Pietro a Presciano|w_preposizione=sulla|w_etichetta=chiesa di San Pietro Apostolo a Pieve a Presciano}}
{{Avanzamento|100%|31 gennaio 2015}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise
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2022-08-07T20:55:33Z
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche della [[w:Val-d'Oise|Val-d'Oise]] raggruppate per comune: * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise/Argenteuil|Argenteuil]] {{Avanzamento|0%|24 maggio 2019}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche della [[w:Val-d'Oise|Val-d'Oise]] raggruppate per comune:
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise/Argenteuil|Argenteuil]]
{{Avanzamento|0%|24 maggio 2019}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise/Argenteuil
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2022-08-07T20:59:18Z
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche di [[w:Argenteuil|Argenteuil]] raggruppate per edificio: == Capoluogo == * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise/Argenteuil/Argenteuil - Basilique Saint-Denys|Basilique Saint-Denys]] {{Avanzamento|100%|10 settembre 2015}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Mazamet]]
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Disposizioni foniche di [[w:Argenteuil|Argenteuil]] raggruppate per edificio:
== Capoluogo ==
* [[Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise/Argenteuil/Argenteuil - Basilique Saint-Denys|Basilique Saint-Denys]]
{{Avanzamento|100%|10 settembre 2015}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Mazamet]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Francia/Île-de-France/Val-d'Oise/Argenteuil/Argenteuil - Basilique Saint-Denys
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Nuova pagina: {{Disposizioni foniche di organi a canne}} == Organo maggiore == [[File:Basilique d'Argenteuil - Grand-orgue.jpg|center|350px]] * '''Costruttore:''' Louis Suret * '''Anno:''' 1864-1867<ref>inaugurato da Auguste Bazille l'8 settembre 1867.</ref> * '''Restauri/modifiche:''' Louis Suret (1871, restauro), Jules Bossier (1945, restauro), Danion-Gonzalez (1971-1973, restauro, modifiche e ampliamento), Muhleisen (2007-2009, restauro) * '''Registri:''' 43 * '''Canne:''' ? * '''Trasm...
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text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
== Organo maggiore ==
[[File:Basilique d'Argenteuil - Grand-orgue.jpg|center|350px]]
* '''Costruttore:''' Louis Suret
* '''Anno:''' 1864-1867<ref>inaugurato da Auguste Bazille l'8 settembre 1867.</ref>
* '''Restauri/modifiche:''' Louis Suret (1871, restauro), Jules Bossier (1945, restauro), Danion-Gonzalez (1971-1973, restauro, modifiche e ampliamento), Muhleisen (2007-2009, restauro)
* '''Registri:''' 43
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' msita (meccanica per i manuali e il pedale, elettrica per i registri)
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 4 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-parallela di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico con positivo tergale, sulla cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="10" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Positif-de-dos'''''
----
|-
|Montre || 8'
|-
|Bourdon || 8'
|-
|Prestant || 4'
|-
|Nazard || 2.2/3'
|-
|Doublette || 2'
|-
|Tierce || 1.3/5'
|-
|Plein-jeu || IV
|-
|Trompette || 8'
|-
|Cromorne || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Grand-Orgue'''''
----
|-
|Montre || 16'
|-
|Montre || 8'
|-
|Flûte harmonique || 8'
|-
|Gambe || 8'
|-
|Bourdon || 8'
|-
|Prestant || 4'
|-
|Flûte octaviante || 4'
|-
|Doublette || 2'
|-
|Cornet || V
|-
|Fourniture || IV
|-
|Cymbale || IV
|-
|Grande trompette || 8'
|-
|Petite trompette || 8'
|-
|Clairon || 4'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''III - ''Récit expressif'''''
----
|-
|Quintaton || 16'
|-
|Diapason || 8'
|-
|Bourdon || 8'
|-
|Voix céleste || 8'
|-
|Principal || 4'
|-
|Flûte || 4'
|-
|Flûte || 2'
|-
|Plein-jeu tierce || V
|-
|Trompette || 8'
|-
|Basson-hautbois || 8'
|-
|Clairon || 4'
|-
|Voix humaine || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pédale'''
----
|-
|Flûte || 16'
|-
|Soubasse || 16'
|-
|Flûte || 4'
|-
|Bombarde || 16'
|-
|Trompette || 8'
|-
|Clairon || 4'
|-
|}
|}
== Organo del coro ==
[[File:Basilique d'Argenteuil - Choeur.jpg|350px|center]]
* '''Costruttore:''' Edwin e John Albert Abbey
* '''Anno:''' anni 1880 circa<ref>installato nel 1923 circa.</ref>
* '''Restauri/modifiche:''' Danion-Gonzalez (1970, restauro e modifiche)
* '''Registri:''' 15
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' fissa indipendente, tra i due corpi d'organo
* '''Tastiere:''' 2 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in due corpi, sotto le arcate laterali dell'abside
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="10" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand-Orgue'''''
----
|-
|Bourdon || 16'
|-
|Montre || 8'
|-
|Bourdon || 8'
|-
|Prestant || 4'
|-
|Doublette || 2'
|-
|Plein-Jeu || IV
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Récit expressif'''''
----
|-
|Flûte harmonique || 8'
|-
|Viole de gambe || 8'
|-
|Voix céleste || 8'
|-
|Flûte octaviante || 4'
|-
|Trompette harmonique || 8'
|-
|Basson-hautbois|| 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pédale'''
----
|-
|Bourdon || 16'
|-
|Basse || 8'
|}
|}
== Note ==
<references/>
== Altri progetti ==
{{interprogetto|w=Basilica di San Dionigi (Argenteuil)|w_preposizione=sulla|w_etichetta=basilica di Saint-Denys ad Argenteuil}}
== Collegamenti esterni ==
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* {{cita web|url=https://www.musiqueorguequebec.ca/orgues/france/argenteuilsd.html|titolo=Basilique Saint-Denys - Argenteuil (Val d'Oise)|sito=musiqueorguequebec.ca|lingua=fr|accesso=3 agosto 2022}}
* {{cita web|url=http://orguesvaldoise.weebly.com/argenteuilbasgo.html|titolo=Argenteuil, basilique Saint-Denys (Grand-Orgue)|sito=orguesvaldoise.weebly.com|lingua=fr|accesso=3 agosto 2022}}
* {{cita web|url=http://orguesvaldoise.weebly.com/argenteuil-choeur.html|titolo=Argenteuil, basilique Saint-Denys (Orgue de chœur)|sito=orguesvaldoise.weebly.com|lingua=fr|accesso=3 agosto 2022}}
{{Avanzamento|100%|31 dicembre 2020}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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